Introduzione:
Sì, ce l’ho fatta, sono qui.
Veramente avrei dovuto postare domani ma non ci sono tutto il giorno...
quindi
avendo il capitolo pronto già da qualche giorno, mi sono detta...
postiamo!
Lo scrivo qui e poi non lo dico più: ho notato
che questa raccolta
non piace un granché... ovviamente mi
baso sulle recensioni, non posso fare altro... quindi... io ho
pensato di
continuare a postare... in teoria una volta a settimana, al massimo
una
volta ogni due, non c’è un giorno specifico, comunque non
il weekend!.
Non smetto
di scriverla solo perché so che ad alcune persone fa piacere che io la
scriva... quindi diciamo che lo faccio per loro xD
Questo “capitolo” si basa sul
capitolo 7 di “Overwhelms
me – Travolgimi”... è piuttosto lungo ma di certo un motivo
c’è ;)
Per chi me lo ha chiesto, questa
“storia” prende solo qualche pezzo di quella originale, più che altro
perché
tutto ciò è tutto sotto i pensieri di Alex, quindi ci sono nuovi
personaggi e
nuove situazioni... quindi sì, ci sarà ovviamente la scazzottata con
Fabrizio
;) ma più avanti! Buona lettura, spero di
sentirvi!
» E lo stupore nei tuoi occhi,
mi fa sempre sorgere un sorriso.
Titolo raccolta: Stravolgimi – Alex pov.
Sottotitolo: Sincerità.
Rating: giallo.
Alex pov.
<<
Se ti dico che mi sembri tanto un cane bastonato, ti offendi? >>
Sorrido lievemente e alzo il viso verso mio zio. Possibile che non
voglia far altro che spettegolare?
<< Sai zio,
quello che noi – in teoria – staremmo facendo, si chiama lavorare.
>>
<<
Sei tu il dipendente, quindi tu lavori... io ti disturbo. >> Alzo
gli occhi al cielo e torno ad avvitare un bullone.
<<
Sei il capo, quindi dovresti volere il meglio dai tuoi dipendenti.
>> Mi sento il suo sguardo addosso. Sta pensando e di certo io
non ho intenzione di disturbarlo o distrarlo. Anche perché ho altro per
la testa. Tipo le lacrime e le parole di Elise. Ieri sera è stato tutto
molto strano. Intenso.
Non
avevo mai lasciato i miei amici per raggiungere una ragazza, eppure
ieri sera l’ho fatto. Sono corso da lei, l’ho fatta sfogare, le ho
asciugato le lacrime e infine l’ho coccolata facendola anche ridere.
Ieri sera mi sono sentito... protetto. È stato come se facendo
da scudo a lei, lo facessi anche a me. D’altronde ieri ho tirato in
ballo il discorso di mio padre e sinceramente è una cosa che non faccio
mai. Non perché mi faccia stare male il fatto che i miei si siano
separati, quella oramai, era una cosa che mi aspettavo, ma più che
altro perché mio padre è riuscito a farmi perdere tutta la stima e
l’orgoglio che provavo per lui. Ed è una cosa che forse non ho mai
detto apertamente.
<<
Ok, hai ragione, ma sono prima tuo zio e devi ammettere che ti faccio
un po’ da papà, quindi... penso sia giusto che io sappia i progressi
che stai facendo con quella ragazza. Perché tanto sono certo che non te
la sei tolta dalla testa. >> Lo guardo divertito ma anche con il
cuore gonfio di affetto. È vero, è come se fosse un padre per me. Di
certo, ha fatto più lui dell’uomo che mi obbligo a chiamare padre.
<<
Visto che sei come un padre... significa che mi lasci il pomeriggio
libero per passarlo con la ragazza che non mi sono tolto – e che non ho
intenzione di togliermi – dalla testa? >>
<< Questo è
un ricatto! >>
<<
No, questa era una risposta e una richiesta a quello che hai detto tu
poco fa. >> Si gratta un po’ confuso la testa, continuo a
guardarlo e poco dopo sbuffa alzando gli occhi al cielo.
<< Ma almeno
te la da? No perché... se tiene le gambe chiuse, sei maledettamente
fottuto. >> Ridacchio.
<< Non ti
preoccupare. >> Non aggiungo altro.
<<
Ehi, ehi ehi! Signorinello, dove staresti andando? >> Mi volto,
stoppandomi contro voglia e guardo mia madre. Sospiro e indico la porta
del bagno.
<< Alla toilette?
>> Chiedo retoricamente. Mia madre alza gli occhi al cielo.
<< Che cosa
ci fai a casa alle undici del mattino? >> Mi passo una mano tra i
capelli.
<< Zio mi ha
lasciato il giorno libero. >> Alza un sopracciglio.
<< E perché
mai? È giovedì... >>
<<
So anch’io che giorno è. >> Mi volto e faccio un passo verso il
bagno ma sentendo il suono dei suoi tacchi venire verso di me, mi fermo
nuovamente e torno a guardarla.
<<
Alex. >> Ecco. Quando usa quel tono di voce, è pericolosa. Non
vuole balle, e soprattutto vuole la risposta subito. A volte quando fa
così, non ha nemmeno bisogno di fare una domanda che la risposta le
viene comunque data.
<< Voglio
vedermi con Elise oggi pomeriggio. Quindi... >>
<< Quindi
non sei andato a lavoro? >>
<< Ma no! Ci
sono andato, poi ho parlato con zio e... sono qui. >> Scuote il
capo e stringe le labbra.
<<
Voi due, insieme, non andate bene. >> Gira i tacchi e va in
cucina lasciandomi andare finalmente in bagno. Ma purtroppo quando
esco, torna all’attacco.
<<
Mangi a casa? >> Invece di risponderle, apro il frigo e bevo
dalla bottiglia facendole incrociare le braccia al petto. Ecco un’altra
tattica per avere risposte: fingere di essere paziente. La conosco
troppo bene.
<<
No. Pranzo con Fabio e Gigi. >> Non serve dirle che ancora non li
ho sentiti ma che comunque pranzo con loro, vero? La guardo e sospira.
Ha qualcosa da chiedermi ma non sa come fare. Ha i capelli legati e gli
occhi verdi si notano ancora di più. Mia madre è proprio una bella
donna.
<<
Questa Elise... è una cosa seria? Adesso è qualche settimana che la
conosci, non siete usciti tanto spesso ma comunque la nomini parecchio.
>> Aggrotto la fronte. E lei come fa a sapere che la nomino
spesso?
<< Mamma...
perché stai indagando? >>
<<
E perché tu non vuoi parlarmene? >> Apro la bocca per rispondere
ma infine la richiudo. Le afferro la mano e la porto in sala per farla
sedere sul divano, l’affianco e la guardo attentamente. Verità,
nient’altro che verità. D’altronde è questo ciò che vuole.
<<
Non è che non voglio parlartene, è che non è semplice. E poi... quando
mai ti parlo delle ragazze con cui esco? >> Mi guarda un po’
abbattuta ma si riprende velocemente.
<<
Ora hai diciannove anni, sei grande... hai la macchina, un lavoro,
prendi questa casa come un albergo ma sei comunque presente. Penso che
tu te ne dimentichi spesso, ma ti ho messo al mondo... >> O no! I
sensi di colpa, no!
<<
Ok mamma. Ponimi delle domande, e io vedo se risponderti senza
tergiversare. >> Sorride soddisfatta e mi pizzica una guancia. La
guardo male ma lei fa finta di non notarlo.
<< Ci sono
altre oltre Elise? >> Sgrano gli occhi.
<< No.
>>
<<
E hai mai preso in considerazione che potrebbero essercene altre oltre
a lei? >> Alzo un sopracciglio. Perché questo interrogatorio.
<< No,
sinceramente non ho passato molto tempo a guardare le altre.
>> Calco l’ultima parola e lei sorride lievemente.
<< Quanto
tempo passerà prima che la porti a casa? >> Il respiro mi si
mozza e i miei occhi si sgranano.
<< Mamma!
>> Lei mi guarda stupita. Mi alzo e scuoto il capo.
<< Alex, che
ho detto? >> La guardo con rimprovero.
<< Cos’è,
stai già organizzando il matrimonio? >>
<<
No, ancora no ma sinceramente ti consiglio di aspettare un po’ per
quello, forse è meglio che vi conosciate un po’ meglio. >>
Frastornato, scuoto il capo e vado in camera mia mentre la sua risata
si propaga per la casa. So che per quanto riguarda il matrimonio stava
scherzando però non posso non pensare che se mia madre è arrivata a
chiedermi di portarla a casa, sono veramente preso... e pensare che sto
facendo di tutto per non farlo notare!
Vestito
di tutto punto e con il telefono alla mano dopo aver mandato il
messaggio ai miei amici, torno in cucina e trovo mia madre ai fornelli.
Mi guarda di sfuggita e non dice nulla. Alzo gli occhi al cielo. Vuole
che sia io a parlare.
<<
Elise... Elise è diversa, mamma. Ci tengo a lei ma non voglio andare
troppo veloce. Non voglio rovinare tutto, anche perché lei mi fa stare
bene e mi fa provare quel calore che non so spiegare. >> I suoi
occhi verdi mi guardano teneramente e io mi sento in imbarazzo. Sono
stato sincero... ma dire certe cose alla propria madre non è
esattamente da... macho.
<<
Vai e divertiti. >> Mi sorride dolcemente e io ricambio con il
cuore più leggero. Mi ha dato la sua benedizione. Anche se sono più che
sicuro che continuerà a sperare che io gliela presenti. Non ha mai
conosciuto una ragazza con cui sono uscito... però non è detto che
questa volta accada lo stesso. << Ah no, aspetta! >> Mi
fermo e la guardo incuriosito. << Valeria ha fatto sapere il
giorno del matrimonio. Magari potresti invitare Elise. >>
Valeria, la mia cara, viziata e innamorata cugina. Mi strizza l'occhio
ridacchiando e io la guardo male ma non le rispondo, non cedo alla sua
provocazione.
<<
Me ne vado. Non ho intenzione di continuare questo discorso! >>
Non sono offeso, però sempre più imbarazzato sì. Lei ride e prende
persino a battere le mani come fa qualche vostra quella squinternata di
mia sorella.
<<
Ti piace! Ti piace! Ti piace! >> Arrossendo e cercando di fare
finta di niente. Esco da casa tirando un respiro di sollievo.
<< Sarei
sgarbato se ti chiedessi perché stiamo pranzando insieme? Anzi, tutti e
tre assieme? >>
<<
Gi, penso che tu possa fare concorrenza a mio zio per quanto riguarda
la curiosità. >> Addento il mio McChicken e osservo i miei due
amici seduti accanto a me. Gigi mi guarda incuriosito mentre Fabio
mangia con voracità.
<< Mi tocca
dar ragione a Gigi. >> Dice infine Fabio mentre mastica.
<< Non ti
lamentare, almeno non sei ancora a casa a dormire. Tu dovresti essere a
scuola. >>
<<
È vero, infatti ieri sera avevo deciso che invece di dormire sul banco,
avrei dormito nel mio comodo lettino, ma tu sei arrivato e ti sei
attaccato al campanello finché non sono venuto ad aprirti, quindi hai
mandato a puttane la mia idea. >>
<<
Beh almeno le tue idee si divertono poiché sono andate a puttane.
>> Dice Gigi facendomi ridere. Fabio ci guarda male e scuote il
capo combattuto.
<< Parlando
di cose serie... dove sei scappato ieri sera? >>
<< Da Elise.
>>
<<
Mi devi cinque euro, Gi. >> Guardo i miei amici in modo allibito
e loro sorridono e alzano anche le spalle. Scuoto il capo ma non dico
nulla a riguardo. Diciamo che me lo sarei dovuto aspettare.
<< E stava
bene? >> Mi chiede Gigi guardandomi seriamente.
<<
Più o meno. È più incasinata di me, ma può farcela. Ne sono sicuro.
>> Aggrotta la fronte ma non pone domande, invece Fabio sì.
<< In che
senso è più incasinata di te? Da quello che so, i suoi genitori si
amano alla follia e tutto il resto. >>
<< No, non
sono i suoi genitori
il problema. >> Involontariamente calco la parola “genitori” ma
non sembrano accorgersene. << Comunque non mi va di parlarne.
>> Annuiscono e io sorrido.
<< Che fate
oggi pomeriggio? >> Aggrottano la fronte alla mia domanda.
<< Io dovrei
vedermi con Sandra. >> Guardo Gigi aspettando la sua risposta.
<<
Perché non avvisi prima? >> Aggrotto la fronte e lui sbuffa.
<< Devo vedermi con una ragazza. Che volevi fare? Sappi solo che
non posso darle buca. >>
<< Volevo
presentarti Elise... anche perché sapevo che Fabio avrebbe coinvolto
Sandra. >>
<< Sono così
prevedibile? >> Chiede Fabio, ma nessuno gli risponde.
<<
Volevi presentarmela? Cazzo... non posso. E sappi che mi dispiace,
perché non posso non conoscerla. Suvvia, stiamo parlando della ragazza
che ti ha fritto anche l’ultimo neurone sano! >> Rido ma non
ribatto. Non so se è perché non voglio dargli corda o perché abbia
detto la verità.
<< Dai non
fa niente, andremo noi quattro. >> Fabio annuisce alle mie parole
e Gigi sbuffa.
<< Però non
è giusto. >> Si lamenta Gigi facendoci sorridere.
<< Fatemi
capire bene, la vostra idea è andare da Elise e uscire tutti e quattro,
giusto? >>
<<
Esattamente Sandrina. >> Dico con un sorriso angelico. Lei mi
guarda stranita ma infine sospira.
<<
Come stava quando l'hai riportata a casa, ieri sera? >> Siamo in
macchina, lei è nei sedili posteriori e io sono alla guida.
<< Ma si può
sapere che cos'è successo ieri sera? >> Chiede Fabio oramai fin
troppo incuriosito.
<<
Stava bene. Abbiamo parlato parecchio e si è calmata. >> Sandra
annuisce e Fabio ci guarda aspettandosi una risposta, che però non gli
forniamo.
<<
Penso che ci metterò un po' a convincerla a venire? >> Dopo aver
parcheggiato, mi volto verso la nostra cara amica e sorridendo. Fabio
si volta e la guarda con un punto interrogativo in volto.
<< Scusate
se continuo a pormi domande ma... è una segregata in casa? >>
<<
No ma la cosa è comunque complicata. I suoi genitori potrebbero non
volerla fare uscire. Li aiuta in casa e... e non è semplice da
spiegare, Fa! >> Dico tornando a guardare Sandra.
<<
Dille che siamo sotto. So per certo che riuscirà a trovare il modo per
scendere. >> Lei annuisce e scende dall'auto.
<<
Mi sei sembrata stupita, prima. >> Ovviamente mi riferivo a
quando l’ho definita mia e che avrei lasciato guidare Fabio per stare
con lei dietro. È vero, è una cosa che non ho mai fatto, ma così me la
sentivo e così ho fatto. La vedo aggrottare la fronte in modo confuso e
dentro di me sento un po’ di nervosismo; magari non ho fatto bene a
tirare fuori il discorso ma sinceramente mi piace parlare con lei. Nel
nostro “rapporto” è una cosa che apprezzo, il fatto che ci apriamo e
parliamo sinceramente.
<< Quando? >>
<< Beh quando... quando ho detto
quelle cose. >> Sorride intenerita, facendomi un po’ imbarazzare.
<< Ah. Non è che lo sembravo. Lo
ero. >>
<<
Sì, ma perché? >> Domanda giusta, vero? Le ho fatto capire che a
lei ci tengo, quindi non dovrebbe essere... così sorpresa.
<<
Sono parole importanti. Forse no. Forse sì. Lo sai come sono, mi piace
farmi viaggi mentali. >> Ridacchio non riuscendo a impedirmelo. È
la solita paranoica ma mi piace anche per questo.
<<
Quello che ho detto, lo pensavo veramente. Mi piace stare con te, mi
piaci tu e poi... mi mancavi. Volevo vederti. >> Mi azzittisco ma
non schiodo gli occhi dai suoi. O ora, o mai più. << Non
so come fartelo capire, so che è quasi un mese che ci conosciamo ma...
ti sento vicina, ti voglio vicina e per quanto io... beh non è che non
faccia fatica a dire quello che provo, so che però, per te, posso fare
questo sforzo. >>
Cavolo, ce l’ho fatta. Guardo di sfuggita Sandra e Fabio che mangiano
il gelato ridendo e torno a guardare lei, la mia Elise. Una goccia del
suo gelato le sporca la mano e lei sobbalzo ridestandosi dai suoi
pensieri. Ridacchio e cerco di non sembrare agitato... non so nemmeno
se mi aspetto una risposta. Che cosa dovrebbe dirmi dopo tutto ciò? Che
cosa mi aspetto? Che mi salti addosso? Beh magari questo non in
pubblico ma... ok, calma... la guardo e mi perdo a fare pensieri poco
casti mentre ripulisce il suo cono.
<<
L’unica cosa che temo, è che tu mi stia prendendo in giro. >> Un
pugno nello stomaco. La guardo sorpresa e la mia voce esce forse fin
troppo... dura.
<<
Perché dovrei farlo? >> Finisco voracemente di mangiare il mio
cono e lei – probabilmente per prendere tempo – va a buttare il suo, ma
quando torna alla panchina, sospira e si mette seduta comodamente in
modo da guardarmi e parlarmi seriamente.
<<
Sei troppo perfetto. Mi sembra quasi assurdo che tu riesca sempre a
capirmi. Che tu ci sia sempre. Non so che cosa siamo, non so nemmeno
quello che voglio. Ho solo una certezza, se stai giocando con me,
smettila. Piuttosto metti fine a tutto. Non ho voglia di stare male per
un ragazzo, non ne ho la forza. So di essere incasinata ma penso che da
parte tua sia giusto non farmi stare male. >> Perfetto è
di certo un termine che non va per niente bene associato a me. Lei ha
paura di soffrire se io dovessi... lasciarla (?)
e sinceramente la capisco. Io sto andando spedito, evito di pensare e
soprattutto sto cercando di farmi bastare quello che abbiamo. Però che
cos’abbiamo? So di certo che presto o tardi vorrà una sottospecie di
etichetta.
<<
Non so se quello che hai detto lo pensi sul serio. Posso, però, dirti
che alcune cose le sai solo tu. Nemmeno Fabio. Con te sono sempre stato
sincero. Non ho mai giocato, forse – e sinceramente nemmeno ci credo –
la prima sera, appena ti ho vista ho pensato che mi sarei potuto
divertire, poi abbiamo iniziato a parlare e l’unica cosa che riuscivo a
pensare era: “continua a parlare, fallo per me”. Forse è patetico, ma è
così. Mi piace parlare con te. Mi piace baciarti. Mi piace fare tutto con
te. È vero, c’è da mettere in conto che siamo due persone con qualche
problema, ma stiamo in piedi, continuiamo ad andare avanti. Questo non
significa che io, a volte, ti dica “ti capisco” e che in realtà non lo
penso. Mi spiace se invece lo pensi tu, Eli. >> Le parole
scivolano dalla mia bocca senza che me ne renda conto e cosa ancora più
pazzesca, sono sincero. Elise, dispiaciuta, mi si avvicina e infine mi
sussurra una canzone (“mezz’ora”
degli Zero Assoluto) che conosco
abbastanza bene nell’orecchio. Chiudo gli occhi e faccio entrare dentro
di me le strofe che “canta”.
<<
Prometto a me stesso la felicità senza limiti gustare tutto quello che
dà come si fa ora so come si fa è un impegno che ti prende e vale
quello che dà prometto di renderti felice come ti ho detto ora che ho
capito tutto sarà perfetto. >> Emozionato, mi volto velocemente
verso di lei e mi occupo delle sue labbra.
<< Lo so che è difficile fidarsi, però
sono qui Eli. >> Annuisce e si stringe a me. Voglio la sua
fiducia.
<<
Andiamo? >> Mi chiede nuovamente sbuffando mia sorella. La guardo
trucemente per poi far tornare la mia totale attenzione su Gigi, ma
quest’ultimo ha smesso di parlare e mi sta guardando divertito.
<< Vuole andare, andate. Non puoi
pretendere che voglia stare qui con noi. >> Alzo gli occhi al
cielo.
<< Aveva solo da raggiungermi più
tardi. >> Dico in modo che mi senta anche Melissa.
Sono
nella piazzetta sotto casa con i miei amici e mia sorella è arrivata
circa un quarto d’ora fa ricordandomi che le avevo promesso di portarla
al cinema. Solo che non ne ho voglia.
<< Che film andate a vedere? >>
Mi chiede Gigi. >>
<< Final Destinetion 4. >> Scoppia a ridere
facendomi sorridere.
<<
E vuoi andare a vederlo con tua sorella? Con quella cacasotto? >>
Melissa, risentita, si avvicina guardandolo male.
<< Ehi! Non offendere! >> Gigi si
scusa, fingendosi dispiaciuto e io infine sghignazza quando lei si
volta.
<<
Dai Alex, sono la tua unica e stupenda, simpatica, bellissima
sorellina... non puoi non accontentarmi. >> Dice la vipera mentre
mi si avvicina.
<< Molto modesta tua sorella. >>
Sghignazza Francesco.
<< Ha preso da suo padre.
>> Sibilo guardandola trucemente e lei ricambia altrettanto
poiché ho calcato l’aggettivo possessivo “suo”.
<<
Certo... ora andiamo? >> Sbuffando, saluto tutti e decido di
accontentarla. Dopo poco che siamo in macchina – in religioso silenzio
poiché fingiamo di essere offesi – lei decide di aprire bocca e la cosa
– in un certo senso – mi tranquillizza.
<<
Mamma mi ha detto che avete parlato oggi. >> Annuisco. Sapevo che
tanto glielo avrebbe raccontato, a casa mia non ci sono segreti.
<< Pensi che ce la presenterai presto? >>
<< Perché volete conoscerla? Lei
potrebbe non volere, d’altronde è da poco che ci conosciamo. >>
<< Sì è vero ma tu non vuoi conoscere i
suoi? >> Io voglio conoscerli?
<<
Vorrei che sapessero di me, non che mi conoscessero di persona.
>> Si sofferma a pensare alle mie parole e il telefono suona. È
lei. Elise.
<< Ok
cavalier servente! A dopo. Ti voglio bene.
>> Le mie mani tremano e mia sorella mi guarda con un sorriso
dolcissimo. Ha parlato con Elise, tra poco la conoscerà e ora ha
assistito al suo primo “ti voglio bene”. Mi ha detto “ti voglio
bene”... posso saltare di gioia?
<<
Ti voglio bene anch’io. Tanto. A dopo. >> Attacco immediatamente
sentendomi troppo vulnerabile. Sento una stretta allo stomaco e mi
rendo conto che le mie mani sono scivolose, sudate. Voglio vederla e
stringerla a me, non voglio altro. Mi ha detto “ti voglio bene”.
<<
Wow. Siete dolcissimi! >> La voce di mia sorella mi riporta al
pianeta Terra e la guardo solo un secondo, notando forse la mia...
confusione, aggrotta la fronte.
<< Sei stato
sincero, vero? >>
<< Anche
troppo. >> Ammetto in un sussurro.