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Autore: Dean Lucas    11/10/2010    3 recensioni
Ian riabbraccia Isabeau ma scopre il prezzo del perdono di Ponthieu: i ragazzi si vedono costretti a ritornare con Isabeau nel presente in cerca dell'unico manufatto che può convincere Guillaume. Nel passato, una donna mette alla luce una bambina, senza sapere che avrebbe scritto alcune delle pagine più importanti della storia di Francia. Il suo destino si intreccerà con quello di Ian, Daniel, Isabeau e Ty, tra guerre e assedi, sconfitte e vittorie e soprattutto un nuovo amore più forte di ogni cosa. E quando tutto sembrerà ormai perduto, e la vita della misteriosa ragazza e il segreto stesso di Hyperversum saranno in grave pericolo, una donna dovrà prendere la decisione forse più importante nella storia dell'umanità. Chi c'è dietro Hyperversum? I ragazzi forse l'hanno sempre saputo, ma quando arrriverà finalmente il momento di conoscere la risposta, questa li sorprenderà più ancora delle loro incredibili avventure.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Glasdale scorse la guarnigione di Saint-Jean-le-Blanc quando già si preparava al peggio. La vista degli uomini che gli venivano in soccorso riaccese in lui la speranza di poter respingere l’assalto francese. Rinvigorito da quel pensiero, si affrettò a dare nuovi ordini, prima che la cavalleria pesante nemica fosse pronta per un nuovo assalto.

Non tutto è perduto, si ripeteva continuamente. Nonostante le gravi perdite subite durante la prima carica, le forze di Saint-Jean-le-Blanc riequilibravano in parte il peso dei due schieramenti. Guardò la fortezza in fiamme dove non avrebbe più potuto ripararsi. Tra lo stridio dei rinforzi di legno, che cedevano e crepitavano in mezzo alle fiamme, ci fu un’esplosione di fiamme, subito seguita da una lunga chioma di scintille strappate dal vento.

Improvvisamente un pensiero maligno, una intuizione chiara e limpida, attraversò i suoi sensi già eccitati dalla battaglia: i suoi soldati avrebbero presto avuto un’arma formidabile contro la cavalleria francese. Forse non tutto è ancora perduto.

 

 

***

 
 

Al passo.

Come una danza di morte, che partiva lenta e proseguiva in un irrefrenabile crescendo, fino a raggiungere un ritmo folle al suo parossismo, così l’andatura placida e indolente dei cavalli faceva già presagire la furia incontenibile che avrebbero presto scatenato.

La linea orizzontale composta dai destrieri avanzò adagio, mentre i cavalli con brevi movimenti aggraziati toccavano pigramente il terreno con ogni zoccolo, allineandosi uno di fianco all’altro. Gradualmente, la loro andatura aumentò, inarrestabile.

Al trotto.

Al piccolo galoppo.

Al galoppo.

Il frastuono degli zoccoli che scuotevano il suolo pianeggiante echeggiò sempre più assordante, come una terrificante valanga, man mano che le cavalcature acquistavano velocità.

“Carica!” fu il grido ininterrotto dei cavalieri di Chatel-Argent, proprio nel momento in cui, nella luce crepuscolare, centinaia di minuscole stelle infuocate si accesero di fronte a loro.

 

 

***

 

 

“Armatevi di torce, qualsiasi cosa cui potete appiccare il fuoco, maledizione!” urlava senza sosta Glasdale correndo come un pazzo tra le fila dei suoi uomini, spronandoli, minacciandoli, lottando contro il tempo.

“Incendiate le frecce e i quadrelli! Arcieri, balestrieri, prepararsi immediatamente a tirare! Presto, al mio segnale! Prepariamo una calda accoglienza a questi dannati mangiarane…”

 Gli arcieri inglesi, sollevando ognuno il pesante long bow, non avevano né il tempo né l’ordine di mirare alla sottile striscia di cavalieri che avanzava velocemente al galoppo, mirarono semplicemente al terreno davanti a loro.  “Adesso, puntare!” ruggì Lord Glasdale e dopo aver atteso solo pochi istanti, gridò:

“Scoccare!” Le frecce incendiate tracciarono un breve arco nel crepuscolo, come tante comete dalla coda infuocata, per ricadere subito dopo ad una distanza molto più corta della loro abituale gittata.

Ian sollevò lo sguardo su quello spettacolo, allo stesso tempo terribile e meraviglioso. L’istinto gli fece portare le mani sulle redini per trattenere la falcata del suo destriero, ma osservando la traiettoria che tracciavano le frecce, seppe che non li avrebbero colpiti, miravano troppo in basso.

Hanno intenzione di incendiare il terreno di fronte a noi e di spaventare i cavalli!

 Qualche istante dopo i dardi sfavillanti piovvero dal cielo, non colpirono nessun cavaliere ma gettarono comunque nel panico i cavalli. Molte cavalcature, imbizzarrite dai piccoli focolai che bruciavano sulle rade sterpaglie davanti a loro, disarcionarono i loro cavalieri, aprendo degli squarci all’interno del fronte compatto che avanzava, senza rallentare, verso gli inglesi.

 

 

***

 

 

 

L’impatto tra la cavalleria pesante e il muro di soldati inglesi fu tremendo, questa volta le truppe di Lord Glasdale non si fecero trovare impreparate e incapaci di organizzare una qualsiasi strategia di difesa.

I soldati nemici, aizzati dalle urla del loro comandante, piombarono laddove i cavalieri disarcionati avevano lasciato un crepa dentro il fronte compatto della cavalleria. Accerchiarono e ingaggiarono in mischie furibonde, i cavalieri di Chatel-Argent che adesso non erano più in grado tenere a distanza i nemici, sfruttando le lunghe lance che avevano spezzato al primo assalto. 

Molti compagni di Ian alla fine vennero sbalzati di sella dagli inglesi o dai loro stessi cavalli, feriti o resi folli dalle torce infuocate brandite dagli avversari. 

Ian comprese che questa volta non avrebbero vinto da soli, senza l’aiuto della fanteria di Jeanne. Dopo aver rallentato la corsa del suo destriero, si apprestò a tirare le redini da un lato per girare il suo cavallo e dirigersi nella retroguardia a impartire nuovi ordini, quando nell’attimo stesso in cui frenò la cavalcatura, si vide accerchiato da quattro inglesi che brandivano spade e torce infuocate.

 Davanti alle lingue di fuoco agitate dagli uomini davanti a lui, il destriero si impennò sulle zampe posteriori, gli zoccoli del possente animale colpirono il soldato più vicino che cadde a terra privo di sensi. Ian, ormai sbilanciato, fece appena in tempo a lanciarsi sul secondo inglese, abbattendolo col peso della sua armatura, mentre il suo cavallo si allontanava rapidamente dal pericolo che l’aveva terrorizzato.

Il corpo dell’uomo su cui era crollato gli aveva fatto da scudo durante l’impatto. Si rialzò velocemente, appena impedito nei movimenti dall’armatura di maglia rinforzata da piastre leggere, realizzata su misura per lui dal fabbro di Chatel-Argent e che consentiva molta più libertà di movimento rispetto a una corazza a piastre convenzionale.

Ian maledisse la sorte che in pochi istanti l’aveva scalzato da una posizione di vantaggio, obbligandolo adesso ad uno scontro impari. Si guardò attorno rapidamente, con i sensi acuiti dal pericolo mortale in cui era precipitato: altri cavalieri ingaggiavano duelli tutt’intorno a lui con i resti delle armate inglesi, l’esercito di Jeanne era ormai su di loro ma il loro aiuto sarebbe arrivato maledettamente tardi per lui.

Devo cavarmela da solo.

I due soldati avversari rimasti in piedi si gettarono su di lui proprio in quel momento. Ian parò facilmente il primo colpo, prevedibile e troppo lento, impegnando la lama del nemico. Allo stesso tempo si preparò a sferrare un calcio al ginocchio dell’uomo, che stramazzò rovinosamente a terra.

Continuando a muoversi, senza apparente soluzione di continuità, girò su se stesso, impugnando l’elsa con entrambe la mani come una falce che scindeva l’aria in due. L’uomo che gli veniva incontro di spalle alla sua sinistra fu sorpreso dal movimento imprevedibile di Ian e non riuscì a parare il colpo di taglio, a mezza altezza, che penetrò nel fianco della sua armatura leggera di cuoio indurito.

Intanto il soldato che aveva abbattuto per primo, gettandosi dal cavallo, si era rialzato e spalleggiato dall’inglese che aveva scaraventato a terra, lo circondavano. Con la furia cieca che nasceva dalla disperazione si avventarono insieme ai due lati opposti della guardia di Ian. Parare il primo colpo con il forte del ferro e inginocchiarsi a terra per sottrarsi al fendente del secondo, fu una cosa sola.

Si avvide che uno dei due avversari aveva un braccio molle accostato al petto, spezzato dove Ian l’aveva colpito quando gli si era lanciato contro con tutto il peso della sua armatura, ma era ancora in grado di offendere con l’altro braccio. Anche l’inglese che aveva ferito di taglio intanto si era alzato faticosamente, con la mano insanguinata premuta ostinatamente sul fianco squarciato.

Ancora una volta, tre uomini lo accerchiarono, girandogli intorno, ridendo a sprazzi, terrorizzati e folli. Voltandosi ora da un lato ora dall’altro, Ian tentò di seguire i loro movimenti, finché non decise di concentrarsi sull’unico uomo ancora incolume.

Azzardò che sarebbe stato lui a portare il primo affondo e per attirarlo a sé aprì leggermente la guardia su quel fianco, modificando la presa sull’elsa e sollevando con entrambi le mani la spada per simulare la preparazione di un colpo dall’alto.

Il fendente dell’inglese arrivò senza preavviso, echeggiato dalle urla degli altri due uomini che qualche istante dopo lo seguirono all’attacco. Ian parò il primo assalto con un colpo dall’alto, portato grazie alla maggiore statura da una posizione di vantaggio e con tale potenza, che deviò verso il basso la lama del rivale senza impegnarla.

Poi, con un movimento fulmineo, girò su se stesso sul fianco opposto, roteando la spada con tutta la propria forza, tracciando un fendente decrescente che impattò in alto la gamba destra dell’inglese dal braccio spezzato. La lama penetrò a fondo nella fibra muscolare dell’uomo e il sangue fuoriuscì a fiotti dall’arteria femorale recisa: sarebbe morto dissanguato nel giro di pochi minuti. Di fronte, spostato a sinistra, si trascinava l’uomo con fianco ferito, che assunse una posizione difensiva e indietreggiò di un passo.

Ian non si curò di lui, sapeva che l’inglese alle sue spalle stava già sollevando la spada per colpirlo. Immise nei polmoni tutta l’aria che fu in grado di immagazzinare, cambiò presa sull’elsa e con un unico movimento fluido, sollevò la lama sopra la testa. Facendo perno su un piede per acquistare maggior slancio possibile, roteò nuovamente su se stesso.

L’uomo ne intuì il proposito, ma la mossa di Ian non gli dava la possibilità di prevedere da quale direzione sarebbe arrivata la lama del rivale. Istintivamente, incrociò il ferro per intercettare un assalto diretto alla gola, ma Ian, avvedutosi con la coda dell’occhio del suo tentativo di difesa, lo colpì dall’alto proprio dove si era scoperto, all’attaccatura della spalla destra.

L’inglese urlò di dolore mentre la mano si apriva in uno spasmo, lasciando cadere a terra l’arma. Con uno strattone Ian liberò la sua spada dalle carni dell’uomo, dov’era penetrata recidendogli il braccio quasi per intero.

L’uomo si guardò incredulo l’arto mozzato e sopraffatto, afferrò con l’altra mano il filo insanguinato della lama di Ian e con un gesto estremo si diede la morte, accasciando il mento sulla sua spada. Poco dopo, Ian si voltava nuovamente verso l’unico avversario rimasto in piedi, che sanguinava copiosamente dal fianco. L’inglese, dopo averlo fissato con occhi sbarrati come se guardasse un demonio, lasciò anche lui cadere la spada e fuggì.

Ian piantò la sua spada sul terreno, ansimante, appoggiandosi sul pomolo nel tentativo di riprendere fiato e calmarsi. Si guardò attorno: quasi ovunque vedeva nemici che fuggivano impazziti, che venivano inseguiti da un francese a cavallo o dalle truppe di Jeanne nel frattempo sopraggiunte. Scorse alcuni inglesi arrendersi in ginocchio, invocando pietà, altri invece scappavano senza una meta e inevitabilmente una lama metteva fine alla loro fuga.

Avevano vinto, Les Tourelles era caduta.

Si tolse l’elmo, l’eco del suo respiro ansimante gli era divenuto insopportabile, ma i lamenti di orrore e di sofferenza che adesso poteva ascoltare, gli erano ancora più intollerabili.

Ian si strinse la testa tra le mani, nel vano tentativo di far tacere quelle voci, cercò di respirare profondamente, mentre lo avvolgeva un senso sempre più opprimente di vuoto e di incompiutezza, quando le urla ruvide e rauche di Glasdale sovrastarono ogni altro suono e lo scossero all’improvviso.

 

 

  
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