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Autore: Dean Lucas    10/10/2010    3 recensioni
Ian riabbraccia Isabeau ma scopre il prezzo del perdono di Ponthieu: i ragazzi si vedono costretti a ritornare con Isabeau nel presente in cerca dell'unico manufatto che può convincere Guillaume. Nel passato, una donna mette alla luce una bambina, senza sapere che avrebbe scritto alcune delle pagine più importanti della storia di Francia. Il suo destino si intreccerà con quello di Ian, Daniel, Isabeau e Ty, tra guerre e assedi, sconfitte e vittorie e soprattutto un nuovo amore più forte di ogni cosa. E quando tutto sembrerà ormai perduto, e la vita della misteriosa ragazza e il segreto stesso di Hyperversum saranno in grave pericolo, una donna dovrà prendere la decisione forse più importante nella storia dell'umanità. Chi c'è dietro Hyperversum? I ragazzi forse l'hanno sempre saputo, ma quando arrriverà finalmente il momento di conoscere la risposta, questa li sorprenderà più ancora delle loro incredibili avventure.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dalla fessura dell’elmo calato sul viso, mentre era lanciato al galoppo, Ian poteva ormai scorgere chiaramente i suoi avversari.

 Sentiva i suoi respiri risuonare sempre più forti e affannosi all’interno dell’elmo, finché lentamente le grida, il calpestio degli zoccoli e ogni altro rumore, si ridussero soltanto all’eco assordante del suo ansimare: la concentrazione adesso era assoluta. Percepiva l’adrenalina scorrergli nel sangue e la paura, com’era normale che fosse, istillarsi brutalmente in lui. Ma Ian aveva imparato che tra poco, non appena i due schieramenti si fossero scontrati, non ci sarebbe più stato tempo per pensare o per tremare.

In battaglia non c’era tempo per nulla, se non per vivere o morire.

In una frazione di secondo, sapeva di dover agire per strappare la propria vita alla morte, offrendole in cambio la vita di un altro e un istante dopo, tutto ricominciava daccapo, in un balletto che si sarebbe concluso soltanto quando la terra fosse stata abbastanza pregna del sangue degli uomini. E  prima che si fossero contati vincitori e vinti, morti e vivi, spesso in quel macabro spettacolo si perdeva persino la memoria del motivo per cui si era combattuto.

Ian strinse gli speroni sui fianchi della sua cavalcatura, trasformando l’andatura al galoppo nella carica finale, subito imitato dai suoi uomini.

 Le figure poco prima indistinte degli inglesi, acquistarono volti ed espressioni. Nella moltitudine scelse un bersaglio, sforzandosi di liberare la mente da qualsiasi altro pensiero che non fosse il suo obiettivo. D’ora in avanti solo l’istinto e l’esperienza l’avrebbero guidato e l’unica voce che avrebbe sentito, fino al momento in cui tutto fosse finito e si fosse sbarazzato dell’elmo, sarebbe stato soltanto l’eco pesante del suo respiro.

Gli inglesi davanti a lui erano visibilmente sconcertati dall’arrivo della cavalleria pesante e fuggivano da ogni parte, come selvaggina braccata dai battitori.

Quando scorse la prima linea di cavalieri abbattersi sul groviglio di soldati inglesi in rotta, si aspettò già di godere del sapore dolciastro della vendetta, ma nel massacro che seguì non trovò nulla che potesse placare la sua furia.

Cercò di convincersi che non gli interessava la sorte dei suoi nemici, che lui voleva un solo uomo, William Glasdale, ma quella carneficina non fece altro che accrescere la sua irritazione.

Davanti a lui, un inglese attraversò il suo campo visivo correndo disperatamente, zigzagando nel tentativo di sfuggire al nemico, che comparve subito dopo all’inseguimento, spronando il suo destriero. Il fuggitivo inciampò in un compagno già cadavere e mentre il francese sopraggiungeva, alzò le braccia per difendersi, incrociandole davanti al volto. Il cavaliere aveva già spezzato la sua lancia contro un altro avversario e Ian lo vide ergersi in equilibrio sulle staffe e prendere la mira con la spada. Quando fu colpito, l’inglese crollò a terra e non si rialzò mai più.

 La cavalleria francese, sebbene notevolmente inferiore nel numero, rase al suolo la fragile resistenza opposta dai fanti, dagli arcieri e dai balestrieri delle guarnigioni inglesi di Les Tourelles e di Augustins, lasciando a terra, disseminate tra i corpi martoriati dei loro avversari, le lance spezzate e insanguinate dei cavalieri.

Il suo cuore pulsava ancora ad un ritmo impossibile, ma Ian non lo ascoltava, né vedeva davvero la strage sotto i suoi occhi. In testa aveva soltanto l’eco del pesante respiro che risuonava dentro l’elmo e la sete di vendetta contro chi aveva rapito e forse violentato, torturato e ucciso la donna che amava.

Dopo aver attraversato completamente le file nemiche, fin quasi ad arrivare al cancello frontale della bastia in fiamme, cercò Daniel, individuandolo nel mezzo degli arcieri a cavallo che sopraggiungevano con la retroguardia della cavalleria. Quando lo raggiunse, scostò rapidamente l’ingombrante elmo per rivolgersi all’amico:

“Presto, attraversa il ponte e cerca di salvare le donne!” Non menzionò Isabeau, non voleva sperare invano, ma non poteva nemmeno ammettere che fosse troppo tardi. 

Daniel annuì e subito dopo si girò sulla sella per individuare gli uomini che secondo il piano di attacco dovevano accompagnarlo sul ponte, “Ci vediamo dopo la battaglia, cerca di non fare l’eroe…”.

“Nemmeno tu”, replicò asciutto Ian.

 Il senso di urgenza non permise a Daniel di dilungarsi oltre. Avrebbe voluto rassicurare l’amico, dirgli che sarebbe tornato con Isabeau, ma capiva che le sue parole sarebbero state inutili, Ian sapeva che lui avrebbe fatto tutto il possibile e  nella loro amicizia non servivano parole superflue.

  “Arcieri, a me!” li chiamò a raccolta Daniel, urlando sopra le grida della battaglia. Gli uomini scelti si riunirono immediatamente davanti alle rovine in fiamme della fortezza. Ognuno di loro tirò fuori da un borsone un grande panno che poco prima era stato imbevuto nell’acqua. Stesero gli ampi drappi bagnati sulle loro cavalcature, avendo cura di coprire il muso e le spalle dei cavalli. Loro stessi, si coprirono con altri tessuti inzuppati e quando furono pronti, Daniel ordinò: “Vado io per primo, voi seguitemi subito dopo con gli archi pronti!” così dicendo, lasciò andare le redini e con un colpo secco ai reni del cavallo, si lanciò attraverso il portone frontale della fortezza, avvolto dalle colonne di fumo nero.

Ian osservò Daniel mentre scompariva oltre i miasmi del fuoco, di fronte all’entrata di Les Tourelles. Il destino delle donne prigioniere e forse della stessa Isabeau, adesso era in mano dell’amico. Lui, invece, doveva finire ciò che aveva iniziato.

“Falchi d’Argento!” attirò a gran voce l’attenzione delle sue truppe, “Indietro, ritirata! Ricongiungersi alla fanteria!”

Mentre dava l’ordine, tirò sulla destra i finimenti delle redini, facendo girare il cavallo su se stesso. Prima che la retroguardia inglese potesse organizzarsi e sfruttare la superiorità numerica, il loro piano di battaglia prevedeva di ricongiungersi velocemente con la fanteria guidata da Jeanne e prendere nuovamente d’assalto le truppe inglesi, con una nuova carica frontale.

Al comando di Ian, i cavalieri di Chatel Argent si raccolsero progressivamente intorno al loro comandante, girarono i cavalli, porgendo le spalle alla fortezza e in breve raggiunsero le truppe di Jeanne e Ty, che li aspettavano nei pressi della strada maestra.

Fu in quel momento che un frastuono assordate di voci giunse dal loro fianco destro. Le truppe di Saint-Jean-le-Blanc, la terza guarnigione inglese sulla sponda meridionale della Loira, erano state chiamate in soccorso non appena era divampato il fuoco all’interno della fortezza e andavano finalmente a ricongiungersi col resto dei distaccamenti inglesi di Les Tourelles e di Augustins, che nel frattempo gridavano ed esultavano per i rinforzi insperati.

Senza fretta, i cavalieri di Chatel-Argent si disposero al passo, puntando nuovamente il muso minaccioso dei loro possenti destrieri davanti al nemico, disegnando una linea sottile che abbracciava tutta la larghezza del fronte.

Quando ogni inglese che aveva gioito al sopraggiungere dei rinforzi di Saint-Jean-le-Blanc, levò lo sguardo sul vasto spiegamento di cavalli da guerra dinanzi a loro, strozzò in gola il proprio grido di giubilo.

In mezzo allo schieramento francese, una figura più minuta delle altre, accompagnata da un altro uomo a cavallo, avanzò facendosi largo fino alla linea dei cavalieri. Reggeva con una mano la bandiera bianca, con raffigurato Dio benedicente il fiordaliso francese.

La sua armatura non aveva più la protezione ad una spalla, che si intravedeva nuda e fasciata, ma nessun uomo sospettò che fosse rimasta indifesa: ognuno di loro avrebbe dato la propria vita per difenderla, ma più di questo, nessuno dubitava che una forza superiore stesse proteggendo quella ragazza.

Jeanne abbracciò tutti con lo sguardo o almeno così sembrò ad ognuno di loro e bastò quel gesto per infondere loro il coraggio per battersi fino alla morte. Quando la videro chiudere gli occhi, seppero che stava pregando per la loro vittoria e con lei al loro fianco, ogni soldato si sentì benedetto e invincibile. Quando aprì nuovamente gli occhi, scorsero nei suoi sguardi lacrime di pietà per i morti e di rabbia per i vivi.

“All’alba il sole sorgerà su una terra libera, Monsieur Thierry”, mormorò fieramente la ragazza dentro l’armatura.

Ty annuì con un cenno del capo.

Monsieur Thierry?” Jeanne esitò un istante, “promettetemi che sarete prudente in battaglia, non mettete inutilmente in pericolo la vostra vita per proteggere la mia”.

“A voi protegge le spalle un signore molto più potente di me”, scherzò Ty, “questa volta prometto di stare più attento a me stesso”.

Jeanne sorrise d’istinto al ragazzo, tornando per un istante una ragazzina di soli diciassette anni, divertita da quella battuta impertinente, tipica del conte Thierry.

Poi quell’attimo passò e quando distolse lo sguardo da Ty, il suo spensierato sorriso si adombrò della greve consapevolezza del compito che era chiamata a portare a termine.

La vide respirare profondamente e Ty seppe che stava provando le stesse emozioni che stava sperimentando lui: eccitazione, paura, angoscia, rimorso.

Il cuore gli batteva già all’impazzata e sapeva che sarebbe scoppiato, non appena avesse colpito con gli speroni i fianchi del cavallo.

Jeanne si alzò sulle staffe della sua giumenta bianca, levò al cielo la bandiera e urlò con il fiato che aveva in gola:

“Questo è il momento tanto atteso, uomini d’arme. Io vi condurrò alla guerra! Vi guiderò alla vittoria o alla morte! Chi mi ama, mi segua!”

Mentre il boato tremendo che seguì echeggiava ancora nell’aria, la cavalleria di Chatel Argent, precedendo la fanteria leggera, si preparò ancora una volta a lanciare l’assalto frontale al castelletto di Les Tourelles.

 

  
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