Un Fuoco Che Attenaglia.
Buio. I suoi
occhi scrutano, osservano. Ma tutto è buio. C’è solo la pallida luce del
lampione, lontana da lei. Si sforza di distinguere le forme degli oggetti. Vede
delle macchine. Sono parcheggiate ordinatamente, distingue le figure di alcuni
ragazzi che parlano ad alta voce. Troppo alta. La infastidiscono. Ma non si
accorgono di lei. Come sempre. E’ invisibile nel suo angolino su quella rampa
di scale di metallo. Uno si accende una sigaretta. Lei osserva la cenere rossa
che brilla e cade, spegnendosi. Nessuno l’ha ancora cercata. Sono tutti dentro
a ridere e ballare. Lei non ci riesce più. La sua vita ormai è legata a quella cosa.
Abbozza un
sorriso. Si è ricordata il sorriso. Il sorriso che una volta aveva. Quel sorriso
è scomparso, è sparito. Ha lasciato posto a due solchi neri sotto i suoi occhi.
Chiari segni di quella cosa. Quella cosa di cui tutti hanno paura. Di
cui tutti si nascondono. Nessuno ne parla. Nessuno sa o vede niente. Ma è
sempre così. Meglio far finta di niente quando si vede qualcuno che è in balia
di quel mare. Ha cercato di non
affogare. Ma è sprofondata. Non è mai
stata forte. Non è quel tipo di
ragazza. Non sarà mai facilmente
condizionabile. Ma ha provato. E ora non riesce più a respirare senza.
Sente la
musica provenire da dentro. S’immagina le sue amiche bellissime con i loro
tacchi e i loro vestiti sfarzosi. Una volta era anche lei così. Credeva di
poter essere qualcuno. Ma chi voleva prendere in giro? E’ una semplice
ragazzina di un paese che ti impone le sue regole. E c’è solo lei. Solo quella via d’uscita. Sta cercando di resistere, tira per le lunghe.
Non vuole cedere così presto. Sa che succederà , ma vuole mantenersi ancora
lucida per un po’.
Non è colpa
di nessuno in fondo. Solo colpa sua. E’ lei che ha scelto. Che si è ridotta
così. Uno spettro. Schiava di qualcosa. Non riesce a vivere senza. Non vuole
nemmeno pensare come starebbe. Forse meglio. Forse peggio. Chi lo può sapere.
Si accende
una sigaretta. Perde altro tempo. Non la sazia, non più. Quel calore nella sua
gola ormai non le da più sollievo. Non riesce più a fuggire da quella vita con
una sigaretta. Sente di aver bisogno del fuoco. Il fuoco nelle vene. Il fuoco
che l’attanaglia il cuore e che glielo ruba. Sta arrivando. Arriva il momento
più amato e odiato.
Apre la
borsa.
Quel piccolo
oggettino scintilla,colpito dalla luna. Punge il piccolo contenitore. Gesto quotidiano.
Gesto conosciuto. Si guardo intorno. Non c’è nessuno. Sente ancora la musica. Ora
più ovattata. E’ troppo concentrata su quello che sta facendo. Butta la
sigaretta a terra. La osserva mentre si spegne lentamente. Scintilla. Cerca dell’ossigeno
da bruciare,poi arriva al suo ultimo sbuffo di fumo. E giace lì. Spenta e esanime. L’ultimo filo di fumo si
alza in questa fredda nottata. Si disperde tra mille cerchi e curve. Vola in
alto. Si dissolve. Sparisce dalla sua vista mescolandosi all’aria. Il mozzicone
è lì per terra. Sul duro cemento, in attesta di essere buttato da qualche
parte, in attesa di qualcosa, ma cosa?
Aspetta. Le sembra
un’eternità quella che passa. Vuole ritardare il momento. Vuole vedere a che
punto riesce ad arrivare.
Una settimana
che è quasi libera da lei. Credeva di
averla vinta. Ma non è così. Ha cercato ancora. L’ha trovata e comprata. Non ce
l’ha fatta, si sentiva così debole. Crede di aver bisogno di aiuto. Cerca di
convincersi che questa è l’ultima volta, cosa che sempre si dice. Tanto sa che
non è così.
Scopre il suo
pallido braccio. La pelle urla per il freddo. Non l’ascolta, non vuole
ascoltare niente.
Guarda l’incavo
del suo gomito, ormai scuro per i troppi lividi. È marrone ormai. Però quei
lividi sono vecchi, ormai giallini. Opachi. Segni vecchi. Ha aspettato troppo. E
ora è in astinenza.
L’ago perfora
la mia pelle sottile. Ha sempre avuto il terrore degli aghi, ma questo non la
ferma. Ormai è insensibile a tutto. Non ha paura di niente. Solo del futuro, perché
non sa che futuro avrà. Ogni giorno, per il suo corpo stremato, potrebbe essere
l’ultimo. A volte quasi ci spera che quest’agonia finisca. Sarebbe troppo
semplice però. Una scorciatoia. È la vita non è mai stata buona con nessuno. Tantomeno
che con lei.
Il fuoco l’invade.
Entra nelle vene.
Quella siringa
cade a terra con un sordo rumore. Dall’ago ancora qualche goccia di quella
sostanza trasparente scivola fuori. Piano, lentamente.
Lei appoggia
la testa sulla rampa si scale. Aspetta che il fuoco la imprigioni. Aspetta che
quel fuoco si diffonda dappertutto. Chiude gli occhi. All’inizio è sempre un po’
doloroso. Poi arriva l’estasi. I colori. E quel grigiume
se ne va. Sparisce per quelle poche ore. Così lei può vivere.
Il fuoco le
dilania il cuore. Attanaglia le vene. Le costringe in una morsa d’acciaio. Eccolo.
Ecco quel piacere. Quella voglia. Quei colori. Quel lampione ora illumina tutto
a giorno. Le scale sembrano uno scivolo e quella sigaretta per terra non giace,
ma risposa nel suo sonno.
Vive. Vive ancora.
Per un
secondo il lume della ragione prende il sopravvento. Una lacrima cade
solitaria. Emblema della tristezza. Della vita che l’aspetta dopo. Si ripromette
che questa è l’ultima volta.
Mente a se
stessa. Mente per essere felice.
Oramai è una
droga per lei.
“Ragazzi ho voluto affrontare un tema
piuttosto delicato. Non l’ho vissuto io. Ma una mia cara amica sì. E ho voluto
descrivere la sua sofferenza, e la sofferenza di molti. Spero di non aver fatto
un torto a nessuno, né aver offeso qualcuno in alcun modo. Grazie a tutti
*PsicoSoul.”