L’aria
della boscaglia,
che fiancheggiava a poca distanza la sponda meridionale della Loira,
era pregna
dell'aroma penetrante della resina che colava dalle cortecce degli
alberi,
dell'odore di umido che saliva dalle foglie marcescenti sul terreno e
del sapore
piacevolmente fresco del muschio. Rovi e felci erano dappertutto,
intralciando
il passo di Ty appesantito dall’armatura. Non dovette
tuttavia attendere molto
prima di trovarla: a tradirla fu un riflesso che filtrava dalla corazza
di cui
si era liberata e che ora giaceva abbandonata a terra.
Jeanne,
appoggiata con
la schiena ad un grosso tronco, sembrava assorta in preghiera. La
fasciatura
leggera dov’era stata colpita dalla freccia trasudava ancora
sangue.
Ty si
avvicinò in
silenzio e attese che lei notasse la sua presenza.
“Cosa
ci fate qui, Monsieur Thierry? Vi
avevo già detto che
intendevo pregare da sola…”
“Siete
ferita, io non
vi lascio da sola nemmeno un minuto finché non vi rassegnate
a farvi curare
come si deve!” la rimproverò il ragazzo. Ian gli
aveva spiegato che la ferita
non sarebbe stata fatale, ma non poteva sopportare di vederla soffrire
e non
poter fare nulla per lei.
“Se
morirete adesso per
aver trascurato di curarvi, chi ci guiderà? Come
farò io senza la vostra
guida?”
“Tutti
dobbiamo morire
prima o poi, signor conte, è solo questione di sapere quando
e dove… Io non
pretendo di conoscere la volontà del Signore, ma di una cosa
sono sicura: so
che Egli mi proteggerà finché non avrò
assolto il compito che mi ha affidato.”
Ty non poteva
dimenticare
nemmeno per un secondo la sorte crudele che il Signore aveva
predestinato a
quella sua giovane figlia ma cercò, una volta di
più, di non farsi sopraffare
da quel pensiero. Jeanne, tuttavia, dovette cogliere qualcosa dal suo
sguardo poiché
aggiunse serena:
“Voi
vi preoccupate per
me e io vi ringrazio, ma non ne avete ragione. Guarirò
presto, abbiate fiducia
in Dio, Monsieur Thierry.”
“Voi
sanguinate ancora
e mi chiedete di non preoccuparmi. Voi sfidate l’esercito
invincibile di
Glasdale e mi chiedete di non preoccuparmi… Eppure, sapete
bene che non posso,
perché già conoscete ciò che provo per
voi…” Jeanne gli afferrò il braccio con
forza, impedendogli di continuare.
“Vi
prego Monsieur, non
ditelo!” Si ribellò Jeanne.
“Pure se sapessi di cosa state parlando, anche voi conoscete
qual è il mio
compito, vi prego, andate via!”
“Sono
sicuro che non è
davvero ciò che volete... Madame…”
“No!”
lo interruppe
ancora Jeanne. “Non adesso, vi prego, andate via!”
lo scongiurò.
Ty aveva il
terrore di
doverle tacere per sempre i suoi sentimenti e allo stesso tempo temeva
il
momento in cui le avrebbe parlato con sincerità,
confessandole tutto.
Non poteva
sapere che una
paura persino maggiore tormentava anche lei.
“Per
l’amor di Dio, andate
via! Vi prego!” lo supplicò ancora Jeanne mentre
cercava di ricacciare indietro
le lacrime.
“Sapete
che non posso, dunque
non chiedetemelo più.”
Jeanne ristette.
Ty si
avvicinò ancora
di più. Sfiorò con le dita il braccio e poi la spalla nuda di lei,
percorrendola
delicatamente fino alla base del collo, indugiando dove la fasciatura
era
intrisa del sangue ancora fresco che filtrava dalla ferita.
Inaspettatamente,
chiudendo
gli occhi, lei piegò il capo proprio da quella parte, fino a
strofinare con infinita
dolcezza la guancia contro la mano del ragazzo. Dopo qualche momento,
quando infine
lei risollevò il capo e socchiuse gli occhi, una sola
lacrima che Jeanne non
era riuscita a trattenere, le imperlava il viso.
Incredulo, Ty
lasciò
che le sue dita toccassero quella lacrima: gli parve cristallo
liquefatto e
credette che fosse la cosa più preziosa che avesse mai
visto. Era la prova dell’amore
di Jeanne per lui.
Quella goccia
che
adesso si scioglieva tra le dita, gli donò finalmente il
coraggio di vincere
ogni remora e di pronunciare dinanzi a lei, le parole che fino ad
allora aveva
ripetuto mentalmente solo a se stesso.
“Dal
primo momento che
vi ho vista ho saputo che eravate parte del mio destino, Madame…
ed è da quello stesso istante che io so di
amarvi.” Jeanne,
con un’espressione di muto sgomento dipinta sul viso,
scuoteva il capo come per
negare quelle parole e più cercava di negarle,
più le lacrime scorrevano ora
numerose a rigarle il volto.
“Vi
amo adesso e non
importa se voi mi amerete oppure no, se vivrò o
morirò, se voi vivrete o
morirete, io amerò per sempre solo e soltanto voi.”
Jeanne non disse
nulla.
Ma una forza irresistibile la attirò ancora di
più verso il ragazzo.
Terrorizzati
com’erano,
di stare così vicini, nessuno dei due osò
più parlare.
Ormai
erano così vicini che sarebbe stato
assurdo persino guardarsi ancora. Lei chiuse gli occhi per prima e Ty
non ebbe il
tempo di pensare ad altro, che già si accorse che la stava
baciando.
***
Il tempo si
arrestò e
riprese a scorrere solo quando le loro labbra si disgiunsero.
Fu allora che
ebbero il
coraggio di guardarsi ancora negli occhi, a lungo, increduli di quanto
era accaduto.
Finché Jeanne, stringendo tra le dita la mano di lui che la
sfiorava, pronunciò
la sua promessa.
“Nulla
accade senza che
Dio non voglia, Monsieur Thierry,
il
Signore ha sempre una buona ragione per ogni cosa. Sarà Egli
stesso a indicarmi
quando non sarò più utile ai suoi scopi e
sarò libera di dedicarmi ad amare un
uomo”. Adesso i suoi occhi verdi e arrossati, brillavano
lucidi ma non piangevano
più. “Quando quel giorno arriverà, se
mi amerete ancora, sarò vostra e voi
sarete quell’uomo.”
Dunque era
questo
l’amore, pensò Ty mentre udiva le parole che aveva
sempre desiderato ascoltare
da lei e prometteva:
“Quando
quel giorno arriverà, se mi amerete
ancora, sarò vostro e voi sarete la mia donna.”
Quando gli fu
finalmente chiaro il significato di ciò che si erano detti,
l’emozione si agitò
così violentemente in lui, che gli sembrò di
percepire con chiarezza un brivido
diffondersi dall’addome a tutto il suo corpo. No, ammise,
questo era più
dell’amore che si era sempre figurato: era amare scoprendo di
essere amati.
La
baciò sui soffici capelli
castani, l’aiutò a indossare l’armatura
e si avviarono mano nella mano verso l’accampamento,
dove l’esercito di armati e la cavalleria pesante di
Chatel-Argent capeggiata
da Ian li aspettavano.
Le aveva appena
detto
di amarla, rimuginava mentre si incamminavano, eppure adesso quelle
parole gli
apparivano già insufficienti, deplorando che non ne
esistessero di migliori per
esprimere appieno alla ragazza i suoi sentimenti. In fondo tutti gli
innamorati,
di qualunque epoca, si ripetevano da sempre quelle stesse parole e a
lui
sembrava che il suo amore per Jeanne dovesse essere unico, diverso
dagli altri
milioni di amori che esistevano in quel momento. “Giuratemi
solo di
sopravvivere finché non arriverà quel
giorno”, udì invece aggiungere dalla sua
stessa voce. Jeanne non seppe mai perché Ty le strinse
così forte le dita,
pronunciando quelle parole.
Jeanne non aveva
paura
della morte, né di morire in nome del suo Signore, ma per la
prima volta
conobbe la paura di morire senza aver amato un uomo.
Ancora non
sapeva che
la Morte aveva già posato gli occhi su di lei.
***
“Dov’è?
Dov’è quella
cagna francese! Portatela qui”, tuonò Glasdale
fuori di sé, “ADESSO!”
“Perdonatemi,
Milord, dobbiamo liberarla?
L’abbiamo
incatenata allo steccato di uno dei roghi, come vostra signoria aveva
ordinato”.
“La
voglio sgozzare io
stesso! Voglio gettare la sua graziosa testa ai piedi di
quell’infame francese
che ha bruciato questa fortezza, obbedite!”
“Perdonatemi
se
insisto, mio signore, il fumo che sale dalle chiatte incendiate e dal
bastione
non consentono un agevole passaggio verso il ponte”,
proferì il cavaliere
inglese, non osando alzare lo sguardo oltre gli stivali del suo
comandante, “non
sarebbe più semplice bruciarla insieme a
tutte le altre sgualdrine francesi?”
Lord Glasdale,
inferocito, avanzò di un passo verso il suo luogotenente.
“Quale
parte del mio ordine non vi è ancora
chiaro, sir Falstolf?”, sibilò con un sorriso
sardonico dipinto sul volto e
poi, senza alcun preavviso, scagliò verso
l’ufficiale un brutale calcio in
pieno ventre che lo piegò in due senza fiato e lo fece
inginocchiare a terra,
mentre boccheggiava nel tentativo di respirare.
“Non
permettetevi di
discutere una seconda volta un mio ordine. Ora andate e portatemi
quella donna!
Avete compreso le mie parole, adesso?”
L’ufficiale,
mentre
ancora tossiva e non riusciva a raddrizzarsi dal dolore,
annuì e con passi
incerti sparì dalla vista del comandante inglese.
Oltre il portone
posteriore della fortezza di Les Tourelles, le fiamme salivano alte,
ammorbando
l’aria intorno e rendendola irrespirabile. La cancellata
posteriore si
affacciava direttamente sul ponte di pietra lungo circa quattrocento
metri,
eretto per congiungere la sponda meridionale della Loira alla
città di Orléans.
Poco prima del
punto in
cui gli assediati avevano interrotto il ponte durante la ritirata, si
ergevano una
dozzina di rozze impalcature sovrastate da palizzate, alle quali erano
state
incatenate le donne francesi catturate. Gli abitanti della
città, con orrore,
avevano subito compreso che si trattava di roghi collettivi, che
avrebbero presto
offerto il loro macabro spettacolo ben visibile dalle mura di
Orléans.
Ma
più di questo, ogni
cittadino avrebbe ascoltato le urla disperate di quelle disgraziate:
sarebbero
state le grida delle loro mogli e delle loro figlie.