Ciao
a tutti! Incredibile ma vero, sono riuscita a finire questo
diciasettesimo cappy! Avrò riscritto la parte centrale nn so
quante volte prima di trovare il risultato quanto meno accettabile, ora
mi rimetto al vostro giudizio :-)! Dopo tanta tristezza e addii, qui si
ritrova finalmente una nota di speranza con una breve apparizione a
sorpresa verso la fine, forse qualcuno di voi già sospetta
di
cosa si tratta....^^ non aggiungo altro e vi lascio alla lettura dopo
che ci ho messo una vita ad aggiornare! Spero di essere riuscita a
scrivere il cappy bene e a spiegare con chiarezza le emozioni dei vari
personaggi perchè ho avuto un po' di problemi nell'esporle,
le
descrizioni nn riuscivano a sembrarmi realistiche, mi auguro che alla
fine ce l'abbia fatta ma lascio ai posteri l'ardua sentenza hihihi^^
Finalmente sn anche riuscita a fare una copertina di questa fan
fiction, mi sono messa di impegno con photoshop^^ Per il personaggio di
Cathrine ho scelto la cantante Taylor Swift dopo averle opportunamente
cambiato il colore dei capelli da biondo a rosso^^, per interpretare la
nostra giovane principessa strega mi è sembrato il volto
più adatto, voi cosa ne pensate?
Ditemi cosa ne pensate e buona lettura!
Ringraziamenti:
ranyare: ciao carissima^^! Grazie mille, davvero ** per tutti i complimenti che mi hai fatto e per avermi aggiunta tra gli autori preferiti, nn sai quanto il tuo apprezzamento mi abbia resa felice :-) grazieeeeeeeeeeeeeeee**!!!!!!! <3! Sorry se con Peter ti ho fatto preoc, stava male anche io mentre lo scrivevo, vederlo così stringe il cuore, però mantengo la promessa per la fine lieta, nn me la rimangio, e già in questo cappy si vedrà la salita :-) Credo di aver fatto soffrire quel pover uomo abbastanza da farmi odiare, si merita un po' di pace! Mi devo cospargere il capo di cenere, nn ho + commentato la tua storia, scusami!!! Nn sn praticamente entrata in efp in questi ultimi tempi per + di due secondi alla volta, (i test di ingresso nn mi hanno lasciata molta scelta) ma adesso che il cappy 17 è scritto posso impiegare il tempo anche a leggere e mi impegno a rimediare alla mia mancanza!! Scusami, davvero! Grazie ancora per tutte le bellissime frasi che mi hai scritto!! Aspetto il tuo commento su questo cappy e spero che nn ti deludi!! Un bacione grandissimoooooo^^!
SweetSmile: Ciao! Grazie per la tua recensione^^! Tranquilla, la gioia della strega nn sarà di lunga durata, anzi si addensano nubi all'orizzonte per lei, i nostri beniamini torneranno alla ribalta! Spero che qst cappy ti piaccia :-) fammi sapere cosa ne pensi^^! Kisskisses^^!!!!!
noemi_moony: Ciao cara^^! Sono contentissima che apprezzi così tanto il mio modo di scrivere, grazie grazie :-)! Ti confiderò che riuscire a scrivere un libro è il mio sogno nel cassetto, temo però che la realizzazione sia ancora lontana, devo migliore ancora parecchioecchioecchio...! Però magari un giorno se sarò diventata molto più brava ci proverò seriamente, comunque grazie di cuore, sentir dire che potrei riuscirci è davvero bello ^^! Per quanto riguarda Cathy, il titolo del cappy dovrebbe già dare un indizio, questo è finalmente il cappy di svolta e dopo tutto quello che è successo ai poveri Pevensie direi che era giunta l'ora! Lo ho fatti penare sin troppo, specie Peter, poveretti! Nn vedo l'ora di leggere il tuo parere su questo capitolo :-) buona lettura^^ un bacio grande grande!
sweetophelia: Ciao carissima! Ho letto tutte e tre le recensione e ti devo un super grazie per aver speso il tuo tempo a scriverle, nn sai quanto lo apprezzi grazie mille!!!!!!!!!!! I Pevensie se la stanno davvero passando brutta, ma la svolta è vicina, Cathrine nn può restare nella bambagia per sempre per fortuna e finalmente si darà una svegliata! Hai tutta la mia autorizzazione ad uccidere Jadis, se lo merita dopo tutto quello che ha fatto, e che farà perchè la cara strega non ha ancora finito il suo ruolo...! Per fortuna però i Pevensie, Caspian e Cate hanno un grande alleato che come hai giustamente sottolineato tu nn ha ancora fatto la sua comparsa ma nn si farà attendere oltre, promesso^^! Come ho già detto questo è un cappy di svolta, e dopo che è successo di tutto ai nostri poveri eroi direi che era giunto il momento che la fortuna girasse anche per loro! Grazie per avermi segnalato l'errore di grammatica :-) ho fatto una svista colossale, sorry ^' in teoria il correttore ce l'ha però temo di nn aver corretto l'errore pensando di farlo in un secondo momento e poi mi sono dimenticata! Spero che il capitolo ti piaccia :-) aspetto la tua recensione e le tue opinioni^^ un grandissimo bacio**!
DreamWandered:
Ben tornata carissimaaa^^! Sono felicissima che tu sia tornata a
leggere e commentare la mia fan fiction, grazie^^! E grazie infinite
anche per la super recensione che mi hai scritto, avrai speso
tantissimo tempo e nn so come poterti dire che lo apprezzo davvero
tanto se nn dicendoti: GRAZIEEEE^^!!! Dunque, andando per ordine come
hai diligentemente fatto tu :-):
"Frammenti di una vita": sono contenta che il modo in cui descrivo la
magia ti piaccia, se nn appare un miracolo caduto dal cielo vuol dire
che sono riuscita nel mio intento^^ volevo dar l'idea che fosse un'arte
che si può sapientemente utilizzare, che Cathy riesce a
gestire
in quanto fa parte di lei e soprattutto far capire come si riesce a
gestirla^^. Purtroppo Cathy nn avverto il pericolo di Jadis
praticamente finché nn prova in prima persona fin dove
può spingersi la strega, cosa che crea nn pochi problemi ai
nostri eroi, Peter in primis. Sono contenta che ti stia affezionando
alla cara coppietta :-) è la prima volta che parla della
nascita
di un amore e sono felice di sapere che i due protagonisti siano
riusciti e piacciano^^!
"Tra il passato e il futuro c'è l'amore": sono lietache gli
intervalli simpatici sia con il vestito che con il cavallo siano
riusciti nel loro intento, quello di divertire! Appena ci
sarà
un'altra occasione cercherò di farne degli altri, promesso
:-)!
La parte del litigio tra Peter e Cathy l'avrò scritta e
riscritta e sapere che alla fine sono riuscita a far capire tutte le
opinioni e le emozioni della ragazza mi fa sentire sollevata^^ temo
sempre che paiano troppo irrealistiche o che siano poco chiare, meno
male che questa volta nn è successo^^! Il pezzo dove si
dichiarano e poi fluttuano nell'aria è il mio preferito,
l'avevo
immaginato sin dal primo capitolo e mettere su carta e condividere
quello che avevo fantasticato è stata davvero bello e
realizzante, specie se sono riuscita a regalare cinque minuti piacevoli
a chi lo ha letto :-) quindi sono felice che il momento romantico tra i
due ragazzi ti sia paiciuto^^! Effettivamente quella di far parlare
Cathy con Edmund era un'ottima idea, devo ammettere di nn aver preso in
considerazione che Edmund è l'unico tra tutti ad essere
stato
manipolato dal finto lato dolce di Jadis, però
terrò in
considerazione questa idea per i cappy futuri molto prossimi, grazie^^
"La magia del tramonto prima della battaglia": abbattere il raziocinio
di Susan è stata dura, il povero Caspian ne sa qualcosa
hihi^^
però alla fine anche lei si è dovuta arrendere
all'amore
:-) complice il romantico tramonto che sono contenta di sapere che sia
piaciuto così tanto nonostante effettivamente nn brillasse
per
originalità :-)! Cathrine ha dichiarato guerra aperta ad
ogni
abito medioevale credo ormai hihi! Però ho immaginato che
qualasiasi ragazza del 2000 abituata ad infilarsi un paio di comodi e
pratici jeans e una maglietta alle prese con corsetti e nastri si
sarebbe trovata in serie difficoltà, io per prima che ho
problemi già con le stringhe delle scarpe tra un po' hihi!
In
più ho pensato che come scena spezzasse la tensione del
momento
;) Felicissima di sapere le emozioni che suscita Peter :-) per me lui
è l'immagine del mio ragazzo ideale, bello, dolce,
intelligente,
comprensivo e con un viso d'angelo, ahhhh, cosa si può
chiedere
di +? (che sia reale effettivamente....però
vabbé,
sognare nn fa male hihi!)
"Casa mia": rimanendo fedele alla sua prontezza di spirito, Cathy nn
poteva che rispondere a tono a Miraz^^ specie se pensa a che razza di
crudele tiranno a di fronte! Nn mi sarebbe dispiaciuto scrivere che
fosse Peter a salvarla, il bel cavaliere che salva la sua dama era
molto romantico come fatto, però ho pensato che Jadis
avrebbe
potuto raggiungere e avvicinare Cathy con successo solo se fosse stata
lontana da Peter e quella era l'unica occasione in cui il re biondo era
abbastnaza distante da nn poter metter eil bastone tra le ruote alla
strega. Cmq per rispondere ad una tua precedente domanda, Jadis al
momento è rinchiusa in un limbo, privata del suo corpo e
incapace di uscire da lì solo con le sue forze, ma nel corso
dei
secoli ha riacquisito abbastanza energia per poter almeno comunicare
tra i due mondi e intervenire con leggeri incantesimi, come connettersi
con la metne di Cathy per farle vedere i suoi ricordi o guidarla con le
sfere :-) spero di aver chiarito il giusto interrogativo^^ grazie mille
per i complimenti sullo stile e sulla costruzione della storia^^ nn sai
quanto mi faccia piacere sapere che la storia è strutturata
in
modo da risultare comprensibile e piacevole, ho sempre il timore di
dilungarmi troppo o troppo poco e nn esprimere quello che vorrei,
quindi grazie :-)!!
"Nives": la scena della liberazione era un'altra scena che avevo
immaginato sin dall'inizio della creazione della storia. Quando nel
film alla fine nn era stata liberata ci ero rimasta male.
Cioè,
ero contenta che nn fosse accaduto nulla di irreparabile ai nostri
eroi, però mi dispiaceva che un personaggio di grande
importanza
come la crudele Strega Bianca facesse solo un'apparizione rapida e
anche ingloriosa, mi sembrava indegno! I sentimenti di Cathy invece si
sono formati mentre scrivevo, quindi sn contenta che il risultato
finale sia venuto bene^^ ti ringrazio ancora per tutti i tuoi
complimenti, sei troppo buona^^! La scena dove il grande felino
farà la sua comparsa è vicina e spero che nn ti
deluda!
La frase "il sole tramonta ancora" è mia, nn conosco la
canzone
che mi hai citato però credo che andrò a sentirla
perchè mi hai incuriosito^^ .
"Un addio sofferto per una meschina menzogna": sono contenta che
l'inizio ti sia piaciuto, ero un po' titubante a partire da
così
da lontano ma per fortuna è andata bene^^ la cerimonia si
è infine dimostrata per quello che è, un raggiro
da parte
di Jadis, però anche qui nn è detta l'ultima
parola...quella cerimonia riserverà ancora sorprese ^^ Peter
purtroppo aveva iniziato bene però poi si è
lasciato
prendere la mano, ma come biasimarlo dopotutto? L'addio ha lasciato
l'amaro in bocca anche a me, però presto si porrà
rimedio
anche perchè vederli separati mi fa stare troppo male!!!
Sono
più felice mentre scrivo di quando sono insieme da brava
inguaribile romantica! Sono comunque onorata del fatto che la scena
della loro separazione abbia colpito tanto :-) glasieee!
"Un cuore di ghiaccio non batte per nessuno": grazie per aver messo
l'accento sulla poesia, sei l'unica che l'ha apprezzata!! La scena dl
dialogo tra i due sovrani mi sembrava un appropriato proemio alla
battaglia e sono contenta che sia paiciuta^^ così come la
scena
della battaglia :-) nn scrivo molte scene dinamiche, ce ne saranno due
o tre in tutta la storia finora perchè temo sempre di non
essere
capace però vedere che invece vengono apprezzate mi
solleva^^
forse per il futuro posso slanciarmi di più su scene simili
allora^^!!!!! Fai bene ad essere sospettosa riguarda al bel giardino,
gatta ci cova ma presto ogni segreto verrà svelato^^
Come potrei mai annoiarmi a leggere una tua recensione? Sei
semplicemente fantastica e nn so davvero come ringraziarti per tutto il
tempo che hai dedicato a scrivermi questa tua splendida
recensione!!!!!!! Grazie grazie grazie!! Il tuo interrogativo
è più che legittimo e ti posso assicurare che tra
qualche
cappy avrà una risposta :-) anticipo solo che l'importante
nn
sarà tanto il nome ma il fatto in sé e come
verrà
scoperto dalla nostra cara Cathy (sono enigmatica lo so,
però
altrimenti ti rovinerei il gusto della lettura!) :-) ormai
sarò
ripetitiva ma ti ringrazio ancora una volta! Spero che questo cappy ti
piaccia come i precedenti e non vedo l'ora di leggere le tue
impressioni e le tue idee^^! Un bacione enorme!!!!!!!!!!
Un
grandissimo grazie anche a tutti coloro che hanno aggiunto la ficcy tra
le seguite o le preferite o hanno semplicemente letto^^! Spero che
anche questo cappy vi soddisfi^^ fatemi sapre cosa ne pensate!
Buona lettura a tutti!
Kisskisses
68Keira68
17_“Apri
gli occhi mia stella”
Qualcosa
non
torna.
Presi un bel respiro
stiracchiandomi le braccia e incrociandole dietro la testa.
Qualcosa
non torna affatto.
Mi ripetei mentalmente,
sistemandomi meglio sul tronco d’albero che gentilmente
spostò la grossa radice
che mi infastidiva il fondoschiena.
Il
pregio di sdraiarsi su alberi pensanti e mobili… considerai.
Respirai a pieni polmoni
l’aria fresca e satura del buon odore delle foglie
rigogliose, mentre una scia
di fiori mi superava dopo essermi girata attorno e avermi delicatamente
accarezzato la guancia.
Ero seduta nel giardino da
più
di un’ora ed ero certa che avrei potuto restarci per sempre.
Mi sentivo a mio
agio, come se il bosco risvegliato fosse il mio habitat ideale. Tra
faggi che
danzavano e petali che si libravano in aria prendendo le fattezze di
donne
dalla bellezza folgorante, avevo più che mai la sensazione
di trovarmi immersa
nella magia. Magia che pareva sottostare al mio comando. Bastava
infatti che
sfiorassi con una mano l’erba per vedere i fili che
crescevano rigogliosi ad
una velocità sorprendente, o un cenno della mia testa per
far sbocciare fiori
dalle tonalità più diverse. Ero padrona di quel
piccolo luogo fatato, che tanto
aveva aspettato per risplendere e che ora poteva rendermi partecipe del
suo
immane fascino. In mezzo a quelle fronde che si muovevano al ritmo
della musica
della natura, mi sembrava impossibile pensare che quella terra potesse
essere
stata scenario di guerre cruente, addirittura fratricide. Chi mai
avrebbe
potuto voler distruggere un tale paradiso o anche solo intaccarne la
purezza e
la quiete? Era un sacrilegio anche solo immaginare di compiere una tale
azione.
Eppure, nonostante la calma
e la pace che regnavano nel giardino, i miei pensieri non si
quietavano. Anzi,
in quella tranquillità parevano raddoppiarsi, purtroppo per
me, così da farmi passare
ben sessanta minuti a scervellarmi sul perché del disagio
che avvertivo.
Da quando Jadis mi aveva
congedato nella Sala del Trono, informandomi che sarebbe uscita per
sbrigare
delle faccende rimaste in sospeso e chiedendomi solo di non
allontanarmi dal
castello per la mia sicurezza, nella mia mente c’era un unico
ritornello
dominante: qualcosa non tornava.
Ma cosa?
Appoggiai la testa contro il
tronco del pioppo che gentilmente mi copriva dal sole.
Riflettendoci con attenzione,
il disagio era nato poco dopo che mia madre mi aveva informato
dell’esilio dei
Pevensie. Il dolore e la sorpresa erano stati ben presto scalzati da
quella
nuova emozione.
Non lo
hanno voluto loro. Temo ti ritenessero complice
della loro sconfitta.
Frasi che mi rimbombavano nelle
orecchie. Frasi che mi avevano ferito come una pugnalata in un primo
momento,
ma frasi che mi sembravano sbagliate, strane, ora.
Temo ti
ritenessero complice della loro sconfitta.
Non
permetterò che tu venga sfruttata da una strega
senza scrupoli.
Come poteva Peter ritenermi
“complice della loro sconfitta” quando era convinto
che fosse Jadis a
manipolarmi?
Non lo
hanno voluto loro.
Ovvero: mi odiavano
perché
li avevo traditi e non avevano alcuna intenzione di rivedermi.
Ti amo
anche io. Ora e per sempre, tu sarai l’unica
stella che brillerà nel mio cielo per illuminarmi la vita.
Possibile che la persona che
aveva deciso di non vedermi mai più fosse la stessa che solo
ieri mi aveva
stretta tra le braccia sussurrandomi il suo amore? No. Non se quella
persona
parlava con il tono di chi ha il cuore in mano. Non se quella persona
aveva gli
occhi che brillavano di sincerità. Non se quella persona era
Peter.
Ecco
cosa non torna.
Finalmente lo avevo trovato.
Non tornava che Peter mi ritenesse responsabile del suo esilio. Non
tornava che
Peter non avesse chiesto di me l’ultima volta che ne avrebbe
avuto
l’opportunità.
Il ragazzo mi aveva ribadito
più volte che sapeva quanto io lo amassi e come le mie
azioni non erano puntate
a nuocere a lui e ai suoi fratelli ma che ero fermamente convinta di
fare il
bene di Narnia. Non aveva senso che di punto in bianco mi additasse
come una
traditrice, non una manciata d’ore dopo avermi giurato il suo
amore per me e lo
stesso valeva anche per i suoi fratelli.
Ma perché mai Jadis
avrebbe
dovuto mentirmi su una cosa del genere? Forse per scagionarsi dal fatto
che non
mi aveva chiamata per dire addio ai Pevensie? Non volendo essere
giudicata
colpevole, aveva scaricato la responsabilità sui quattro
ragazzi? Ma poi perché
non avrebbe dovuto volere la mia presenza all’esilio forzato
degli ex sovrani?
Temeva forse un mio ripensamento all’ultimo minuto?
O forse quello che mi aveva
raccontato mia madre corrispondeva al vero ed era successo qualcosa,
dopo che
io e Peter ci eravamo lasciati, da indurre i Pevensie ad odiarmi.
Sospirai, prendendomi il
viso tra le mani.
Troppe domande, nessuna
risposta. Essa se ne era andata con i quattro ragazzi.
A meno
che…
Caspian. Il suo nome apparse
come un faro nella notte dei miei pensieri. Se Peter e i suoi fratelli
avevano
cambiato idea sulla mia buona fede all’ultimo, di sicuro il
ragazzo ne era al
corrente. Lui avrebbe potuto far chiarezza al meno su
quell’interrogativo.
Bene, la decisione era
presa. Sarei andata a fargli visita appena mia madre fosse tornata a
palazzo.
Così avrei colto anche l’occasione per visitare la
nuova Telmar. Ora che Miraz
era stato deposto, la corona sarebbe andata in eredità a
lui, e finalmente la
cittadina sarebbe potuta tornare a prosperare come stava facendo Narnia.
Sorrisi divertita
immaginandomi il giovane Caspian nei panni di un sovrano. Lui,
così buono e
ingenuo, avrebbe dovuto destreggiarsi nella fitta jungla della politica
di
corte e nell’ardua impresa di governare un regno.
Se
farà della sua bontà d’animo il suo
vessillo, sono
certa che non avrà problema alcuno. Telmar sta vedendo
nascere un grande
sovrano. Pensai
felice che Caspian
avesse potuto raggiungere i suoi obiettivi e confidando nelle sue buone
qualità: calma, razionalità, giustizia.
Si,
sarà un grande re. Ribadii sorridendo.
Sorriso che si spense quando
il vento cessò inspiegabilmente, i petali si depositarono
placidi sull’erba,
gli alberi si fecero tesi e con loro i miei nervi.
Poi un improvviso ruggito
squarciò l’aria.
Balzai in piedi, presa alla
sprovvista. Non lo avevo immaginato, ne ero certa. Avevo appena sentito
il
ruggito di un leone, e con me lo avevano udito anche i faggi e
frassini, ancora
immobili, come in attesa.
Il cuore cominciò a
battere
forte, dall’agitazione e dalla paura.
Sapevo a chi appartenesse
quel ruggito, impossibile sbagliarsi. Aslan era lì, vicino a
me, anche se
invisibile ai miei occhi. Avvertivo la sua presenza a pelle come anche
la
natura che mi circondava, improvvisamente piombata in una calma quasi
religiosa. I rami non osavano nemmeno scricchiolare, il vento non si
azzardava
a muovere un solo filo d’erba.
“Aslan?”
chiamai, cercando
di impedire alla mia voce di tremare.
Non era la prima volta che
aveva un incontro ravvicinato con il felino, era successo diverse volte
nelle
mie visioni a Londra. Senza contare l’episodio dove la sua
magia unita alla mia
era riuscita a risvegliare la vegetazione del boschetto sulla spiaggia.
Ma
all’epoca non gli avevo dichiarato guerra aperta schierandomi
dalla parte di
Jadis e dichiarandolo colpevole di ogni sciagura successa a Narnia
negli ultimi
milletrecento anni.
La situazione era leggermente
mutata.
Un altro ruggito, un altro
tremito. Questa volta riuscii ad individuare la direzione dalla quale
proveniva. Nord-ovest, oltre il boschetto del giardino.
Mi feci coraggio e mi
incamminai verso il suono molesto, iniziando a richiamare la magia. Per
ogni
evenienza, era meglio tenersi pronti…
Uscita da boschetto, feci
scivolare lo sguardo verso il prato circostante ma non notai nulla di
sospetto.
“Aslan?”
riprovai, a voce
più alta, mentre proseguivo avvicinandomi sempre
più alla parete ghiacciata del
palazzo.
Un ruggito mi giunse in
risposta. Voltai la testa di scatto, ma non mi accolse altro che la
grande
vetrata del castello, una delle tante che costellavano la sua fiancata.
Il cuore martellava nel
petto, ma si acquietò quando riconobbe la slanciata figura
di mia madre
attraverso il vetro. Mi dava le spalle e stava entrando in una stanza
oltre il
colonnato, sul lato destro della Sala del Trono, mentre discuteva
animatamente
con un nano, probabilmente Nikabrik.
Sospirai di sollievo. Il
saperla vicino con la probabile presenza di Aslan nei dintorni mi
rassicurava.
Mi precipitai verso la
porta-finestra un paio di metri più in là,
mettendomi al sicuro dentro le
spesse mura del palazzo, sotto la custodia di Jadis che fortunatamente
era tornata
molto prima di quanto mi aspettassi.
Una volta entrata avevo
ancora il cuore che batteva forte e la consapevolezza che avrebbe
rallentato
solo quando avessi messo a corrente mia madre sull’accaduto.
Lanciai un’occhiata
alle mie spalle, scorgendo gli alberi del giardino che intanto era
tornati a
muoversi. Aggrottai la fronte a quel dettaglio. Forse Aslan vedendo mia
madre
se ne era andato.
Meglio
avvisarla comunque. Potrebbe ritornare. Riflettei.
Peccato però che la
strega non
si trovasse più nella Sala. Senza esitare imboccai la
direzione che l’avevo
vista prendere, la prima porta alla destra del trono.
Pur non essendo mai stata in
quella parte del castello, mi aspettavo un’altra stanza dalle
candide pareti come
tutte quelle che avevo visto finora. Dovetti però presto
ricredermi. La porta
dava su una scala di pietra e le pareti, pur essendo fatte di ghiaccio,
non
erano lisce, ma piene di irregolarità e rientranze.
Dove
porteranno?
Mi chiesi incuriosita.
Iniziai a discendere gli
scalini, stando attenta a non scivolare sul ghiaccio, la brutta
esperienza
appena vissuta accantonata momentaneamente, operazione aiutata dalla
consapevolezza di essere protetta con mia madre vicina.
Evocai una sfera di luce per
combattere il buio in cui mi stavo inoltrando, sempre più
pesante quanto il
freddo si faceva più pungente e che presto mi costrinse a
stringermi nelle
braccia.
Decisi in fretta che quel
posto non mi piaceva per niente. L’oscurità era
opprimente, la temperatura troppo
bassa mano a mano che si scendeva.
Ma
perché mai mia madre dovrebbe tenere una parte del
castello come questa?
Il mio sesto senso mi
avvertiva che la risposta a quella domanda avrebbe potuto non piacermi,
ma la
razionalità ribatteva che quella diffidenza era
semplicemente assurda. Cosa mai
avrebbe potuto nascondere dentro un palazzo? Eppure il brutto
presentimento non
se ne andava. Forse avrei fatto meglio a lasciar perdere e a tornare
indietro.
Peccato che la mia testolina
riccia scartò subito quella saggia ipotesi. Dopotutto la
curiosità era donna,
giusto?
La
curiosità però uccise il gatto. Mi ricordai, storcendo le labbra in
una smorfia
contrariata.
Ma io
non sono un gatto. Io sono una strega. Ribattei sagace alla mia stessa
coscienza, e
prendendo un respiro scesi un altro scalino, e un altro
finché una debole luce
non si fece intravedere al fondo della scalinata.
Sorrisi sollevata pensando
che finalmente avevo trovato mia madre. Sorriso che immediatamente
svanì appena
udii un urlo agghiacciante provenire da quella direzione.
Mamma!
Pensai preoccupata. Iniziai
a correre per gli scalini ma mi bloccai di colpo quando udii
l’eco della sua
voce giungermi forte e affatto dolente. La distanza era troppo grande
per capire
quello che stava dicendo, ma era sufficiente a farmi comprendere che il
grido
di prima non apparteneva a lei.
Un altro urlo mi fece
accapponare la pelle. Era un grido di dolore. Ma a chi poteva
appartenere? E
perché stava urlando? Ma soprattutto, cosa
c’entrava Jadis in tutto questo?
Col cuore che batteva forte
discesi un altro paio di scalini e di nuovo udii la voce di mia madre
che
cercava di sovrastare un altro grido. La sensazione che qualcosa
assolutamente
non quadrava tornò più forte di prima, insieme
alla consapevolezza che non
sarei dovuta mai essere lì.
Una porta sbatté, dei
passi
si avvicinarono.
Presa dal panico, mi gettai
dietro la prima rientranza della parete per nascondermi.
L’istinto, dopo quello
che avevo sentito, mi diceva che non era il caso di farmi trovare
lì sulle
scale ad origliare, e questa volta lo assecondai di buon grado. Quando
l’eco
dei passi si fece più vicino, evocai con la magia una parete
che coprisse la
rientranza e me con essa, ma che mi permettesse di vedere senza essere
vista.
Idea che mi consentì di
riconoscere Jadis e Nikabrik come i proprietari dei passi. Stupita,
scorsi nel
volto di mia madre rabbia e frustrazione, ma le sue condizioni fisiche,
come
anche quelle del nano, erano perfette. Dunque le grida definitivamente
non
appartenevano a loro.
Allora
chi…?
La confusione ormai cresceva
a pari passo con il disagio.
Quando non udii più
alcun
suono giungere dallo stretto corridoio, sciolsi l’incantesimo
e uscii dal mio
nascondiglio.
I gradini erano finiti, una
tortuosa stradina fiocamente illuminata mi attendeva con le sue
incognite. Non
ero più sicura di voler davvero scoprire cosa era successo,
eppure sapevo che
era mia dovere farlo. Non potevo ignorare quell’urlo
raccapricciante.
Mi feci coraggio e proseguii
lungo il corridoio questa volta non in discesa. Pochi passi e mi
ritrovai
dinanzi ad un cancello in ferro battuto dall’aria molto
antica che aprii con un
cenno della mano, preparandomi al peggio. Cosa avrei visto varcata
quella soglia?
Cosa nascondeva la strega?
La porta cigolò sinistra
sui
cardini, ma fu un suono coperto ben presto da un grido mezzo soffocato.
“Cathrine”
Mi impietrii, riconoscendo
immediatamente quella voce, anche se il mio cervello si
rifiutò di fornirmi il
nome della proprietaria. Perché era assolutamente
impossibile che la persona
che mi aveva appena chiamata fosse lei.
“Cathrine”
ripeté in un
sussurro.
Con lentezza mi volsi verso
la direzione del suono. “Lucy” Le mie labbra
bisbigliarono il suo nome
incredule.
Gli occhi da cerbiatto della
bimba si incrociarono con i miei. Sentii la respirazione, come ogni mio
muscolo, bloccarsi mentre leggevo in quelle iridi castane sollievo,
speranza, sorpresa,
ma anche dolore, angoscia, patimento, sottolineati da occhiaie
profonde, da un visino
solitamente roseo e pieno ora pallido e incavato, dai capelli
scompigliati e dai
vestiti laceri.
“Oh Cathrine sei proprio
tu,
non sai quanto ci ho sperato!” singhiozzò la
piccola, avvicinandosi sulle
ginocchia alle sbarre che ci separavano, simile ad
un’assetata nel deserto
davanti ad un pozzo.
Incapace di qualsiasi
razionalizzazione, caddi in ginocchio anche io, aggrappandomi ai pali
di ferro
verticali, che la rinchiudevano in quella che era senza alcun dubbio
una cella.
Una prigione nella quale la
piccola Lucy era trattenuta invece che trovarsi nella sua casa a
Londra, cambiamento
che non aveva alcuna spiegazione. O almeno nessuna spiegazione che la
mia mente
riuscisse ad elaborare.
Aprii e chiusi la bocca
più
volte, incapace di proferire parola. Incapace di formulare un pensiero.
Incapace di focalizzare ragionevolmente il fatto che Lucy fosse dinanzi
a me.
Solo un’idea spiccava
netta
nel turbinio di confusione che stava per far esplodere la mia testa.
Non
può essere vero.
“Cate”
La flebile voce di Lucy mi
richiamò. Vidi quegli occhi ancora vivi e vispi, nonostante
tutto quello che
doveva aver passato, ma anche rossi e gonfi dal pianto e mi si strinse
il
cuore. Non era davvero possibile, non doveva trovarsi là
giù!
“Cathrine! Non sai quanto
sono felice di vederti. Temevo fossimo spacciati.”
Un’altra voce,
anch’essa
purtroppo conosciuta, giunse al mio orecchio. Poco dopo la testa scura
di
Edmund si avvicinò a quella castana della sorella minore,
aumentando la
confusione che mi stava sopraffacendo.
“Edmund”
esclamai
stupefatta.
Le parole del giovane
parevano sgorgare direttamente dal cuore. Anche lui era mal ridotto, il
volto
era pallido e smagrito come quello di Lucy, ma in più le sue
vesti erano
sporche di sangue. Mi augurai che non fosse suo ma dei nemici sconfitti
in
battaglia.
Cercai di far chiarezza nel
caos che albergava nella mia mente ma non ci riuscii. Come potevano
essere nel
palazzo di Jadis? Perché erano rinchiusi là sotto?
Confusione per i troppi
interrogativi irrisolti, rabbia per non essere riuscita a proteggerli
dalla
sofferenza fisica che stavano patendo e incredulità per
trovarli in prigione mi
animarono, ma su tutto si impose la preoccupazione per i miei amici,
sentimento
che mi permise di non impazzire succube del caos dandomi un obbiettivo
da
perseguire con raziocinio. La loro salvezza.
“Ragazzi”
riuscii a
pronunciare infine, l’espressione corrucciata, gli occhi che
balzavano da un
viso all’altro. “cosa diamine ci fate qui?
Com’è possibile? Siete feriti? Dove
sono Peter e Susan?” chiesi con fervore, sull’orlo
di una crisi isterica.
Se si fossero trovati in
pericolo di vita non me lo sarei mai perdonato.
“Cate, sei davvero tu?
Sia
ringraziato il cielo!”
Prima che Edmund o Lucy
potessero rispondermi, dalla cella accanto, attraverso un varco che
univa i due
anfratti, le braccia di un giovane principe di Telmar si sporsero,
segnalando
la loro presenza.
“Caspian”
Pronunciai il suo
nome con un tono che andava oltre lo sbigottito.
Non ci potevo credere. Anche
lui era rinchiuso insieme agli altri in delle fredde e spoglie celle,
malridotto,
forse anche ferito gravemente. Mi sembrava di vedere uno dei miei
incubi
realizzarsi.
“Cathrine, non hai idea
di
quanto io e Susan abbiamo pregato affinché tu riuscissi a
trovarci.” Mi disse
Caspian, in una confessione simile a quella di Edmund.
Dai loro occhi potevo
scorgere a chiare lettere quanto quelle frasi fossero sincere.
Rinchiusi là
sotto, avevano volto le loro uniche speranze a me, vedendomi come la
sola che
avrebbe potuto aiutarli. Chissà da quanto mi stavano
aspettando e io come
un’idiota avevo perso tempo in giardino a godere dei tiepidi
raggi del sole,
ignorando che i miei più cari amici stavano soffrendo.
“No,
no! Tu dovresti essere a Telmar come re!
Specie ora che Miraz è stato sconfitto” obiettai
presa da una confusione in
continuo aumento.
“Avrei preferito,
credimi” ribatté
ironico.
“Ma perché vi
trovate qui? Voi
dovreste essere a Londra! Tu a governare il tuo regno”
aggiunsi rivolta al
principe “E dove sono Susan e Peter?” domandai a
raffica, il tono che sfiorava
le tre ottave in perfetto contrasto con quello molto più
roco e basso dei
ragazzi.
“Susan
è nella cella con me. Sta dormendo
profondamente, altrimenti si sarebbe sbracciata anche lei al tuo
arrivo. Cate,
sei la nostra salvezza, tu puoi liberarci”.
Mi sporsi per vedere la cella
di Caspian attraverso l’apertura nella parete comunicante con
quella di Lucy ed
Edmund, trovando conferma alle parole del principe. Susan era adagiata
contro
il muro, addormentata, apparentemente ignara di quello che le accadeva
attorno.
Alla sua vista sentii una pugnalata al petto. Era messa peggio degli
altri tre,
il viso era molto più pallido, le labbra tendevano al blu.
Stava andando in
ipotermia.
La mia agitazione
aumentò.
“Cos’ha
Susan?” trillai.
“è stata
ferita gravemente.
Ha perso diverso sangue e questo l’ha resa debole, incapace
di sopportare
questo freddo” mi spiegò Caspian preoccupato.
“Cate, puoi curarla? Soffre molto
e io non posso fare niente per lei” l’ultima frase
era simile ad una supplica.
Non osavo nemmeno immaginare quanto dovesse essere stato in ansia per
lei nelle
ultime ore.
Scattai verso la porta della
sua cella, che aprii in un lampo, e senza farmelo ripetere due volte
ero già
accanto alla ragazza, ritrovando incredibilmente l’energia
che avevo perduto
alla vista di Lucy imprigionata.
Fredda come il ghiaccio, il
dolore che provava turbava la sua espressione anche nel sonno.
“Susan?” La
chiamai,
scuotendola con delicatezza.
Le palpebre tremarono un
poco, ma solo al secondo richiamo si aprirono.
“Cath…thrine?”
bisbigliò
battendo i denti.
Sorrisi sollevata nel
vederla ancora capace di essere vigile. “Sono qui”
la rassicurai.
Con uno scatto repentino,
dato da una foga febbrile, mi artigliò il polso,
avvicinandomi a sé.
“Cate, ero
s…sicura che c…ci
avresti tr…trovati. Sei venuta a sal..lvarci! Siamo
sal…lvi…” mormorò scossa
dai tremiti.
Le accarezzai la fronte,
scostandole i capelli dal viso. Veder ridotta lei, di solito
così posata e
fiera, in quello stato, era straziante.
“Si, lo siete, te lo
posso
giurare. Prima però Caspian mi ha detto che ti hanno ferita,
fammi vedere dove,
così posso curarti” le assicurai mentre il ragazzo
in questione si avvicinava
al capezzale della regina.
“Ho un taglio
lun…ngo la cos…scia”
Volsi lo sguardo in quella
direzione, notando solo ora la veste imbrattata di sangue
particolarmente in
quel punto.
Facendo cenno al principe di
voltarsi, alzai la gonna di Susan per scoprire il taglio. Mi si
bloccò il
respiro quando vidi la profondità della ferita. La coscia
era interamente
sporca di sangue, la spada aveva lasciato una linea dritta
dall’anca fin poco
sopra il ginocchio. Eppure pareva aver smesso di sanguinare, anche se
era
chiaro che non si era ancora cicatrizzata. Ma non persi tempo a
domandarmi come
l’emorragia potesse essersi fermata da sola senza che la
ferita fosse stata
richiusa. Adagiai le mia mani lungo il taglio e richiamai la magia.
Subito la
sentii potente raggrupparsi nel mio palmo che si fece caldo e luminoso.
Chiusi
gli occhi e individuai l’aurea debole e fioca di Susan
accanto a quella più luminosa
del principe. Colpii il suo scudo protettivo penetrandolo con i miei
poteri
come avevo sapientemente imparato a fare, e a quel punto feci defluire
la mia
magia in lei. Avvertii i tessuti ricucirsi, la sua aurea farsi
velocemente più
forte e luminosa. La ferita fu presto rimarginata. Notai con grande
soddisfazione che non provavo il minimo affanno dopo
quell’incantesimo, a
differenza della spossatezza che mi aveva colpita dopo che avevo
guarito la
ferita al fianco di Peter. I miei poteri si erano di gran lunga
ampliati.
Quando riaprii gli occhi,
Susan era fuori pericolo. Il viso era più roseo, gli occhi
lucidi e vispi. Il
sorriso che mi rivolse era luminoso.
“Susan”
sussurrai
abbracciandola forte.
“Grazie” disse
con tono
accalorato. Caspian non tardò a farle da eco, il volto
illuminato dal sollievo
e dalla felicità di vedere salva la sua Susan.
“Tu sei
ferito?” domandai
rivolgendomi al ragazzo e scrutandolo con occhi clinico.
“Solo qualche graffio,
nulla
di grave” disse con noncuranza, troppo impegnato a
controllare le condizioni
ora ottime della sua amata.
Non potei evitare di
sorridere intenerita da quella visione romantica prima di rivolgermi al
ragazzo
moro.
“Tu Edmund?”
“Ho solo riportato un
polso
slogato, tentando di parare il colpo di un centauro invece di
schivarlo” mi
informò scrollando le spalle, nel tentativo di sminuire il
fatto.
Sogghignai a quel cenno
d’orgoglio maschile.
Scuotendo lievemente la
testa, gli feci cenno di esporre il polso in questione, avvicinandomi a
gattoni
alla sua cella. Lo presi tra le mie mani, mi concentrai sulla sua aurea
e
penetrai il suo scudo di energia come avevo fatto per la sorella.
Infine feci scaturire
un flusso di calore che lo guarì in pochi istanti.
Edmund mosse il polso su e
giù prima di regalarmi un sorriso grato.
“Lucy?” chiamai
la bimba.
“A parte il freddo io sto
bene. Non ho partecipato alla battaglia, non ho nemmeno corso il
pericolo di
ricevere qualche ferita” affermò Lucy, una vena di
triste ironia nella voce.
“Tu sei qui e non hai
nemmeno combattuto?”
La bimba scosse la testa,
afflitta.
Non era giusto, era solo una
bambina in fin dei conti, non avrebbe mai dovuto vivere una circostanza
come
quella.
“Riesci
ad aprire le catene?” la richiesta di Susan
mi distolse dalle mie riflessioni.
Annuii, certa di sbrigare
quella faccenda in un attimo. Individuai la catena che
imprigionava Caspian e la ragazza alla
caviglia e cercai di aprirla con un gesto della mano, ma il catenaccio
si
rivelò più resistente del previsto. Tentai una
seconda e una terza volta, prima
di rivelare frustrata il mio fallimento.
“Com’è
possibile? Dovrebbe
essere tra gli incantesimo più facili!” sbottai
frustrata.
“Congelala,
così si può
provare a spezzarla” propose Edmund affacciato al varco nella
parete.
Mi adoperai immediatamente.
Dalla mia mano fuoriuscì un gettò
d’aria gelida in grado di ghiacciare
qualsiasi oggetto. Qualsiasi eccetto quelle dannate catene che non
subirono
alcun mutamento. Caspian, fiducioso, provò a romperle
ugualmente, ma il
tentativo fu vano. Il catenaccio restava intatto.
“Provare a
scioglierle?”
suggerì il principe.
Scossi la testa voltandomi.
“Il calore si propagherebbe fino ad ustionare le vostre
caviglie prima di
riuscire nell’intento”.
Mi alzai in piedi e tirai un
calcio a vuoto, demoralizzata. “Evidentemente assorbono la
magia o qualcosa del
genere. L’unico modo per aprirla è avere la
chiave” osservai arrabbiata con
quel duro pezzo di ferro.
“E adesso?”
mormorò Lucy,
angosciata.
Presi un respiro e con esso
una decisione. “Recupererò la chiave. Deve essere
nel palazzo, la troverò. A
costo di mettere a soqquadro l’intero castello.”
Giurai, irremovibile.
Evidentemente il mio tono
doveva essere sufficientemente convincente, perché una luce
di speranza brillò
negli occhi castani della piccola.
“Per la temperatura
purtroppo non posso far nulla. Dovrei eliminare tutto il ghiaccio del
palazzo,
mi dispiace” aggiunsi scusandomi sincera, sentendo io per
prima il freddo che
pativano là sotto.
“Non importa,
resisteremo,
tu occupati della chiave” risolse Susan, tornando a poco a
poco la regina che
conoscevo con mia immensa gioia.
“D’accordo”
Presi un respiro
e mi accinsi a ripetere per la quinta volta le domande che mi stavano
assillando e che non avevano ancora ricevuto risposta “Si
può sapere perchè
siete qui? E…” lo voce mi tremò nel
tentativo di porre il quesito che più mi
stava a cuore ma del quale più temevo la risposta
“Peter dov’è?” riuscii infine
a dire in un sussurro.
“Lo sai perché
siamo qui,
Cathrine”. La voce dolce-amara di Susan, che aveva
volutamente ignorato il mio
ultimo interrogativo, mi fece voltare verso di lei,
Sapevo perché erano
lì? Non
con certezza, ma purtroppo per me non era difficile da intuirlo.
C’era solo una
persona che avrebbe potuto rinchiuderli in quel palazzo dopo aver vinto
la
guerra contro di loro. Eppure mi rifiutavo di crederlo, non poteva
assolutamente essere…
“Jadis”
Un nome, una condanna.
Sentii il cuore iniziare a
battere forte e dovetti regolare la respirazione per calmarlo, peccato
che essa
non potesse lenire anche il dolore che iniziava a farsi strada.
Quasi inconsapevolmente
cominciai a scuotere la testa con scatti brevi e secchi, come se il mio
subconscio non volesse arrendersi a ciò che vedeva e sentiva.
Sentii una mano delicata
stringermi la spalla richiamando l’attenzione sulla sua
proprietaria.
Mordendomi il labbro per
sigillare i singhiozzi che non volevo far uscire, mi volsi per
specchiarmi nei
grandi quanto decisi occhi castani di Susan.
“Dov’è
Peter?” ripetei quasi supplicando,
senza ribattere alla rivelazione della regina.
Prima di lasciarmi andare
alle mie riflessioni, prima di permettere alla preoccupazione e alla
confusione
di divorarmi, prima di analizzare una situazione che, lo sapevo come se
ogni
cosa me lo stesse urlando, mi avrebbe colpita e forse affondata, dovevo
sapere
dove si trovava il mio re. Dovevo vederlo, assicurarmi delle sue
condizioni. Ma
soprattutto avvertivo l’egoistico desiderio di averlo accanto
a me. Se ciò che
spiegava la presenza di Caspian e dei Pevensie in quelle celle doveva
ridurmi a
pezzi volevo che accadesse tra le sue braccia, mentre mi guardava,
così che i
suoi zaffiri potessero darmi un appiglio per tentare di sopravvivere,
così che
la sua voce vellutata potesse salvarmi dal baratro che si stava per
aprire
sotto di me.
I quattro ragazzi si
scambiarono uno sguardo a disagio e preoccupato. Esattamente come
temevo.
Un terribile presentimento
si affacciò nella mia mente come un fulmine a ciel sereno.
Aprii la bocca per parlare
ma le parole mi morirono in gola. Ciò che dovevo dire era
terribile anche solo
da ipotizzare.
Deglutii a vuoto un paio di
volte prima di mormorare la frase fatidica. “Era lui che
urlava prima, vero?”
Il pesante silenzio che
seguì fu più che eloquente. Un gemito strozzato
uscì dalla mia gola.
“Dov’è?”
Fu Lucy a rispondermi, con
voce bassa, rotta dal pianto anche se dai suoi occhi non
scivolò neppure una
lacrima. Probabilmente ne aveva già versate troppe.
“Non lo sappiamo di
preciso.
Lo hanno rinchiuso in una cella da solo, separata dalle nostre. Anche
se deve
essere per forza a distanza d’orecchio”.
Scattare in piedi e uscire
dalla cella fu un solo movimento, ma prima che potessi incamminarmi
lungo il
corridoio, la voce di Susan mi richiamò.
“Cate, devi sapere
cos’è
successo durante la battaglia, dopo che abbiamo perso!”
Le risposi senza nemmeno
voltarmi. “Adesso non mi interessa. Mi farò
raccontare tutto dopo, lo prometto.
Tornerò presto per portarvi fuori di qui con la chiave.
Tenetevi pronti.”
E
queste è una promessa che manterrò ad ogni costo.
Proseguii per il passaggio,
in attesa di scorgere Peter all’interno di una delle altre
celle che riempivano
le pareti, ma con mia sorpresa erano tutte vuote. Dove avevano
imprigionato il
re? Eppure non poteva essere molto lontano.
Svoltai a destra seguendo il
corridoio e mi imbattei in un’unica porta di ferro con una
feritoia in alto che
sbarrava la strada.
Il cuore cominciò a
battere
forte, il respiro si fece corto. Sapevo cosa, o meglio chi,
c’era oltre quella porta e avevo paura di vederlo. Non temevo
di essere giudicata una traditrice, ormai sapevo che quella parola non
aveva
mai nemmeno lontanamente sfiorato la mente di Peter, ma paventavo le
condizioni
in cui lo avrei trovato. Cosa lo aveva indotto ad urlare in quel modo
prima?
Quali ferite aveva riportato in battaglia da procurargli tanto dolore?
Il mio
compito è proprio quello di guarirlo da quelle
ferite.
Ricordai a me stessa, ferrea.
Presi un bel respiro e tutto
il coraggio che mi era rimasto e aprii la porta con la magia, ignorando
il
cuore in gola.
La cella era buia, a
differenza di quella degli altri quattro ragazzi, ma appena aprii la
porta la
luce esterna entrò insieme a me per illuminare
quell’angusto spazio.
Almeno
non c’è del ghiaccio alle pareti. La
temperatura quanto meno è sopra lo zero. Notai guardandomi attorno.
“Due visite nel giro di
un’ora…quale onore oggi”
Una voce, fiera e sarcastica
per quanto debole, smascherò la presenza di una figura
accasciata alla parete
alla mia sinistra, il cui busto stava in piedi solo perché
sostenuto dalle
braccia appese sopra la testa da due rigide catene .
Avvertii il mio cuore
spezzarsi riconoscendo in quel corpo malridotto, ricoperto di ferite e
di
sangue, Peter. Il mio Peter.
Il mio mondo intero
crollò.
Perché era lui a sostenerlo.
La mia vista si appannò.
Perché non poteva sopportare una tale visione.
La mia mente prese a
vorticare confusa. Perché non riusciva a capacitarsi di
quello che stava
succedendo.
Mi sentii semplicemente
morire. Perché la mia vita dipendeva dalla sua e la sua al
momento era seriamente
compromessa.
“Peter”
pronunciai in un
sospiro strozzato.
Con lentezza, come se solo
quel semplice gesto gli costasse molta fatica, alzò il capo
nella mia
direzione. Strizzò gli occhi per colpa della luce improvvisa
e infine riuscì a
mettermi a fuoco.
“Cathrine?”
bisbigliò
incredulo.
Mi portai una mano alla
bocca, soffocando un urlo angosciato. Il suo bel viso era ricoperto di
lividi e
tagli, il labbro era spaccato, il colorito pallido. Eppure i suoi
occhi, i suoi
splendidi zaffiri, mantenevano la lucentezza di sempre. Brillavano
ancora di
vitalità, di orgoglio. Si rifiutavano di arrendersi.
Non potevo sopportare di vederlo
ridotto in quello stato. E poi perché qualcuno avrebbe
dovuto accanirsi tanto
su di lui? Cosa aveva fatto per meritarsi questo?
“Cathy, sei
tu?”
Al secondo richiamo, corsi
verso di lui senza ulteriore indugio. Caddi in ginocchio e gli gettai
le
braccia al collo. Solo a quel punto piansi. Tanto, disperatamente.
Perché era
colpa mia se si trovava in quella situazione, io non gli avevo dato
retta, io
avevo appoggiato Jadis, io non ero riuscita ad impedire la guerra. Era
solo
dannatamente colpa mia.
“Ahi” esclamò
sofferente il ragazzo, eppure l’ombra
di un sorriso curvava le sue labbra gonfie, coprendo la smorfia di
dolore.
Mi allontanai di scatto,
preoccupata. “Scusami!”.
Per
l’abbraccio.
Perché
non ti sono stata vicina finora.
Perché
ho permesso che ciò accadesse.
Perché
non ti ho ascoltato.
“Non importa”
Perché
ora sei qui e solo questo conta.
Parole non pronunciate ma
che entrambi sapevamo.
“Cathy, stai
bene?”
Uno sbuffo divertito e
isterico mi uscì tra un singhiozzo e l’altro.
Era tipico di Peter
preoccuparsi per me nonostante tra i due fosse lui quello in pericolo
di vita.
Nonostante fosse ridotto al punto da essere incapace di tenere la testa
alzata,
lui si impensieriva per la mia condizione.
“Dovrei chiederlo io a te
non credi?” gli risposi, accennando un sorriso tra le lacrime.
Il ragazzo alzò le
spalle, gesto
che gli causò altro male. Cercava di sminuire come suo
fratello, evidentemente
entrambi succubi della fierezza maschile.
Gli accarezzai una guancia
con delicatezza, attenta a sfiorarlo solamente per non fargli male di
nuovo.
Non occorreva un medico per comprendere che aveva ferite ovunque. La
veste era
completamente macchiata di sangue e lacerata in più punti
dove aveva ricevuto
un colpo probabilmente di spada. Stava male, tanto, e anche se cercava
di
nasconderlo non poteva evitare al suo viso di piegarsi in una smorfia
di dolore
ad ogni minimo spostamento. Non osavo immaginare quanto dovesse essere
provato
il suo fisico, eppure Peter resisteva fieramente. Il suo sguardo
restava fermo,
la voce, seppure bassa, non tremava.
Non sapevo se era il suo
smisurato orgoglio a tenerlo vigile o una grande resistenza fisica, ma
qualunque cosa fosse ringraziavo il cielo per essa. Se il suo spirito
fosse
stato piegato, il mio si sarebbe sgretolato nello stesso istante.
“Peter, ho visto Lucy e
gli
altri chiusi in cella come te, credimi io…”
“Hai visto i miei
fratelli e
Caspian?” mi interruppe con fervore. Troppo, dato che fu
scosse da un violento
attacco di tosse. Mi preparai ad aiutarlo in qualsiasi modo, ma il suo
sguardo
mi informò che la cosa della quale necessitava di
più era sapere della sua
famiglia.
“Si, sono stati rinchiusi
qualche cella più in là. Stanno tutti
bene” aggiunsi anticipando la sua
prossima domanda “Susan era stata ferita alla gamba ma
l’ho guarita. E se mi
dici da dove iniziare, intendo curare immediatamente anche
te” annunciai,
squadrandolo con occhi clinico e riconoscendo la ferita che aveva al
fianco
come la più grave al momento.
“No”
La risposta giunse
inaspettata. Corrucciai la fronte.
“Come no? Peter, non
è il
momento di fare l’eroe, stai male e per quanto tu sia forte
dubito che
resisterai ancora a lungo” ribattei decisa. Lo avrei curato
anche contro la sua
volontà se necessario, non sarei stata a guardare mentre
soccombeva in quella
angusta cella.
“Non intendo fare l’eroe” disse
deciso “ma so quanta
energia ti costa un incantesimo di guarigione e se hai già
curato Susan non
puoi fare lo stesso con me. Rischieresti di prosciugare
un’altra volta le tue
forze” mi spiegò razionale.
I suoi occhi erano sinceri,
avrebbe realmente rinunciato senza tentennamenti alla sua unica
possibilità di
essere guarito e di alleviare il suo dolore per evitare di farmi
perdere di
nuovo le energie. Ero semplicemente incredula.
Mi asciugai l’ennesima
lacrima con il dorso della mano, sorridendo sbalordita. Non si poteva
essere
tanto altruisti, non era umanamente realistico.
“Quando la smetterai di
preoccuparti per me” lo ripresi “e comincerai a
pensare prima a te stesso? Sei
gravemente ferito, hai bisogno di cure e io te le
darò.”
“Non se ciò
compromette la
tua di salute” ribatté.
“Non
accadrà” lo rassicurai.
“I miei poteri si sono praticamente raddoppiati
dall’ultima volta, non mi sono
nemmeno sentita stanca dopo che ho rimarginato il taglio alla gamba di
Susan.
Sono perfettamente in grado di guarirti. Devi solo dirmi dove per prima
cosa,
al fianco?” proposi.
Peter mi scrutò,
probabilmente in cerca di segni di cedimento sul mio viso che
smascherassero
una bugia nelle mie parole, ma non trovandone parve rassegnarsi.
“Alla spalla”
obiettò.
Annui decisa e mi alzai in
piedi per vedere meglio la parte indicata.
Un’esclamazione
inorridita
mi uscì prima che riuscissi a bloccarla. Quella che Peter
aveva sulla spalla
non era una semplice ferita di spada. Qualcosa di grosso e appuntito
doveva
essere penetrato in quel punto, tranciandogli i legamenti del trapezio.
Se
fosse stato sottoposto a cure normali probabilmente non avrebbe mai
recuperato
l’uso del braccio tanto era grave la ferita. Ma
ciò che era strano era che non
sanguinava come avrebbe dovuto. Come quella di Susan, la ferita non si
era
cicatrizzata eppure l’emorragia si era fermata. Ma a
giudicare dall’espressione
di Peter, il dolore era ancora ben presente.
Senza perdere altro tempo,
allungai le mani sulla spalla e ripetei l’incantesimo
già praticato per sua
sorella. Individuai la sua aurea, più luminosa di quella di
Susan anche se
aveva ricevuto più ferite di lei, ma molto più
fioca di quello che sarebbe
dovuta essere. Feci confluire la magia nei miei palmi e quando fui
pronta
penetrai il suo scudo cominciando a far scorrere la mia energia in lui.
La
magia si diffuse nei muscoli ripristinando i legamenti e nelle vene
curandone
le lacerazioni. Impiegai più tempo che per la gamba della
ragazza, ma alla fine
la spalla tornò come nuova.
Quando rividi la sua pelle
rosa e perfetta sospirai di sollievo.
“Va meglio?”
“Decisamente,
grazie” il
tono meno dolente fu la più grande ricompensa.
Passai immediatamente a
curare il fianco che presto tornò sano. Guarii due
lacerazioni profonde alla
gamba destra, un’altra al braccio sinistro e una lunga ma
poco profonda lungo
il torace. Risanai i lividi e le abrasioni che riportava praticamente
ovunque,
facendo scorrere la mia magia lungo tutto il suo corpo, invadendolo con
la mia
calda energia dopo aver superato la protezione della sua aurea.
Infine mi occupai del viso.
Cicatrizzai un taglio che gli deturpava la guancia facendola tornare
rosea e
perfetta come prima, ne risanai un altro sopra il sopraciglio e un
livido lungo
la mascella. Per ultimo guarii il labbro spaccato, ritrovando in poco
tempo la
sua bocca rossa e piena senza una ferita. Bocca sulla quale depositai
un bacio
desiderato da entrambi. Un bacio con la quale cercai di trasmettere
tutto il
mio dispiacere per la situazione e il mio amore che non era mai
vacillato.
Quando ci separammo gli
accarezzai il viso, contemplandolo, felice di rivederlo in salute come
sarebbe
sempre dovuto essere.
“Purtroppo non posso
aprire
le catene perché assorbono la magia. Occorre la chiave per
liberarti, ma non
preoccuparti, la troverò e tornerò il prima
possibile per portarti via insieme
agli altri” lo informai, con una sfumatura di scuse per la
mia mancanza.
“Non ne dubito”
mi assicurò,
riempiendomi di gioia. Sapevo che si fidava di me, ma era comunque
confortante
sentirglielo dire dopo tutto quello che era successo.
“Come hai fatto a ridurti
in
questo stato in battaglia? Edmund e Caspian ne sono usciti praticamente
illesi
e Susan ha riportato solo una ferita alla gamba” chiesi poi,
non capacitandomi
di come un condottiero abile come lui avesse subito così
tante ferite.
“Solo il fianco e la
spalla
sono stati colpiti in battaglia” mi rispose muovendo la
spalla per quanto le
catene gli consentivano per verificarne lo stato. “Ma la
persona che mi ha
ferito ha voluto continuare l’opera anche qui”
confessò con tono aspro.
“Chi?” domandai
con un filo
di voce, anche se in cuor mio già sospettavo la risposta,
solo una persona
poteva essere indicata da Peter con tale acrimonia.
“La Strega
Bianca”. Per non
smentirsi, il nome gli uscì simile ad un ringhio.
Strinsi gli occhi per
impedirmi di versare altre lacrime alla consapevolezza che la lista dei
crimini
di mia madre si allungava. La discussione che avevo rimandato con Susan
stava
per essere affrontata, dopotutto non avrei potuto evitarla in eterno.
Anche se
avrei tanto voluto chiudere gli occhi e fingere che fosse tutto un
brutto
sogno, dovevo affrontare la realtà. Almeno, Peter era
accanto a me.
“Jadis e io abbiamo
duellato
insieme. L’avevo colpita al braccio e alla gamba”
iniziò a raccontare Peter.
Subito l’immagine di mia madre zoppicante mi tornò
alla mente, dando credito
alle parole del re “stavo vincendo e lei lo sapeva,
così si è allontanata da me
per cercare di colpire Edmund alle spalle congelandolo con lo scettro.
Non
c’era tempo per avvertire mio fratello così mi
sono frapposto tra lui e Jadis e
lo scettro ha colpito me infilzandomi la spalla”.
L’odio nelle sue parole era
quasi palpabile.
“E
pensare che mia madre mi aveva giurato che
non vi avrebbe torto un capello, che addirittura vi avrebbe protetto
durante lo
scontro!” mormorai, la voce strozzata nel realizzare
ciò che Jadis aveva fatto
alle persone che più amavo. Come aveva potuto prima
ingannarlo infimamente e
poi ferirlo a quella maniera?
Le labbra di Peter si
curvarono in un sorriso triste. “Se non sbaglio ti aveva
anche giurato che ci
avrebbe esiliati a Londra, eppure eccoci qui” mi
ricordò.
Ingoiai a fatica altre lacrime. Jadis mi aveva promesso con tanta semplicità che avrebbe risparmiato i miei amici e con altrettanta semplicità aveva infranto la parola data. Tenendomi all’oscuro di tutto.
Ma come avevo fatto a non
accorgermi che la strega aveva trascinato i miei amici al castello? Se
il
combattimento era accaduto durante la notte, probabilmente stavo ancora
dormendo mentre tornavano nel palazzo, ma con tutto il rumore che
avevano
certamente fatto possibile che non mi fossi accorta di nulla? A meno
che…
…Ti
ho portato una tisana. Ti aiuterà a calmarti.
Con un ennesimo singhiozzo,
realizzai come mia madre mi avesse tranquillamente tolto di scena,
impedendo un
mio coinvolgimento. Mi aveva drogata. La tisana era stata solo un
pretesto per farmi
assumere un sonnifero, ecco perché mi ero addormentata di
botto senza nemmeno
riuscire a raggiungere il letto. E io che lo avevo scambiato per un
gesto d’amore
materno…
“Ma lei voleva solo far
tornare la pace e la prosperità a Narnia. Per questo ha
anche sconfitto Miraz”
sussurrai incoerentemente, non rassegnandomi alla verità
sempre più palese.
Come potevo mettermi il cuore in pace dinanzi ad una realtà
tanto atroce?
“Cathy, mia stella, ti
prego
apri gli occhi, te lo chiedo nuovamente” Alzai lo sguardo su
Peter, rispondendo
alla sua preghiera e apprestandomi ad ascoltarlo, gli occhi lucidi di
un pianto
represso. “Quello che voleva era tornare a tiranneggiare
sopra una landa
ghiacciata perché questo è diventata Narnia ora
che è tornata, un deserto di
ghiaccio e Telmar con essa, ha congelato ogni angolo della
città compresi i suoi
abitanti”.
“Non ha senso, in
giardino
gli alberi sono tornati a danzare!” obiettai, aggrappandomi
alla piccola
speranza che Peter si sbagliasse almeno su quel punto. Non poteva
essersi
spinta a tanto.
“Il risveglio
è limitato al
giardino del castello, probabilmente Jadis ha pensato di tenerti buona
facendoti credere che Narnia era tornata quella d’un tempo.
Basta attraversare
il ponte per rendersi conto che il resto del paese è tutto
ricoperto di neve
gelida”.
Confusione e stordimento
popolarono la mia testa.
Guardai Peter negli occhi e
in quelle iridi celesti non scorsi altro che sincerità e
tanto amore. Voleva
che gli credessi principalmente per il mio stesso bene, come potevo
dubitare
della sua parole? Eppure credere che mia madre mi avesse mentito faceva
male.
Tanto, tanto male. Possibile che mi avesse solo usata, che tutto
ciò che mi
aveva detto corrispondesse al falso?
“Ma perché
avrebbe dovuto
rinchiudervi qui sotto? Perché ti ha ferito
così?” chiesi, girando l’argomento
nella speranza di trovare una spiegazione a quelle azioni che non fosse
crudeltà gratuita. Dopotutto Jadis ormai aveva vinto, aveva
la corona, a cosa
gli servivano dei prigionieri?
“Cercava di estorcermi
un’informazione per lei vitale, dove si trova
Aslan” mi disse.
Corrucciai la fronte. “Ma
voi non sapete dove si trova Aslan, altrimenti sareste andati da lui a
chiedergli aiuto. Io per prima le avevo detto che non avevamo la
benché minima
idea di dove potesse essere” obiettai.
“Si, ma lei ha pensato
che
noi lo sapessimo e che te lo avessimo tenuto nascosto.”
Spiegò.
Scossi la testa allibita e
inorridita. “E Jadis ti avrebbe torturato per farti
confessare?”
“Si”
Una pugnalata al cuore. Una
vera e propria pugnalata al cuore.
“Cathy?” mi
richiamò calmo
Peter, vedendo il mio smarrimento.
Alzai lo sguardo sul bel re.
I miei occhi stavano supplicando pietà. Ad un tratto
desiderai di non aver mai
saputo come era andata veramente la guerra, perché i miei
amici si trovassero
rinchiusi in celle fredde e perché Peter era stato ridotto
in quello stato
pietoso. La possibilità che mia madre si rivelasse in
realtà la crudele Strega
Bianca che tutti temevano mi stava dilaniando.
E Peter lo sapeva, ecco
perché con il tono più dolce del miele
cercò di confortarmi.
“Mia stella, so che deve
essere orribile apprendere tutto questo, ma purtroppo è
necessario per la tua
salvezza e per quella di Narnia intera.”
Presi un respiro profondo.
Peter aveva ragione. Non potevo più difendere mia madre
dalle accuse che le
venivano rivolte. La verità era troppo palese
affinché potessi fingere di non
vederla.
Frasi da lui pronunciate in
un tempo che mi sembrava tanto lontano riecheggiarono nella mia mente,
frasi
che sembravano predire saggiamente un futuro alla quale non avrei mai
creduto
se non l’avessi visto.
Tu
credi sul serio che Jadis ci lascerebbe
tranquillamente andare vivi lontano di qua? Dopo milletrecento anni che
medita
vendetta?
Lo avevo creduto. Come una
piccola ingenua avevo davvero creduto nella buona fede nella strega,
avevo
creduto ad ogni sua singola promessa, ad ogni frase e proposito
confidando che
non avrebbe mai mentito a sua figlia, fiduciosa che il suo cuore non
avrebbe
mai potuto compiere atti di vendetta. E invece mi ero clamorosamente
sbagliata.
Ero stata raggirata con facilità e i Pevensie e Caspian ne
avevano purtroppo
pagato le conseguenze insieme ai loro regni.
Perché la Strega Bianca
non
aveva mai avuto alcuna intenzione di lasciare impunito il colpo di
stato
avvenuto tredici secoli prima. Perché Jadis covava vendetta
da troppo tempo, a
differenza di quello che avevo ingenuamente sperato. Una vendetta che
esigeva
di essere consumata.
Jadis mi aveva mentito, ogni
sua singola parola si era dimostrata essere falsa. Falsa come il suo
amore per
me, perché se davvero mi amava come diceva, non mi avrebbe
mai raggirato in un
modo tanto infame ed infido.
Alcune lacrime scapparono
dal mio controllo mentre un singhiozzo mi scosse. Per la seconda volta
mi vedevo
strappare via l’affetto di una madre, proprio quando iniziavo
a godere del suo
dolce sapore. Era ingiusto. Terribilmente ingiusto.
“Evidentemente non
è il mio
destino avere qualcuno da chiamare mamma con affetto”
mormorai con amarezza.
“Mia Cathy, vieni
qui” Peter
mi invitò tra le sue braccia e io non esitai ad accoccolarmi
sul suo petto
ampio e caldo.
Altri singhiozzi, altre
lacrime, ma su entrambi la dolce e rassicurante voce di Peter
cercò di imporsi.
“Jadis non merita il tuo
pianto. La sola che deve soffrire e che infine soffrirà
sarà lei, specie quando
si accorgerà che per la sua crudeltà ha perso la
cosa più preziosa che la vita
avrebbe mai potuto regalarle, che non è di certo una corona,
bensì il tuo
affetto, l’affetto di una figlia altruista e buona che le
avrebbe donato solo
felicità.”
Parole di conforto, balsamo
sulla mia ferita se pronunciate con quel tono vellutato.
“Ma tu sei diversa, sei
capace di amare e di essere amata dalle persone che lo fanno con il
cuore. Hai
l’amicizia di Susan, di Edmund e di Caspian, che farebbero
qualsiasi cosa per
te senza pensarci un attimo. Hai Lucy che praticamente ti
adora.” Il ricordo
dei quattro ragazzi riuscì a strapparmi un sorriso di
tenerezza che vinse in
parte i singhiozzi. “E hai il mio amore, ora e per sempre
come dovresti ben
sapere”.
L’ultima dichiarazione
bloccò definitivamente le lacrime. Lo guardai grata di
quelle splendide parole
che mi aveva rivolto e che riuscivano almeno ad arginare il dolore che
sentivo.
“Hai ragione. Io ho voi e
per difendervi farò tutto ciò che è in
mio potere. Anche” deglutii, sentendo
gli occhi farsi nuovamente lucidi. “andare contro
Jadis” dichiarai con la voce
più ferma che riuscii a sfoderare.
Un sorriso illuminò il
volto
del re. Un sorriso sollevato e speranzoso. “Sai, per qualche
istante ho temuto
di averti persa per sempre per colpa della strega” mi
confessò.
“Perdonami, sul serio.
Non
sai quanto mi dispiace per non averti dato retta sin da
subito.” Mormorai
afflitta, prima di abbracciarlo senza più paura di fargli
male.
“Chi potrebbe mai
biasimarti, mia Cathy? Le tue scelte sono sempre state dettate
dall’amore, mai
dall’egoismo o dalla cattiveria”.
In questo caso dall’amore
verso una madre che non credevo di avere, che avevo sperato tenesse a
me e il
cui sentimento si rivelava ora fasullo. Ma nonostante le nuove
scoperte, sarei
riuscita a nuocerle in modo assoluto per il bene di Narnia? La risposta
la
sapevo già. Dovevo però dirlo a Peter, occorreva
mettere in chiaro fin dove mi
sarei spinta per aiutarli.
“Ascoltami
però, anche se
Jadis ha fatto quello che ha fatto, per me rimane sempre la persona
più simile
ad una vera madre che ho mai avuto. Quindi se ci fosse un altro scontro
non vi
aiuterò ad ucciderla. Prometto che non vi
intralcerò né giudicherò, ma
semplicemente
che non alzerò la spada personalmente contro di
lei.” affermai, confidando
nella sua comprensione.
Un lampo di serietà
passò in
quelle iridi celesti che mi scrutarono l’animo. Storse la
bocca in una smorfia
contrariata prima di rispondermi.
“Quindi cosa intendi
fare?”
mi chiese senza nessuna particolare inflessione nella voce.
“Se Narnia soffre come mi
hai detto, riparerò al danno che ho fatto e
aiuterò te e i tuoi fratelli a
riprendervi il trono in ogni modo possibile, eccetto eliminare Jadis.
” ribadii
senza remore.
Peter mi soppesò ancora
un
secondo prima di sussurrare un “D’accordo,
effettivamente non sarebbe giusto
chiederti una cosa simile. Ti capisco”.
Sospirai sollevata. Un
sollievo momentaneo perché subito mi ricordai ciò
che dovevo fare. Trovare la
chiave e liberare i ragazzi.
“Ora vado, ma
tornerò con la
chiave prima che tu possa sentire la mia mancanza” mormorai
ad un soffio dalle
sue labbra.
“Impossibile,
già la sento”
ribatté ilare strappandomi un sorriso.
Gli diedi un ultimo bacio,
non di addio questa volta, solo un semplice arrivederci.
“Ti amo” gli
dissi quando ci
separammo, e fui lieta di poterglielo comunicare senza la sofferenza di
cui era
intriso l’ultima volta che lo avevo pronunciato.
“Ti amo” mi
fece eco lui,
guardandomi con gli occhi che brillavano.
Mi allontanai a malincuore,
ma questa volta almeno sapevo che lo avrei rivisto a breve.
Una volta che la porta si fu
richiusa, compresi che c’era una cosa che dovevo fare prima
di cercare la
chiave. Dovevo andare a Narnia e a Telmar e rendermi conto di persona
di cosa
avevo contribuito a fare. Dovevo sapere l’entità
del danno.
Richiamai la mia magia,
facendola scorrere per tutto il mio corpo. La sentii pulsare dal torace
fino
alle mani e poi giù verso i piedi per risalire fino alla
testa. Focalizzai le
rovine dove gli abitanti di Narnia si erano nascosti per molti mesi e
formulai l’incantesimo.
Un vortice d’aria mi
circondò, e presto provai la sensazione di venire trascinata
all’indietro.
Quando riaprii gli occhi,
non riuscivo a credere che ciò che vedevo fosse vero. Il
colore ocra
dell’edificio era interamente ricoperto da quello candido
della neve. Quello
come la piccola arena, i cui resti erano seppelliti dai fiocchi, e la
pianura,
la verdeggiante e fertile pianura piena di fiori dai colori
più vivaci nei miei
più recenti ricordi, era interamente bianca.
Una folata di vento gelido
mi fece battere i denti. Cercai di stringermi nelle mie braccia ma il
freddo
era davvero pungente, quasi insopportabile. Come la ferita al mio cuore
che
aveva ripreso a sanguinare all’ennesima prova tangibile della
vera natura di
Jadis.
Come poteva aver ridotto
quella florida terra a, come lo aveva chiamato Peter, un deserto di
ghiaccio?
Desiderosa di sottrarmi a
quella vista, cercai di farmi forza e ripetei la magia trasportandomi a
Telmar
in pochi istanti. Gli stessi istanti che impiegai per rimanere senza
respiro.
Telmar era messa peggio di
Narnia. Anch’essa era completamente ricoperta di neve, ma
Jadis non aveva
incantato solo vie e strade.
Come orribilmente ammaliata,
mi avvicinai ad una statua di ghiaccio poco distante, simile alle mille
che
sembravano riempire la cittadina. Raffigurava un anziano signore con in
mano un
libro, ripreso nell’atto di camminare.
L’espressione era pensierosa, ma i
muscoli del viso rilassati.
Indietreggiai inorridita,
finendo per inciampare nei miei passi e cadere sulla soffice quanto
fredda
neve. Quella non era una statua. Quella era una persona congelata,
quella come
tutte le altre.
Aprii la bocca per urlare,
ma non un suono riuscì ad uscire dalle mie labbra. Avevo la
gola bloccata
dall’orrore.
Solo un demonio poteva essere
capace di un atto tanto crudele. Un demonio, o una strega. Per la
precisione la
Strega Bianca.
Ora più che mai mi parve
chiaro che la donna dai lineamenti gentili e il tono dolce che avevo
chiamato
“mamma” non era altro che una copertura, una
maschera che celavano un anima
nera in perfetto contrasto con il candore della neve che tanto adorava,
ma
fredda esattamente come essa.
Una folata d’aria calda
mi
investì da dietro, giungendo del tutto inaspettata, e prima
che mi voltassi,
una voce bassa e possente mi risuonò nelle orecchie.
“Questo è solo
un assaggio
di ciò che la Strega Bianca è capace di
fare”
Spaventata, mi voltai di
scatto. Trattenni il respiro mentre con stupore crescente registravo
una folta
criniera che si muoveva al vento freddo simile a lingue di fuoco. Un
corpo
possente, poggiato su quattro zampe dal manto dorato, con postura fiera
e
regale si stava avvicinando con lentezza, segnando orme sul tappeto di
neve.
“Aslan”
Il mio sussurrò
strozzato si
perse nel vento, ma fui certa che lui lo avesse sentito.
Il grande felino puntò
su di
me i suoi occhi scuri, che chissà quante ere aveva scorto,
soppesandomi con
espressione neutra.
Sentii il cuore in gola. Non
ero preparata ad incontrarlo, era assolutamente l’ultima
persona che mi
aspettavo e che sapevo di poter affrontare. Mi sentivo terribilmente in
colpa
per averlo accusato ingiustamente e di aver contribuito allo scempio
che Jadis
aveva fatto della sua terra. Mi vergognavo, temevo la sua collera e il
suo
giudizio.
Incapace di sostenere il suo
sguardo imperscrutabile abbassai le mie iride azzurre, attendendo la
sua
rabbia. Una rabbia che però non scorsi affatto nelle sue
parole che seguirono.
“Così tu sei
Cathrine
Icepower. Non vedevo l’ora di conoscerti di
persona”
Incredula, azzardai a
guardarlo di nuovo negli occhi scorgendo un lampo di benevolenza nella
sua
espressione. Possibile che non fosse adirato con me dopo quello che
avevo
combinato?
Tuttavia, io mi sentivo in
dovere almeno di tentare di scusarmi.
“Aslan, io…mi
dispiace,
davvero. Non avrei mai voluto tutto questo. L’unica cosa che
desideravo era
riportare Narnia a com’era milletrecento anni fa, volevo
vederla risplendere
come nei racconti di Peter e invece ho combinato un disastro. Narnia e
Telmar
sono congelate, la persona della quale mi ero fidata si è
dimostrata una sanguinaria
tiranna che io ho rimesso sul trono e i Pevensie sono rinchiusi
in…” iniziai a
raffica, vincendo a poco a poco il magone che sentivo in gola, come se
elencare
ogni disgrazia da me causata fosse in qualche modo terapeutico, uno
sfogo.
“Basta giovane Cathrine,
non
occorre che tu ti scusi. So che le tue intenzioni erano delle
più onorevoli.
Sei stata ingannata dalla vera colpevole di tutto ciò, la
Strega Bianca, e
probabilmente sei la sua principale vittima. Hai tutta la mia
comprensione”
Le parole del grande sovrano
erano sincere, il mio cuore lo sapeva e subito, come per magia, mi
sentii più
sollevata. Aslan non era in collera con me e soprattutto era qui. Aslan
era
infine tornato. Peter, i suoi fratelli, Caspian e Narnia erano salvi.
“Grazie” gli
dissi. Una
parola semplice ma intrisa di sentimento.
“L’importante
è che ora tu
sia pronta ad assumerti le tue responsabilità e che aiuti i
Pevensie e il
giovane principe di Telmar. Hanno bisogno di te” mi ingiunse
serio.
Il mio sguardo si
corrucciò.
“Tu non li aiuterai?” chiesi smarrita, alzandomi da
terra, infreddolita dalla
neve.
“Si, quando mi verrete a
cercare, io vi aiuterò. Ma ora non è ancora
giunto quel momento. Tu, Cathrine,
hai la possibilità di salvarli senza di me dalle grinfie
della strega e di
sconfiggere quest’ultima” mi informò con
sicurezza.
“Ti sbagli.”
Ribattei
immediatamente, confusa dal suo rifiuto di aiutarci. “Mi
impegnerò con tutta me
stessa per farli uscire dal castello” mi affrettai a
specificare “ma da sola
non riuscirò mai a battere Jadis. Non posso. E ho paura che
nemmeno Peter ce la
possa fare, abbiamo bisogno di te per questo” conclusi.
Il grande felino scosse la
testa. “Questa battaglia è tua e del giovane re,
la mia è stata combattuta anni
addietro. Solo voi due dovete trovare la forza per distruggere la
Strega Bianca
per sempre.” Decretò con tono che non ammetteva
repliche.
Scossi la testa in segno di
diniego. Non ce l’avrei mai fatta, ne ero certa. Mi morsi il
labbro per la
frustrazione, perché diamine non voleva soccorrerci da Jadis?
“Non so nemmeno dove sia
la
chiave per liberarli dalle loro celle” mormorai afflitta.
“Jadis è una
Strega Bianca, non
si fida di nessuno eccetto che di se stessa. Sono certo che la chiave
la
troverai nella sua camera, ben custodita da qualche
incantesimo” mi consigliò.
Aggrottai le sopraciglia.
“Anche io sono una Strega Bianca” obiettai,
risentita.
Con mia sorpresa, Aslan parve
sorridermi ironico. “Sai qual è la caratteristica
che contraddistingue una
Strega Bianca?” chiese pacato ed enigmatico.
“Quella di avere dei
poteri
magici” risposi di istinto.
Il felino scosse la folta
criniera. “è quella di avere un cuore di
ghiaccio” mi corresse paziente.
Mi rattristai. Ciò
voleva
dire che anche io avevo un cuore di ghiaccio? Ma prima che potessi
formulare la
domanda ad alta voce, il felino fece un passo avanti, e poi un altro
fino ad
arrivare a sfiorarmi con la criniera. Non potei impedirmi di provare un
brivido
di paura ad averlo a quello distanza ravvicinata. Era alto quanto me e
le zanne
affilate e letali spiccavano sulla sua bocca socchiusa. Sarebbe bastato
un
morso per uccidermi.
Ma lui
non lo farebbe mai. Ricordai a me stessa cercando di
imporre la ragione
sull’istinto con successo. Era vero, Aslan non mi avrebbe mai
fatto del male.
Al contrario di quello che aveva fatto Jadis.
“Cathrine, sei giovane,
ma
sei molto potente. Hai un grande potenziale e sono certo che lo
sfrutterai nel
migliore dei modi possibile. Se avrai fiducia in te stessa niente ti
sarà
impossibile. Affidati alla tua magia, essa non ti tradirà
mai perché fa parte
di te. Ma se anche essa non bastasse, affidati all’amore di
Peter e
all’amicizia di Caspian, Susan, Edmund e Lucy. I loro
sentimenti sono puri e
non verranno mai meno. Se resterete uniti, riuscirete nei vostri
intenti”.
Il suo discorso mi
riscaldò
il cuore. Erano consigli quasi da padre. Si preoccupava per me, ma
soprattutto
aveva fiducia nella mia persona. Mi credeva davvero capace di portare a
termine
la difficile missione che mi aveva affidato. Il suo ottimismo mi
contagiò e
improvvisamente mi sentii più consapevole delle mie
potenzialità. Dopotutto se
lui credeva possibile un mio successo perché io non avrei
dovuto?
“Grazie Aslan”
ripetei
sorridendogli riconoscente.
Il leone ricambiò il
sorriso. “Ricorda, quando mi verrete a cercare io vi
aiuterò” ripeté serio “Ora
vai. Buona fortuna giovane Cathrine”
Aslan spalancò la grande
bocca e soffiò investendomi con un fiotto di aria calda come
i raggi del sole.
Mi sentii trascinare all’indietro e in un attimo non avvertii
più il caldo del
suo soffio né il freddo della neve sotto di me,
bensì la sofficità del tappeto
che ricopriva il pavimento della mia stanza. E una voce irosa che la
riempiva
graffiandomi i timpani e facendomi presagire il peggio.
“Dove sei
stata?”