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Autore: HOPE87    08/10/2010    4 recensioni
STORIA MOMENTANEAMENTE SOSPESA. MI SCUSO INFINITAMENTE PER IL DISAGIO, MA QUANDO LA VITA PRECIPITA LE SI DEVE DARE NECESSARIAMENTE LA PRECEDENZA. A PRESTO! ;)
Dedicata a YamaMaxwell.
"Prima di rendersene conto aveva salutato professionalmente tutti gli uomini del gruppo d’indagine che avevano deciso di lavorare al suo fianco, leggendo negli sguardi di ognuno di essi il riflesso degli occhi vitrei di Light.
Poi s’era condotto – quasi inconsciamente – una mano al petto, avvertendo il cuore battere, incredulo.
Era stato allora che era avvenuto qualcosa.
Assorto nei suoi pensieri, non si era accorto dell’arrivo di Watari. Gli si era messo di fronte e quando lui aveva sollevato la testa per guardarlo, gli aveva sorriso.
Ma lui non aveva ricambiato."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, L, Watari
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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III

III.

[ Doors ]

 

 

 

 

 

 

Gli occhi verdi di Catherine s’inabissarono in quelli altrettanto chiari dell’uomo che aveva davanti, cercando di dare una collocazione sensata a tutto ciò di cui era venuta a conoscenza negli ultimi interminabili minuti che aveva trascorso in quel luogo sconosciuto.

Se qualcuno gliel’avesse chiesto, non avrebbe saputo nemmeno dire quanto tempo fosse trascorso da quando quell’anziano signore compito gli si era presentato, vomitandole addosso tutta quella sconcertante storia.

Quillsh adesso si ritrovava a dover sostenere uno sguardo smarrito e rammaricato, incapace di indirizzare quegli occhi vuoti altrove per non avvertire più l’imbarazzante incapacità di poterle fornire la risposta che, nonostante le condizioni in cui riversasse, le si poteva leggere tranquillamente, a caratteri cubitali, sul volto pallido.

Perché?

Estrasse un candido fazzoletto di stoffa da una tasca dei pantaloni che indossava con movimenti incerti, per poi condurselo alla fronte, indeciso se distogliere o meno lo sguardo dalla donna… che sembrava non voler distogliere affatto il proprio dal suo.

-          Ho anche preso in considerazione l’idea di rimandare tutta questa lunga conversazione ad un momento… migliore -.

Fece una breve pausa, rimpiangendo lo scarso lessico che in quel momento veniva a presentarglisi sottoforma di nervosismo, asciugandosi per l’ennesima volta la fronte sudata e prendendo a stropicciare il fazzoletto.

-          Ma ho creduto che necessitasse di sapere… – concluse, riportando al loro posto gli occhialini che gli erano scivolati leggermente sul naso, cercando di captare qualsiasi mutamento nell’immobilità a cui si era costretta la ragazza, i cui occhi, improvvisamente, andarono a spalancarsi più di quanto non avessero già fatto. Sintomo che aveva definitivamente assorbito le informazioni che le erano state fornite.

-          È qui? - .

Quillsh Wammy sollevò lentamente il capo – precedentemente abbassato – per focalizzare nuovamente l’attenzione sulla giovane donna, la cui espressione era mutata, seppur non riusciva bene a identificarne il modo.

Si limitò ad annuire, assolutamente sorpreso e perplesso del fatto che in quel momento, tra le tante cose di cui le aveva parlato, potesse essersi concentrata su lui.

-          Dove? – chiese ancora una volta con voce stranamente ferma.

Watari osservò rapidamente ogni dettaglio della persona che aveva davanti… riscoprendola completamente innocua.

Quella era una domanda che ne implicava un’altra.

Una decisione simile poteva essere poco più compromettente delle informazioni che le aveva dato, si ritrovò a pensare sollevandosi dalla comoda poltrona di damasco, per farle strada col classico garbo che lo contraddistingueva.

 

 

 

***

 

 

 

Proprio come aveva immaginato.

Rivolse di poco lo sguardo al monitor da cui aveva ascoltato tutta la conversazione – o monologo, più che altro – che si era consumato nella stanza affianco.

Gli occhi erano rimasti ostinatamente incatenati al cielo buio che gravava su Parigi.

Quando la porta si dischiuse, rivelando la luce del corridoio contro cui si stagliavano le figure che si apprestavano ad entrare nella camera, Lawliet rimase fermo al proprio posto, nella sua posizione ricurva, le mani affondate nelle tasche dei jeans, lo sguardo semi nascosto dalla chioma disordinata di capelli corvini che, mai come in quel momento, celavano poco più delle altre volte la sua espressione nervosa.

Lo stomaco aveva ripreso a stringersi.

 

 

Quando Quillsh si fu messo da parte, discretamente appoggiato allo stipite della porta color crema, Catherine fece il suo primo passo nell’ambiente elegante lasciato divorare dall’oscurità.

Avanzò con passo cadenzato, lentamente, avvertendo i propri tacchi venir attutiti dalla moquette morbida che sembrava rivestire l’intero pavimento della camera.

Esattamente di fronte a lei una grossa finestra rettangolare mostrava un paesaggio cupo, illuminato raramente da qualche fulmine che si stagliava contro il cielo plumbeo, facendo luce per un attimo su tutto ciò aveva intorno. Compresa quella che identificò essere una persona.

Strinse i pugni.

 

 

Lawliet osservò la femminile figura longilinea farsi sempre più vicina.

La scarsa illuminazione proveniente dalla finestra che aveva alle proprie spalle gli consentiva di avere un’altrettanta scarsa visuale della donna, sebbene ricordasse perfettamente il suo aspetto. L’unica cosa che differiva dal suo ricordo erano i capelli, che adesso le ricadevano sulle spalle disordinatamente, come tante sottili e morbide spirali sfuggite ad un’acconciatura improvvisata.

Quando Catherine avanzò nella camera a tal punto da trovarsi a meno di un paio di metri di distanza da lui, ebbe modo di considerare che i capelli non erano l’unica cosa diversa che ricordava.

Non seppe perché ad un certo punto aprì la bocca per parlare. Non ricordava nemmeno cosa esattamente intendesse dirle. Ne perché.

Lo schiaffo arrivò forte e inaspettato, a tal punto che, ancora una volta, si ritrovò nella totale impossibilità di definire se fosse stato davvero forte come aveva immaginato o se semplicemente l’essere stato preso in contropiede avesse costituito per lui uno smacco.

Continuò a rifletterci anche mentre si appoggiava grossolanamente al divano poco distante da lui e la teiera afferrata da Watari poco dopo aver chiuso la porta s’infrangeva al suolo, disgregandosi in tanti piccoli pezzi.

Doveva essere stato preso in contropiede anche lui a giudicare dall’immobilità a cui si era sottoposto in un primo momento, nonostante la donna fosse tornata a inveirgli contro, mostrandogli nuovamente quel paio d’occhi irriconoscibili e vomitandogli addosso una lunga sequela di parole che inizialmente non afferrò.

-          …figlio di puttana! Figlio di puttana! Lurida giustizia del cazzo! - .

Chissà se si era resa conto di aver iniziato a piangere.

Non riusciva a toccarla.

Non riusciva ad allontanarla da se, nonostante gli avesse afferrato la t-shirt con entrambe le mani e si fosse messo a scuoterlo violentemente. Riuscì però ad intravedere Quillsh precipitarsi ad afferrarle la vita con entrambe le braccia e a sollevarla di peso per allontanarla da lui… poi un’ennesima lunga sequela d’imprecazioni… di farneticazioni.

Non era vero che le aveva distrutto la vita.

Non era stato lui.

Se non fosse intervenuto, lei sarebbe morta.

E non poteva farci nulla se adesso la sua vita le sembrava inutile.

Non poteva farci nulla se avrebbe preferito morire.

Non poteva farci nulla se lei pensava che il suo intervento non era stato tempestivo.

Né che aveva dovuto attraversare l’inferno per desiderare comunque la morte.

che… Kira era migliore di lui.

Non era vero che se n’era sbattuto.

Lui lavorava continuamente, perennemente, a casi che lei non immaginava nemmeno.

… non era colpa sua.

Continuarono a rimbombargli nella testa tutte quelle cose anche quando Catherine non ebbe più fiato e forza per continuare.

La vide ruotare gli occhi all’indietro e cadere come un peso morto con il volto ancora contratto in una maschera feroce, d’odio, che andò dissipandosi man mano che perdeva i sensi.

Un profondo senso di negazione si fece spazio in lui… ma quando provò a scuotere la testa non riuscì a muoversi, scoprendo di essersi completamente impietrito.

E le campane… le campane non avevano mai suonato così tanto

-     Lawliet - .

Gli occhi d’ossidiana cercarono subito quelli del proprio mentore, scoprendovi uno stato d’apprensione che non aveva mai avuto modo di osservare prima. Solo allora si rese conto della posizione scomoda che vedeva l’uomo inginocchiato per terra, a sostenere il peso della donna con un braccio e tenendo il cellulare accanto all’orecchio con l’altro.

-          Tra dieci minuti arriverà l’ambulanza – lo avvertì scandire, probabilmente per essere certo che recepisse perfettamente. – Devi occuparti tu di tutto il resto - .

Seppur con una certa difficoltà, riuscì ad annuire, evitando accuratamente di rivolgere lo sguardo al corpo immobile della donna.

Così come con una certa difficoltà riuscì a non lasciar trapelare nulla, attendendo con un’ansia crescente che Quillsh abbandonasse la camera, trascinando con sé la matrice di tutti i suoi mali.

Quando la porta si fu richiusa con un colpo secco, lasciandolo solo, Lawliett avanzò – arrancando – verso il divano, riscoprendosene, ad un passo, poco attratto.

Dato un rapido sguardo ai dolci poggiati sul tavolo poco distante, si voltò rapidamente dal lato opposto, avvertendo una fitta lacerante alla bocca dello stomaco.

Kira non era migliore di L.

Si piegò in due, rigettando sul tappeto porpora persiano.

 

 

 

***

 

 

 

Quando rinvenne si ritrovò sorprendentemente adagiato su uno dei divani della sala, coperto da quello che sembrava essere – a tatto – un lenzuolo.

Provando a muovere le gambe, avvertì qualcosa impedirgli i movimenti, su cui subito focalizzò la propria vista.

La figura elegante e gentile di Quillsh gli invase la visuale, sostituita subito dopo da una mano di quest’ultimo, che andò ad adagiarsi sulla sua fronte.

Lanciò distrattamente uno sguardo al termometro elettronico che impugnava il suo tutore, poi cercò d’individuare il punto in cui aveva rigettato prima di perdere i sensi, scoprendolo sorprendentemente immacolato.

Sospirò pesantemente, conducendosi un braccio a schermirsi gli occhi, decidendo di restare poi in quella posizione. Aveva i muscoli intorpiditi.

-          Giusto qualche decimo – affermò la voce di Quillsh poco dopo. – Vado a prepararti un po’ di thèaggiunse, abbandonando il divano su cui era sdraiato.

-          Mi dispiace - .

Watari si fermò sulla soglia della porta, continuando a dargli le spalle.

 

 

Non aveva potuto fare a meno di chiudere gli occhi.

Quelle parole avrebbe dovuto dirle lui, non Lawliet.

Lawliet si era limitato a mostrare un’intelligenza fuori dal comune, era stato lui a creare L. Ed era stato sempre lui, nel corso del tempo, ad avergli indicato la strada per diventarlo.

Non che non si fosse mai curato di vedere che tipo di persona ci fosse dietro quella lettera in grassetto dai caratteri gotici.

Ma non aveva mai saputo insegnargli a fare lo stesso.

Tentennò sulla porta, voltandosi lievemente, per un attimo, verso il ragazzo.

Non riuscì ad emettere un solo sibilo.

Vi erano parole giuste per scusarsi per una vita intera?

Abbassò il capo e abbandonò la camera prima che una lacrima sfuggisse al suo controllo, chiudendosi delicatamente la porta alle spalle.

 

 

Lawliet strinse i denti, imponendosi autocontrollo.

Anche sua madre aveva pianto prima di chiudere la porta di casa e abbandonarlo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Delucidazioni:

 

-          Ogni riferimento al passato di L è inventato di sana pianta, non avendo potuto attingerne alcuna informazione in merito attraverso manga e/o anime. Ho voluto semplicemente che Ellino avesse una sorta di deja-vù spiacevole che ricollegasse l’ultimo ricordo della madre a Watari, l’uomo che successivamente ha deciso di prendersi cura di lui, ridandogli una casa, un affetto, un’identità. L’idea che si è fatto L di Watari è dettato fondamentalmente dalla confusione esistenziale che sta vivendo il primo. “Doors”, il titolo del capitolo, sta appunto per “Porte”.

Una porta fa definitivamente entrare in contatto Catherine con L, una porta separa Watari dai sensi di colpa che ha nei confronti di Lawliet, una porta sancisce un distacco, un abbandono da parte di Watari per Lawliet. Senza contare le innumerevoli “porte” che si aprono sul passato di ognuno dei protagonisti man mano che interagiscono tra loro. Qualora qualcosa non vi sia stato chiaro, chiedete pure tranquillamente, ma sappiate che questo non è che l’inizio J e che avrete modo di sbrogliare eventuali dubbi e punti interrogativi più avanti;

 

-          Lirin Lawliet, che segue adorabilmente questa storia, nell’ultimo capitolo, tramite recensione, mi ha posto una domanda interessante: “Ho notato che ti riferisci ad L chiamandolo per cognome, cioè Lawliet. Come mai?”

Avevo pensato inizialmente di risponderle nel classico angolo delle recensioni come ho sempre fatto con chiunque abbia commentato, poi ho pensato che più persone possano essersi poste la stessa domanda, quindi la cosa più giusta che ho ritenuto fare è inserirvi la risposta nell’angolo “Delucidazioni”, in modo da rendervene tutti partecipi.

Allora… parto dal presupposto che la mia risposta si regge su un punto di vista personalissimo, soggettivo. Il punto è questo: L… non è un nome. È una lettera, un’iniziale.

Certo, alla fine sul Death Note Ellino viene fatto fuori (ç__ç) scrivendo “L Lawliet”, e partendo dal presupposto che il quaderno della morte necessita del nome e cognome della persona che s’intende uccidere (più l’averne bene impresso il volto, bla bla bla…), chiaramente la spiegazione – com’è giusto che fosse - è passata come la seguente: L è il nome, Lawliet il cognome.

Ecco, semplicemente io mi rifiuto di accettarlo xD

Come dicevo prima, “L” non è un nome, è un’iniziale. Gli stessi M e N si scoprono chiamarsi poi Mello e Near. Il nome completo di Near in questo momento mi sfugge… ma continuando a riferirci a Mello, per portare un esempio, si sa che il nome originario sia Mihael Keelh, poi diventato M alla Wammy’s House in quanto potenziale successore di L.

Non so se sono stata sufficientemente chiara… ripeto, nulla da contestare a chi crede al contrario, anzi, ci sarebbe da contestare me per l’aver messo in discussione quelle che sembrano essere le regole della storia originale xD

Ma, almeno per quanto mi riguarda, “L” è semplicemente quel carattere in Old London che serve a rappresentare la più grande mente e il più grande detective del mondo (di Death Note ^  ^), “Lawliet” è colui che vi è dietro, la “persona” che lo incarna concretamente.

Per me “L” non è il nome e “Lawliet” non è il cognome.

Per me “L” sta per: “L di Lawliet”.

Il cognome? Eh… bella domanda. Per quanto mi riguarda può essere tranquillamente “Wammy” ^  ^ D’altronde cosa si sa del passato di L? Solo a me è sembrato che i due geniacci degli autori di Death Note abbiano voluto miticizzare il personaggio del grande detective prima ancora di sancirne la morte? Vabbè… questo poi è un altro discorso… che non tocco altrimenti non la finiamo più .___. Spero solo che il concetto sia chiaro. Anche perché, credo ve ne sarete accorti, in questa storia giocherò molto nello “scindere”, nello “smascherare”.

Oh, insomma, auguri! xD

 

 

 

Ringraziamenti:

 

 

 

-          Lirin Lawliet: Mia cara… perdona il mostruoso ritardo. Per tutto. Vengo fuori da un periodo non tanto roseo… e a dirla tutta, non ne vengo nemmeno fuori. Ci sono ancora dentro quindi perdonami per i ritardi di aggiornamento, di lettura e recensione delle tue storie (che, ci tengo a specificare, non intendo leggere per ricambiare… non sono proprio il tipo di fare cose simili perché la mia natura me lo impedisce xD <- ergo: se una storia non mi prende, non mi prende… per quanto possa stimare a prescindere la persona che la scrive). Ritornando alla tua ultima recensione: anche a me Aiber e Wedy ricordano Lupin! xD Le citazioni inerenti alle percentuali e ai dolci a mio parere sono indispensabili, come si fa a descrivere L altrimenti? °___° spero continuerai a leggermi nonostante i ritardi ^  ^’ così come spero che la delucidazione sopra sia servita! Un bacio!;

 

-          Kiriku: Congetture? Condividile, condividile, condividile! Sono qui per questo °____° grazie per la recensione, spero alla prossima!;

 

-          Fe85: … il dannato episodio 25. Già. *scoppia a piangere al solo ricordo* Mmm… posso dirti che gli avvenimenti nefasti non devono necessariamente incarnarsi in quaderni della morte e Shingami… quindi… chissà? J Oddio… grazie per avermi fatto notare quegli errori! “È una misura cautelare aggiuntiva che hanno ritenuto opportuno aggiungere” è proprio fantastica .___. *corre a correggere* mi scuso U__u quando mi ci metto so essere davvero geniale! Non esitare a farmi notare altri errori qualora li individuassi, io a volte non me ne accorgo proprio ç__ç nemmeno rileggendo più volte! *s’inchina e chiede scusa* Grazie mille per la tua recensione! Alla prossima (spero)!

 

Inoltre volevo ringraziare Shining Aurora, Fe85 e Ciuly per aver aggiunto questa storia tra le seguite, _Elea_ e Lirin Lawliet tra le ricordate, e kiriku tra le preferite J *inchino*

 

 

 

 

HOPE87

 

 

 

   
 
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