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Autore: Devochka    06/10/2010    0 recensioni
I Green day all'inizio.
I primi concerti, il gilman street, e il primo amore che alla fine, non si scorda mai.
Tre giovanissimi Billie, Mike e Tre alle prese con la vita di ogni giorno, prima del successo, nel lontano 1990...
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La storia è narrata in prima persona come fosse un ricordo raccontato.
Dal Capitolo 18: Uscimmo fuori dal bagno, guardai Billie salutare i suoi parenti, sorrideva e ringraziava per i complimenti.
Lo guardai, lo amavo, amavo ogni gesto che faceva e i suoi modi di essere e fare.
Lui sarebbe stato la famiglia che avevo perso.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Groupie by Devochka is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
California Settembre 1990

Non so dove mi trovavo, cercavo disperatamente, un oggetto, un'immagine, qualcosa che mi facesse capire dove fossi.
Intorno a me c'era il nulla, sforzai gli occhi, ma niente..il bianco più assoluto che si possa immaginare..
"credo sia il quadro della mia vita" pensai, il bianco, il nulla.
Mi sentìì soffocare li intorno, non c'era niente, nessuna forma di vita. "Aiuto qualcuno mi dica dove sono!"
"Vai all'inferno!!!!" una voce arrabbiata e violenta entrò in quel luogo opaco, gli occhi di colpo si aprirono proiettandomi davanti il poster con la "A" dell'anarchia rossa. Capìì che era un sogno, e voltandomi
mi vidi arrivare una sacco peloso in faccia accompagnato da un "meoooooow" disperato che acchiappaì al volo, la mia povera gatta Crew.
"mamma cosa è successo?" mi tirai indietro i capelli e mi strofinai gli occhi sbadigliando.
"che cazzo è successo? è successo che il tuo gatto di merda ha di nuovo pisciato sul divano, portalo via Shiloh altrimenti te lo faccio mangiare"
Uscì dalla mia stanza sbattendo la porta facendo cadere vari oggetti dagli scaffali.
"ma che cazzo di bisogno c'è di urlare in questo modo?!"
raccolsi le varie cianfrusaglie dal pavimento e le risistemai sugli scaffali, osservai attentamente ogni oggetto interrogandomi sul loro significato emotivo, che razza di significato può avere un vecchio pacchetto di sigarette vuoto?
e quell'accendino comprato già scarico? non ci pensai due volte e buttai entrambi nel cestino. Gli occhi mi caddero su un volantino che giaceva lì vicino, mi accesi una sigaretta e iniziai a leggerlo
"Serata Super Punk" quasi mi strozzai a leggere quelle tre parole che messe insieme costruivano una merda perfetta,
 "ma chi scrive 'sti volantini?" lo buttai schifata nel cestino.

Non mi sono ancora presentata, scusate, mi chiamo Shiloh Reed, ho 19 anni e mezzo, vivo con una fallita di nome Margaret Reed, mia madre, che tutto nella vita doveva fare tranne che la genitrice. Non sono l'unica sua erede purtroppo, ho una sorella,Katy ma vive a Monaco Di Baviera. Beata lei, non si subbisce quest'agonia con cui devo condividere il dna e le mie giornate. Mio padre? Bo! va bene come risposta? Non studio più, lavoro in un bar, e nel tempo libero suono nella mia band, The Ratt.

Scesi l'ultimo scalino e mi ritrovai nel corridoio che divideva il salotto dalla cucina, passai di fronte al divano imbrattato di urine, in effetti sopra c'era una bella macchia
"Non ti faccio mangiare, va bene? così impari!" mia madre strillava alla povera Crew che la guardava seduta sulla sedia senza capire,
continuò a fare ogni cosa sbattendo gli sportelli e gli oggetti che stava adoperando, facendogli fare un rumore diverso ogni volta, e tutto ciò per un piscioso divano.
Siamo nella parte più povera della California, dove viviamo con pochi soldi e tu pensi ad un divano di merda?
Pensai mentre uscivo di casa, lasciandomi tutto dietro, anche Crew, che rischiava di morire di fame,ma non potevo, non potevo rimanere in quel luogo un'istante di più.
Ciò che non sopporto della mia vita è proprio la sua presenza, il suo falso volto, le sue falsi parole e sorrisi quando sa che l'ho scoperta, so che abusa di alcohol e droga per dimenticare la sua vita fallimentare,
e se qualche volta si è chiesta se qualcosa di bello era riuscita a fare nella sua vita, la sua risposta non ero io e tantomeno Katy, io per lei sono solo una tipa strana con la chitarra che dorme nella stanza sopra la sua,
non sono sua figlia.
Mi piegai sulle ginocchia rimanendo davanti la porta di casa gli occhi mi si riempirono di lacrime
io avevo bisogno di lei, ma lei non si era accorta nemmeno di avermi partorito.
Mi rialzai e con la manica del giubbino mi asciugai le lacrime e salii sulla mia bicicletta avviandomi verso il centro di Berkley lasciando che il vento soffiasse forte sul mio viso asciugando ogni traccia di mia madre,
iniziai a canticchiare una canzone mentre ero quasi arrivati nel mio luogo di lavoro, "parcheggiai" la bici ed entrai in negozio
"Buongiorno Hugh"
"Ciao Shiloh, come va?"
"tutto ok - dissi infilandomi la divisa. Voltandomi mi accorsi che c'era il fratello del volantino che avevo buttato a casa che era appeso alla vetrina - Hugh 'sto volantino! ma chi l'ha messo?"
"Quello della "serata super punk"? beh è venuto un ragazzo ad appenderlo, ieri sera in chiusura quando tu eri già andata via,
mi sono messo a sorridere anche io quando l'ho letto, ma quel ragazzo mi ha gelato con quel suo sguardo, mi ha messo quasi terrore!"  
Hugh era un 50enne interessante, sapeva tenersi in forma, non fumava, non beveva e mangiava solo cibi sani, da giovane mi disse che suonava la tromba in un complesso Jazz, lo ammiravo molto, lui mi diceva sempre che sarei riuscita a coronare il mio sogno di diventare una rockstar....Ero affezzionata a quell'uomo, lo consideravo mio padre.
"Shiloh vado a prendere una cosa in retrobottega, arrivo subito"
 "Si, si non ti preoccupare.." sentìì entrare qualcuno, annunciato dal campenellino appeso appena sopra la porta d'ingresso
"Buongiorno, posso lasciare questi?"
"Buongiorno, si cosa?" dissi voltandomi. Un ragazzotto scazzato mi guardava con aria stufa tenendo in mano i volantini.
"allora, posso?" disse sbruffando. Ma non riuscii a rispondere, quegli occhi verdi mettevano paura davvero
"Li - li hai già lasciati ieri sera" dissi
"e quindi?, è una serata importante quella di stasera ho bisogno che venga gente"
"e perchè è così importante?"
"perchè suono io" mi girai verso quel ragazzo e sul viso si stampò un sorriso da ebete
" tu faresti la serata super punk, dove?" dissi quasi prendendolo in giro
"al Gilm Street, perchè non vieni a muovere il culo lì stasera invece di prendermi per il mio?"
Rimasi a bocca aperta stupita, mi poggiai con le braccia sul bancone e potei osservare più da vicino quegli occhi
"va bene, vengo..."
lui sorrise e mi lasciò quel volantino...che ancora oggi possiedo.
"sei invitata ma non contare che mi ricordi di te stasera, tizia"
Diventai rossa dalla vergogna e lo invitai cortesemente di andarsene a quel paese. Lui iniziò a ridere di gusto e uscì dal bar.
"ma che razza di gente gira?"
"Ti sei messa a cacciare i clienti dai locali?" disse Hugh sorridendo
" non era un cliente...cercava solo rogne!...cioè pubblicità "
Hugh sorrise di nuovo e si rimise alla cassa.
Non ci furono molti clienti quella mattina, di ragazzi ne vennero pochi, e la maggior parte si fermavano per il tempo di un caffè o uno spuntino al volo senza fare caso alla locandina.
"quel volantino è fatto una merda!" esordì Raylee entrando nel bar
"come va dolcezza?"
Raylee era il batterista dei The Ratt, 25 anni passati solo a suonare la batteria, non sapeva fare altro, oltre a farmi la corte da quando avevo 16 anni
"tutto ok - risposi sorridendo - ci andiamo stasera?"
"ma dove? al Gilman? non ci pensare nemmeno. Stasera abbiamo le prove fino a tardi!"
"eddai Ray, non andiamo ad un live da un sacco di tempo!"
"Shiloh, non farmi incazzare, ma lo sai chi cazzo suona almeno? quei coglioni di Armstrong e Pritchard, hanno rotto le palle con 'sti sweet children, fammi un caffè per favore"
Mi voltai verso la macchina del caffè
"sei un mostro!"
"non sono un mostro tesoro, dico solo la verità"
"ma il Gilman deve essere fichissimo! anch'io ci voglio suonare" dissi poggiando la tazza di caffè sul bancone
"cresci musicalmente e ti porto al Gilman"
Raylee aveva un non so che di maniaco, ma lo assecondavo, mi piaceva farcelo credere.

SERA

"questa è la paga settimanale"
Hugh mi porse una busta con dei soldi
"ah grazie"
"ci vediamo domani, vai pure, chiudo io il locale."
Ringraziai, mi tolsi al volo la divisa e uscìì. Ero indecisa su cosa fare, potevo andare a casa, prendere la chitarra e avviarmi in sala prove, oppure andare a casa, cambiarmi e andare al Gilman. Sapevo che Raylee essendo il leader si sarebbe incazzato di brutto, ma non mi importò. Percorsi con la bicicletta tutto il viale e fui a casa, la luce del salotto era accesa, mia madre era in casa, aprii la porta
"sono tornata.." dissi
"..ciao è andato bene il lavoro?" mia madre giaceva sulla poltrona imbambolata davanti la tv con la solita birra e la solita sigaretta tra le dita
"tutto ok, io esco "
"ok fai come vuoi" salìì nella mia stanza e mi cambiai al volo, maglia strappata, pantalone, anfibi e giacchino di pelle. Fuggìì di nuovo da casa, e una manciata di minuti dopo ero fuori il Gilman. Varie persone erano in fila, mi misi anche io e neanche il tempo di mettermi una mano in tasca per prendere le sigarette che una tizia mi venne in contro chiedendomene una.
" si certo tieni" dissi dandole il pacchetto
"grazie - si accese la sigaretta e fumò il primo tiro, sul suo viso si stampò un'espressione di godimento. - ..sei nuova di qui, vero?"
"si, è la prima volta che vengo"
"bene, io mi chiamo Inès, benvenuta al Gilman"
"grazie..piacere io mi chiamo Shiloh...è tanto che vieni?"
"da quando sono nata praticamente, i miei erano soci del Gilman"
"capito...sai chi suona stasera?"
"oh si, suonano due band, una non mi ricordo il nome, l'altra sono i sweetchildren, nome del cazzo, ma quei due meritano..e non solo musicalmente"
Inès sorrise fra se e se maliziosamente
"che intendi?" dissi con un sorriso confuso
"se vuoi te lo faccio provare, posso farlo" capìì che Inès era una Groupie
"non capisco scusami Inès, ma gli sweet children non sono...come dire..famosi?....che bisogno c'è di..."
"dico Shiloh, ma li hai visti? non saranno famosi, è vero ma sono due ragazzi stupendi, lo faccio per quello!"
"io ne ho conosciuto solo uno, è venuto stamattina a portare i volantini nel negozio dove lavoro"
"ma chi era Michael?"
"non lo so,non gli ho chiesto come si chiamava"
La fila si sciolse e poco dopo ci ritrovammo all'interno del locale, rimasi a bocca aperta: era un paradiso di immondizia ma l'atmosfera era più calda di casa mia.
Non feci in tempo a studiarmi il luogo che sentìì il fischio di una chitarra elettrica pronta a suonare. Riconobbi quel ragazzo scazzato che salì sul palco, ma la sua espressione era diversa, il broncio fu sostituito da un sorriso felice. Quando mi vide, abbozzò un occhiolino.
Inès urlò
"Mike!!"
mi voltai verso di lei ma il ragazzo scazzato non si voltò, il bassista invece ci guardò e lanciò un bacio ad Inès, mi avvicinai al suo orecchio ed urlai
"non è venuto lui stamattina!"
"e allora hai conosciuto Billie Joe!" disse urlando nel mio. Fù come se il tempo si fermò al suono del suo nome continuai a fissarlo per tutto il tempo che rimase sul palco.
Non riuscì a distogliere il mio sguardo da lui, non c'era forma, murales o spinta più interessante di Billie Joe in quel momento.
  
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