One-shot
venuta di getto ascoltando My
Immortal.
In
ogni giorno della mia vita
These wounds won't seem to heal,
this pain is just too real,
there's just too much that time
cannot erase.
La
pioggia cade lenta e leggera, carezzando e sfiorando le fronde dei
verdi
alberi. Non c’è vento e il cielo plumbeo tuona in
lontananza. L’unico suono che
Eileen avverte è quello della pioggia che sottile filtra fra
le foglie, che si
scaglia sui sassi, che si infrange sul terriccio umido.
Le scarpe col tacco
sono poggiate sull’erba, infangate, sporche. I suoi piedi
affondano nella terra che le sporca il vestito bianco con le spalline
sottile,
che le fascia in fisico snello ed asciutto. I capelli le si incollano
alla
pelle inumidita dalla pioggia ed è riparata sotto una grane
quercia.
Ha le gambe
rannicchiate al petto, le braccia a circondarle, la fronte poggiata
sulle ginocchia. Si dondola avanti e indietro, gemendo.
«Mi chiamo
Brian.» mormorò lui porgendole
una mano.
Lei l’afferrò, sorridendo.
«Eileen.»
«Sei nuova? Non ti ho mai vista frequentare questa
scuola.» disse lui
aiutandola a recuperare i libri caduti sul pavimento. Lui
l’era finito contro.
«Sì, mi sono trasferita qui durante
l’estate.»
«All’ultimo anno?» chiese sorpreso,
guardandola negli occhi color del ghiaccio.
«Sì.» rispose lei portandosi una ciocca
di capelli corvino dietro un orecchio.
«Che coraggio.»
Eileen sorrise. «Forse sì. O forse no.»
Brian le porse una mano e l’aiutò ad alzarsi.
«Grazie.» rispose lei avvampando di rossore.
«Di niente. Vai in mensa?» chiese d’un
tratto, senza premeditazione.
Lei sorrise ed annuì piano col capo.
«Posso accompagnarti?»
Cosa sarebbe
successo se quel giorno Brian non avesse intralciato il
cammino di Eileen? Se non le avesse chiesto di pranzare insieme?
Cosa sarebbe successo
se lei, quell’estate di dieci anni prima, non avesse
accettato?
Non sarebbe
lì e la sua vita sarebbe stata diversa. Non avrebbe avuto la
dolcezza del miele, la tranquillità e la felicità
del paradiso, non avrebbe
avuto le fiamme ed il dolore dell’inferno.
Adesso, non sarebbe
lì. Bagnata, svuotata della propria linfa vitale, segnata
dalla sofferenza, dalla consapevolezza di aver cessato di vivere per
davvero,
di respirare solo per abitudine, di andare avanti solo per una
promessa. In
fondo, che senso ha vivere una vita a metà?
Le lacrime le rigano
il viso rotondo, la pelle diafana incorniciata da onde
color della pece, lunghe fino alla vita.
Trema per il freddo,
per la vita avversa.
«Ehi.»
mormorò una voce alla sue spalle.
Eileen, poggiata alla ringhiera in legno della veranda,
voltò il capo.
«Ehi.» mormorò sorridendo.
«Festa noiosa?» chiese
avvicinandosi a
lei. La ragazza tornò a guardare
l’oscurità che le si estendeva dinanzi. Sulla
veranda dei ragazzi parlottavano con alcune ragazze, altri bevevano
birra,
ridendo e scherzando. Ma Eileen non riusciva a divertirsi come avrebbe
voluto.
Non conosceva nessuno, solo Brian, che l’aveva invitata.
«Non conosco nessuno.» rispose con lentezza.
«Mi dispiace di averti lasciata sola prima. Ma… un
mio amico con regge gran che
l’alcool.» sbuffò.
Lei sorrise. «Tranquillo. Sei un buon amico, e gli amici
fanno questo.»
La luce argentea della luna di rifletteva sui capelli chiari di Brian,
negli
occhi ambrati. «Già.» mormorò
poggiandosi con un fianco sulla ringhiera. «Ti ho
invitata e ti ho lasciata da sola.» disse e sembrava parlasse
più a se stesso
che a Eileen.
«Ma ora sei qui.» soffiò lei.
Lui alzò lo sguardo su di lei ed i suoi occhi ardevano come
fiamme blu.
Accarezzarono con dolcezza l’ambra liquida degli occhi di
Brian, facendolo
fremere.
«Sei così…» ma le parole gli
si bloccarono in gola.
«Così?» ripeté lei senza voce.
«Diversa.» soffiò premendole il palmo
della mano sulla guancia.
«Non è sempre un bene essere diversi,
Brian.» rispose lei scostando il capo e
guardando il buio.
Lui le si avvicinò all’orecchio. «Per me
sì.» le soffiò fra i capelli,
aspirando il dolce profumo di vaniglia. Poi, poggiandole una mano sulla
schiena
e l’altra sulla vita la costrinse a voltarsi; quando le fu
davanti premette con
delicatezza le sue labbra su quelle di Eileen.
Fu un bacio dolce, tenero… il bacio di chi è
destinato ad amare l’altro più
della propria vita, il bacio di chi è disposto a dare la
propria vita per
l’altro. Solo che Brian ed Eileen ancora non lo sapevano.
La ragazza
continua a dondolarsi, avanti e indietro, mormorando parole
confuse, prive di qualsiasi senso, mentre la ferita che le squarcia il
petto
pulsa di dolore, mentre un burrone al centro esatto di esso
l’attira, la
risucchia per non lasciarle via d’uscita.
Perché non
riesce a respirare? Perché i polmoni le fanno
così male?
Ogni respiro
è una fitta, una pugnalata. Le lacrime scorrono
più velocemente.
Il suo dolore è così reale.
«Ti
piace?» le mormorò all’orecchio
Brian, mentre entravano nel grande appartamento di New York City.
Eileen spalancò la bocca e sgranò gli occhi,
esterrefatta. «Vuoi trasferirti
qui?» chiese avanzando lentamente e guardandosi intorno.
«E’ meraviglioso.
Guarda quanta luce!» esclamò avvicinandosi alla
grande vetrata. «E guarda che
vista!» continuò pi voltandosi verso Brian.
Lui, poggiato al muro, con le braccia conserte, la guardava ammaliato.
Guardava
con occhi adoranti l’esile figura di Eileen, i capelli color
della notte
carezzarli la schiena, gli occhi chiari aprirgli le porte di un mondo
fatto di
perfezioni, il suo paradiso personale.
«Cosa c’è?» chiese lei
inclinando il capo e corrugando la fronte. «Non ti
piace?»
Lui sorrise teneramente. «Sei bellissima. E sei
luminosa.»
«Oh, no, quello è il sole.»
Brian ridacchiò, scuotendo il capo; poi si
avvicinò. «Sono passati sei anni, ma
tu non sei cambiata per nulla.» mormorò posandole
le mani sui fianchi ed
attirandola a sé.
Eileen sorrise, innamorata, e gli passò una mano fra i
capelli, indugiando
sulla nuca.
«Ti amo, Brian.» soffiò baciandolo
dolcemente sulle labbra.
«Ti amo anch’io, Eileen. Ma ho qualcosa da
chiederti.» mormorò sulle sue
labbra.
Lei inclinò il capo, in attesa.
«Vieni a vivere qui con me.»
Sgranò sorpresa gli occhi.
Poi lui s’inginocchiò lentamente, prendendole una
mano. «Ma soprattutto, ti
chiedo di passare con me ogni giorno della tua vita. Sposami, Eileen.
Sposami.»
E lei sorrise.
Sotto il
cielo grigio lei si guarda la fede all’anulare sinistro, la
piccola
fede oro che luccica nonostante tutto, l’oggetto che giorno
dopo girono le
ricorda chi è, e chi è stata, chi per sempre
sarà. La mano d’un tratto le pesa,
come se quell’oggetto le gravasse più di un
macigno, un dolore che si diffonde
nelle vene, si lega al sangue. Un urlo muto irrompe il silenzio quando
alza lo
sguardo e guarda quella piccola tavola di marmo: Brian Cook, marito adorato, in
ogni giorno della mia vita.
Grandi mani sporche le carezzavano il ventre gonfio, il ventre
brulicante di
vita.
Eileen chiuse gli occhi, pregando Dio che quel supplizio cessasse.
Aveva la
spalle contro il muro, immobilizzata non riusciva a muoversi.
Brian…
«Faremo presto, piccola…»
mormorò l’uomo al suo orecchio.
«Lasciami.» soffiò con voce incrinata
lei.
Non poteva finire così…
Ciò che accadde dopo avvenne tanto velocemente che Eileen
non riuscii a
codificare le azioni. Nel buio una figura sovrastò
l’uomo dal cappotto verde.
Ci furono gemiti, rumori, poi un respiro pesante che le si faceva
avanti.
Col cuore ricolmo di paura Eileen guardò gli occhi di Brian
guardarli titubanti
ed innamorati. Il naso e il labbro sporco di sangue.
«Oh, tesoro.» mormorò, ma Eileen non
ebbe il tempo di rispondere. Brian, appena
avvicinatosi, sgranò gli occhi e si lasciò
scappare un singulto. L’uomo dal
cappotto verde oltre le sue spalle sorrise, prima di ritrarre la lama
affondata
nella carne.
«Scappa.» gemette Brian prima di lasciarsi andare
indietro e spendere le sue
ultime energie per salvare la sua unica ragione di vita.
Può
ancora vedere gli occhi di Brian pregarle di fuggire, di mettersi in
salvo. Può ancora vedere i suo occhi spegnersi piano
nell’oscurità, il suo
corpo lottare invano. La sua voce affievolirsi…
Nessun dolore era
paragonabile al vederlo spegnersi davanti ai propri occhi, al
veder la vita abbandonarlo lentamente.
Niente è
più sopportabile.
Lui non
c’è. Non tornerà mai più
indietro. E si strugge nella sua assenza,
nella perdita, nella vita oramai priva di senso… ma deve
tener duro, tenere
duro per… lei.
Con il viso
rigato dalla lacrime Eileen si alza. Non le importa se il
vestito bianco e sporco di fango, se anche i piedi e le scarpe lo sono.
Con
estrema lentezza, mentre una folata di vento le scosta i capelli dal
viso, si
avvicina alla lapide.
Si china e ne sfiora
la superficie, chiude gli occhi e poggia la fronte su di
essa.
«Ti amo,
Brian. In ogni giorno della mia vita.» mormora prima di
baciare il
marmo.
Con il peso della
perdita a schiacciarle il gracile petto, Eileen afferra le
scarpe e si allontana sotto la pioggia estiva.
Eileen è
tornata a casa. Si è sfilata il lungo vestito bianco,
gettandolo nel
lavandino, poi ha la lasciato che l’acqua calda le scivolasse
sul corpo
diafano, sui capelli scuri, sulle labbra, sulle palpebre chiuse,
arrossate e
gonfie per il pianto. Ha lasciato che l’acqua calda le
distendesse i muscoli
tesi del collo, i muscoli tremanti del corpo indebolito. Con sguardo
vacuo si è
passata un asciugamano fra i capelli neri e setosi prima di asciugarli,
ha
indossato una tuta ed è andata da Amy, che occupa
l’appartamento accanto al suo.
Ed ora fissa la porta di legno scuro al quale dovrebbe bussare, ben
sapendo
che lei
non fa altro che aspettarla. Vorrebbe alzare il braccio, vorrebbe
bussare, ma
non ce la fa. Sente gli arti pesanti e sconnessi dal resto del corpo,
gli
impulsi che il cervello manda alle sue terminazioni nervose sembrano
svanire
prima ancora di partire.
Sospira. Avanti, Eileen, si dice. Poi
bussa, lentamente, e le pare che nocche si frantumino contro il legno,
come
fossero fatte di cristallo.
«Eileen!»
esclama in un sorriso Amy, tra le braccia un piccolo corpicino, un
viso tondo e sorridente. «Guarda, c’è la
mamma.» mormora la ragazza dondolando
sul posto. Poi alza il capo e il suo sguardo incontra gli occhi
ghiaccio di
Eileen. «Dai, entra.» continua.
La ragazza scuote il
capo, mentre un lampo di disperazione fende il cielo dei
suoi occhi. Amy capisce e non può che sorridere mestamente,
miscelando alla comprensione,
il dolore, la sofferenza, la consapevolezza che il mondo di Eileen in
questo
momento è simile al deserto siberiano.
«Okay.»
sussurra chinando il capo, incapace di sostenere quello di Eileen, poi
le porge la piccola bambina che stringe fra braccia ed il vuoto piano
diminuisce, i margini della ferita smettono di pulsare, e finalmente
Eileen
riprende a respirare.
«Grazie.»
mormora solamente prima di voltarsi e rientrare in casa.
Per alcuni istanti
osserva la grande vetrata, la vista notturna, l’arredamento
caldo e tranquillo, poi si avvicina alla sedia a dondolo accanto al
camino e
comincia piano a dondolare, mentre la pioggia scroscia incessantemente,
ticchettando contro il vetro.
Eileen guarda il viso
della bambina che stringe dolcemente fra le braccia, i
suoi occhi ambrati, i capelli scuri. Le bacia la fronte e sa che non
c’è
creatura più bella di quella, così simile al suo
Brian...
«Oggi sono
andata da tuo papà, tesoro…» mormora
con voce rotta. Sente le
lacrime premere per uscire mentre la bambina la guarda negli occhi e le
poggia
una mano sul viso.
E ti vedo entrare, Brian.
Le chiavi
girano nella serratura che immediatamente scatta. La tua testa fa
capolino
oltre lo spesso legno ed il tuo sorriso illumina l’intera
stanza, mentre entri.
Ti avvicini a noi, qui sedute sulla sedia a dondolo che mi hai regalato
per
Natale, e i tuoi occhi d’oro liquido mi riscaldano in cuore,
che quasi pare
scoppiarmi per la felicità. Mi dici “ciao,
piccola” ed io ti sorrido dicendoti
che mi sei mancato. Poi guardi lei e
una strana luce ti illumina il viso, gli occhi, dipingendo
un’espressione di
dolcezze e tenerezza. Ti chini su di lei e le baci la fronte. Le
mormori che le
vuoi bene, che l’ami più della tua stessa vita.
Poi alzi lo sguardo e incroci i
miei occhi per sempre innamorati, e mormori che mi ami, anche me
più della tua stessa
vita. Io ti rispondo che senza di te non vivo, che sei colui che mi ha
fatta nascere
una seconda volta, che mi ha dato vita. Ma tu sei ostinato e mi ripeti,
come
tante altre volte, che sono io ad averti dato vita, che non posso
spegnermi perché
sono io la mia luce. Mormoro che ti amo, che ti amerò in
ogni giorno della mi
vita e tu, semplicemente, mi rispondi “darei cento, mille
volte la mia vita per
voi. Sempre, in ogni caso.”
E’ così è stato.
«Sai
cosa mi ha detto?» geme con le lacrime che le scorrono sul
viso. «Che
ti ama più della sua stessa vita, Briany.»