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Autore: ValePotter    05/11/2005    5 recensioni
E se dopo una ipotetica guerra, Lucius Malfoy piangesse il figlio?
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Ti Voglio Bene

Morto.

Lui era lì, morto.

Lui non respirava, non si guardava intorno, non parlava.

Non faceva più nulla.

L'uomo era sicuro che avrebbe voluto, ma non poteva, sepolto.

Non poteva nemmeno disperarsi, era colpa sua.

L'uomo l'aveva sepolto.

L'aveva sepolto con la paura, con la menzogna, con il sangue altrui, con le lacrime, prima che con la terra.

Già, la terra.

La terra gonfia, umida, che palpita costantemente di vita, l'aveva mangiato.

L'aveva inghiottito, preso in sé, così egoista.

L'uomo avrebbe voluto stringerlo, parlargli, guardarlo e rimproverarlo, solo per godere della sua presenza, che mai aveva così rimpianto.

Ma avrebbe voluto soprattutto spiegargli.

 

 

Lucius Malfoy fissò la tomba del figlio, impassibile fuori, distrutto dentro. I primi raggi del sole illuminarono la lapide.

 

 

Buongiorno, figlio. E' l'alba.

L'alba di un nuovo giorno.

Un nuovo giorno per l'umanità.

Ma non per me.

Ricordi la luce del sole? Ricordi il calore?

Come puoi, racchiuso nel limbo.

Racchiuso in dubbi, sempre avuti, che mai ho chiarito.

Ma sono qui per questo, figlio. Spiegarti.

Spiegarti il perché del sangue, delle lacrime, del dolore.

Una causa.

Quanto può essere precaria la vita.

Come è facile da plagiare, un uomo.

Una causa.

Questa ci ha unito, tutti, sotto la stessa bandiera.

Insieme abbiamo riso, scherzato, amato.

Ma non abbiamo riso di gioia, abbiamo riso della paura degli altri.

Non abbiamo scherzato come i ragazzi, abbiamo scherzato con la vita degli altri.

Non abbiamo amato una donna, la vita, abbiamo amato dare la morte, il dolore, la paura.

Questo ci riempiva.

Eravamo vuoti prima, o almeno così credevamo.

Ma presto ciò ci ha riempito, la causa si è insinuata in noi, ci ha impregnato, velato la vista, distrutto la ragione.

E noi l'abbiamo lasciata fare.

Anzi l'abbiamo aiutata.

E così non abbiamo più avuto volontà, non abbiamo più avuto sogni.

Abbiamo avuto solo un desiderio, un chiodo fisso: la causa.

Ma in fondo cos'è la causa?

Sì, so che me lo domanderesti. Ma come spiegare?

Come spiegare un sentimento, un'idea, un pensiero, un desiderio?

Sì figliolo, è difficile, ma proverò. Ti è dovuto figliolo, ti è dovuto.

Proverò a farti capire cosa significa essere pregni della causa.

Sai, ricordo quei giorni.

Io e i miei compagni abbiamo potuto vedere.

Abbiamo potuto vederlo crescere di potere, di volontà, di spietatezza.

Noi, pecore smarrite, le une contro le altre, raggruppate da un pastore capace di incanalare la nostra ferocia.

Sì, ferocia.

La ferocia scatenata dalla frustrazione.

Tu mi capisci, non è vero?

Tu hai vissuto più di me questa sensazione di non appartenenza.

Sai cosa significa sapere di essere migliore ma non poterlo dimostrare.

Come ti saresti sentito se qualcuno ti avesse teso la mano, promettendoti la realizzazione del tuo sogno, la pulizia del mondo?

Niente più frustrazione, rabbia, indignazione?

Questo è stato.

Questa è stata la nostra causa.

L'abbiamo portata avanti, continuando a crederci, sopra ogni alta cosa.

La vita ci scivolava addosso.

Cercava di travolgerci, invano.

Una donna, un lavoro, una casa, amici, feste, amore.

Tutto questo avevamo, ma nessuno se ne accorgeva.

Persino una gravidanza.

Stavi per scivolarmi via anche tu, figliolo.

Ma andiamo con calma.

Fu allora, quando la vita ci aveva abbandonato del tutto, che il Sire Oscuro ha iniziato a parlarci, guidarci.

Subito è stato un sussurro.

Una paura sussurrata, che ci indicava ciò che avremmo dovuto fare nel nostro interesse.

E noi lo facevamo.

Poi è diventata una voce, appena più forte, che ci diceva cosa era giusto e cosa no, chi eliminare e chi no.

E noi eliminavamo.

Infine è diventata una voce possente, sicura, che ci ordinava chi uccidere, cosa distruggere, cosa fare, come vivere.

E noi l'ascoltavamo.

Eravamo succubi della sua volontà, senza mai esserlo veramente.

Vedi figliolo, non ci ha mai obbligato a fare qualcosa.

Lo faceva, ma eravamo noi a volerlo, ormai parte dei suoi piani.

Come è facile da plagiare, un uomo.

Così lui ci ha plagiato.

Ha fatto sì che ciò che lui voleva fosse anche ciò che noi volevamo.

Poi, da un giorno all'altro, buio: un piccolo squarcio, che presto distrusse la ragnatela tessuta con pazienza e costanza.

Un minuscolo squarcio, a forma di saetta, sulla fronte di un bambino.

Ciò è bastato.

E allora scappammo, piccole api private della loro regina.

Furono giorni duri.

 

 

Sulla guancia dell'uomo una piccola lacrima scendeva silenziosa, unico segno del suo profondo dolore. Dietro di lui arrivava ora una donna, bellissima, quasi un angelo. I lunghi capelli color dell'oro fluttuavano ora nel vento insieme a quelli del consorte, abbracciati i loro corpi in un'eterna dimostrazione d'amore. Lui fissava la lapide di marmo bianco, ultimo lusso, riservato all'amore più grande di entrambi. Lei si staccò da lui, gli prese la mano e se la portò sul viso. Anche lei l'aveva bagnato con lacrime amare, colme d'amore e di rimpianto.

-Non puoi affrontare tutto da solo. Parlami. Non chiuderti in te stesso. Parlami!- disse la candida donna avvolta in un nero mantello.

-No. Ti prego, lasciaci soli. Non ho ancora finito, deve capire.- disse in risposta lui, allontanando la donna da sé.

Questa se ne andò, piangendo.

 

 

Hai visto figliolo? Tua madre non ti ha dimenticato.

Anzi, ti ama ancora di più.

Ma ancora non ho finito: devi sapere tutto, tutto.

Dopo la scomparsa del Sire Oscuro nessuno sapeva che fare.

Solo in pochi ci salvammo, sorretti da chi ci amava.

Tua madre.

Lei, fragile, debole, eppure così salda e incrollabile, mi salvò.

Ma soprattutto tu mi salvasti.

Buffo il destino, non è vero?

Un uomo, adulto, responsabile, che viene salvato da un neonato.

Purtroppo solo ora mi accorgo che fu così.

Fosti il mio orgoglio; So figliolo, di non avertelo mai dimostrato, ma è così.

Ma sbagliai, perchè mai la causa mi abbandonò.

E la trasmisi a te.

Tu, giovane e puro, vidi in te il futuro della causa, e decisi che lo saresti stato.

Per mia disgrazia lo sei stato.

E la colpa è mia.

Io ti crebbi seguendo come unico precetto il tuo apprendimento della causa, io ti addestrai, io, involontariamente, ti uccisi.

E' mia la colpa.

Potrai perdonarmi? Potrai perdonarmi il sorriso mai fatto, il riconoscimento mai dato, l'amore mai dimostrato?

No, lo so.

Ma è giusto che le cose seguano questo corso.

Solo Dio onnipotente sa quante volte fui sul punto di dirti le tre parole che mai ti ho detto, nemmeno in punto di morte.

Parole che mi fanno sprofondare nel mio dolore, dal quale mai potrò liberarmi.

Ma non voglio riscattarmi, non sono qui per questo.

Sono qui per dare pace alla tua anima, che mai ha potuto avere l'amore dovuto.

 

 

E nel silenzio del mattino, un sibilo uscì dalla bocca del padre, più sottile del vento, più forte del mare.

-Ti voglio bene, Draco, ti voglio bene.-

E fu così, nella luce del mattino, che l'uomo pianse lentamente, a sfogare anni di dolore. E silenziosamente, quel mattino, un'anima abbandonò la terra, per salire nei cieli.

 

 

Recensite please!!! A presto!! ValePotter

  
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