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Autore: pk82    04/10/2010    3 recensioni
Momenti della vita quotidiana degli eroi nella saga "Ritornare a vivere". Momenti belli, brutti, felici, tristi, emozionanti, importanti... comunque siano, momenti che valgono la pena essere raccontati.
Perchè, in fin dei conti, la vita stessa è un'avventura.
Genere: Azione, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Una Serata Romantica

 

Una Serata Romantica

 

 

«…Aggiungere cinque grammi di radici di Asfodelo in polvere e abbassare la fiamma»

Hermione lasciò cadere l’ingrediente all’interno del calderone, dove la pozione bolliva lenta e mosse appena la bacchetta: la pozione cambiò da un verde pallido a un azzurro limpido, proprio come si aspettava.

Spostò lo sguardo su di uno scaffale pieno zeppo di contenitori, fiale e boccette, ognuno contenente una specifica sostanza. Trovò quello che le serviva – una fiala contenente del miele concentrato – e ritornò alla pozione.

«Mi scusi Dottoressa Granger».

Hermione spostò lo sguardo su Claire, la giovane assistente entrata da poco nel suo staff.

«Ho bisogno di una sua firma per la richiesta di nuovo materiale». E le porse una cartellina e una penna.

«Hanno fatto storie?» chiese Hermione ponendo la propria firma sui vari fogli.

«Dicono che ci vorrà ancora qualche giorno. La merce è ferma alla dogana e ci sono dei problemi».

Hermione roteò gli occhi. «A volte odio la burocrazia. Come sperano che possiamo portare a termine il lavoro se non ci forniscono il materiale necessario». Riconsegnò con un gesto di stizza i fogli all’assistente – che quasi li fece cadere – e voltò la pagina del libro, innervosita. «Siamo in ritardo di due settimane e l’unica cosa che sono riusciti a consegnarci sono gli esemplari di Coclearia… ed anche quelli stanno per finire».

La giovane ragazza non sapeva come ribattere: nonostante fosse lì da poco aveva già visto come situazioni del genere mettevano di cattivo umore Hermione. Si schiarì la voce. «Credo che qualcosa sia arrivato. Ho visto alcuni pacchi nell’atrio quando mi hanno consegnato i documenti».

Hermione si voltò di scatto. «E perché non me lo hai detto prima?»

La ragazza arrossì. Provò a dire qualche cosa, ma qualcuno bussò alla porta: prima che una delle due dicesse “avanti”, la porta si aprì rivelando il viso di un giovane corriere.

«C’è una consegna per il Laboratorio di Ricerca Magica».

Hermione s’illuminò in volto. «Finalmente».

Due grossi scatoloni entrarono levitando nel laboratorio e posandosi ai piedi di Hermione. «Tutto qui?» chiese lei, con un sopracciglio inarcato.

«E’ quello che mi hanno dato da portare» rispose il corriere, porgendogli altri fogli da firmare.

La giovane assistente aprì il primo scatolone, sorridendo. «Polvere di Ruta, Levitisco e Valeriana. Meno male, le scorte erano quasi finite».

Hermione aprì anche il secondo scatolone. «… Scarabei, Radici di Zenzero, bile di Armadillo…» analizzò con occhio critico il contenuto, « …Ortiche secche, Zanne di serpente tritate, Lumache cornute stufate, Aculei di Porcospino… il Succo di Sanguisuga! Manca il Succo di Sanguisuga… e la Pietra di Luna in polvere! Come pretendono che portiamo a termine le analisi senza la Pietra di Luna!».

Lanciò un’occhiataccia al corriere, come se la colpa fosse sua. «Spero che il resto del materiale sia qui entro due giorni, altrimenti possono anche farsele da soli le analisi». Prese un respiro, cercando di calmarsi. «D’accordo. Claire comincia a sistemare tutto. E tu» disse rivolta al corriere, «dalle una mano».

Il ragazzo esitò. «Veramente avrei altre consegne da fare e…» l’occhiataccia di Hermione lo fece zittire. Senza aggiungere altro aiutò Claire a spostare uno degli scatoloni, mentre la riccia tornava alla pozione.

«… mescolare tre volte in senso antiorario, poi aggiungere cinque gocce di»

«Attento!»

Hermione si voltò: il corriere stava perdendo l’equilibrio sotto il peso di uno degli scatoloni. Prima che potesse fare qualcosa, il giovane sbatté contro lo scaffale che si trovava proprio sopra il calderone sul quale stava lavorando Hermione: mentre alcuni barattoli e fiale precipitarono a terra, altri fecero cadere il proprio contenuto dentro la pozione.

Sotto lo sguardo allucinato di Hermione la pozione cambiò colore, diventando di una leggera tonalità di giallo, cominciò a fuoriuscire dal calderone producendo un denso fumo acre che fece tossire i due più giovani.

E poi… Boom!

 

**

 

«Ecco fatto».

Ginny finì di pulire la guancia di Hermione dove, fino a pochi minuti prima, era presente un lieve arrossamento, dovuto al contatto con la pozione.

«Grazie» rispose con un sospiro la riccia.

«E’ raro che tu venga fino a qui per questo» disse Ginny, riponendo alcune bottigliette dentro un armadietto. «Di solito resti al Ministero».

«Non mi fidavo».

Ginny gli lanciò un’occhiata indagatrice. «Sei di molte parole oggi».

Hermione si limitò a un altro sospiro.

«Vieni» disse Ginny. Hermione la seguì senza protestare. Uscirono dalla saletta, percorsero il corridoio del reparto e salirono le scale, fino a raggiungere la sala d’aspetto. Mentre la riccia si accomodava a uno dei tavolini, Ginny prese due caffè dalla macchinetta e la raggiunse.

«Allora» le mise davanti un bicchiere mentre sorseggiò il proprio, «vuoi dirmi cos’hai?»

«Ultimamente faccio fatica a concentrarmi» cominciò dopo un attimo Hermione. «A volte mi dimentico delle cose più elementari, credo che sia un giorno invece è un altro, non riesco a dormire bene…»

Ginny la guardò attentamente. «Mi sembri un po’ stressata».

«Stressata!?! Vorrei ben vedere» scattò su Hermione – spaventando non poco Ginny. «Sono non in ritardo, ma in ritardassimo con le analisi. Vogliono che le completi senza il materiale necessario. Ho fatto richiesta per avere del personale in più, ma “in questo momento il budget non ce lo consente”» scimmiottò, provocando un mezzo sorriso a Ginny. «Come miseriaccia posso fare il mio lavoro se mi legano le mani?»

Hermione sospirò, abbandonando la testa sul ripiano del tavolino. Ginny rifletté su ciò che aveva sentito: era raro che Hermione si lamentasse del suo lavoro, quando sapeva che era il lavoro adatto a lei. La ricerca, l’analisi, la preparazione: Hermione era nata per questo genere di lavoro – già ad Hogwarts ne aveva dato prova – e sentirla parlare in questo modo significava che c’era anche qualcos’altro dietro.

Non fece in tempo ad esporre la sua teoria che Hermione riprese. «E poi: una spera di riuscire a riposarsi quando arriva a casa, avere un attimo di pace. Invece no! Prima devo sentire i lamenti di un cane che, povera bestia, tu lo sai come sono fatta: sono sempre pronta per aiutare esseri che hanno bisogno di aiuto. Sono disposta anche a dargli qualcosa da mangiare, ma almeno che si facesse vedere. Sembra un fantasma. Per non parlare di Matt e di quella sua diavoleria!»

Ginny aggrottò la fronte, cercando nella sua memoria quel nome. «Il figlio dei vostri vicini?»

Hermione annuì. «Gli è venuta la mania della musica babbana e i suoi gli hanno comprato uno strumento».

«E cosa c’è di male?»

Un lampo di nervosismo passò nello sguardo di Hermione. «Una batteria! Gli hanno preso una batteria. Non potevano prendergli un violino oppure… che so… un pianoforte. Potevano prendergli un pianoforte: io adoro il pianoforte, ho sempre amato la musica classica. Invece devo continuamente prendere delle pastiglie perché Matt picchia tutte le sere su quello strumento infernale. La testa rischia di esplodermi».

Ginny fece una piccola smorfia. «E Ron che ne pensa?»

«Ron non pensa niente».

«Questo lo so».

«No» disse Hermione. «Non hai capito. E’ quasi un mese che Ron ed io ci scambiamo solo qualche parola. Tutti e due siamo presi col lavoro: quando riesco a tornare a casa presto lui è ancora all’Ufficio Auror a compilare rapporti. Quando è lui che riesce a tornare ad un orario decente sono io che sono bloccata in laboratorio. E le poche volte che siamo a casa insieme siamo talmente stanchi che a volte ci dimentichiamo di cenare e andiamo direttamente a letto». Ginny inarcò un sopracciglio ed Hermione arrossì appena. «A dormire» specificò infine.

Ginny annuì. «Mi sembrava che la causa principale del tuo nervosismo fosse la mancanza di sesso».

Hermione spalancò gli occhi. «Ginny!».

«Cosa?» Ginny fece spallucce. «Non mi dirai che ti scandalizzi per così poco?». Hermione borbottò qualcosa in sua difesa. «Se non parli di queste cose alla tua migliore amica con chi ti confideresti? Con Harry?».

«Decisamente no» rispose Hermione.

«In qualità di tua migliore amica» si pavoneggiò Ginny facendo, finalmente, spuntare un sorriso sul volto di Hermione, «è mio dovere aiutarti ad uscire da questa situazione».

«E cosa consiglia la mia migliore amica?»

«Appena ne hai l’occasione salta addosso a Ron!»

Nonostante il leggero rossore sulle guancie, Hermione rise. «E’questo il tuo consiglio?»

Ginny fece una smorfia. «Per quanto l’idea di te e mio fratello che vi rotolate fra le lenzuola provochi in me enorme disgusto si, questo è il mio consiglio».

«Ginny… Ron ed io siamo sposati. E abbiamo tre figli» fece notare Hermione.

Ginny annuì entusiasta. «E non immagini quanto mi renda felice il fatto che tu sia la madre dei miei nipoti. Almeno hanno ereditato le tue facoltà cerebrali anziché quelle di Ron».

«C’era il cinquanta per cento di probabilità. Sarebbe stata genetica».

«Sarebbe stata sfiga».

Scoppiarono a ridere per l’assurdità del loro discorso. Ginny le prese una mano fra le sue, guardandola dolcemente. «Vedrai che questo momento passerà».

Hermione sorrise.

 

**

 

La chiacchierata con Ginny l’aveva aiutata.

Sentendosi solo vagamente in colpa, non era tornata al laboratorio. Era ritornata a casa, ripensando alle parole della cognata: in effetti, era più di un mese che non stava con Ron. Il lavoro di entrambi non permetteva loro di stare assieme, non lasciandogli ne il tempo ne le energie per simili svaghi.

L’idea di saltargli addosso – per usare le parole di Ginny – era diventata sempre di più un’ipotesi reale da mettere in pratica.

Aveva varcato la soglia di casa più rilassata, più tranquilla.

«Tum – Tum – Tum – Tum…»

«Bau! Bau!»

«Tum Tum – Tum Tum»

«Bauuuuuu!».

Ed era riuscita a rimanere rilassata per dieci minuti, prima che tornasse ad avere i nervi a fior di pelle. Pensava di riuscire a passare sopra quelchiasso… se lo era ripromessa, ma davvero sembrava che tutti si prendessero gioco di lei.

Spalancò innervosita la finestra rivolta verso il giardino dei vicini. «Matt, per favore, smettila!».

«Scusi signora Weasley» rispose il ragazzo oltre la siepe che divideva i due giardini.

«Bauuuuu!»

Hermione pestò un piede per terra come una bambina. «E’ possibile avere cinque minuti di silenzio?».

E per cinque minuti ci fu silenzio. Poi…

«Bauuuu!».

«Non è possibile

Ron entrò in casa in quel momento, rimanendo basito dal comportamento di Hermione. «Tutto bene?»

Hermione si voltò: sembrava sull’orlo di una crisi di pianto. «Non va tutto bene!» rispose con voce quasi stridula. «Come può andare bene quando arrivo a casa e sento tutto questo rumore quando voglio solo un po’ di silenzio».

Ron le si avvicinò, con  un sorriso comprensivo. Le prese le mani tra le proprie. «Tranquilla, ti capisco, ti capisco».

«Che cosa capisci?»

«Lo so, lo so».

«Che cosa sai?»

«Che hai…»

«Mh

Le orecchie di Ron divennero rosse. «… hai le tue cose».

Hermione spalancò gli occhi. «Ma che cosa stai dicendo? Non c’entra niente quello, Ron»

«Sicura?»

«Si!» ribadì Hermione, innervosita ed imbarazzata allo stesso tempo.

Ron sembrò rilassarsi. «Bene, perché questa sera tu ed io usciamo».

«Come?» chiese Hermione.

Ron sorrise. «Preparati perché fra circa un’ora abbiamo un tavolo prenotato da Luigi’s».

Hermione si coprì la bocca con le mani, guardandolo sorpresa. Luigi’s era il ristorante più rinomato e costoso di Londra: la loro specialità era la cucina italiana e lei adorava la cucina italiana. Bisognava prenotare mesi prima per avere un tavolo. «Come hai fatto?»

Lui fece un sorriso sfacciato. «Abbiamo aiutato il proprietario tempo fa. Mi ha promesso un tavolo libero quando volevo».

Hermione gli si gettò al collo, baciandolo continuamente sul volto. «Sei… sei… oh, meraviglioso…»

Ron gongolò. «E…»

Hermione rise. «E sei il marito perfetto»

«E…»

«E non so come farei senza di te»

«E…»

Hermione roteò gli occhi, sempre ridendo. «E se non la finisci potrei non ringraziarti a dovere».

«No, no» Ron la baciò più a lungo ed Hermione accettò volentieri.

Mentre erano ancora attaccati sentirono un rumore provenire dal camino. Voltandosi videro una fiammata verde e poi il volto di un giovane apparve tra le fiamme. «Capitano Weasley».

Ron lanciò un’occhiata ad Hermione prima di avvicinarsi al camino. «Given? Cosa succede

Il giovane Auror sembrava preoccupato. «Meno male che l’ho trovata. C’è stata un’emergenza a Diagon Alley».

«Diagon Alley?»

«E’ richiesta la sua presenza: deve presentarsi immediatamente all’esterno della Gringott».

Ron spalancò gli occhi. «E vogliono me? Adesso?»

«Sissignore».

«Non possono chiamare Harry?»

«Il Capitano Potter non è ancora tornato».

Ron fece una smorfia. «Com’è la situazione?»

Given scosse la testa. «Non lo so. Mi è stato solo ordinato di rintracciarla e assicurarmi che vada immediatamente alla Gringott non appena ricevuto il messaggio. Non so altro».

«Perfetto» disse con sarcasmo Ron mentre la testa di Given spariva dal camino. Ci fu qualche attimo di silenzio, poi sentì la mano di Hermione poggiarsi sulla spalla. Voltandosi vide un piccolo sorriso amaro sulle sue labbra.

«Mi dispiace» le disse.

Hermione scosse la testa. «Non importa».

«Forse riesco a liberarmi in fretta» esclamò concitato Ron. «Possiamo ancora farcela».

Hermione aveva ancora quel sorriso amaro sulla bocca. Si avvicinò e lo baciò dolcemente sulle labbra. «Non puoi andartene prima che tutto sia concluso» gli accarezzò una guancia. «Io vado a dormire. Sono stanca».

Ron la vide salire le scale e sentì lui stesso la delusione per la serata sfumata.

 

**

 

Era passata poco più di una settimana da quella sera e le cose non erano migliorate. Per tutti i giorni seguenti il lavoro – Ron all’Ufficio Auror, Hermione al laboratorio -  non aveva permesso ai due coniugi di passare una tranquilla serata fra di loro.

Hermione alla fine si era arresa. Non valeva la pena innervosirsi per quei momenti che – si diceva continuamente – sarebbero passati. Certo, non le andava a genio che il materiale che aspettava al laboratorio non fosse ancora arrivato, ritardando di molto le analisi; cercava di sopportare il chiasso provocato da Matt tutte le sere – se avesse avuto uno stato d’animo differente probabilmente si sarebbe accorta che il ragazzo stava migliorando. E quel cane, prima o poi, si sarebbe trasferito in un altro quartiere.

Passerà si ripeteva ogni sera.

Percorse gli ultimi metri del proprio vialetto cercando nella borsetta le chiavi di casa. Solo quando si ritrovò presso la porta d’ingresso notò attraverso la finestra del salotto una luce soffusa provenire dall’interno. Confusa entrò in casa.

Decine di candele illuminavano il salotto. Erano un po’ dappertutto: sui mobili, al centro del tavolo, perfino una per ogni gradino della scala che dava al piano superiore. Una leggera musica di sottofondo aleggiava nella casa.

«Ron?» chiamò lei, mentre si richiudeva alle spalle la porta. Si avvicinò ad una delle candele, annusandone l’aroma. Gelsomino. Adorava il gelsomino. Sorrise: doveva essere opera di Ron, sapeva quanto ad Hermione piacesse quella fragranza. Erano delle ottime ed inaspettate premesse.

«Ron?» chiamò ancora.

«Bentornata». Ron stava scendendo lentamente dalle scale con un sorriso smagliante, senza staccare lo sguardo da quello di Hermione. Le si avvicinò, prendenole la mano e dandole un piccolo bacio sul palmo.

Hermione sentì un piacevole brivido salire lungo la schiena. «Cosa succede?» chiese curiosa.

Ron non smise di sorridere. « Festeggiamo» si limitò a dire. Le tenne la mano, mentre poggiò l’altra sul fianco e cominciò a muoversi a ritmo di musica. Hermione si lasciò guidare senza protestare e senza perdere quel sorriso che aveva da quando lo aveva visto scendere dalle scale.

«Festeggiamo?» Hermione aggrottò la fronte. «Ho dimenticato qualche cosa, per caso?»

Ron scosse la testa. «Festeggiamo noi».

Quella semplice frase le fece sentire un calore dentro come non ne provava da tempo. Il suo sorriso si fece più luminoso. «Noi?»

Ron le fece fare una piroetta prima di stringerla nuovamente a sé. «Noi» ribadì. «Avevamo bisogno di una serata solo per noi, senza pensare al lavoro o ad altro che non fosse noi. Sarà una serata speciale… e assolutamente senza magia».

Hermione inarcò un sopracciglio. «Che vuoi dire?».

Ron gettò un’occhiata all’orologio appeso. «Esattamente da…», le lancette segnarono le otto precise, «questo momento e fino a mezzanotte non si potrà usare la magia in questa casa. Sarà una serata totalmente babbana… in tuo onore».

«E se dovessero chiamarti?»

«Ho bloccato il collegamento via camino».

«Se mandano un Gufo?»

«Lo spedisco da Harry».

«I ragazzi?»

«Da mia madre».

Hermione sorrise. «Hai pensato a tutto. Sei davvero un uomo geniale».

«E attraente, non trovi?»

«Oh, si, molto attraente».

Lui annuì soddisfatto. «Vieni» e la trascinò vicino al tavolo dove – Hermione se ne accorse solo in quel momento – c’era una bottiglia di vino dentro ad un secchio pieno di ghiaccio per tenerlo al fresco. Riempì i due calici e ne porse uno ad Hermione. «A noi».

«A noi» rispose Hermione facendo tintinnare i bicchieri. Ne bevve un sorso prima di allacciare le mani al collo di Ron.

Hermione sorrise. «Candele profumate. Musica. Ottimo vino…»

«… e un buon arrosto che sta cuocendo nel forno».

Hermione lo baciò. «Dovrò ringraziarti a dovere».

«Non vedo l’ora».

Hermione fece un sorrisetto malizioso. «Se vuoi posso darti un anticipo». E si attaccò alle labbra di Ron con tanto entusiasmo che i bicchieri quasi caddero a terra.

Ron gemette nella sua bocca. «Piccola tentatrice». A fatica si staccò da lei. «La cosa è allettante… ma procediamo con ordine».

Hermione inarcò un sopracciglio. «E da quando segui le regole».

«E’ colpa della tua vicinanza» ridacchiò Ron. «Ci vuole ancora un po’ prima che la cena sia pronta. Ho pensato che avresti voluto farti un bagno per rilassarti e scacciare la stanchezza del lavoro».

«Hai proprio pensato a tutto».

Ron sorrise. «A volte ne faccio una giusta».

«Allora io vado» lo baciò ancora una volta prima di staccarsi ed avviarsi verso il piano superiore. Si fermò sul primo scalino, lanciandogli uni sguardo malizioso. «Non allontanarti troppo: potrei avere bisogno di qualcuno che mi insaponi la schiena».

Ron rimase alcuni minuti con lo sguardo puntato ancora sulle scale ed un sorriso inebetito sul volto prima di riscuotersi. Hermione riusciva sempre a mandarlo in tilt anche con un semplice bacio; c’era voluto tutto il suo autocontrollo per riuscire a staccarsi da lei. Voleva fare in modo che tutto in quella serata riuscisse alla perfezione in modo da permettere ad Hermione di dimenticarsi della delusione dell’altra sera quando, ancora a causa del lavoro, erano stati costretti a rinunciare alla loro serata.

Andò in cucina per controllare ancora le ultime cose: l’arrosto cuoceva lento nel forno, il vino era alla temperatura giusta e le fragole… le fragole!

Dandosi dello stupido recuperò le fragole che aveva comprato quel pomeriggio, ricordandosi solo in quel momento che non le aveva ancora lavate.

«RON

L’urlo di Hermione gli aveva quasi fatto cadere le fragole a terra.

«RON, SBRIGATI

Ron corse su per le scale, diretto al bagno. Quando arrivo sulla soglia si bloccò: Hermione – in accappatoio – era inginocchiata in una pozza d’acqua e teneva una mano su di una manopola della vasca dalla quale stava continuando ad uscire acqua, bagnandole l’accappatoio e riempiendo quasi fino all’orlo la vasca.

«Cosa succede

«La manopola si è rotta e continua ad uscire acqua. Non riesco a fermarla».

«E perché non hai usato la magia» chiese Ron, dandosi mentalmente dello stupido.

Infatti Hermione gli lanciò un’occhiataccia. «Non possiamo usare la magia in questa casa» gli ricordò lei, con una nota d’irritazione nella voce.

«Giusto, è vero» ammise Ron.

«Tra cinque minuti saremo completamente allagati. Vai giù in giardino e chiudi il rubinetto centrale».

«Si certo» fece per andarsene ma poi sembrò ripensarci e tornò sulla soglia. «Lo sai che sei bellissima anche così».

«Davvero? Grazie… Ora vai!».

Ron corse via, giù per le scale, fuori in giardino fino al pannello dietro la casa, sotto una delle finestre. Aprì lo sportello trovando la manopola. Cercò di farla girare, ma era dura. Borbottando un “miseriaccia” fece ancora più forza e riuscì finalmente a far girare la manopola. «Maledetta» bofonchiò con stizza: si alzò in piedi… ma picchiò con la testa sotto il davanzale della finestra.

Rimase immobile per alcuni istanti… prima di crollare a terra.

 

**

 

«Ahi! Fai piano».

Hermione sistemò meglio la borsa del ghiaccio sulla testa di Ron, seduto sul letto.

«Mi hai fatto spaventare» disse lei, accarezzandogli la guancia. «Non è bello vedere il proprio marito privo di sensi».

«Mi dispiace» disse sinceramente Ron sospirando. Il dolore stava lentamente passando.

Hermione aveva una strana espressione sul volto. «Forse dovremo concludere qui la serata».

Ron spalancò gli occhi. «Cosa?»

Lei annuì, rassegnata. «Non abbiamo nemmeno cominciato che già ci sono stati degli imprevisti. Forse…»

Ma Ron non la lasciò continuare. «La serata non è ancora compromessa» disse con decisione. «Non lasciamoci abbattere per queste piccolezze, Hermione. E’ solo un contrattempo».

Hermione si lasciò convincere. «Va bene».

Ron la strinse a sé. «Mettiamola così: hai fatto un bagno fuori dall’ordinario e la tua bellezza mi ha dato alla testa».

Hermione ridacchiò. «Ti fa ancora male?»

«Un pochino» rispose Ron dandole un bacio. «Ma forse qualcuno può farmi stare meglio».

«Oh» sorrise Hermione. «Hai bisogno di coccole».

Ron la baciò ancora. «Tante, tante coccole». E si stese sul letto, strascinandola con sé, continuando a baciarla. Hermione rispose con entusiasmo mentre l’atmosfera diventava sempre più calda…

«Tum Tum – Tum – Tum Tum Tum – Tum…»

«Per Merlino che cos’è questo rumore

Ron si alzò. «La Terza Guerra Magica?» Si affacciò alla finestra. «E’ Matt»

«No». Hermione era sconsolata. «Non di nuovo».

«Abbiamo solo un po’ di musica in sottofondo» tentò Ron. «Ricorda, non lasciamoci abbattere».

Hermione incrociò le braccia, stizzita. «Non pretenderai che riesca a concentrami con questo chiasso?»

«Bè…»

Hermione scosse la testa. «Veda di fare qualcosa, signor Weasley, o può continuare la serata a coccolarsi da solo».

Ron scattò letteralmente, facendo nuovamente le scale ed uscendo in giardino. Si avvicinò al muro di siepe alto poco più di due metri che divideva i giardini.

«Matt!» gridò Ron, ma il ragazzo continuò a suonare la batteria. «Matt, potresti smetterla di suonare quella batteria o no?»

«TumTum»

«Non prendermi in giro, moccioso

«Tum Tum Tum»

«Non sto affatto scherzando

«Tum»

«Matt, ho organizzato una serata romantica con mia moglie…»

«Tum Tum Tum…»

«Matt!»

«Tum Tum- Tum Tum…»

«Va bene, ascolta: ti do dieci falci se la smetti di fare quel baccano!»

«Tum Tum Tum…»

«Venti

«Tum Tum…»

«Trenta?»

«Tum Tum…»

«Un Galeone

«Tum Tum Tum…»

«Due

«Tum Tum…»

«Cinque! Cinque Galeoni! E’ la mia ultima offerta!» Rientrò velocemente in casa, prese le monete e ritornò in giardino. «Ecco! Cinque Galeoni! Cinque Galeoni oltre la siepe» e lanciò le monete.

Rimase alcuni istanti fermò, nel silenzio assoluto. Sospirando sereno fece per rientrare in casa.

«Tum Tum».

«Matt!».

«Scherzavo ».

Lanciò un’ultima occhiata prima di rientrare in casa.

Si fermò in salotto. «C’è qualcos’altro che deve succedere?» chiese ad alta voce, come se qualcuno potesse rispondere. Rimase fermo ancora qualche secondo, come se aspettasse la risposta.

Finalmente sembrava che tutto fosse in ordine. Con un sorriso più sereno si avviò verso le scale… ma fece solo pochi passi che uno strano rumore attirò la sua attenzione. Si  voltò, confuso: non sentiva niente e per un istante credette di esserselo immaginato. Passarono solo pochi istanti e di nuovo quel rumore: sembrava che qualcuno stesse… grattando

Facendo più attenzione si accorse che il rumore proveniva dall’esterno… appena fuori dalla porta di casa. Si avvicinò lentamente, mentre quel rumore continuava senza sosta. Aprì la porta… ed abbassò lo sguardo. «E tu che cosa ci fai qui?»

«Bau

Il cane – un piccolo bastardino vagabondo, senza collare – che aveva fatto disperare Hermione negli ultimi giorni si era finalmente presentato alla loro porta, evidentemente per chiedere del cibo.

Probabilmente, Hermione avrebbe preso qualcosa dal frigo e glielo avrebbe dato… ma in quel momento Ron non era nelle migliori condizioni per dimostrarsi generoso.

«Hai scelto un pessimo momento» esclamò infatti Ron. «E’ tutta la sera che cerco di passare del tempo con mia moglie e ancora non ci sono riuscito. Quindi… torna domani mattina».

Prima che Ron riuscisse a richiudere la porta, però, il cane entrò velocemente in salotto, prendendo a correre attorno al tavolo.

«Torna subito qui!»

Ron prese a corrergli dietro senza riuscire a prenderlo. Il cane salì sul divano e Ron si lanciò letteralmente a volo d’angelo, convinto di agguantarlo: si ritrovò sul pavimento oltre il bordo del divano. Rosso in volto si rialzò ben intenzionato a non dargliela vinta.

Dopo alcuni minuti riuscì a chiuderlo in un angolo. Si fissarono, uno decisamente innervosito, l’altro che sembrava divertirsi un mondo a giudicare da come faceva andare la coda.

«Senti» disse serio Ron, «non credere di poter entrare in casa e fare quello che ti pare. Pensi forse di riuscire a prendermi in giro? Sono un Auror, un Capitano ed ho combattuto contro ogni genere di maghi e creature. Non sarà certo un sacco di pulci come te a farmi passare per stupido».

«Bau

Scattarono nello stesso momento: Ron si lanciò riuscendo a prendergli una delle zampe. «AH!» Finalmente lo prese fra le mani. «Ti ho preso!» esclamò trionfante.

Il cane non si oppose minimamente, anzi… cominciò a leccargli la faccia, scodinzolando felice.

«No, fermo!» Ron tentò sia di pulirsi che non lasciare la presa. «Bleah!».

«Ron?»

La voce di Hermione proveniente dalla loro camera lo ghiacciò sul posto. «Ron cosa succede?»

«Niente Hermione» rispose lui. «Sto arrivando».

Preso dal panico fece la prima cosa che gli passò per la mente: andò al ripostiglio e ci chiuse dentro il cane. Si prese qualche attimo per ricomporsi e salì di sopra. «Ecco fatto, tutto sistemato…»

Le parole gli morirono in gola quando il suo sguardo si posò su Hermione: aveva indossato un abito scuro, nero, che le scendeva sensuale sui fianchi e sulle gambe, la gonna che le arrivava appena sopra al ginocchio.

«Uao!» riuscì a dire Ron con la bocca priva di saliva.

Hermione sorrise, soddisfatta del risultato. «Per una serata speciale ci voleva un abito speciale».

Ron si avvicinò lentamente, mangiandola con gli occhi. «Sono assolutamente d’accordo con te».

«Ti piace?»

Ron la prese per i fianchi. «Non potevi fare una scelta migliore». La baciò stringendola a sé. «E poi…» soffiò sulle sue labbra, con un sorrisetto, «…è un abito facile da sfilare».

Hermione ridacchiò e lo baciò a sua volta, lasciando che le mano di Ron scendesse sempre più in basso… sul fianco… sulla coscia… sotto la gonna

«Beep Beep Beep Beep»

«Cosa diavolo c’è adesso

Si staccarono, frustrati: sembrava che tutti si fossero messi d’accordo per tormentarli.

« Beep Beep Beep Beep»

«Che cos’è chiese Ron. «Sembra… il suono di una sveglia».

Hermione aggrottò la fronte. «Sembra più il suono di un timer?»

«Un timer?»

TimerTimerTIMER!

Ron ed Hermione si guardarono ad occhi spalancati. «L’arrosto!».

Corsero fuori dalla camera, giù dalle scale, ma già in salotto si sentiva chiaramente un forte odore di bruciato. Quando entrarono in cucina notarono subito il fumo uscire dal forno, che aumentò quando Ron lo aprì, investendoli in pieno, facendoli tossire più volte.

L’arrosto era ormai diventato un informe ammasso bruciacchiato.

«Buttalo nel lavandino» gli disse Hermione.

Ron eseguì, cercando di spegnere la  loro “ cena” aprendo il rubinetto, ma senza che ne uscisse niente. «Ho chiuso l’acqua!» si ricordò.

Hermione aprì allora il frigo, prendendo qualsiasi sostanza liquida riuscisse a trovare. Rovesciarono il tutto sull’arrosto che si raffreddò, ma che provocò una quantità maggiore di fumo che li colpì ancora.

In quel momento capirono che oltre all’arrosto anche la loro serata era andata in fumo.

 

**

 

Erano entrambi seduti sul divano: Ron con la testa abbandonata all’indietro, Hermione con le gambe raccolta e  la testa appoggiata alla spalla di Ron.

Tenevano gli occhi chiusi, la stanchezza che rischiava di farli addormentare.

Ron sospirò, amareggiato. «Mi dispiace che la serata romantica si sia trasformata in un disastro»

Hermione aprì gli occhi e guardò Ron, che a sua volta la guardava.

«Volevo che questa serata fosse perfetta, speciale».

Hermione gli fece un piccolo sorriso. «E’ stata speciale, Ron».

«E quando?» chiese Ron, stanco. «Quando il bagno si è allagato, quando sono svenuto o quando ho dato fuoco alla nostra cena?»

Lei non smise di sorridergli. Gli accarezzò la guancia, cancellando con il pollice una piccola macchia nera. «Tutta la serata è stata speciale. Fuori dall’ordinario, certo. Ma speciale. E sai perché?» Ron continuò a guardarla non molto convinto. «Perché dopo tutti questi anni mio marito ancora si preoccupa di  me e della mia felicità».

Gli occhi di Hermione erano un luccichio nel quale Ron si perdeva ogni volta.

«Ti amo tanto, Ron».

Anche Ron le sorrise. «Ti amo anch’io» e le diede un piccolo baciò a fior di labbra.

«Forse dovremmo dare una pulita» disse poi Hermione, notando le condizioni di cucina e salotto – per non parlare del bagno.

Ron fece una smorfia. «Io dico di rimandare tutto a domani. Ora siamo stanchi. E poi possiamo usare la magia».

Hermione annuì. «Va bene. Controllo solo che la porta di casa sia chiusa e arrivo». Detto questo si alzò, diretta alla porta d’ingresso… ma un insolito rumore, come di qualcuno che gratta, catturò la sua attenzione. «Ma cosa…?»

Ron si sporse dal divano, notando Hermione che si dirigeva verso il ripostiglio. Spalancò gli occhi, ricordandosi di un particolare. «No! Aspetta…»

Non fece in tempo. Hermione aprì la porta del ripostiglio, rimanendo di stucco quando si trovò di fronte un cane.

«Bau

Il cane approfittò di quel momento per trotterellare tranquillamente fuori dal ripostiglio, uscendo attraverso la porta appena socchiusa, lasciando immobili i due inquilini.

Ci furono alcuni istanti di silenzio assoluto, istanti in cui Hermione tenne lo sguardo fissò all’interno del ripostiglio e Ron che tentava di trovare parole adatte per spiegare la situazione. D’un tratto Hermione si voltò verso di lui, con uno strano sorriso sulle labbra. «Ron?»

Istintivamente Ron deglutì. «S-si

Hermione gli fece cenno di avvicinarsi, sempre mantenendo quello strano e – a parere di Ron – inquietante sorriso.

Quando fu vicino Hermione gli indicò il ripostiglio. Ron seguì il suo sguardo… e spalancò la bocca, scioccato. «Oh, merda!».

«Esatto» disse Hermione tranquillamente, dirigendosi al piano superiore.

Ron fissò ancora allucinato l’interno del ripostiglio. «Non può essere uscita da un solo cane».

 

**

 

 

Ed ecco qui il mio primo Missing Moment di RAV.

Visto che qui tutti, prima o poi, si cimentano con questo genere di racconti, mi sono detto “perché io no?”.

Dunque, come detto questo è il primo – una cosina leggera leggera per cominciare – e non sarà l’ultimo. Ho già in lista altri sei / sette capitoli che scriverò più avanti.

Mi aspetto un commentino per questo e se avete una richiesta in particolare ( un momento che volete sia spiegato meglio o latro) non fatevi scrupoli: tenterò di accontentarvi. O almeno farò del mio meglio.

Quindi per il momento è tutto.

A presto.

  
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