Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Elos    07/10/2010    2 recensioni
Luca sapeva che Annalisa - l'adorabile, infiorata, morbida e dorata signora Annalisa - aveva fatto a sua figlia un certo discorso sulle rose che sbocciano solo un paio di settimane prima. Le aveva detto che era un bocciolo. Un bozzolo. Che da lei sarebbe uscita una farfalla, una bellissima, radiosa, raggiante farfalla.
Il termine radiosa non aveva nulla a che vedere con Andrea: Andrea non irradiava un bel niente - di certo non irradiava luce. Qualche volta faceva piovere musica. Parecchie volte faceva sgocciolare sarcasmo. [...]
Andrea non era un bozzolo, Andrea non era un bocciolo. Andrea era fiorita anni prima, ma quel che ne era uscito fuori era stato uno stelo viola di belladonna e asfodelo.

Andrea non riesce a sfuggire a sua madre, Luca non riesce a sfuggire ad Andrea. Sullo sfondo delle prove di un saggio di fine anno, una storia sui mille modi e più per guardarsi crescere.
Prima Classificata al concorso [Originali] Ragazze al pianoforte indetto da Harriet.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



3. divenire
Ludovico Einaudi



La cantante si chiamava Flavia. Aveva un viso molto grazioso, occhi azzurrissimi e sgranati e una lunga coda castana decorata da un bizzarro fermaglio ingemmato con grosse pietre da bigiotteria e una piuma di pavone a pendere da una parte. Luca l'aveva trovata - la ragazza, non la piuma - mettendo un annuncio per i provini nella bacheca della scuola: aveva scartato una decina di rauche esaltate ed un'orda di aspiranti popstar starnazzanti e stonate come campane prima che fosse il suo turno, e a quel punto era stato sufficientemente vicino all'orlo estremo della disperazione da accoglierla come fosse acqua nel deserto.
Alle prove, una settimana prima del MusicaMente, il ragazzo di Flavia non c'era: il che era un sollievo, in effetti, perché Luca sospettava che lei gli avesse detto di quella storia dei, uh, dei baci, ed era possibile che lui non l'avesse presa molto bene. Certo, all'epoca non era stato il suo ragazzo. Forse si trattava di un caso di gelosia retroattiva? Comunque Luca non è che disdegnasse il pensiero di provare in un ambiente tranquillo, per cui aveva accolto con entusiasmo l'assenza del Grande Capo A-muso-duro.
C'era Andrea su una delle sedie di fondo della sala prove, schiacciata tra un tavolino privo di una delle quattro gambe ed una lavagna rotta: faceva oscillare i piedi a tempo con la musica - oggi portava i jeans, e gli occhi di Luca schizzavano a intervalli regolari verso il pendolo irregolare delle sue gambe.
L'avvicinò quand'ebbero finito, e lei gli porse una bottiglia di succo di frutta. Luca adocchiò con interesse l'etichetta, fiondandosi a stapparla con avidità:
- Pesca! - Il succo era dolcissimo, la sala rovente. Le gambe di Andrea non si muovevano, adesso che non c'era più musica, ma attiravano lo stesso i suoi occhi come calamite, come fulcri. - Devi provare anche tu? -
Lei agitò la mano in un gesto distratto:
- Più tardi, forse. Avete finito? -
- Già. Oh, ciao, Giorgio. Lunedì, eh? - E poi, mentre l'allampanato batterista assentiva svagatamente e si allontanava verso le scale, si sporse per gridargli dietro: - Non te ne scordare...! -
Sospirò pesantemente, prima di tornare a guardare Andrea:
- Si è già dimenticato delle prove di mercoledì scorso. E' strafatto cinque giorni su sette, però suona come Dio comanda. -
Andrea si limitò ad assentire:
- Capisco. Vogliamo andare a prendere un gelato? Hanno aperto un locale in fondo alla strada dove non sono ancora stata. -
- Sicuro! Dammi... cinque minuti, ok? Mi do una ripulita e andiamo! -

Non desiderava altro che camminare con Andrea per la strada: se avesse potuto scegliere, anzi, si sarebbe messo proprio un passo dietro di lei, sulla sua sinistra, per poterle guardare le gambe, i fianchi, per osservare come il ciuffo sottile che chiudeva la treccia le disegnava dondolando la linea magra della vita. Camminandole a fianco, però, aveva il suo naso proprio sotto gli occhi, le labbra assorte, l'ombra delle ciglia scurissime come una ragnatela gettata su quegli occhi complicati. Avrebbe baciato quelle labbra sino a mangiarle, sino a fonderle con le sue, l'avrebbe baciata e le avrebbe impedito di riprendere il fiato quando avesse cominciato a sentirsi mancare l'aria; l'avrebbe costretta a respirare da lui tenendole il collo in una mano, e avrebbe avuto la peluria soffice dei capelli, proprio dietro la nuca, a fargli il solletico contro il polso. Le avrebbe stretto la pelle tra i denti, così quelle labbra si sarebbero arrossate, e quando lei si fosse staccata avrebbe visto che la bocca di Andrea era diventata gonfia e rosata, morbidissima, lucida.
- Che cosa vuoi? - Gli chiese lei.
Farla sedere sulle sue ginocchia così da non doversi chinare per morderle il collo.
- Quello che prendi tu, credo. C'è il cioccolato? -
- Bacio, cioccolato all'arancia, cioccolato fondente, cioccolato alla cannella... - Elencò servizievole la ragazza con il camice dietro al bancone.
- Bacio. - Decise Luca. Guardò Andrea e gli scappò un sorriso.

Era bastato il gelato a farle arrossare le labbra, dopotutto: scintillavano quasi le avesse cosparse di rossetto. Se le avesse toccate sarebbero state fredde, dolci.
Si erano seduti su di una panchina all'ombra nel parchetto dietro la scuola. Non era precisamente uno di quei graziosi giardini dove si potevano trovare giostre, riquadri di sabbia e bambinetti urlanti accompagnati dalle madri; la fauna media era composta da studenti annoiati, gruppetti di ragazzi e ragazze in circolo attorno alle altalene cigolanti o sui gradini dello scivolo, oppure - la specie più prolifera - coppiette intente a pomiciare selvaggiamente dietro ad ogni cespuglio, albero, secchio dell'immondizia a disposizione: dal loro punto d'osservazione Luca riusciva a vederne almeno una piuttosto intenta alla suddetta occupazione.
- E' buono. - Osservò, sollevando il gelato. E poi, indicando la coppietta con un sogghigno: - Secondo te stanno sperimentando una nuova tecnica di respirazione bocca a bocca? -
Andrea sembrò prendere in considerazione l'idea:
- Improbabile, ma è un'ipotesi affascinante. -
- E' un quarto d'ora che non si staccano. Un quarto d'ora. A questo punto dovrebbero aver finito le scorte di ossigeno. Forse sono morti! -
- Non sembrano morti. - Andrea stava studiando la coppia con una specie di interesse critico, del tutto a proprio agio. - Mi sembrano dotati di funzioni vitali piuttosto attive, anzi. -
- Forse li hanno incollati con il silicone e ora non riescono a staccarsi? -
- Potresti provare a chiederglielo, ma hai del solvente con te? -
- Uh, no? -
- E allora saresti comunque inutile. Lasciali perdere. Ho ripensato a quel che mi hai detto l'altra sera. -
Andrea distolse l'attenzione dalla coppietta per fissarla su di lei. Rimase in silenzio per un lunghissimo istante, prima di domandare cautamente:
- A quale proposito? -
- A proposito di Chopin. -
- Oh. Ah, uhm... - Le reazioni pronte non erano mai state il suo forte, e tendeva a diventare mugugnante se messo sotto pressione. - … e cosa hai ripensato? -
Fu la volta di Andrea di rimanere in silenzio: taceva e guardava davanti a sé, verso la coppietta, e aveva un viso di vetro imperscrutabile, indecifrabile, un viso da Sfinge sul quale non si leggeva nulla. Tacque così a lungo che Luca cominciò a strisciare i piedi sul terreno, a disagio, e appoggiò la schiena al sedile reggendo la coppetta tra le mani: con il caldo il gelato si era sciolto e adesso gli aveva appiccicato tutte le dita. Doveva star attento a tenerlo sollevato per non macchiarsi i calzoni, e non c'erano secchi dell'immondizia in vista; ma anche Andrea era nelle sue stesse condizioni, e questo era un sollievo.
- Ho pensato che mi serve una cantante. - Disse Andrea, alla fine. - E un batterista. -
Girò la testa verso di lui, e lo fissò, e nella penombra screziata di sole aveva occhi bagnati di luce, graffianti come quelli dei gatti, le pupille niente più che due punti persi in tutto quell'oro.
- E un violinista. - Aggiunse.
L'attimo dopo Luca si stava già allungando per baciarla: era partito con l'intenzione di posarle le labbra sulla guancia, ma a quel punto lei si era girata, spostata, e gli aveva corretto la mira. Labbra su labbra su labbra su labbra, sette miliardi di centimetri di pelle che si incontravano a mezza strada, era alta quasi quanto lui e così non doveva piegarsi, i capelli di Andrea gli facevano il solletico e il respiro di Andrea gli riempiva la bocca, lei stava respirando dentro di lui e davanti a lui ed era ancora meglio di come avesse pensato. Aveva le labbra fredde, la lingua dolce di gelato. Gli graffiava le labbra con i denti perché era inesperta, goffa, ed era bellissimo che fosse così perché forse, solo forse, forse, forse, questo significava che quello era il suo primo bacio.
Luca desiderò aver tenuto il suo, il primo, per lei. Non l'aveva mai desiderato per nessuna, ma per lei sì. Era Andrea.
Voleva bloccarle il collo come aveva sognato, accarezzarle i capelli, disfarle la treccia per guardarla cadere giù, sciogliersi in onde nere, però aveva le mani occupate da quel che restava del suo gelato. Tutto quel che di loro si toccava erano le labbra, e il mondo per un po' sembrò concentrarsi lì in mezzo.
Quando Andrea si staccò gli venne da boccheggiare; inspirò profondamente, poi rise e disse:
- Non ti serviva cercare di corrompermi così, sai? Ti avrei detto di sì lo stesso. -
Se fosse stata un'altra si sarebbe offesa, probabilmente, ma quella era Andrea - Andrea, Andrea, Andrea, pensò gloriosamente lui, Andrea - che perciò sorrise solo, e poi lo baciò di nuovo.
Luca sentì la marcia dell'Aida intonarglisi dentro la testa.






Note della storia: Questo racconto in quattro capitoli partecipa al concorso Ragazze al pianoforte indetto da Harriet.
Il bando richiedeva di scrivere una storia che ruotasse attorno ad un personaggio femminile, ad un pianoforte e ad una tra le citazioni, canzoni e video proposti come prompt da Harriet. Io ho scelto la stupenda Runs in the family, di Amanda Palmer (per il testo, qui).
Un enorme grazie a LaureDeTroyes e a Salice, le mie eterne e infinitamente pazienti beta.

Note del capitolo: Divenire è un meraviglioso pezzo di Ludovico Einaudi che potete trovare qui.
Questa volta Wikipedia non serve! xD
Sono in ritardo di un giorno, lo so e chiedo perdono, ma la mia connessione ha barbaramente ceduto, ieri notte, abbandonandomi mentre mi accingevo - in ritardo - a mettere il capitolo online.
Con il prossimo pezzo Uno, due, tre, quattro. Asfodelo. sarà conclusa. Ancora un grazie a tutti coloro che hanno commentato i precedenti capitoli. That's all Folks!
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Elos