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Autore: 68Keira68    06/10/2010    6 recensioni
Non ti accadrà niente, io ti posso giurare che non sarai mai più sola per davvero. Attraversa il varco e sarai protetta."... Volevo scoprire la verità e se il mio destino era dietro quella sfera, l’avrei afferrato senza altre esitazioni. Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo, dopodiché avanzai decisa all’interno del varco. Una ragazza con speciali e unici poteri magici cerca di vivere la sua esistenza nel nostro mondo, sentendosi perennemente isolata ed emarginata a causa delle sue capacità, finché un giorno le voci di due figure sconosciute, un leone e una donna, la invitano ad entrare nel loro mondo per non sentirsi più sola e per scoprire la verità che le era stata nascosta da sempre. La giovane accetta senza sapere le enormi conseguenze che avrà il suo gesto su tutti gli abitanti di Narnia, primo tra tutti il re Peter Pevensie, che incontra in circostanze burrascose ma con il quale instaurerà un legame dolce quanto pericoloso. In una Narnia già in lotta con il tiranno di Telmar, un nuovo male, proveniente direttamente dagli incubi più reconditi di ogni abitante magico, tornerà dal suo limbo più potente e assetato di vendetta che mai. NB: La storia segue gli eventi del secondo film e ci sono tutti i personaggi, anche se i principali sono Peter, Caspian, un nuovo personaggio e una vecchia conoscenza^^
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Aslan, Caspian, Jadis, Peter Pevensie
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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cappy17

Ciao a tutti! Incredibile ma vero, sono riuscita a finire questo diciasettesimo cappy! Avrò riscritto la parte centrale nn so quante volte prima di trovare il risultato quanto meno accettabile, ora mi rimetto al vostro giudizio :-)! Dopo tanta tristezza e addii, qui si ritrova finalmente una nota di speranza con una breve apparizione a sorpresa verso la fine, forse qualcuno di voi già sospetta di cosa si tratta....^^ non aggiungo altro e vi lascio alla lettura dopo che ci ho messo una vita ad aggiornare! Spero di essere riuscita a scrivere il cappy bene e a spiegare con chiarezza le emozioni dei vari personaggi perchè ho avuto un po' di problemi nell'esporle, le descrizioni nn riuscivano a sembrarmi realistiche, mi auguro che alla fine ce l'abbia fatta ma lascio ai posteri l'ardua sentenza hihihi^^
Finalmente sn anche riuscita a fare una copertina di questa fan fiction, mi sono messa di impegno con photoshop^^ Per il personaggio di Cathrine ho scelto la cantante Taylor Swift dopo averle opportunamente cambiato il colore dei capelli da biondo a rosso^^, per interpretare la nostra giovane principessa strega mi è sembrato il volto più adatto, voi cosa ne pensate? 

Ditemi cosa ne pensate e buona lettura!

Ringraziamenti:

ranyare: ciao carissima^^! Grazie mille, davvero ** per tutti i complimenti che mi hai fatto e per avermi aggiunta tra gli autori preferiti, nn sai quanto il tuo apprezzamento mi abbia resa felice :-) grazieeeeeeeeeeeeeeee**!!!!!!! <3! Sorry se con Peter ti ho fatto preoc, stava male anche io mentre lo scrivevo, vederlo così stringe il cuore, però mantengo la promessa per la fine lieta, nn me la rimangio, e già in questo cappy si vedrà la salita :-) Credo di aver fatto soffrire quel pover uomo abbastanza da farmi odiare, si merita un po' di pace! Mi devo cospargere il capo di cenere, nn ho + commentato la tua storia, scusami!!! Nn sn praticamente entrata in efp in questi ultimi tempi per + di due secondi alla volta, (i test di ingresso nn mi hanno lasciata molta scelta) ma adesso che il cappy 17 è scritto posso impiegare il tempo anche a leggere e mi impegno a rimediare alla mia mancanza!! Scusami, davvero! Grazie ancora per tutte le bellissime frasi che mi hai scritto!! Aspetto il tuo commento su questo cappy e spero che nn ti deludi!! Un bacione grandissimoooooo^^!

SweetSmile: Ciao! Grazie per la tua recensione^^! Tranquilla, la gioia della strega nn sarà di lunga durata, anzi si addensano nubi all'orizzonte per lei, i nostri beniamini torneranno alla ribalta! Spero che qst cappy ti piaccia :-) fammi sapere cosa ne pensi^^! Kisskisses^^!!!!!

noemi_moony: Ciao cara^^! Sono contentissima che apprezzi così tanto il mio modo di scrivere, grazie grazie :-)! Ti confiderò che riuscire a scrivere un libro è il mio sogno nel cassetto, temo però che la realizzazione sia ancora lontana, devo migliore ancora parecchioecchioecchio...! Però magari un giorno se sarò diventata molto più brava ci proverò seriamente, comunque grazie di cuore, sentir dire che potrei riuscirci è davvero bello ^^! Per quanto riguarda Cathy, il titolo del cappy dovrebbe già dare un indizio, questo è finalmente il cappy di svolta e dopo tutto quello che è successo ai poveri Pevensie direi che era giunta l'ora! Lo ho fatti penare sin troppo, specie Peter, poveretti! Nn vedo l'ora di leggere il tuo parere su questo capitolo :-) buona lettura^^ un bacio grande grande!

sweetophelia: Ciao carissima! Ho letto tutte e tre le recensione e ti devo un super grazie per aver speso il tuo tempo a scriverle, nn sai quanto lo apprezzi grazie mille!!!!!!!!!!! I Pevensie se la stanno davvero passando brutta, ma la svolta è vicina, Cathrine nn può restare nella bambagia per sempre per fortuna e finalmente si darà una svegliata! Hai tutta la mia autorizzazione ad uccidere Jadis, se lo merita dopo tutto quello che ha fatto, e che farà perchè la cara strega non ha ancora finito il suo ruolo...! Per fortuna però i Pevensie, Caspian e Cate hanno un grande alleato che come hai giustamente sottolineato tu nn ha ancora fatto la sua comparsa ma nn si farà attendere oltre, promesso^^! Come ho già detto questo è un cappy di svolta, e dopo che è successo di tutto ai nostri poveri eroi direi che era giunto il momento che la fortuna girasse anche per loro! Grazie per avermi segnalato l'errore di grammatica :-) ho fatto una svista colossale, sorry ^' in teoria il correttore ce l'ha però temo di nn aver corretto l'errore pensando di farlo in un secondo momento e poi mi sono dimenticata! Spero che il capitolo ti piaccia :-) aspetto la tua recensione e le tue opinioni^^ un grandissimo bacio**!

DreamWandered: Ben tornata carissimaaa^^! Sono felicissima che tu sia tornata a leggere e commentare la mia fan fiction, grazie^^! E grazie infinite anche per la super recensione che mi hai scritto, avrai speso tantissimo tempo e nn so come poterti dire che lo apprezzo davvero tanto se nn dicendoti: GRAZIEEEE^^!!! Dunque, andando per ordine come hai diligentemente fatto tu :-):
"Frammenti di una vita": sono contenta che il modo in cui descrivo la magia ti piaccia, se nn appare un miracolo caduto dal cielo vuol dire che sono riuscita nel mio intento^^ volevo dar l'idea che fosse un'arte che si può sapientemente utilizzare, che Cathy riesce a gestire in quanto fa parte di lei e soprattutto far capire come si riesce a gestirla^^. Purtroppo Cathy nn avverto il pericolo di Jadis praticamente finché nn prova in prima persona fin dove può spingersi la strega, cosa che crea nn pochi problemi ai nostri eroi, Peter in primis. Sono contenta che ti stia affezionando alla cara coppietta :-) è la prima volta che parla della nascita di un amore e sono felice di sapere che i due protagonisti siano riusciti e piacciano^^! 
"Tra il passato e il futuro c'è l'amore": sono lietache gli intervalli simpatici sia con il vestito che con il cavallo siano riusciti nel loro intento, quello di divertire! Appena ci sarà un'altra occasione cercherò di farne degli altri, promesso :-)! La parte del litigio tra Peter e Cathy l'avrò scritta e riscritta e sapere che alla fine sono riuscita a far capire tutte le opinioni e le emozioni della ragazza mi fa sentire sollevata^^ temo sempre che paiano troppo irrealistiche o che siano poco chiare, meno male che questa volta nn è successo^^! Il pezzo dove si dichiarano e poi fluttuano nell'aria è il mio preferito, l'avevo immaginato sin dal primo capitolo e mettere su carta e condividere quello che avevo fantasticato è stata davvero bello e realizzante, specie se sono riuscita a regalare cinque minuti piacevoli a chi lo ha letto :-) quindi sono felice che il momento romantico tra i due ragazzi ti sia paiciuto^^! Effettivamente quella di far parlare Cathy con Edmund era un'ottima idea, devo ammettere di nn aver preso in considerazione che Edmund è l'unico tra tutti ad essere stato manipolato dal finto lato dolce di Jadis, però terrò in considerazione questa idea per i cappy futuri molto prossimi, grazie^^
"La magia del tramonto prima della battaglia": abbattere il raziocinio di Susan è stata dura, il povero Caspian ne sa qualcosa hihi^^ però alla fine anche lei si è dovuta arrendere all'amore :-) complice il romantico tramonto che sono contenta di sapere che sia piaciuto così tanto nonostante effettivamente nn brillasse per originalità :-)! Cathrine ha dichiarato guerra aperta ad ogni abito medioevale credo ormai hihi! Però ho immaginato che qualasiasi ragazza del 2000 abituata ad infilarsi un paio di comodi e pratici jeans e una maglietta alle prese con corsetti e nastri si sarebbe trovata in serie difficoltà, io per prima che ho problemi già con le stringhe delle scarpe tra un po' hihi! In più ho pensato che come scena spezzasse la tensione del momento ;) Felicissima di sapere le emozioni che suscita Peter :-) per me lui è l'immagine del mio ragazzo ideale, bello, dolce, intelligente, comprensivo e con un viso d'angelo, ahhhh, cosa si può chiedere di +? (che sia reale effettivamente....però vabbé, sognare nn fa male hihi!)
"Casa mia": rimanendo fedele alla sua prontezza di spirito, Cathy nn poteva che rispondere a tono a Miraz^^ specie se pensa a che razza di crudele tiranno a di fronte! Nn mi sarebbe dispiaciuto scrivere che fosse Peter a salvarla, il bel cavaliere che salva la sua dama era molto romantico come fatto, però ho pensato che Jadis avrebbe potuto raggiungere e avvicinare Cathy con successo solo se fosse stata lontana da Peter e quella era l'unica occasione in cui il re biondo era abbastnaza distante da nn poter metter eil bastone tra le ruote alla strega. Cmq per rispondere ad una tua precedente domanda, Jadis al momento è rinchiusa in un limbo, privata del suo corpo e incapace di uscire da lì solo con le sue forze, ma nel corso dei secoli ha riacquisito abbastanza energia per poter almeno comunicare tra i due mondi e intervenire con leggeri incantesimi, come connettersi con la metne di Cathy per farle vedere i suoi ricordi o guidarla con le sfere :-) spero di aver chiarito il giusto interrogativo^^ grazie mille per i complimenti sullo stile e sulla costruzione della storia^^ nn sai quanto mi faccia piacere sapere che la storia è strutturata in modo da risultare comprensibile e piacevole, ho sempre il timore di dilungarmi troppo o troppo poco e nn esprimere quello che vorrei, quindi grazie :-)!!
"Nives": la scena della liberazione era un'altra scena che avevo immaginato sin dall'inizio della creazione della storia. Quando nel film alla fine nn era stata liberata ci ero rimasta male. Cioè, ero contenta che nn fosse accaduto nulla di irreparabile ai nostri eroi, però mi dispiaceva che un personaggio di grande importanza come la crudele Strega Bianca facesse solo un'apparizione rapida e anche ingloriosa, mi sembrava indegno! I sentimenti di Cathy invece si sono formati mentre scrivevo, quindi sn contenta che il risultato finale sia venuto bene^^ ti ringrazio ancora per tutti i tuoi complimenti, sei troppo buona^^! La scena dove il grande felino farà la sua comparsa è vicina e spero che nn ti deluda! La frase "il sole tramonta ancora" è mia, nn conosco la canzone che mi hai citato però credo che andrò a sentirla perchè mi hai incuriosito^^ .
"Un addio sofferto per una meschina menzogna": sono contenta che l'inizio ti sia piaciuto, ero un po' titubante a partire da così da lontano ma per fortuna è andata bene^^ la cerimonia si è infine dimostrata per quello che è, un raggiro da parte di Jadis, però anche qui nn è detta l'ultima parola...quella cerimonia riserverà ancora sorprese ^^ Peter purtroppo aveva iniziato bene però poi si è lasciato prendere la mano, ma come biasimarlo dopotutto? L'addio ha lasciato l'amaro in bocca anche a me, però presto si porrà rimedio anche perchè vederli separati mi fa stare troppo male!!! Sono più felice mentre scrivo di quando sono insieme da brava inguaribile romantica! Sono comunque onorata del fatto che la scena della loro separazione abbia colpito tanto :-) glasieee!
"Un cuore di ghiaccio non batte per nessuno": grazie per aver messo l'accento sulla poesia, sei l'unica che l'ha apprezzata!! La scena dl dialogo tra i due sovrani mi sembrava un appropriato proemio alla battaglia e sono contenta che sia paiciuta^^ così come la scena della battaglia :-) nn scrivo molte scene dinamiche, ce ne saranno due o tre in tutta la storia finora perchè temo sempre di non essere capace però vedere che invece vengono apprezzate mi solleva^^ forse per il futuro posso slanciarmi di più su scene simili allora^^!!!!! Fai bene ad essere sospettosa riguarda al bel giardino, gatta ci cova ma presto ogni segreto verrà svelato^^  
Come potrei mai annoiarmi a leggere una tua recensione? Sei semplicemente fantastica e nn so davvero come ringraziarti per tutto il tempo che hai dedicato a scrivermi questa tua splendida recensione!!!!!!! Grazie grazie grazie!!  Il tuo interrogativo è più che legittimo e ti posso assicurare che tra qualche cappy avrà una risposta :-) anticipo solo che l'importante nn sarà tanto il nome ma il fatto in sé e come verrà scoperto dalla nostra cara Cathy (sono enigmatica lo so, però altrimenti ti rovinerei il gusto della lettura!) :-) ormai sarò ripetitiva ma ti ringrazio ancora una volta! Spero che questo cappy ti piaccia come i precedenti e non vedo l'ora di leggere le tue impressioni e le tue idee^^! Un bacione enorme!!!!!!!!!!

Un grandissimo grazie anche a tutti coloro che hanno aggiunto la ficcy tra le seguite o le preferite o hanno semplicemente letto^^! Spero che anche questo cappy vi soddisfi^^ fatemi sapre cosa ne pensate!
Buona lettura a tutti!

Kisskisses

68Keira68

witch

17_“Apri gli occhi mia stella”

 

Qualcosa non torna.

Presi un bel respiro stiracchiandomi le braccia e incrociandole dietro la testa.

Qualcosa non torna affatto.

Mi ripetei mentalmente, sistemandomi meglio sul tronco d’albero che gentilmente spostò la grossa radice che mi infastidiva il fondoschiena.

Il pregio di sdraiarsi su alberi pensanti e mobili… considerai.

Respirai a pieni polmoni l’aria fresca e satura del buon odore delle foglie rigogliose, mentre una scia di fiori mi superava dopo essermi girata attorno e avermi delicatamente accarezzato la guancia.

Ero seduta nel giardino da più di un’ora ed ero certa che avrei potuto restarci per sempre. Mi sentivo a mio agio, come se il bosco risvegliato fosse il mio habitat ideale. Tra faggi che danzavano e petali che si libravano in aria prendendo le fattezze di donne dalla bellezza folgorante, avevo più che mai la sensazione di trovarmi immersa nella magia. Magia che pareva sottostare al mio comando. Bastava infatti che sfiorassi con una mano l’erba per vedere i fili che crescevano rigogliosi ad una velocità sorprendente, o un cenno della mia testa per far sbocciare fiori dalle tonalità più diverse. Ero padrona di quel piccolo luogo fatato, che tanto aveva aspettato per risplendere e che ora poteva rendermi partecipe del suo immane fascino. In mezzo a quelle fronde che si muovevano al ritmo della musica della natura, mi sembrava impossibile pensare che quella terra potesse essere stata scenario di guerre cruente, addirittura fratricide. Chi mai avrebbe potuto voler distruggere un tale paradiso o anche solo intaccarne la purezza e la quiete? Era un sacrilegio anche solo immaginare di compiere una tale azione.  

Eppure, nonostante la calma e la pace che regnavano nel giardino, i miei pensieri non si quietavano. Anzi, in quella tranquillità parevano raddoppiarsi, purtroppo per me, così da farmi passare ben sessanta minuti a scervellarmi sul perché del disagio che avvertivo.

Da quando Jadis mi aveva congedato nella Sala del Trono, informandomi che sarebbe uscita per sbrigare delle faccende rimaste in sospeso e chiedendomi solo di non allontanarmi dal castello per la mia sicurezza, nella mia mente c’era un unico ritornello dominante: qualcosa non tornava.

Ma cosa?

Appoggiai la testa contro il tronco del pioppo che gentilmente mi copriva dal sole.

Riflettendoci con attenzione, il disagio era nato poco dopo che mia madre mi aveva informato dell’esilio dei Pevensie. Il dolore e la sorpresa erano stati ben presto scalzati da quella nuova emozione.

Non lo hanno voluto loro. Temo ti ritenessero complice della loro sconfitta.

Frasi che mi rimbombavano nelle orecchie. Frasi che mi avevano ferito come una pugnalata in un primo momento, ma frasi che mi sembravano sbagliate, strane, ora.

Temo ti ritenessero complice della loro sconfitta.

Non permetterò che tu venga sfruttata da una strega senza scrupoli.

Come poteva Peter ritenermi “complice della loro sconfitta” quando era convinto che fosse Jadis a manipolarmi?

Non lo hanno voluto loro.

Ovvero: mi odiavano perché li avevo traditi e non avevano alcuna intenzione di rivedermi.

Ti amo anche io. Ora e per sempre, tu sarai l’unica stella che brillerà nel mio cielo per illuminarmi la vita.

Possibile che la persona che aveva deciso di non vedermi mai più fosse la stessa che solo ieri mi aveva stretta tra le braccia sussurrandomi il suo amore? No. Non se quella persona parlava con il tono di chi ha il cuore in mano. Non se quella persona aveva gli occhi che brillavano di sincerità. Non se quella persona era Peter.

Ecco cosa non torna.

Finalmente lo avevo trovato. Non tornava che Peter mi ritenesse responsabile del suo esilio. Non tornava che Peter non avesse chiesto di me l’ultima volta che ne avrebbe avuto l’opportunità.

Il ragazzo mi aveva ribadito più volte che sapeva quanto io lo amassi e come le mie azioni non erano puntate a nuocere a lui e ai suoi fratelli ma che ero fermamente convinta di fare il bene di Narnia. Non aveva senso che di punto in bianco mi additasse come una traditrice, non una manciata d’ore dopo avermi giurato il suo amore per me e lo stesso valeva anche per i suoi fratelli.

Ma perché mai Jadis avrebbe dovuto mentirmi su una cosa del genere? Forse per scagionarsi dal fatto che non mi aveva chiamata per dire addio ai Pevensie? Non volendo essere giudicata colpevole, aveva scaricato la responsabilità sui quattro ragazzi? Ma poi perché non avrebbe dovuto volere la mia presenza all’esilio forzato degli ex sovrani? Temeva forse un mio ripensamento all’ultimo minuto?

O forse quello che mi aveva raccontato mia madre corrispondeva al vero ed era successo qualcosa, dopo che io e Peter ci eravamo lasciati, da indurre i Pevensie ad odiarmi.

Sospirai, prendendomi il viso tra le mani.

Troppe domande, nessuna risposta. Essa se ne era andata con i quattro ragazzi.

A meno che…

Caspian. Il suo nome apparse come un faro nella notte dei miei pensieri. Se Peter e i suoi fratelli avevano cambiato idea sulla mia buona fede all’ultimo, di sicuro il ragazzo ne era al corrente. Lui avrebbe potuto far chiarezza al meno su quell’interrogativo.

Bene, la decisione era presa. Sarei andata a fargli visita appena mia madre fosse tornata a palazzo. Così avrei colto anche l’occasione per visitare la nuova Telmar. Ora che Miraz era stato deposto, la corona sarebbe andata in eredità a lui, e finalmente la cittadina sarebbe potuta tornare a prosperare come stava facendo Narnia.

Sorrisi divertita immaginandomi il giovane Caspian nei panni di un sovrano. Lui, così buono e ingenuo, avrebbe dovuto destreggiarsi nella fitta jungla della politica di corte e nell’ardua impresa di governare un regno.

Se farà della sua bontà d’animo il suo vessillo, sono certa che non avrà problema alcuno. Telmar sta vedendo nascere un grande sovrano. Pensai felice che Caspian avesse potuto raggiungere i suoi obiettivi e confidando nelle sue buone qualità: calma, razionalità, giustizia.

Si, sarà un grande re. Ribadii sorridendo.

Sorriso che si spense quando il vento cessò inspiegabilmente, i petali si depositarono placidi sull’erba, gli alberi si fecero tesi e con loro i miei nervi.

Poi un improvviso ruggito squarciò l’aria.

Balzai in piedi, presa alla sprovvista. Non lo avevo immaginato, ne ero certa. Avevo appena sentito il ruggito di un leone, e con me lo avevano udito anche i faggi e frassini, ancora immobili, come in attesa.

Il cuore cominciò a battere forte, dall’agitazione e dalla paura.

Sapevo a chi appartenesse quel ruggito, impossibile sbagliarsi. Aslan era lì, vicino a me, anche se invisibile ai miei occhi. Avvertivo la sua presenza a pelle come anche la natura che mi circondava, improvvisamente piombata in una calma quasi religiosa. I rami non osavano nemmeno scricchiolare, il vento non si azzardava a muovere un solo filo d’erba.

“Aslan?” chiamai, cercando di impedire alla mia voce di tremare.

Non era la prima volta che aveva un incontro ravvicinato con il felino, era successo diverse volte nelle mie visioni a Londra. Senza contare l’episodio dove la sua magia unita alla mia era riuscita a risvegliare la vegetazione del boschetto sulla spiaggia. Ma all’epoca non gli avevo dichiarato guerra aperta schierandomi dalla parte di Jadis e dichiarandolo colpevole di ogni sciagura successa a Narnia negli ultimi milletrecento anni.

La situazione era leggermente mutata.

Un altro ruggito, un altro tremito. Questa volta riuscii ad individuare la direzione dalla quale proveniva. Nord-ovest, oltre il boschetto del giardino.

Mi feci coraggio e mi incamminai verso il suono molesto, iniziando a richiamare la magia. Per ogni evenienza, era meglio tenersi pronti…

Uscita da boschetto, feci scivolare lo sguardo verso il prato circostante ma non notai nulla di sospetto.

“Aslan?” riprovai, a voce più alta, mentre proseguivo avvicinandomi sempre più alla parete ghiacciata del palazzo.

Un ruggito mi giunse in risposta. Voltai la testa di scatto, ma non mi accolse altro che la grande vetrata del castello, una delle tante che costellavano la sua fiancata.

Il cuore martellava nel petto, ma si acquietò quando riconobbe la slanciata figura di mia madre attraverso il vetro. Mi dava le spalle e stava entrando in una stanza oltre il colonnato, sul lato destro della Sala del Trono, mentre discuteva animatamente con un nano, probabilmente Nikabrik.

Sospirai di sollievo. Il saperla vicino con la probabile presenza di Aslan nei dintorni mi rassicurava.

Mi precipitai verso la porta-finestra un paio di metri più in là, mettendomi al sicuro dentro le spesse mura del palazzo, sotto la custodia di Jadis che fortunatamente era tornata molto prima di quanto mi aspettassi.

Una volta entrata avevo ancora il cuore che batteva forte e la consapevolezza che avrebbe rallentato solo quando avessi messo a corrente mia madre sull’accaduto. Lanciai un’occhiata alle mie spalle, scorgendo gli alberi del giardino che intanto era tornati a muoversi. Aggrottai la fronte a quel dettaglio. Forse Aslan vedendo mia madre se ne era andato.

Meglio avvisarla comunque. Potrebbe ritornare. Riflettei.

Peccato però che la strega non si trovasse più nella Sala. Senza esitare imboccai la direzione che l’avevo vista prendere, la prima porta alla destra del trono.

Pur non essendo mai stata in quella parte del castello, mi aspettavo un’altra stanza dalle candide pareti come tutte quelle che avevo visto finora. Dovetti però presto ricredermi. La porta dava su una scala di pietra e le pareti, pur essendo fatte di ghiaccio, non erano lisce, ma piene di irregolarità e rientranze.

Dove porteranno? Mi chiesi incuriosita.

Iniziai a discendere gli scalini, stando attenta a non scivolare sul ghiaccio, la brutta esperienza appena vissuta accantonata momentaneamente, operazione aiutata dalla consapevolezza di essere protetta con mia madre vicina.

Evocai una sfera di luce per combattere il buio in cui mi stavo inoltrando, sempre più pesante quanto il freddo si faceva più pungente e che presto mi costrinse a stringermi nelle braccia.

Decisi in fretta che quel posto non mi piaceva per niente. L’oscurità era opprimente, la temperatura troppo bassa mano a mano che si scendeva.

Ma perché mai mia madre dovrebbe tenere una parte del castello come questa?

Il mio sesto senso mi avvertiva che la risposta a quella domanda avrebbe potuto non piacermi, ma la razionalità ribatteva che quella diffidenza era semplicemente assurda. Cosa mai avrebbe potuto nascondere dentro un palazzo? Eppure il brutto presentimento non se ne andava. Forse avrei fatto meglio a lasciar perdere e a tornare indietro.

Peccato che la mia testolina riccia scartò subito quella saggia ipotesi. Dopotutto la curiosità era donna, giusto?

La curiosità però uccise il gatto. Mi ricordai, storcendo le labbra in una smorfia contrariata.

Ma io non sono un gatto. Io sono una strega. Ribattei sagace alla mia stessa coscienza, e prendendo un respiro scesi un altro scalino, e un altro finché una debole luce non si fece intravedere al fondo della scalinata.

Sorrisi sollevata pensando che finalmente avevo trovato mia madre. Sorriso che immediatamente svanì appena udii un urlo agghiacciante provenire da quella direzione.

Mamma!

Pensai preoccupata. Iniziai a correre per gli scalini ma mi bloccai di colpo quando udii l’eco della sua voce giungermi forte e affatto dolente. La distanza era troppo grande per capire quello che stava dicendo, ma era sufficiente a farmi comprendere che il grido di prima non apparteneva a lei.

Un altro urlo mi fece accapponare la pelle. Era un grido di dolore. Ma a chi poteva appartenere? E perché stava urlando? Ma soprattutto, cosa c’entrava Jadis in tutto questo?

Col cuore che batteva forte discesi un altro paio di scalini e di nuovo udii la voce di mia madre che cercava di sovrastare un altro grido. La sensazione che qualcosa assolutamente non quadrava tornò più forte di prima, insieme alla consapevolezza che non sarei dovuta mai essere lì.

Una porta sbatté, dei passi si avvicinarono.

Presa dal panico, mi gettai dietro la prima rientranza della parete per nascondermi. L’istinto, dopo quello che avevo sentito, mi diceva che non era il caso di farmi trovare lì sulle scale ad origliare, e questa volta lo assecondai di buon grado. Quando l’eco dei passi si fece più vicino, evocai con la magia una parete che coprisse la rientranza e me con essa, ma che mi permettesse di vedere senza essere vista.

Idea che mi consentì di riconoscere Jadis e Nikabrik come i proprietari dei passi. Stupita, scorsi nel volto di mia madre rabbia e frustrazione, ma le sue condizioni fisiche, come anche quelle del nano, erano perfette. Dunque le grida definitivamente non appartenevano a loro.

Allora chi…?

La confusione ormai cresceva a pari passo con il disagio.

Quando non udii più alcun suono giungere dallo stretto corridoio, sciolsi l’incantesimo e uscii dal mio nascondiglio.

I gradini erano finiti, una tortuosa stradina fiocamente illuminata mi attendeva con le sue incognite. Non ero più sicura di voler davvero scoprire cosa era successo, eppure sapevo che era mia dovere farlo. Non potevo ignorare quell’urlo raccapricciante.

Mi feci coraggio e proseguii lungo il corridoio questa volta non in discesa. Pochi passi e mi ritrovai dinanzi ad un cancello in ferro battuto dall’aria molto antica che aprii con un cenno della mano, preparandomi al peggio. Cosa avrei visto varcata quella soglia? Cosa nascondeva la strega?

La porta cigolò sinistra sui cardini, ma fu un suono coperto ben presto da un grido mezzo soffocato.

“Cathrine”

Mi impietrii, riconoscendo immediatamente quella voce, anche se il mio cervello si rifiutò di fornirmi il nome della proprietaria. Perché era assolutamente impossibile che la persona che mi aveva appena chiamata fosse lei.

“Cathrine” ripeté in un sussurro.

Con lentezza mi volsi verso la direzione del suono. “Lucy” Le mie labbra bisbigliarono il suo nome incredule.

Gli occhi da cerbiatto della bimba si incrociarono con i miei. Sentii la respirazione, come ogni mio muscolo, bloccarsi mentre leggevo in quelle iridi castane sollievo, speranza, sorpresa, ma anche dolore, angoscia, patimento, sottolineati da occhiaie profonde, da un visino solitamente roseo e pieno ora pallido e incavato, dai capelli scompigliati e dai vestiti laceri.

“Oh Cathrine sei proprio tu, non sai quanto ci ho sperato!” singhiozzò la piccola, avvicinandosi sulle ginocchia alle sbarre che ci separavano, simile ad un’assetata nel deserto davanti ad un pozzo.

Incapace di qualsiasi razionalizzazione, caddi in ginocchio anche io, aggrappandomi ai pali di ferro verticali, che la rinchiudevano in quella che era senza alcun dubbio una cella.

Una prigione nella quale la piccola Lucy era trattenuta invece che trovarsi nella sua casa a Londra, cambiamento che non aveva alcuna spiegazione. O almeno nessuna spiegazione che la mia mente riuscisse ad elaborare.

Aprii e chiusi la bocca più volte, incapace di proferire parola. Incapace di formulare un pensiero. Incapace di focalizzare ragionevolmente il fatto che Lucy fosse dinanzi a me.

Solo un’idea spiccava netta nel turbinio di confusione che stava per far esplodere la mia testa.

Non può essere vero.

“Cate”

La flebile voce di Lucy mi richiamò. Vidi quegli occhi ancora vivi e vispi, nonostante tutto quello che doveva aver passato, ma anche rossi e gonfi dal pianto e mi si strinse il cuore. Non era davvero possibile, non doveva trovarsi là giù!

“Cathrine! Non sai quanto sono felice di vederti. Temevo fossimo spacciati.”

Un’altra voce, anch’essa purtroppo conosciuta, giunse al mio orecchio. Poco dopo la testa scura di Edmund si avvicinò a quella castana della sorella minore, aumentando la confusione che mi stava sopraffacendo.

“Edmund” esclamai stupefatta.

Le parole del giovane parevano sgorgare direttamente dal cuore. Anche lui era mal ridotto, il volto era pallido e smagrito come quello di Lucy, ma in più le sue vesti erano sporche di sangue. Mi augurai che non fosse suo ma dei nemici sconfitti in battaglia.

Cercai di far chiarezza nel caos che albergava nella mia mente ma non ci riuscii. Come potevano essere nel palazzo di Jadis? Perché erano rinchiusi là sotto?

Confusione per i troppi interrogativi irrisolti, rabbia per non essere riuscita a proteggerli dalla sofferenza fisica che stavano patendo e incredulità per trovarli in prigione mi animarono, ma su tutto si impose la preoccupazione per i miei amici, sentimento che mi permise di non impazzire succube del caos dandomi un obbiettivo da perseguire con raziocinio. La loro salvezza.

“Ragazzi” riuscii a pronunciare infine, l’espressione corrucciata, gli occhi che balzavano da un viso all’altro. “cosa diamine ci fate qui? Com’è possibile? Siete feriti? Dove sono Peter e Susan?” chiesi con fervore, sull’orlo di una crisi isterica.

Se si fossero trovati in pericolo di vita non me lo sarei mai perdonato.

“Cate, sei davvero tu? Sia ringraziato il cielo!”

Prima che Edmund o Lucy potessero rispondermi, dalla cella accanto, attraverso un varco che univa i due anfratti, le braccia di un giovane principe di Telmar si sporsero, segnalando la loro presenza.

“Caspian” Pronunciai il suo nome con un tono che andava oltre lo sbigottito.

Non ci potevo credere. Anche lui era rinchiuso insieme agli altri in delle fredde e spoglie celle, malridotto, forse anche ferito gravemente. Mi sembrava di vedere uno dei miei incubi realizzarsi.

“Cathrine, non hai idea di quanto io e Susan abbiamo pregato affinché tu riuscissi a trovarci.” Mi disse Caspian, in una confessione simile a quella di Edmund.

Dai loro occhi potevo scorgere a chiare lettere quanto quelle frasi fossero sincere. Rinchiusi là sotto, avevano volto le loro uniche speranze a me, vedendomi come la sola che avrebbe potuto aiutarli. Chissà da quanto mi stavano aspettando e io come un’idiota avevo perso tempo in giardino a godere dei tiepidi raggi del sole, ignorando che i miei più cari amici stavano soffrendo.

 “No, no! Tu dovresti essere a Telmar come re! Specie ora che Miraz è stato sconfitto” obiettai presa da una confusione in continuo aumento.

“Avrei preferito, credimi” ribatté ironico.

“Ma perché vi trovate qui? Voi dovreste essere a Londra! Tu a governare il tuo regno” aggiunsi rivolta al principe “E dove sono Susan e Peter?” domandai a raffica, il tono che sfiorava le tre ottave in perfetto contrasto con quello molto più roco e basso dei ragazzi.

 “Susan è nella cella con me. Sta dormendo profondamente, altrimenti si sarebbe sbracciata anche lei al tuo arrivo. Cate, sei la nostra salvezza, tu puoi liberarci”.

Mi sporsi per vedere la cella di Caspian attraverso l’apertura nella parete comunicante con quella di Lucy ed Edmund, trovando conferma alle parole del principe. Susan era adagiata contro il muro, addormentata, apparentemente ignara di quello che le accadeva attorno. Alla sua vista sentii una pugnalata al petto. Era messa peggio degli altri tre, il viso era molto più pallido, le labbra tendevano al blu. Stava andando in ipotermia.

La mia agitazione aumentò.

“Cos’ha Susan?” trillai.

“è stata ferita gravemente. Ha perso diverso sangue e questo l’ha resa debole, incapace di sopportare questo freddo” mi spiegò Caspian preoccupato. “Cate, puoi curarla? Soffre molto e io non posso fare niente per lei” l’ultima frase era simile ad una supplica. Non osavo nemmeno immaginare quanto dovesse essere stato in ansia per lei nelle ultime ore.

Scattai verso la porta della sua cella, che aprii in un lampo, e senza farmelo ripetere due volte ero già accanto alla ragazza, ritrovando incredibilmente l’energia che avevo perduto alla vista di Lucy imprigionata.

Fredda come il ghiaccio, il dolore che provava turbava la sua espressione anche nel sonno.

“Susan?” La chiamai, scuotendola con delicatezza.

Le palpebre tremarono un poco, ma solo al secondo richiamo si aprirono.

“Cath…thrine?” bisbigliò battendo i denti.

Sorrisi sollevata nel vederla ancora capace di essere vigile. “Sono qui” la rassicurai.

Con uno scatto repentino, dato da una foga febbrile, mi artigliò il polso, avvicinandomi a sé.

“Cate, ero s…sicura che c…ci avresti tr…trovati. Sei venuta a sal..lvarci! Siamo sal…lvi…” mormorò scossa dai tremiti.

Le accarezzai la fronte, scostandole i capelli dal viso. Veder ridotta lei, di solito così posata e fiera, in quello stato, era straziante.

“Si, lo siete, te lo posso giurare. Prima però Caspian mi ha detto che ti hanno ferita, fammi vedere dove, così posso curarti” le assicurai mentre il ragazzo in questione si avvicinava al capezzale della regina.

“Ho un taglio lun…ngo la cos…scia”

Volsi lo sguardo in quella direzione, notando solo ora la veste imbrattata di sangue particolarmente in quel punto.

Facendo cenno al principe di voltarsi, alzai la gonna di Susan per scoprire il taglio. Mi si bloccò il respiro quando vidi la profondità della ferita. La coscia era interamente sporca di sangue, la spada aveva lasciato una linea dritta dall’anca fin poco sopra il ginocchio. Eppure pareva aver smesso di sanguinare, anche se era chiaro che non si era ancora cicatrizzata. Ma non persi tempo a domandarmi come l’emorragia potesse essersi fermata da sola senza che la ferita fosse stata richiusa. Adagiai le mia mani lungo il taglio e richiamai la magia. Subito la sentii potente raggrupparsi nel mio palmo che si fece caldo e luminoso. Chiusi gli occhi e individuai l’aurea debole e fioca di Susan accanto a quella più luminosa del principe. Colpii il suo scudo protettivo penetrandolo con i miei poteri come avevo sapientemente imparato a fare, e a quel punto feci defluire la mia magia in lei. Avvertii i tessuti ricucirsi, la sua aurea farsi velocemente più forte e luminosa. La ferita fu presto rimarginata. Notai con grande soddisfazione che non provavo il minimo affanno dopo quell’incantesimo, a differenza della spossatezza che mi aveva colpita dopo che avevo guarito la ferita al fianco di Peter. I miei poteri si erano di gran lunga ampliati.

Quando riaprii gli occhi, Susan era fuori pericolo. Il viso era più roseo, gli occhi lucidi e vispi. Il sorriso che mi rivolse era luminoso.

“Susan” sussurrai abbracciandola forte.

“Grazie” disse con tono accalorato. Caspian non tardò a farle da eco, il volto illuminato dal sollievo e dalla felicità di vedere salva la sua Susan.

“Tu sei ferito?” domandai rivolgendomi al ragazzo e scrutandolo con occhi clinico.

“Solo qualche graffio, nulla di grave” disse con noncuranza, troppo impegnato a controllare le condizioni ora ottime della sua amata.

Non potei evitare di sorridere intenerita da quella visione romantica prima di rivolgermi al ragazzo moro.

“Tu Edmund?”

“Ho solo riportato un polso slogato, tentando di parare il colpo di un centauro invece di schivarlo” mi informò scrollando le spalle, nel tentativo di sminuire il fatto.

Sogghignai a quel cenno d’orgoglio maschile.

Scuotendo lievemente la testa, gli feci cenno di esporre il polso in questione, avvicinandomi a gattoni alla sua cella. Lo presi tra le mie mani, mi concentrai sulla sua aurea e penetrai il suo scudo di energia come avevo fatto per la sorella. Infine feci scaturire un flusso di calore che lo guarì in pochi istanti.

Edmund mosse il polso su e giù prima di regalarmi un sorriso grato.

“Lucy?” chiamai la bimba.

“A parte il freddo io sto bene. Non ho partecipato alla battaglia, non ho nemmeno corso il pericolo di ricevere qualche ferita” affermò Lucy, una vena di triste ironia nella voce.

“Tu sei qui e non hai nemmeno combattuto?”

La bimba scosse la testa, afflitta.

Non era giusto, era solo una bambina in fin dei conti, non avrebbe mai dovuto vivere una circostanza come quella.

 “Riesci ad aprire le catene?” la richiesta di Susan mi distolse dalle mie riflessioni.

Annuii, certa di sbrigare quella faccenda in un attimo. Individuai la catena che  imprigionava Caspian e la ragazza alla caviglia e cercai di aprirla con un gesto della mano, ma il catenaccio si rivelò più resistente del previsto. Tentai una seconda e una terza volta, prima di rivelare frustrata il mio fallimento.

“Com’è possibile? Dovrebbe essere tra gli incantesimo più facili!” sbottai frustrata.

“Congelala, così si può provare a spezzarla” propose Edmund affacciato al varco nella parete.

Mi adoperai immediatamente. Dalla mia mano fuoriuscì un gettò d’aria gelida in grado di ghiacciare qualsiasi oggetto. Qualsiasi eccetto quelle dannate catene che non subirono alcun mutamento. Caspian, fiducioso, provò a romperle ugualmente, ma il tentativo fu vano. Il catenaccio restava intatto.

“Provare a scioglierle?” suggerì il principe.

Scossi la testa voltandomi. “Il calore si propagherebbe fino ad ustionare le vostre caviglie prima di riuscire nell’intento”.

Mi alzai in piedi e tirai un calcio a vuoto, demoralizzata. “Evidentemente assorbono la magia o qualcosa del genere. L’unico modo per aprirla è avere la chiave” osservai arrabbiata con quel duro pezzo di ferro.

“E adesso?” mormorò Lucy, angosciata.

Presi un respiro e con esso una decisione. “Recupererò la chiave. Deve essere nel palazzo, la troverò. A costo di mettere a soqquadro l’intero castello.” Giurai, irremovibile.

Evidentemente il mio tono doveva essere sufficientemente convincente, perché una luce di speranza brillò negli occhi castani della piccola.

“Per la temperatura purtroppo non posso far nulla. Dovrei eliminare tutto il ghiaccio del palazzo, mi dispiace” aggiunsi scusandomi sincera, sentendo io per prima il freddo che pativano là sotto.

“Non importa, resisteremo, tu occupati della chiave” risolse Susan, tornando a poco a poco la regina che conoscevo con mia immensa gioia.

 

“D’accordo” Presi un respiro e mi accinsi a ripetere per la quinta volta le domande che mi stavano assillando e che non avevano ancora ricevuto risposta “Si può sapere perchè siete qui? E…” lo voce mi tremò nel tentativo di porre il quesito che più mi stava a cuore ma del quale più temevo la risposta “Peter dov’è?” riuscii infine a dire in un sussurro.

“Lo sai perché siamo qui, Cathrine”. La voce dolce-amara di Susan, che aveva volutamente ignorato il mio ultimo interrogativo, mi fece voltare verso di lei,

Sapevo perché erano lì? Non con certezza, ma purtroppo per me non era difficile da intuirlo. C’era solo una persona che avrebbe potuto rinchiuderli in quel palazzo dopo aver vinto la guerra contro di loro. Eppure mi rifiutavo di crederlo, non poteva assolutamente essere…

“Jadis”

Un nome, una condanna.

Sentii il cuore iniziare a battere forte e dovetti regolare la respirazione per calmarlo, peccato che essa non potesse lenire anche il dolore che iniziava a farsi strada.

Quasi inconsapevolmente cominciai a scuotere la testa con scatti brevi e secchi, come se il mio subconscio non volesse arrendersi a ciò che vedeva e sentiva.

Sentii una mano delicata stringermi la spalla richiamando l’attenzione sulla sua proprietaria.

Mordendomi il labbro per sigillare i singhiozzi che non volevo far uscire, mi volsi per specchiarmi nei grandi quanto decisi occhi castani di Susan.

 “Dov’è Peter?” ripetei quasi supplicando, senza ribattere alla rivelazione della regina.

Prima di lasciarmi andare alle mie riflessioni, prima di permettere alla preoccupazione e alla confusione di divorarmi, prima di analizzare una situazione che, lo sapevo come se ogni cosa me lo stesse urlando, mi avrebbe colpita e forse affondata, dovevo sapere dove si trovava il mio re. Dovevo vederlo, assicurarmi delle sue condizioni. Ma soprattutto avvertivo l’egoistico desiderio di averlo accanto a me. Se ciò che spiegava la presenza di Caspian e dei Pevensie in quelle celle doveva ridurmi a pezzi volevo che accadesse tra le sue braccia, mentre mi guardava, così che i suoi zaffiri potessero darmi un appiglio per tentare di sopravvivere, così che la sua voce vellutata potesse salvarmi dal baratro che si stava per aprire sotto di me.

I quattro ragazzi si scambiarono uno sguardo a disagio e preoccupato. Esattamente come temevo.

Un terribile presentimento si affacciò nella mia mente come un fulmine a ciel sereno.

Aprii la bocca per parlare ma le parole mi morirono in gola. Ciò che dovevo dire era terribile anche solo da ipotizzare.

Deglutii a vuoto un paio di volte prima di mormorare la frase fatidica. “Era lui che urlava prima, vero?”

Il pesante silenzio che seguì fu più che eloquente. Un gemito strozzato uscì dalla mia gola. “Dov’è?”

Fu Lucy a rispondermi, con voce bassa, rotta dal pianto anche se dai suoi occhi non scivolò neppure una lacrima. Probabilmente ne aveva già versate troppe.

“Non lo sappiamo di preciso. Lo hanno rinchiuso in una cella da solo, separata dalle nostre. Anche se deve essere per forza a distanza d’orecchio”.

Scattare in piedi e uscire dalla cella fu un solo movimento, ma prima che potessi incamminarmi lungo il corridoio, la voce di Susan mi richiamò.

“Cate, devi sapere cos’è successo durante la battaglia, dopo che abbiamo perso!”

Le risposi senza nemmeno voltarmi. “Adesso non mi interessa. Mi farò raccontare tutto dopo, lo prometto. Tornerò presto per portarvi fuori di qui con la chiave. Tenetevi pronti.”

E queste è una promessa che manterrò ad ogni costo.

Proseguii per il passaggio, in attesa di scorgere Peter all’interno di una delle altre celle che riempivano le pareti, ma con mia sorpresa erano tutte vuote. Dove avevano imprigionato il re? Eppure non poteva essere molto lontano.

Svoltai a destra seguendo il corridoio e mi imbattei in un’unica porta di ferro con una feritoia in alto che sbarrava la strada.

Il cuore cominciò a battere forte, il respiro si fece corto. Sapevo cosa, o meglio chi, c’era oltre quella porta e avevo paura di vederlo. Non temevo di essere giudicata una traditrice, ormai sapevo che quella parola non aveva mai nemmeno lontanamente sfiorato la mente di Peter, ma paventavo le condizioni in cui lo avrei trovato. Cosa lo aveva indotto ad urlare in quel modo prima? Quali ferite aveva riportato in battaglia da procurargli tanto dolore?

Il mio compito è proprio quello di guarirlo da quelle ferite. Ricordai a me stessa, ferrea.

Presi un bel respiro e tutto il coraggio che mi era rimasto e aprii la porta con la magia, ignorando il cuore in gola.

La cella era buia, a differenza di quella degli altri quattro ragazzi, ma appena aprii la porta la luce esterna entrò insieme a me per illuminare quell’angusto spazio.

Almeno non c’è del ghiaccio alle pareti. La temperatura quanto meno è sopra lo zero. Notai guardandomi attorno.

“Due visite nel giro di un’ora…quale onore oggi”

Una voce, fiera e sarcastica per quanto debole, smascherò la presenza di una figura accasciata alla parete alla mia sinistra, il cui busto stava in piedi solo perché sostenuto dalle braccia appese sopra la testa da due rigide catene .

Avvertii il mio cuore spezzarsi riconoscendo in quel corpo malridotto, ricoperto di ferite e di sangue, Peter. Il mio Peter.

Il mio mondo intero crollò. Perché era lui a sostenerlo.

La mia vista si appannò. Perché non poteva sopportare una tale visione.

La mia mente prese a vorticare confusa. Perché non riusciva a capacitarsi di quello che stava succedendo.

Mi sentii semplicemente morire. Perché la mia vita dipendeva dalla sua e la sua al momento era seriamente compromessa.

“Peter” pronunciai in un sospiro strozzato.

Con lentezza, come se solo quel semplice gesto gli costasse molta fatica, alzò il capo nella mia direzione. Strizzò gli occhi per colpa della luce improvvisa e infine riuscì a mettermi a fuoco.

“Cathrine?” bisbigliò incredulo.

Mi portai una mano alla bocca, soffocando un urlo angosciato. Il suo bel viso era ricoperto di lividi e tagli, il labbro era spaccato, il colorito pallido. Eppure i suoi occhi, i suoi splendidi zaffiri, mantenevano la lucentezza di sempre. Brillavano ancora di vitalità, di orgoglio. Si rifiutavano di arrendersi.

Non potevo sopportare di vederlo ridotto in quello stato. E poi perché qualcuno avrebbe dovuto accanirsi tanto su di lui? Cosa aveva fatto per meritarsi questo?

“Cathy, sei tu?”

Al secondo richiamo, corsi verso di lui senza ulteriore indugio. Caddi in ginocchio e gli gettai le braccia al collo. Solo a quel punto piansi. Tanto, disperatamente. Perché era colpa mia se si trovava in quella situazione, io non gli avevo dato retta, io avevo appoggiato Jadis, io non ero riuscita ad impedire la guerra. Era solo dannatamente colpa mia.

“Ahi”  esclamò sofferente il ragazzo, eppure l’ombra di un sorriso curvava le sue labbra gonfie, coprendo la smorfia di dolore.

Mi allontanai di scatto, preoccupata. “Scusami!”.

Per l’abbraccio.

Perché non ti sono stata vicina finora.

Perché ho permesso che ciò accadesse.

Perché non ti ho ascoltato.

“Non importa”

Perché ora sei qui e solo questo conta.

Parole non pronunciate ma che entrambi sapevamo.

“Cathy, stai bene?”

Uno sbuffo divertito e isterico mi uscì tra un singhiozzo e l’altro.

Era tipico di Peter preoccuparsi per me nonostante tra i due fosse lui quello in pericolo di vita. Nonostante fosse ridotto al punto da essere incapace di tenere la testa alzata, lui si impensieriva per la mia condizione.

“Dovrei chiederlo io a te non credi?” gli risposi, accennando un sorriso tra le lacrime.

Il ragazzo alzò le spalle, gesto che gli causò altro male. Cercava di sminuire come suo fratello, evidentemente entrambi succubi della fierezza maschile.

Gli accarezzai una guancia con delicatezza, attenta a sfiorarlo solamente per non fargli male di nuovo. Non occorreva un medico per comprendere che aveva ferite ovunque. La veste era completamente macchiata di sangue e lacerata in più punti dove aveva ricevuto un colpo probabilmente di spada. Stava male, tanto, e anche se cercava di nasconderlo non poteva evitare al suo viso di piegarsi in una smorfia di dolore ad ogni minimo spostamento. Non osavo immaginare quanto dovesse essere provato il suo fisico, eppure Peter resisteva fieramente. Il suo sguardo restava fermo, la voce, seppure bassa, non tremava.

Non sapevo se era il suo smisurato orgoglio a tenerlo vigile o una grande resistenza fisica, ma qualunque cosa fosse ringraziavo il cielo per essa. Se il suo spirito fosse stato piegato, il mio si sarebbe sgretolato nello stesso istante.

“Peter, ho visto Lucy e gli altri chiusi in cella come te, credimi io…”

“Hai visto i miei fratelli e Caspian?” mi interruppe con fervore. Troppo, dato che fu scosse da un violento attacco di tosse. Mi preparai ad aiutarlo in qualsiasi modo, ma il suo sguardo mi informò che la cosa della quale necessitava di più era sapere della sua famiglia.

“Si, sono stati rinchiusi qualche cella più in là. Stanno tutti bene” aggiunsi anticipando la sua prossima domanda “Susan era stata ferita alla gamba ma l’ho guarita. E se mi dici da dove iniziare, intendo curare immediatamente anche te” annunciai, squadrandolo con occhi clinico e riconoscendo la ferita che aveva al fianco come la più grave al momento.

“No”

La risposta giunse inaspettata. Corrucciai la fronte.

“Come no? Peter, non è il momento di fare l’eroe, stai male e per quanto tu sia forte dubito che resisterai ancora a lungo” ribattei decisa. Lo avrei curato anche contro la sua volontà se necessario, non sarei stata a guardare mentre soccombeva in quella angusta cella.

“Non intendo fare l’eroe” disse deciso “ma so quanta energia ti costa un incantesimo di guarigione e se hai già curato Susan non puoi fare lo stesso con me. Rischieresti di prosciugare un’altra volta le tue forze” mi spiegò razionale.

I suoi occhi erano sinceri, avrebbe realmente rinunciato senza tentennamenti alla sua unica possibilità di essere guarito e di alleviare il suo dolore per evitare di farmi perdere di nuovo le energie. Ero semplicemente incredula.

Mi asciugai l’ennesima lacrima con il dorso della mano, sorridendo sbalordita. Non si poteva essere tanto altruisti, non era umanamente realistico.

“Quando la smetterai di preoccuparti per me” lo ripresi “e comincerai a pensare prima a te stesso? Sei gravemente ferito, hai bisogno di cure e io te le darò.”  

“Non se ciò compromette la tua di salute” ribatté.

“Non accadrà” lo rassicurai. “I miei poteri si sono praticamente raddoppiati dall’ultima volta, non mi sono nemmeno sentita stanca dopo che ho rimarginato il taglio alla gamba di Susan. Sono perfettamente in grado di guarirti. Devi solo dirmi dove per prima cosa, al fianco?” proposi.

Peter mi scrutò, probabilmente in cerca di segni di cedimento sul mio viso che smascherassero una bugia nelle mie parole, ma non trovandone parve rassegnarsi.

“Alla spalla” obiettò.

Annui decisa e mi alzai in piedi per vedere meglio la parte indicata.

Un’esclamazione inorridita mi uscì prima che riuscissi a bloccarla. Quella che Peter aveva sulla spalla non era una semplice ferita di spada. Qualcosa di grosso e appuntito doveva essere penetrato in quel punto, tranciandogli i legamenti del trapezio. Se fosse stato sottoposto a cure normali probabilmente non avrebbe mai recuperato l’uso del braccio tanto era grave la ferita. Ma ciò che era strano era che non sanguinava come avrebbe dovuto. Come quella di Susan, la ferita non si era cicatrizzata eppure l’emorragia si era fermata. Ma a giudicare dall’espressione di Peter, il dolore era ancora ben presente.

Senza perdere altro tempo, allungai le mani sulla spalla e ripetei l’incantesimo già praticato per sua sorella. Individuai la sua aurea, più luminosa di quella di Susan anche se aveva ricevuto più ferite di lei, ma molto più fioca di quello che sarebbe dovuta essere. Feci confluire la magia nei miei palmi e quando fui pronta penetrai il suo scudo cominciando a far scorrere la mia energia in lui. La magia si diffuse nei muscoli ripristinando i legamenti e nelle vene curandone le lacerazioni. Impiegai più tempo che per la gamba della ragazza, ma alla fine la spalla tornò come nuova.

Quando rividi la sua pelle rosa e perfetta sospirai di sollievo.

“Va meglio?”

“Decisamente, grazie” il tono meno dolente fu la più grande ricompensa. 

Passai immediatamente a curare il fianco che presto tornò sano. Guarii due lacerazioni profonde alla gamba destra, un’altra al braccio sinistro e una lunga ma poco profonda lungo il torace. Risanai i lividi e le abrasioni che riportava praticamente ovunque, facendo scorrere la mia magia lungo tutto il suo corpo, invadendolo con la mia calda energia dopo aver superato la protezione della sua aurea.

Infine mi occupai del viso. Cicatrizzai un taglio che gli deturpava la guancia facendola tornare rosea e perfetta come prima, ne risanai un altro sopra il sopraciglio e un livido lungo la mascella. Per ultimo guarii il labbro spaccato, ritrovando in poco tempo la sua bocca rossa e piena senza una ferita. Bocca sulla quale depositai un bacio desiderato da entrambi. Un bacio con la quale cercai di trasmettere tutto il mio dispiacere per la situazione e il mio amore che non era mai vacillato.

Quando ci separammo gli accarezzai il viso, contemplandolo, felice di rivederlo in salute come sarebbe sempre dovuto essere.

“Purtroppo non posso aprire le catene perché assorbono la magia. Occorre la chiave per liberarti, ma non preoccuparti, la troverò e tornerò il prima possibile per portarti via insieme agli altri” lo informai, con una sfumatura di scuse per la mia mancanza.

“Non ne dubito” mi assicurò, riempiendomi di gioia. Sapevo che si fidava di me, ma era comunque confortante sentirglielo dire dopo tutto quello che era successo.

“Come hai fatto a ridurti in questo stato in battaglia? Edmund e Caspian ne sono usciti praticamente illesi e Susan ha riportato solo una ferita alla gamba” chiesi poi, non capacitandomi di come un condottiero abile come lui avesse subito così tante ferite.

“Solo il fianco e la spalla sono stati colpiti in battaglia” mi rispose muovendo la spalla per quanto le catene gli consentivano per verificarne lo stato. “Ma la persona che mi ha ferito ha voluto continuare l’opera anche qui” confessò con tono aspro.

“Chi?” domandai con un filo di voce, anche se in cuor mio già sospettavo la risposta, solo una persona poteva essere indicata da Peter con tale acrimonia.

“La Strega Bianca”. Per non smentirsi, il nome gli uscì simile ad un ringhio.

Strinsi gli occhi per impedirmi di versare altre lacrime alla consapevolezza che la lista dei crimini di mia madre si allungava. La discussione che avevo rimandato con Susan stava per essere affrontata, dopotutto non avrei potuto evitarla in eterno. Anche se avrei tanto voluto chiudere gli occhi e fingere che fosse tutto un brutto sogno, dovevo affrontare la realtà. Almeno, Peter era accanto a me.

“Jadis e io abbiamo duellato insieme. L’avevo colpita al braccio e alla gamba” iniziò a raccontare Peter. Subito l’immagine di mia madre zoppicante mi tornò alla mente, dando credito alle parole del re “stavo vincendo e lei lo sapeva, così si è allontanata da me per cercare di colpire Edmund alle spalle congelandolo con lo scettro. Non c’era tempo per avvertire mio fratello così mi sono frapposto tra lui e Jadis e lo scettro ha colpito me infilzandomi la spalla”. L’odio nelle sue parole era quasi palpabile.

 “E pensare che mia madre mi aveva giurato che non vi avrebbe torto un capello, che addirittura vi avrebbe protetto durante lo scontro!” mormorai, la voce strozzata nel realizzare ciò che Jadis aveva fatto alle persone che più amavo. Come aveva potuto prima ingannarlo infimamente e poi ferirlo a quella maniera?

Le labbra di Peter si curvarono in un sorriso triste. “Se non sbaglio ti aveva anche giurato che ci avrebbe esiliati a Londra, eppure eccoci qui” mi ricordò.

Ingoiai a fatica altre lacrime. Jadis mi aveva promesso con tanta semplicità che avrebbe risparmiato i miei amici e con altrettanta semplicità aveva infranto la parola data. Tenendomi all’oscuro di tutto.

Ma come avevo fatto a non accorgermi che la strega aveva trascinato i miei amici al castello? Se il combattimento era accaduto durante la notte, probabilmente stavo ancora dormendo mentre tornavano nel palazzo, ma con tutto il rumore che avevano certamente fatto possibile che non mi fossi accorta di nulla? A meno che…

…Ti ho portato una tisana. Ti aiuterà a calmarti.

Con un ennesimo singhiozzo, realizzai come mia madre mi avesse tranquillamente tolto di scena, impedendo un mio coinvolgimento. Mi aveva drogata. La tisana era stata solo un pretesto per farmi assumere un sonnifero, ecco perché mi ero addormentata di botto senza nemmeno riuscire a raggiungere il letto. E io che lo avevo scambiato per un gesto d’amore materno…

“Ma lei voleva solo far tornare la pace e la prosperità a Narnia. Per questo ha anche sconfitto Miraz” sussurrai incoerentemente, non rassegnandomi alla verità sempre più palese. Come potevo mettermi il cuore in pace dinanzi ad una realtà tanto atroce?

“Cathy, mia stella, ti prego apri gli occhi, te lo chiedo nuovamente” Alzai lo sguardo su Peter, rispondendo alla sua preghiera e apprestandomi ad ascoltarlo, gli occhi lucidi di un pianto represso. “Quello che voleva era tornare a tiranneggiare sopra una landa ghiacciata perché questo è diventata Narnia ora che è tornata, un deserto di ghiaccio e Telmar con essa, ha congelato ogni angolo della città compresi i suoi abitanti”.

“Non ha senso, in giardino gli alberi sono tornati a danzare!” obiettai, aggrappandomi alla piccola speranza che Peter si sbagliasse almeno su quel punto. Non poteva essersi spinta a tanto.

“Il risveglio è limitato al giardino del castello, probabilmente Jadis ha pensato di tenerti buona facendoti credere che Narnia era tornata quella d’un tempo. Basta attraversare il ponte per rendersi conto che il resto del paese è tutto ricoperto di neve gelida”.

Confusione e stordimento popolarono la mia testa.

Guardai Peter negli occhi e in quelle iridi celesti non scorsi altro che sincerità e tanto amore. Voleva che gli credessi principalmente per il mio stesso bene, come potevo dubitare della sua parole? Eppure credere che mia madre mi avesse mentito faceva male. Tanto, tanto male. Possibile che mi avesse solo usata, che tutto ciò che mi aveva detto corrispondesse al falso?

“Ma perché avrebbe dovuto rinchiudervi qui sotto? Perché ti ha ferito così?” chiesi, girando l’argomento nella speranza di trovare una spiegazione a quelle azioni che non fosse crudeltà gratuita. Dopotutto Jadis ormai aveva vinto, aveva la corona, a cosa gli servivano dei prigionieri?

“Cercava di estorcermi un’informazione per lei vitale, dove si trova Aslan” mi disse.

Corrucciai la fronte. “Ma voi non sapete dove si trova Aslan, altrimenti sareste andati da lui a chiedergli aiuto. Io per prima le avevo detto che non avevamo la benché minima idea di dove potesse essere” obiettai.

“Si, ma lei ha pensato che noi lo sapessimo e che te lo avessimo tenuto nascosto.” Spiegò.

Scossi la testa allibita e inorridita. “E Jadis ti avrebbe torturato per farti confessare?”

“Si”

Una pugnalata al cuore. Una vera e propria pugnalata al cuore.

“Cathy?” mi richiamò calmo Peter, vedendo il mio smarrimento.

Alzai lo sguardo sul bel re. I miei occhi stavano supplicando pietà. Ad un tratto desiderai di non aver mai saputo come era andata veramente la guerra, perché i miei amici si trovassero rinchiusi in celle fredde e perché Peter era stato ridotto in quello stato pietoso. La possibilità che mia madre si rivelasse in realtà la crudele Strega Bianca che tutti temevano mi stava dilaniando.

E Peter lo sapeva, ecco perché con il tono più dolce del miele cercò di confortarmi.

“Mia stella, so che deve essere orribile apprendere tutto questo, ma purtroppo è necessario per la tua salvezza e per quella di Narnia intera.”

Presi un respiro profondo. Peter aveva ragione. Non potevo più difendere mia madre dalle accuse che le venivano rivolte. La verità era troppo palese affinché potessi fingere di non vederla.

Frasi da lui pronunciate in un tempo che mi sembrava tanto lontano riecheggiarono nella mia mente, frasi che sembravano predire saggiamente un futuro alla quale non avrei mai creduto se non l’avessi visto.

Tu credi sul serio che Jadis ci lascerebbe tranquillamente andare vivi lontano di qua? Dopo milletrecento anni che medita vendetta?

Lo avevo creduto. Come una piccola ingenua avevo davvero creduto nella buona fede nella strega, avevo creduto ad ogni sua singola promessa, ad ogni frase e proposito confidando che non avrebbe mai mentito a sua figlia, fiduciosa che il suo cuore non avrebbe mai potuto compiere atti di vendetta. E invece mi ero clamorosamente sbagliata. Ero stata raggirata con facilità e i Pevensie e Caspian ne avevano purtroppo pagato le conseguenze insieme ai loro regni.

Perché la Strega Bianca non aveva mai avuto alcuna intenzione di lasciare impunito il colpo di stato avvenuto tredici secoli prima. Perché Jadis covava vendetta da troppo tempo, a differenza di quello che avevo ingenuamente sperato. Una vendetta che esigeva di essere consumata.

Jadis mi aveva mentito, ogni sua singola parola si era dimostrata essere falsa. Falsa come il suo amore per me, perché se davvero mi amava come diceva, non mi avrebbe mai raggirato in un modo tanto infame ed infido.

Alcune lacrime scapparono dal mio controllo mentre un singhiozzo mi scosse. Per la seconda volta mi vedevo strappare via l’affetto di una madre, proprio quando iniziavo a godere del suo dolce sapore. Era ingiusto. Terribilmente ingiusto.

“Evidentemente non è il mio destino avere qualcuno da chiamare mamma con affetto” mormorai con amarezza.

“Mia Cathy, vieni qui” Peter mi invitò tra le sue braccia e io non esitai ad accoccolarmi sul suo petto ampio e caldo.

Altri singhiozzi, altre lacrime, ma su entrambi la dolce e rassicurante voce di Peter cercò di imporsi.

“Jadis non merita il tuo pianto. La sola che deve soffrire e che infine soffrirà sarà lei, specie quando si accorgerà che per la sua crudeltà ha perso la cosa più preziosa che la vita avrebbe mai potuto regalarle, che non è di certo una corona, bensì il tuo affetto, l’affetto di una figlia altruista e buona che le avrebbe donato solo felicità.”

Parole di conforto, balsamo sulla mia ferita se pronunciate con quel tono vellutato.

“Ma tu sei diversa, sei capace di amare e di essere amata dalle persone che lo fanno con il cuore. Hai l’amicizia di Susan, di Edmund e di Caspian, che farebbero qualsiasi cosa per te senza pensarci un attimo. Hai Lucy che praticamente ti adora.” Il ricordo dei quattro ragazzi riuscì a strapparmi un sorriso di tenerezza che vinse in parte i singhiozzi. “E hai il mio amore, ora e per sempre come dovresti ben sapere”.

L’ultima dichiarazione bloccò definitivamente le lacrime. Lo guardai grata di quelle splendide parole che mi aveva rivolto e che riuscivano almeno ad arginare il dolore che sentivo.

“Hai ragione. Io ho voi e per difendervi farò tutto ciò che è in mio potere. Anche” deglutii, sentendo gli occhi farsi nuovamente lucidi. “andare contro Jadis” dichiarai con la voce più ferma che riuscii a sfoderare.

Un sorriso illuminò il volto del re. Un sorriso sollevato e speranzoso. “Sai, per qualche istante ho temuto di averti persa per sempre per colpa della strega” mi confessò.

“Perdonami, sul serio. Non sai quanto mi dispiace per non averti dato retta sin da subito.” Mormorai afflitta, prima di abbracciarlo senza più paura di fargli male.

“Chi potrebbe mai biasimarti, mia Cathy? Le tue scelte sono sempre state dettate dall’amore, mai dall’egoismo o dalla cattiveria”.   

In questo caso dall’amore verso una madre che non credevo di avere, che avevo sperato tenesse a me e il cui sentimento si rivelava ora fasullo. Ma nonostante le nuove scoperte, sarei riuscita a nuocerle in modo assoluto per il bene di Narnia? La risposta la sapevo già. Dovevo però dirlo a Peter, occorreva mettere in chiaro fin dove mi sarei spinta per aiutarli.

“Ascoltami però, anche se Jadis ha fatto quello che ha fatto, per me rimane sempre la persona più simile ad una vera madre che ho mai avuto. Quindi se ci fosse un altro scontro non vi aiuterò ad ucciderla. Prometto che non vi intralcerò né giudicherò, ma semplicemente che non alzerò la spada personalmente contro di lei.” affermai, confidando nella sua comprensione.

Un lampo di serietà passò in quelle iridi celesti che mi scrutarono l’animo. Storse la bocca in una smorfia contrariata prima di rispondermi.

“Quindi cosa intendi fare?” mi chiese senza nessuna particolare inflessione nella voce.

“Se Narnia soffre come mi hai detto, riparerò al danno che ho fatto e aiuterò te e i tuoi fratelli a riprendervi il trono in ogni modo possibile, eccetto eliminare Jadis. ” ribadii senza remore.

Peter mi soppesò ancora un secondo prima di sussurrare un “D’accordo, effettivamente non sarebbe giusto chiederti una cosa simile. Ti capisco”.

Sospirai sollevata. Un sollievo momentaneo perché subito mi ricordai ciò che dovevo fare. Trovare la chiave e liberare i ragazzi.

“Ora vado, ma tornerò con la chiave prima che tu possa sentire la mia mancanza” mormorai ad un soffio dalle sue labbra.

“Impossibile, già la sento” ribatté ilare strappandomi un sorriso.

Gli diedi un ultimo bacio, non di addio questa volta, solo un semplice arrivederci.

“Ti amo” gli dissi quando ci separammo, e fui lieta di poterglielo comunicare senza la sofferenza di cui era intriso l’ultima volta che lo avevo pronunciato.

“Ti amo” mi fece eco lui, guardandomi con gli occhi che brillavano.

Mi allontanai a malincuore, ma questa volta almeno sapevo che lo avrei rivisto a breve.

 

Una volta che la porta si fu richiusa, compresi che c’era una cosa che dovevo fare prima di cercare la chiave. Dovevo andare a Narnia e a Telmar e rendermi conto di persona di cosa avevo contribuito a fare. Dovevo sapere l’entità del danno.

Richiamai la mia magia, facendola scorrere per tutto il mio corpo. La sentii pulsare dal torace fino alle mani e poi giù verso i piedi per risalire fino alla testa. Focalizzai le rovine dove gli abitanti di Narnia si erano nascosti per molti mesi e formulai l’incantesimo.

Un vortice d’aria mi circondò, e presto provai la sensazione di venire trascinata all’indietro.

Quando riaprii gli occhi, non riuscivo a credere che ciò che vedevo fosse vero. Il colore ocra dell’edificio era interamente ricoperto da quello candido della neve. Quello come la piccola arena, i cui resti erano seppelliti dai fiocchi, e la pianura, la verdeggiante e fertile pianura piena di fiori dai colori più vivaci nei miei più recenti ricordi, era interamente bianca.

Una folata di vento gelido mi fece battere i denti. Cercai di stringermi nelle mie braccia ma il freddo era davvero pungente, quasi insopportabile. Come la ferita al mio cuore che aveva ripreso a sanguinare all’ennesima prova tangibile della vera natura di Jadis.

Come poteva aver ridotto quella florida terra a, come lo aveva chiamato Peter, un deserto di ghiaccio?

Desiderosa di sottrarmi a quella vista, cercai di farmi forza e ripetei la magia trasportandomi a Telmar in pochi istanti. Gli stessi istanti che impiegai per rimanere senza respiro.

Telmar era messa peggio di Narnia. Anch’essa era completamente ricoperta di neve, ma Jadis non aveva incantato solo vie e strade.

Come orribilmente ammaliata, mi avvicinai ad una statua di ghiaccio poco distante, simile alle mille che sembravano riempire la cittadina. Raffigurava un anziano signore con in mano un libro, ripreso nell’atto di camminare. L’espressione era pensierosa, ma i muscoli del viso rilassati.

Indietreggiai inorridita, finendo per inciampare nei miei passi e cadere sulla soffice quanto fredda neve. Quella non era una statua. Quella era una persona congelata, quella come tutte le altre.

Aprii la bocca per urlare, ma non un suono riuscì ad uscire dalle mie labbra. Avevo la gola bloccata dall’orrore.

Solo un demonio poteva essere capace di un atto tanto crudele. Un demonio, o una strega. Per la precisione la Strega Bianca.

Ora più che mai mi parve chiaro che la donna dai lineamenti gentili e il tono dolce che avevo chiamato “mamma” non era altro che una copertura, una maschera che celavano un anima nera in perfetto contrasto con il candore della neve che tanto adorava, ma fredda esattamente come essa.

Una folata d’aria calda mi investì da dietro, giungendo del tutto inaspettata, e prima che mi voltassi, una voce bassa e possente mi risuonò nelle orecchie.

“Questo è solo un assaggio di ciò che la Strega Bianca è capace di fare”

Spaventata, mi voltai di scatto. Trattenni il respiro mentre con stupore crescente registravo una folta criniera che si muoveva al vento freddo simile a lingue di fuoco. Un corpo possente, poggiato su quattro zampe dal manto dorato, con postura fiera e regale si stava avvicinando con lentezza, segnando orme sul tappeto di neve.

“Aslan”

Il mio sussurrò strozzato si perse nel vento, ma fui certa che lui lo avesse sentito.

Il grande felino puntò su di me i suoi occhi scuri, che chissà quante ere aveva scorto, soppesandomi con espressione neutra.

Sentii il cuore in gola. Non ero preparata ad incontrarlo, era assolutamente l’ultima persona che mi aspettavo e che sapevo di poter affrontare. Mi sentivo terribilmente in colpa per averlo accusato ingiustamente e di aver contribuito allo scempio che Jadis aveva fatto della sua terra. Mi vergognavo, temevo la sua collera e il suo giudizio.

Incapace di sostenere il suo sguardo imperscrutabile abbassai le mie iride azzurre, attendendo la sua rabbia. Una rabbia che però non scorsi affatto nelle sue parole che seguirono.

“Così tu sei Cathrine Icepower. Non vedevo l’ora di conoscerti di persona”

Incredula, azzardai a guardarlo di nuovo negli occhi scorgendo un lampo di benevolenza nella sua espressione. Possibile che non fosse adirato con me dopo quello che avevo combinato?

Tuttavia, io mi sentivo in dovere almeno di tentare di scusarmi.

“Aslan, io…mi dispiace, davvero. Non avrei mai voluto tutto questo. L’unica cosa che desideravo era riportare Narnia a com’era milletrecento anni fa, volevo vederla risplendere come nei racconti di Peter e invece ho combinato un disastro. Narnia e Telmar sono congelate, la persona della quale mi ero fidata si è dimostrata una sanguinaria tiranna che io ho rimesso sul trono e i Pevensie sono rinchiusi in…” iniziai a raffica, vincendo a poco a poco il magone che sentivo in gola, come se elencare ogni disgrazia da me causata fosse in qualche modo terapeutico, uno sfogo.

“Basta giovane Cathrine, non occorre che tu ti scusi. So che le tue intenzioni erano delle più onorevoli. Sei stata ingannata dalla vera colpevole di tutto ciò, la Strega Bianca, e probabilmente sei la sua principale vittima. Hai tutta la mia comprensione”

Le parole del grande sovrano erano sincere, il mio cuore lo sapeva e subito, come per magia, mi sentii più sollevata. Aslan non era in collera con me e soprattutto era qui. Aslan era infine tornato. Peter, i suoi fratelli, Caspian e Narnia erano salvi.

“Grazie” gli dissi. Una parola semplice ma intrisa di sentimento.

“L’importante è che ora tu sia pronta ad assumerti le tue responsabilità e che aiuti i Pevensie e il giovane principe di Telmar. Hanno bisogno di te” mi ingiunse serio.

Il mio sguardo si corrucciò. “Tu non li aiuterai?” chiesi smarrita, alzandomi da terra, infreddolita dalla neve.

“Si, quando mi verrete a cercare, io vi aiuterò. Ma ora non è ancora giunto quel momento. Tu, Cathrine, hai la possibilità di salvarli senza di me dalle grinfie della strega e di sconfiggere quest’ultima” mi informò con sicurezza.

“Ti sbagli.” Ribattei immediatamente, confusa dal suo rifiuto di aiutarci. “Mi impegnerò con tutta me stessa per farli uscire dal castello” mi affrettai a specificare “ma da sola non riuscirò mai a battere Jadis. Non posso. E ho paura che nemmeno Peter ce la possa fare, abbiamo bisogno di te per questo” conclusi.

Il grande felino scosse la testa. “Questa battaglia è tua e del giovane re, la mia è stata combattuta anni addietro. Solo voi due dovete trovare la forza per distruggere la Strega Bianca per sempre.” Decretò con tono che non ammetteva repliche.

Scossi la testa in segno di diniego. Non ce l’avrei mai fatta, ne ero certa. Mi morsi il labbro per la frustrazione, perché diamine non voleva soccorrerci da Jadis?

“Non so nemmeno dove sia la chiave per liberarli dalle loro celle” mormorai afflitta.

“Jadis è una Strega Bianca, non si fida di nessuno eccetto che di se stessa. Sono certo che la chiave la troverai nella sua camera, ben custodita da qualche incantesimo” mi consigliò.

Aggrottai le sopraciglia. “Anche io sono una Strega Bianca” obiettai, risentita.

Con mia sorpresa, Aslan parve sorridermi ironico. “Sai qual è la caratteristica che contraddistingue una Strega Bianca?” chiese pacato ed enigmatico.

“Quella di avere dei poteri magici” risposi di istinto.

Il felino scosse la folta criniera. “è quella di avere un cuore di ghiaccio” mi corresse paziente.

Mi rattristai. Ciò voleva dire che anche io avevo un cuore di ghiaccio? Ma prima che potessi formulare la domanda ad alta voce, il felino fece un passo avanti, e poi un altro fino ad arrivare a sfiorarmi con la criniera. Non potei impedirmi di provare un brivido di paura ad averlo a quello distanza ravvicinata. Era alto quanto me e le zanne affilate e letali spiccavano sulla sua bocca socchiusa. Sarebbe bastato un morso per uccidermi.

Ma lui non lo farebbe mai. Ricordai a me stessa cercando di imporre la ragione sull’istinto con successo. Era vero, Aslan non mi avrebbe mai fatto del male. Al contrario di quello che aveva fatto Jadis.

“Cathrine, sei giovane, ma sei molto potente. Hai un grande potenziale e sono certo che lo sfrutterai nel migliore dei modi possibile. Se avrai fiducia in te stessa niente ti sarà impossibile. Affidati alla tua magia, essa non ti tradirà mai perché fa parte di te. Ma se anche essa non bastasse, affidati all’amore di Peter e all’amicizia di Caspian, Susan, Edmund e Lucy. I loro sentimenti sono puri e non verranno mai meno. Se resterete uniti, riuscirete nei vostri intenti”.

Il suo discorso mi riscaldò il cuore. Erano consigli quasi da padre. Si preoccupava per me, ma soprattutto aveva fiducia nella mia persona. Mi credeva davvero capace di portare a termine la difficile missione che mi aveva affidato. Il suo ottimismo mi contagiò e improvvisamente mi sentii più consapevole delle mie potenzialità. Dopotutto se lui credeva possibile un mio successo perché io non avrei dovuto?

“Grazie Aslan” ripetei sorridendogli riconoscente.

Il leone ricambiò il sorriso. “Ricorda, quando mi verrete a cercare io vi aiuterò” ripeté serio “Ora vai. Buona fortuna giovane Cathrine”

Aslan spalancò la grande bocca e soffiò investendomi con un fiotto di aria calda come i raggi del sole. Mi sentii trascinare all’indietro e in un attimo non avvertii più il caldo del suo soffio né il freddo della neve sotto di me, bensì la sofficità del tappeto che ricopriva il pavimento della mia stanza. E una voce irosa che la riempiva graffiandomi i timpani e facendomi presagire il peggio.

“Dove sei stata?”

   
 
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