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Autore: Dean Lucas    13/10/2010    2 recensioni
Ian riabbraccia Isabeau ma scopre il prezzo del perdono di Ponthieu: i ragazzi si vedono costretti a ritornare con Isabeau nel presente in cerca dell'unico manufatto che può convincere Guillaume. Nel passato, una donna mette alla luce una bambina, senza sapere che avrebbe scritto alcune delle pagine più importanti della storia di Francia. Il suo destino si intreccerà con quello di Ian, Daniel, Isabeau e Ty, tra guerre e assedi, sconfitte e vittorie e soprattutto un nuovo amore più forte di ogni cosa. E quando tutto sembrerà ormai perduto, e la vita della misteriosa ragazza e il segreto stesso di Hyperversum saranno in grave pericolo, una donna dovrà prendere la decisione forse più importante nella storia dell'umanità. Chi c'è dietro Hyperversum? I ragazzi forse l'hanno sempre saputo, ma quando arrriverà finalmente il momento di conoscere la risposta, questa li sorprenderà più ancora delle loro incredibili avventure.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Daniel sapeva che se l’inglese non fosse morto all’istante, anche se ferito, avrebbe ritorto la sua vendetta su Isabeau.

 Aveva a disposizione un tiro soltanto. Se fosse riuscito ad eliminare l’ufficiale che minacciava la ragazza, avrebbe concesso ai suoi compagni qualche secondo per scoccare le loro frecce, prima che gli inglesi rimasti organizzassero una controffensiva. Poteva funzionare, doveva funzionare, non vi erano alternative. Dopo essere stato la causa del rapimento di Isabeau, toccava a lui adesso riportarla sana e salva tra le braccia dell’amico, non poteva concedersi di sbagliare una seconda volta.

Sbatté le palpebre per cacciare indietro ogni preoccupazione e quando riaprì gli occhi, percepiva già la concentrazione necessaria per agire.

Cercò con le dita la piccola scanalatura nell’asta della freccia con cui l’aveva agganciata alla corda. Allungò accuratamente l’indice, che fungeva da mirino, sopra l’elemento scanalato, appoggiando invece sotto di esso il dito medio, che conferiva la direzione e l’anulare, che contribuiva alla forza.

Tese gli avambracci, lasciando che fossero i gomiti a guidare il movimento e condusse i flettenti dell’arco al massimo della trazione.

L’indice inquadrò il bersaglio distante circa cinquanta passi, la testa dell’inglese accanto a Isabeau. Tutto accadde in pochi istanti. Daniel liberò la freccia, Isabeau urlò, altre frecce furono scoccate alle sue spalle.

 

***

 
 

Lord Glasdale, con la spada abbassata che stillava ancora sangue sul terreno, indugiava girandogli lentamente attorno, senza decidersi a sferrare il primo assalto.

Intorno ai duellanti la battaglia sembrava finita e i vincitori si strinsero attorno ai due cavalieri. Decine di braccia si fletterono mentre tendevano gli archi, pronti a scagliare i loro dardi mortali sul comandante inglese.

“No, questo bastardo è mio!” urlò Ian all’indirizzo degli arcieri, “nessuno osi interferire prima che io sia morto”, la voce di Ian era così irriconoscibile e spaventosa che nessuno considerò di contravvenire al suo ordine.

Glasdale infine arrestò il movimento laterale intorno a Ian e accompagnò lentamente la lama, parallela al proprio corpo, a poca distanza dal suo viso, come se intendesse baciarla. Quindi guidò anche l’altra mano sull’elsa dell’arma, proprio davanti al suo addome.

Ian si costrinse a calmare il proprio respiro, eclissò dalla mente ogni pensiero e ogni immagine che non fosse il suo avversario. Impugnando la spada con entrambe la mani, sollevò il gomito destro in alto, fino a sfiorare l’elmo con l’elsa della spada, mentre rivolgeva la punta verso il suo nemico.

Avvertiva le fiamme della sua ira smisurata che l’avvolgevano e lo consumavano, una percezione così terrificante da farlo sentire invincibile.

Isabeau…

“Infame bastardo, questo è per mia moglie!”, una voce disumana articolò quelle parole nell’istante stesso in cui Ian torceva la presa sull’elsa e ruotando di taglio la spada, la calava su Glasdale, trasformando la posta iniziale in un fendente di immane potenza.

Il grido del francese era quasi riuscito a distrarlo e per poco non si accorse dell’improvviso movimento del polso e del colpo di taglio che un istante dopo si abbatteva su di lui. Scaricando l’enorme peso sulle gambe ben piantate a terra e sui gomiti stretti sui fianchi dell’armatura, Glasdale si preparò ad assorbire il colpo, senza spostare il ferro dalla posta iniziale.

L’arma del francese cozzò contro la sua con un clangore assordante, entrambe le lame si scheggiarono, ma come si aspettava, fu in grado di reggere l’urto senza problemi.

La tecnica del ragazzo era così prevedibile che pensò di divertirsi un po’ prima di fargli male sul serio.   

Ian vide le scintille schizzare dove aveva colpito il ferro nemico e con una smorfia incassò il tremendo contraccolpo sui polsi.

Il colosso inglese non si era spostato di un centimetro. Ian ignorò il dolore ai polsi, colmò i polmoni d’aria e si preparò ad espellerla mente caricava il colpo successivo. Non attese un secondo, per far seguire al fendente, un falso dritto che mirava sotto la cintura dell’inglese, nello spazio non difeso dalla sua lama.

Glasdale sorrise, lesse la mossa negli occhi di Ian nello stesso istante in cui il rivale l’aveva pensata. Rovesciò repentinamente l’impugnatura del suo ferro, rivolgendo la punta verso il basso per intercettare il colpo.

Ian non fu sorpreso che l’inglese avesse indovinato così prontamente le sue intenzioni, ma era consapevole che una parata rovesciata non poteva essere supportata dalla stessa forza di una diritta e urlando tutta la propria rabbia, mise ancora più forza nel colpo.

Il poderoso fendente esplose letteralmente contro la lama di Glasdale, la spada di Ian cedette e si spezzò.

 

 

***

 

 

Le dita, che un momento prima serravano il coltello che minacciava Isabeau, si distesero, all’improvviso incapaci di obbedire ai comandi del suo cervello. La bocca restò aperta, immobilizzata sull’ultima parola che l’uomo stava pronunciando. Gli occhi rotearono per un istante all’insù, nel vano tentativo di intravedere la freccia che gli aveva trafitto la fronte. Isabeau non aveva ancora finito di urlare, che l’uomo si accasciò a terra, senza più vita.

Mentre Daniel colpiva sui fianchi la sua cavalcatura, si avvide che gli altri quattro inglesi erano stati tutti colpiti dalle frecce dei suoi compagni. Sapendo di non poter sbagliare il colpo, avevano tutti scelto di mirare al petto dei loro obiettivi.

Mentre avanzava al galoppo, Daniel si accorse che i dardi avevano trapassato i bersagli fino all’impennaggio di piume d’oca, l’unica porzione ancora visibile delle frecce scoccate. Quegli uomini non erano più in grado di nuocere, ma un quarto inglese era stato colpito solo su un fianco e con la torcia ancora in mano, si stava rapidamente riprendendo dallo shock.

Ancora in corsa, Daniel lasciò cadere le redini per estrarre dalla faretra a tracolla una seconda freccia. La incoccò rapidamente, mirò alla figura dell’uomo e lo trafisse al ventre, inchiodandolo ad un traliccio di legno.

Non appena raggiunsero le prime impalcature dove erano stati montati i roghi, si preoccuparono subito di smorzare le fiamme dell’incendio che stava avvampando nella seconda palizzata. Usarono i panni bagnati, di cui si erano serviti per attraversare la fortezza, per soffocare le fiamme: l’incendio aveva attecchito solo in parte sul legname alla base dell’impalcatura e fecero in tempo a strozzare le lingue di fuoco prima che si propagassero. Le donne cessarono di urlare solo quando furono liberate dal traliccio cui erano incatenate.  

Poi Daniel fu libero di correre verso Isabeau.    

 

 

  
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