Capitolo 9
Sendoh vs. Rukawa… di
nuovo.
Finalmente il giorno dell'amichevole era
arrivato, lentamente, ma era arrivato.
I nuovi acquisti non avevano praticamente chiuso
occhio - tranne Kimi, che quando metteva testa sul cuscino non c'erano partite
che potessero impensierirlo. E fortuna che quel giorno i giocatori potevano
prendersi il lusso di saltare le lezioni, altrimenti il fratello avrebbe avuto
un bel da fare per svegliarlo.
Chi invece non guardò la sveglia, come ormai da
anni prima di ogni partita importante - e quella lo era, perché avrebbe messo
in luce i pregi e i difetti di ognuno di loro prima dell'inizio del Campionato
Invernale - furono Hime e Kaede. I due, ormai, non dovevano neanche darsi
appuntamento. Sapevano che alle sette si sarebbero dovuti vedere al solito
campetto per la solita partitella di allenamento, e nessuno si era mai
lamentato. Certo, per Rukawa svegliarsi così presto era pur sempre un trauma;
fortuna che suo padre, quel sant'uomo!,
usciva presto per il lavoro e non aveva problemi a svegliarlo a cuscinate in
faccia.
Kaede aveva trovato l'amica già bella che pronta
in pantaloncini e con la consueta maglia del Do'aho, di cui si era appropriata
da inizio anno, intenta a riscaldarsi.
«Ehi».
Hime completò un tiro quasi fuori area, ma presa
alla sprovvista, cannò totalmente, prendendo solo il ferro. «Ede! Ben arrivato,
insieme al tuo cuscino!». Quello le lanciò un'occhiata perplessa, oltre che
addormentata, e lei le rispose con una risata. «Ce l'hai proprio lì, attaccato
in faccia».
«Hn, simpaticona. E io
che ti do anche retta». Poggiò la sacca accanto a quella della Sakuragi,
togliendo fuori il suo pallone personale e iniziando anche lui il
riscaldamento.
«Sei venuto a piedi?», gli chiese Hime, cercando
la sua più che scassata bicicletta.
Kaede si strinse nelle spalle, andando subito a
canestro. «Ho fatto una corsa», le spiegò, recuperando la sfera arancione e
palleggiando. «E poi così non devo riaccompagnarti a casa».
«Oh, ma bene! Grazie, Ede, sei veramente un cavaliere!»,
sbuffò lei, tirando a canestro e centrandolo. «Me ne ricorderò quando mamma
preparerà i biscotti. Non te ne farò avere neanche uno».
«Tua madre me lo farà sapere lo stesso».
«Ah, disgraziato!».
Kaede scosse il capo appena la vide sbattere un
piede per terra, come una bambina. «Finiscila di fare l'infantile. Mi sembri
tuo fratello».
Lei, per tutta risposta, gli tirò in pallone con
l'intenzione di colpirlo, ma lui fu più lesto e l'afferrò con entrambe le mani.
Quando iniziò a palleggiare, senza distogliere quegli occhi da gatto, blu come
l'oceano, Hime capì che l'allenamento stava iniziando. Kaede scattò poco dopo,
cercando di scartarla subito; ma lei fu veloce, e allungò una mano per
bloccarlo. L'ala piccola fu costretta a un cambio di mano, per proteggere
meglio il possesso con tutto il corpo. Fintò un altro scarto, questa volta a
sinistra, ma proprio quando Hime stava per cascarci, Kaede aveva già saltato e
preso la mira.
Hime recuperò il pallone, gonfiando le guance
indispettita. «Quello scherzo è l'ultimo che mi farai». Palleggiò un paio di
volte sotto le gambe, fece un passo indietro e lanciò uno sguardo al canestro.
Kaede sapeva che avrebbe tirato, era uno dei suoi giochetti preferiti da
sempre. E infatti eccola lì, sollevare le braccia per tirare a canestro.
Quando Hime ridacchiò, ora divertita, era già
sgusciata via e aveva segnato. Le tirò un buffetto su una guancia mentre lei
gli rifilava una linguaccia.
«Quanto hai intenzione di segnare, oggi?», gli
chiese, riprendendo la posizione di difesa.
Lui le lanciò un'occhiata infuocata. «Più di
Sendoh, mi pare ovvio».
«Vedi di giocare per la squadra, Ede, non
pensare solo a lui».
Kaede attaccò ancora, forse con troppa forza,
perché Hime perse l'equilibrio e cadde a terra, rischiando di spaccarsi il
coccige.
«Ohi, ohi, che male!», si lamentò,
accarezzandosi amorevolmente il suo fondoschiena - un gran fondoschiena, avrebbe detto Nobunaga. Afferrò la mano che
l'amico le porgeva, mentre le borbottava un Sei
un disastro. «Ehi, sei tu che sei un orso! Mi pare di avertelo detto tante
volte».
Sì, Orso Volposo... E chi si dimentica un soprannome così
demente?
«Sai, credo che Sana venga a vedere la partita».
Kaede corrugò la fronte. Per vedere quell'idiota. «Dovrebbe interessarmi?».
«Dicevo così, per dire...», biascicò Hime,
sbirciando la sua reazione. Niente, come sempre. «Son contenta che ci sia anche
lei, se ne sta sempre per i fatti suoi».
«E non fa male».
Hime spalancò gli occhi castani. «Stai per caso
dicendo che la mia compagnia o quella dei ragazzi non ti fa piacere?».
Lui, d'altro canto, le si avvicinò di un passo,
sovrastandola con la sua incredibile altezza. Le puntò un dito in mezzo alla
fronte, simulando una pistola. «Dì un'altra stronzata come questa e ti ammazzo».
La bloccò subito prima che iniziasse a saltellare dalla gioia a destra e a
sinistra. «E prova a sbandierarlo in giro e ti ammazzo ugualmente. Intesi?».
Hime si mise una mano sul cuore, giurando. «Mai
stato più chiaro!», esclamò, sorridente. In un impeto di coccole, di quelle che
rischiavano di uccidere soffocati chiunque si trovasse tra le sue grinfie, lo
abbracciò forte. Le era sempre piaciuto rifugiarsi in quelle braccia,
nonostante Kaede non sprizzasse affetto da tutti i pori. «Te l'ho mai detto che
ti voglio bene?».
Kaede sospirò, poggiando il mento sulla sua
testolina indiavolata. Sì, ma non mi
stanco facilmente, io. «Hn. Anche troppo spesso».
Nascose un gemito quando lei gli rifilò una gomitata alle costole.
«Non è mai troppo per dimostrare tutto il bene
che ti voglio, disgraziato!».
«Manesca».
«Antipatico!».
«Noiosa».
«Bradipo!».
«Sakuragi».
«E questo dovrebbe essere un insulto?».
«No, demente, c'è il Do'aho. E sta per morire».
Hime si voltò verso Hanamichi, mezzo moribondo
per la corsa furiosa che si era dovuto fare. «Voi due... maledetti...
traditori!», si poggiò contro la rete, distrutto, per riprendere fiato.
«Hicchan... potevi svegliarmi!».
«Hana, eri così avvolto come un salame che era
difficile anche trovarti la testa». Hime trotterellò da lui, alzandosi sulle
punte e dandogli il consueto bacino del buongiorno. «Dai, anche Ede si è fatto
una corsettina, per scaldarsi... così siete pari!».
Il Volpino scosse il capo appena quello iniziò a
pavoneggiarsi, ritrovando chissà come e dove tutta l'energia, gridando al mondo
che lui era il genio, che lui non si sarebbe mai stancato per una corsetta e,
cosa più importante, che lui non era al pari di nessun Rukawa dei suoi
stivali... lui era al di sopra di tutti! Ahaha!
*
Quando Kiyo si era presentata davanti alla porta
di casa sua intimandole di recuperare la bicicletta e di seguirla
immediatamente in palestra, Sana cadde dalle nuvole. E si fece anche parecchio
male, a dirla tutta.
«Oh! La partita di basket!», esclamò, battendosi
una mano sulla fronte e maledicendosi in tutte le lingue del mondo, mentre Kiyo
borbottava qualcosa come "Quando
ritroverai l'utilizzo della memoria fammi un fischio, sempre che te ne ricordi".
«Scusami, scusami Kiyo! È che me ne son
completamente scordata!», disse Sana, dalla sua stanza per recuperare una
giacca. «Siamo in ritardo?».
«Mancano cinque minuti all'inizio», rispose
quella, poggiandosi contro lo stipite della porta. «Se Mitsui non mi vede
arrivare penserà che sono una vigliacca».
Sana corrugò la fronte. «Perché dovrebbe pensare
così?».
«Perché abbiamo fatto una scommessa, e io non voglio perdere». Allo sguardo
curioso dell'amica, Kiyo sbuffò. «Mi offre una pizza al giorno per una
settimana, ne vale la pena, no?».
«E se perdi?».
Kiyo non rispose subito, sviò anzi la domanda. «Sbrigati,
o faremo tardi sul serio».
Corsero di volata verso la palestra del loro
liceo, una in bici l'altra sui rollerblade, rischiando più volte di rompersi
l'osso del collo per evitare qualche passante o qualche tombino un po' troppo
profondo. Quando finalmente giunsero al cortile videro ancora parecchie persone
che chiacchieravano tra loro, così come non si sentiva nessun suono di partita
dall'interno dello stabile. L'unica cosa che saltò agli occhi fu la
disperazione di un uomo che aveva superato i cinquant'anni, che bestemmiava in
turco contro un certo suo giocatore, nonché nuovo Capitano della squadra. In
ritardo.
«Giuro che appena vedo quella faccia sorridente
da ebete gli tiro un pugno che si ricorderà per tutta la vita!», borbottò
incavolatissimo un suo compagno di squadra, tale Hiroaki Koshino, di indole
particolarmente calda e suscettibile.
Mitsui, poggiato contro un muretto accanto a
lui, sbuffò infastidito. «Regalagliene uno anche da parte mia, non ho voglia di
sporcarmi le mani». Si fece attento d'un tratto appena scorse la chioma bionda
di Kobayashi. «Cos'è, giornata di ritardatari, oggi?».
«Non prendertela con me, colpa della tua collega»,
si affrettò a rispondere la diretta interessata. «Chi è il fortunato che si
ritroverà una squadra intera alle calcagna?».
«Akira, suppongo», fece Sana, guardandosi
intorno. «È in ritardo anche oggi, vero?». Sospirò quando la sua domanda fu
confermata dall'ennesimo delirio dell'uomo di poco prima, che altri non era che
l'allenatore del Ryonan, Taoka.
«Dovreste fare seriamente qualcosa per quel
cerebroleso», disse Hisashi a Koshino.
«Perché non pensi tu a metterlo in riga? Siete
mamma e figlio, ormai!», fece una voce alle sue spalle. Hime, con la sua
consueta divisa da arbitraggio (ergo, con indosso la maglia larghissima di Kobe
Bryant), trotterellò verso Sana per salutarla con un bacino, poi si voltò verso
Kiyo, stringendo gli occhi per mettere a fuoco il suo viso. «Ci conosciamo
già?».
Kiyo fece spallucce. «Solo di vista, sono in
classe con Rukawa».
La rossa sorrise apertamente, schioccando le
dita. «Ah, mi ricordo di te! Mi mettesti in guardia dal svegliare quell'Orso!
Piacere di conoscerti, sono Hime Sakuragi».
«Kiyo Kobayashi, piacere mio». Non si era
sbagliata, quel giorno, a pensare che quella ragazza fosse un tornado.
Trascinava via tutti con un solo sorriso, oltre che con il casino che si
portava dietro. Persino il glaciale Rukawa sembrava sciogliersi un poco appena
la vedeva. O il suo era terrore? Effettivamente c’era da terrorizzarsi quando
quella pazza iniziava con le sue follie, insieme al fratello. Proprio come
stava facendo in quel momento, tormentando un colosso di ragazzo che, per
quanto riuscì a capire, doveva essere stato un giocatore dello Shohoku, e che
non sembrava molto felice di ritrovarsi quei due rompiscatole tra i piedi.
«Lo sapevo, lo sapevo che saresti venuto!»,
stava strillando contenta la rossa, appesa al braccio del suo ex Capitano.
«Avrei fatto meglio a starmene a casa,
piattola!», borbottò quello, cercando inutilmente di scrollarsela di dosso.
«A-ha! Il Gorillone non ha saputo restare
lontano dalle mie splendide partite, ammettilo!».
«Hime, tuo fratello vaneggia!», commentò Ryota,
afferrandolo per un orecchio e trascinandolo in campo, per il riscaldamento. «E
tu, Mitsui, vedi di unirti a noi, invece che civettare!».
Ayako, prima che il Capitano dicesse cose
scomode davanti a decine e decine di persone, vide bene di sedare tutti con una
sventagliata d’inizio, giusto per calmare le acque e tirare un sospiro di
sollievo. Si sa come sono gli uomini quando si tratta delle loro conquiste, ma
lei non voleva saggiare sulla pelle cosa significasse!
Quando Akira, finalmente, arrivò tra gli
improperi dei suoi compagni di squadra e un allenatore che più abbattuto non
poteva essere – non sapeva più che pesci prendere con quel ragazzo! – il
pubblico iniziò a prendere posto nella balaustra intorno al campo; Akagi,
guardandosi intorno, si accorse che erano giunti in molti, e non si stupì
troppo quando si ritrovò accanto Uozumi, Maki e Kiyota (quest’ultimo era
arrivato cinque minuti dopo, con la scusa di salutare la sua bella con un bacio
porta fortuna, manco avesse dovuto giocare lei!). Kiyo e Sana si sistemarono in
direzione della panchina dei Diavoli Rossi e rimasero parecchio perplesse
appena si accorsero di tre invasate a pochi metri da loro che, con indosso un
completino da cheerleader inneggiavano le grandi doti cestistiche di Rukawa –
anche se Kiyo notò che ciò che gridavano quelle pazze poteva benissimo essere
frainteso.
«Ohi, Sanako! Anche tu qua?», fece una voce alla
loro destra. Yohei e l’Armata Sakuragi le raggiunsero poco dopo, bottiglie
piene di pietre alla mano, pronti per il tifo scatenato per cui andavano tanto
famosi.
«Ciao, ragazzi!», li salutò lei, allegramente.
Quei quattro ragazzi la mettevano sempre di buon umore! «Come state?».
«Direi bene», fece Noma. «Abbiamo già pronto
tutto l’occorrente per le scommesse. Ci sono tutte le carte in tavola per
essere sicuri che Hanamichi farà una delle sue solite cazzate!».
In campo, nel frattempo, Kaede si ritrovò
davanti un Akira più che sorridente e fu investito dal tremendo desiderio di
spaccargli la faccia. Sana temette il peggio vedendo quello sguardo poco
promettente.
«Che vinca il migliore, Kaede», disse il
Porcospino, porgendogli la mano con fare amichevole.
Il numero undici dello Shohoku alzò un
sopracciglio, senza la minima intenzione di ricambiare il gesto. «Quindi
preparati a perdere, Sendoh».
Akira scoppiò a ridere, divertito. «Vedremo,
vedremo». Sollevò lo sguardo sugli spalti e incrociò subito quello di Sana, che
li osservata in tensione. Le fece l’occhiolino e lei si rilassò, sorridendo.
Le prime sorprese della giornata le ebbero un
po’ tutti, giocatori e pubblico, appena il quintetto base che aveva portato lo
Shohoku alle stelle dei Nazionali rimase seduto in panchina. Solo Hanamichi
continuava a sbraitare la sua genialità, dato che avrebbe ricoperto il ruolo di
centro, sostituendo così la mancanza di Akagi.
«A-ha! Rukawa, finalmente posso mostrare a tutti
di che pasta sono fatto!», esclamò borioso Araki a quello che, piegando una
gamba sul ginocchio, neanche lo cagava di striscio, sbuffando.
«Datti una calmata, tu», fece il Capitano,
sistemandosi i due polsini. «Ora, ragazzi, voglio vedere come ve la cavate in
una partita vera. Abbiamo già parlato del Ryonan e conoscete i loro punti
deboli e di forza. Non deludetemi, perché altrimenti la panchina la
riscalderete per tutto il Campionato Invernale, intesi? Ah, Hanamichi, vale
anche per te».
«Ehi, non ho bisogno delle tue raccomandazioni
idiote, Pigmeo!».
Le nuove leve annuirono, entusiasti e
determinati a vincere. I due gemelli, in particolare, erano ben felici di
giocare insieme: avevano in mente due o tre schemi che avrebbero potuto usare
per sfondare la difesa degli avversari. Le squadre in campo presero posizione:
al salto Hanamichi e Akira; sui loro volti il sorriso era sparito, per lasciar
spazio alla concentrazione.
Hime si avvicinò ai due, fischietto in una mano
e pallone dall’altra. «Mi raccomando, ragazzi. Buona partita!». Due secondi più
tardi il match iniziò.
Hanamichi superò di gran lunga il Porcospino e
la palla volò immediatamente in mano al suo Capitano. Ryota palleggiò oltre la
linea di metà campo, ritrovandosi Akira a sbarrargli la strada, e, dopo una
rapida occhiata, sollevò tre dita. I Gatti Siamesi schizzarono in avanti lungo
le fasce, mentre Araki si voltava pronto a ricevere. Sendoh si rese subito conto
che i due che doveva tener d’occhio erano proprio i gemelli e ordinò subito a
Koshino e Saitou – un nuovo acquisto - di marcarli stretti. Ryota, nonostante
la grande differenza di altezza con il Capitano del Ryonan, riuscì a passarlo,
grazie alla sua proverbiale agilità; Masuhiro appena sfiorò la palla la fece
scivolare dietro la schiena, passandola subito a Kimi. Questo si smarcò
facilmente da Koshino che, notò Akagi mentre osservava con attenzione la
partita, era rimasto il solito insignificante giocatore dalle basse
potenzialità. Il tiro da tre punti arrivò subito dopo, tra il boato dei
sostenitori dei Diavoli Rossi. Kimi abbozzò un sorriso, battendo il cinque ai
suoi compagni e tornando velocemente in difesa.
«Però… Ha un buon tiro anche sotto pressione.»,
commentò Hisashi, le braccia lasciate penzolare mollemente, poggiate sullo
schienale della panchina.
«Potresti aiutarlo a migliorarsi, che dici?»,
fece Ayako, mentre prendeva appunti. «O hai paura che diventi più bravo di te?».
Quello la fulminò con lo sguardo, mentre la
prima manager ridacchiava. Mitsui osservò il suo neo-compagno di squadra mentre
marcava con classe Saitou, la guardia che sostituiva il ritirato Ikegami e che
se la cavava piuttosto bene. Perché no? Avrebbe potuto allenarlo per
sostituirlo, quando non avrebbe più giocato. Ma l’idea di dover abbandonare
quella squadra di svitati, un giorno, lo rattristò parecchio. Aveva ingoiato un
rospo troppo grande quando Akagi e Kogure avevano annunciato il loro ritiro per
dedicarsi agli studi. Sperava, un giorno, di poterli rincontrare e giocare
nuovamente insieme, magari in una squadra universitaria.
In campo, nel frattempo, Hanamichi e Fukuda se
le davano di santa ragione – delle volte sfioravano il significato letterale –
e Akira dava spettacolo, trascinando la squadra e conducendo una splendida
azione che portò il Ryonan a una lunghezza di distacco, concludendo con un tiro
in sospensione spettacolare. Rukawa, seduto accanto alla Guardia, strinse le
labbra in una linea sottile, contrariato. Non vedeva l’ora di scendere in campo
per fargli vedere chi tra i due fosse il migliore. Era d’accordo sul fatto che
i nuovi acquisti dovessero mostrare le loro capacità, ma vista la situazione
avrebbe preferito lasciarli marcire in panchina, invece di vederli giocare al
suo posto. C’era addirittura il Do’aho in campo!
«Ehi, Rukawa, rilassati», fece Hisashi. «Dieci
minuti e il sensei Anzai ci lascerà entrare. Non se
la stanno cavando male, no?».
«Hn. Se la caverebbero
meglio se ci fossimo noi, lì».
Mitsui alzò gli occhi al cielo, ma non aggiunse
altro. Per quel giorno gli bastava che quel Volpino narcotizzato lo avesse
messo in mezzo nel quintetto d’oro. Era già un passo avanti.
Sopra di loro, Kiyo abbassò lo sguardo, trovando
la testa scura di Mitsui. «Che palle, ma non gioca?», borbottò, scocciata. «Ehi,
Mitsui! Sei in panchina perché hai paura di perdere la scommessa?».
Hisashi piegò la testa all’indietro, guardandola
con un sorrisino divertito. «Mi bastano anche cinque minuti di partita per
vincere, non preoccuparti».
Lei gli fece una smorfia, riportando
l’attenzione alla partita. Accanto a lei Sana stava ascoltando con attenzione
Yohei che, pazientemente, le spiegava le regole principali del basket, dato che
le mancava perfino l’abcd di quello sport che non
aveva mai seguito.
Quando finalmente Anzai chiese due sostituzioni,
la situazione era Shohoku-Ryonan 35-31. Rukawa e Mitsui entrarono al posto di
Araki e Kimi, il primo aveva dato prova di un buon gioco, mentre il secondo,
insieme al fratello, aveva dato un bel da fare alla difesa avversaria: non solo
quei due parlavano in coro, tanto erano affiatati, ma persino in campo
sembravano leggersi nel pensiero, per capire quale mossa fare; senza contare il
fatto che entrambi, per quanto fossero sempre concentrati, si stampavano un
lieve sorriso di scherno in viso, innervosendo non poco gli avversari. Il
quintetto base, tranne per la presenza di Eichiro, era tornato in campo e Taoka
sapeva bene che ora sarebbe stata più dura di quanto non fosse stato quel primo
quarto d’ora di partita.
Akira strizzò l’occhio al suo migliore amico,
per poi spostare lo sguardo sul suo rivale preferito. «Finalmente! Pensavo non
vi facesse entrare più».
«Speravi che così fosse, eh?», rispose
strafottente Hisashi, con un ghigno. «Ora si gioca veramente».
«Non aspettavo altro», commentò Rukawa,
determinato a far mangiare la polvere a quel Porcospino della malora.
Quello che successe dopo in campo fu indicibile.
Akira non ricordava di aver visto giocare così bene e con così tanta determinazione
Rukawa – forse, pensò, aveva dato uno spettacolo simile nel match contro il
Sannoh, e gli dispiacque di non averla vista, sarebbe stato sicuramente più
preparato. Il Volpino dello Shohoku era letteralmente indemoniato: scattava
senza stancarsi, infilava un canestro dietro l’altro e, soprattutto, cercava il
corpo a corpo con lui, per mostrargli quanto fosse migliorato. D’altronde,
aveva giocato e si era allenato nei Juniores, mica niente. Sendoh, d’altro
canto, era ovunque, cercando di bloccarlo e riuscendoci, spesso e volentieri.
Kaede fu addirittura costretto un paio di volte a passare la palla al rossino,
alle sue spalle come supporto, per cercare di levarsi dalle palle il
Porcospino.
Hime, con il fischietto tra le labbra, osservava
più i due darsi battaglia che il resto della partita, nonostante fosse
l’arbitro. Forse era la presenza di Sana – anche se aveva notato che Kaede non
aveva mai alzato lo sguardo verso gli spalti per vedere se fosse realmente lì –,
forse semplicemente stava giocando contro il suo rivale numero uno, ma Kaede,
in quel momento, era semplicemente il migliore in campo. Tuttavia, al time-out
per il Ryonan, gli ricordò di giocare anche per la squadra, come aveva fatto
negli ultimi tempi.
«Non tornare a fare il solito egoista, Ede».
Quello nascose il viso sotto l’asciugamano. «Zitta
e arbitra, tu».
«Ehi, non osare dare ordini alla mia Hicchan!»,
esclamò Hanamichi, seguito a ruota da Nobunaga, che era sceso un attimo verso
di loro. Inutile dire che, appena Araki si accorse di lui, andò su tutte le
furie e ci mancò poco che i due iniziassero a battibeccare anche peggio del
giorno in cui s’incontrarono in spiaggia per la prima volta.
Prima di scendere in campo, Hanamichi si
avvicinò al suo nuovo amico. «Ehi, Chiro! Che ne dici
se ci divertiamo un po’ anche noi?».
Il più scalmanato dei due Shimura sorrise
apertamente. «Lo schema del Gorilla?».
«Ahaha! Tu sì che mi
capisci al volo!».
Akagi, che aveva sentito forte e chiaro quel
nomignolo, andò su tutte le furie, mentre Maki e Uozumi s’interrogavano su cosa
fosse questo schema. Le loro domande ottennero una risposta più che
soddisfacente subito dopo. Ryota passò a Eichiro, che si vide costretto a
lasciare il possesso a Mitsui, libero alla sua destra. Si smarcò subito dopo e
ottenne nuovamente il possesso di palla. Rukawa si fece avanti, seguito come
un’ombra da Akira, ma le intenzioni di Eichiro erano ben diverse. Vide una
testa rossa sfrecciare sotto canestro e subito lanciò la sfera arancione verso
il ferro. Quando Hanamichi saltò per una schiacciata spettacolare era già
troppo tardi per fermarlo.
Akagi fu costretto a sorridere. Quello sì che
era un bello schema degno del suo soprannome!
«Ahaha! Bel passaggio,
Chiro! Ehi, Gori! Siamo stati bravi?», esclamò
Sakuragi, rivolgendogli il segno della vittoria.
«Ora non montarti la testa, deficiente!»,
rispose quello, scuotendo il capo divertito, nonostante tutto.
Fukuda, intanto, tentò un tiro sotto canestro,
ma Hanamichi lo stoppò immediatamente, recuperando possesso e passando a Ryota.
Durante quella partita non fu solo Kaede a dare il massimo; Hisashi Mitsui
aveva un motivo altrettanto importante per farsi valere e mettere a segno
quante più triple potesse. Almeno dieci, per la precisione. Mancavano due
minuti alla fine della partita quando mise a segno la nona della partita e alzò
un dito verso Kiyo, facendole capire che ne mancava ancora una affinché fosse
lui a vincere la sfida. In risposta lei sbuffò, scocciata.
«Ma cosa vince se tu perdi?», le chiese
nuovamente Sana, più curiosa che mai.
Kiyo poggiò il mento sul palmo della mano, senza
togliere gli occhi dalla Guardia dello Shohoku. «Devo uscire con lui. Patetico,
gli serve una scommessa per farlo. E non sorridere, disgraziata!». Sana si
tappò le labbra con le mani, senza però riuscire a nascondere il suo
divertimento. «Tu, piuttosto, dopo dovrai andare a consolare il tuo Sendoh, mi
sa che sta perdendo la sua partita contro Rukawa».
«I-il mio Sendoh?!», esclamò l’amica,
arrossendo. «Non credo si abbatta facilmente per una cosa del genere; voglio
dire, l’ho visto giù di morale solo quando mi raccontò di aver perso le qualificazioni
o qualcosa del genere».
L’intera palestra scoppiò in esclamazioni e
applausi quando Kaede subì fallo mentre tirava dietro la linea dei tre e
guadagnò un tiro libero. Tra l’altro aveva anche segnato.
«Ma che fico, mi ci ficco! Rukawa, sei un
manzo!».
Sana e Kiyo si voltarono verso le tre invasate
di pocanzi, sbarrando gli occhi. Erano veramente indecenti!
Come prevedibile l’instancabile Kaede segnò
anche il libero, portando a undici il vantaggio sul Ryonan. Lo sguardo che
lanciò ad Akira disse tutto: lui aveva vinto. Sanako rimase imbambolata a
guardare l’ala piccola dello Shohoku, mentre ripensava alla discussione con il
padre.
“Ru-Rukawa,
hai detto?”.
“Sì,
perché?”.
“C’è un mio
coetaneo che si chiama così”.
“Oh, il
piccolo Kaede, probabilmente”.
“Piccolo?!”.
“È il
figlio di mio fratello”.
Per un attimo aveva creduto che fossero
fratelli. Ma la scoperta che fossero solo cugini non l’aveva tranquillizzata
minimamente. Insomma, conosceva quel ragazzo da poco tempo, sentiva di provare
una certa curiosità per lui, così come aveva notato un certo interesse anche da
parte sua – se di interesse si poteva parlare con uno come lui – ma non avrebbe
mai pensato che sarebbe stato per colpa del loro sangue così simile. Eppure la
scoperta, per quanto l’avesse lasciata senza parole, ripensandoci a mente
fredda non era poi così eclatante: erano entrambi due persone che amavano la
solitudine, anche se intimamente amavano i loro pochi amici; avevano i loro
hobby che sfociavano nella loro stessa vita, il basket per uno e la musica per
l’altra. L’unica differenza tra loro era il rapporto con Akira, uno lo
detestava, l’altra gioiva al solo sentirlo nominare. Chissà se Kaede conosceva
quel piccolo segreto o se anche lui ne era all’oscuro? Sapeva solo che non
poteva tenersi quel grande peso, avrebbe dovuto parlargli prima possibile.
Ritornò con i piedi per terra quando sentì Kiyo
borbottare e capì che aveva perso la scommessa quando vide Hisashi, in campo,
che sorrideva vittorioso per aver infilato la sua decima tripla. La partita si
chiuse pochi secondi dopo, con un canestro di Fukuda.
«Incontro finito,
«Ehi, bella partita», disse Akira,
complimentandosi con Hisashi e, poi, con Kaede, che rispose con un “Hn” e uno schiaffo alla mano che il giocatore del Ryonan
gli porgeva. «Oh, Hime! Bell’arbitraggio, davvero! Ora però potresti darmi il
bacino della consolazione?».
Kaede roteò gli occhi, infastidito, mentre Hime
rideva e gli tirava il pallone in viso. Non si accorse che la ragazza gli era
trotterellata alle spalle finché non si appese al suo braccio. «Che vuoi? Già
fatto con quell’idiota?».
La rossa rimase per un attimo interdetta da quel
tono… geloso? No, che diavolo andava a pensare! Nobunaga poteva capirlo, non
lui! Oh, accidenti, accidentaccio ad
Ayako!, esclamò mentalmente. «Scusami se volevo dirti che sei stato
bravissimo, Orso».
«Hn… non c’è bisogno
che me lo dica, lo sapevo già».
«Borioso del cavolo», borbottò Hime, mentre lui
reprimeva un gemito divertito. Due secondi più tardi fu letteralmente investito
da due furie, tali Hanamichi Sakuragi e Nobunaga Kiyota, che s’infuriarono non
poco nel vederli a braccetto come se niente fosse. Per non parlare dell’altro
Araki, che tra il suo compagno di squadra congelato, l’altro civettuolo di
Sendoh e il presunto fidanzato che le ronzava intorno non sapeva più che
diavolo inventarsi per conquistare la sua bella.
Kiyo e Sana scesero sul campo, accompagnate
dall’Armata, che non impiegò troppo tempo per proseguire col baccano che
stavano facendo da quando erano arrivati. Sana si congratulò con tutti i
ragazzi dello Shohoku, Rukawa compreso che, tra tutto il casino di voci e grida
che c’era dovette chinarsi per sentire ciò che la ragazza gli stava dicendo.
Hime, che stava ridendo e scherzando con il fratello e Yoehi, intravide i due e
riuscì a capire solo una frase dal labiale della sua nuova amica.
“Allora ci
vediamo dopo che ti dai una rinfrescata, ti aspetto fuori!”.
«Ehi, Mitchi, non mi dire che quella bionda che
si sta avvicinando è la stessa della sera scorsa?», stava chiedendo intanto
Hanamichi, incuriosito.
Hisashi ghignò, incrociando le braccia al petto.
«Non ti sbagli, per una buona volta. E ci devo anche uscire».
«Solo per una stupida scommessa, ricordatelo»,
ribatté Kiyo, non troppo convinta della cosa. «E vedi di non sbandierarlo in
giro».
«Brucia la sconfitta, vero?», le chiese lui,
chinandosi su di lei e parlandole all’orecchio. Sorrise quando avvertì un suo
brivido. Allora era umana anche lei!
Kiyo chiuse gli occhi, respirando a fondo e
cacciando dalla mente la risatina divertita di lui, che si stava allontanando
verso gli spogliatoi per una bella doccia rinfrancante, seguito da Akira - che,
nonostante la partita persa, non aveva scordato il suo proverbiale sorriso.
Maledetto
stupido!
Continua...
* * *
Buon salve a tutti! Non so quanto questo possa servire, ma
devo doverose scuse a tutti voi che, pazientemente, state seguendo questo
delirio. Ma ho avuto poco tempo libero e la testa troppo occupata dallo studio
per concentrarmi e scrivere qualcosa di accettabile. Perdono per il mese e più
che è trascorso dall’ultimo aggiornamento! ç_ç
Finalmente questa attesa amichevole con il Ryonan è giunta,
e finalmente anche l’attesa rivincita di quella famosa amichevole di debutto di
Hanamichi! Spero vi sia piaciuta. (; Scrivere con
Passiamo ora ai commenti! *_*
Umbriel: ma ciao! Vedo che condividiamo la stessa passione per il
Sensei! Che uomo, che uomo! *sbava senza ritegno alla Homer Simpson* A-ehm...
dicevo? Ah, sì! Il Sensei *O* XD Son contenta che dopo tanto tempo abbia avuto
la voglia di commentare questa Cosa, è sempre un piacere leggere nuove
sostenitrici! *-* Hime ricambia i complimenti strapazzandoti di abbracci e
bacini (sai, quelli suoi famosi che ti lasciano con qualche costola rotta,
ecco! Ahhh, dove prenda tutte quelle forze ancora non
lo so!) Grazie mille per tutti i complimenti, non so se li merito davvero, ma
intanto mi godo il momento di gloria, alla Hanamichi! :D In questo capitolo si
scopre un po’ di più del padre di Sana, presto nuovi aggiornamenti! :) Grazie
ancora! A presto! ;)
Liricchan: come ti capisco, carissima! Quest’università ci distrugge!
O era giungla? Vabbè, dettagli trascurabili! Prima di tutto ti ringrazio ancora
una volta per tutto ciò che mi scrivi, come già detto non so se meritarmi tutti
questi complimenti, ma sapere che il mio lavoro e l’amore per i personaggi
tutti di Slam Dunk è ripagato è veramente un piacere incredibile! “Ciò che amo del tuo stile
è l'ironia costante che trasmetti al lettore, il che è SUL SERIO una delizia
per gli occhi, anche perchè riesci ad equilibrare la
comicità con un contesto che non sempre è comico, anzi”, cioè... grazie, grazie sul serio! *O* E come hai potuto vedere hai
detto benissimo: il padre di Sana è lo zio di Kaede! :D E ora? Uh uh uh XD Kiyo e Mitchi sono una
gioia per la mia mente malata, adoro farli battibeccare! Spero ti sia piaciuta
la storiella della scommessa... alla fine Hisashi è riuscito a strapparle un
appuntamento. :D E lol, quando ho letto cosa hai
scritto di Haruko son rotolata dalla sedia! Grandissima XD Ancora mi domando a
cosa serva quella ragazza, se non a far diventare un cagnolino Hanamichi, mah!
Grazie, grazie mille carissima! A presto! :*
Grazie anche a tutti coloro che hanno aggiunto questo
delirio tra preferiti, seguite e ricordate! Siete tanti! *O* *vi abbraccia
tutti*
Un abbraccio enorme, e ancora grazie!
Marta.