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Autore: Supersunny91    07/11/2005    0 recensioni
Da un errore può nascere tutto...Odio, guai, sorprese, pianti, problemi...ma anche l'amore...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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QUARTO CAPITOLO

 

 

QUARTO CAPITOLO

 

 

 

 

- James, dice che stai cercando di diventare una scrittrice di gialli-horror, e sai, io ho letto molti libri di Stephen King e…- iniziò Eve.

Ci trovavamo in pizzeria, come previsto dall’appuntamento, ma, colpo di scena, William era nettamente in ritardo e Eve stava cercando di intrattenermi nel frattempo, come fanno alcuni presentatori televisivi quando c’è un problema con il personaggio noto che deve entrare in scena o un problema grafico. James non aveva fatto che ciondolare avanti ed indietro, durante tutto il discorso di Eve, ma, prevedibilmente, senza dire una parola e, apparentemente, senza aver ascoltato una parola.

Aspettavamo davanti all’ingresso, ma qualcosa mi diceva che William non sarebbe venuto affatto. Erano passati venti minuti e di lui, nemmeno l’ombra.

- Sai, l’altro giorno sono andata all’acquario e, non ci crederai, c’erano delle specie nuove di delfini che non avevo mai visto… - Eve cambiò discorso avendo esaurito la sua conoscenza su Stephen King.

Mi dispiaceva un po’ per lei perché, anche se ne era inconsapevole, per circa un quarto d’ora non aveva fatto altro che parlare da sola, davanti ad un muro. Ero troppo preoccupata di quel ritardo per badare alle sue grandi avventure. E, non so perché, sfogavo la mia preoccupazione fissando James mentre annuivo alle esclamazioni di Eve, facendomi venire un torcicollo. Il suo volto era impassibile, come al solito, ma dalle sopracciglia impercettibilmente inarcate avevo capito che non era da William comportarsi in quel modo.

-         Deve essere successo qualcosa, è meglio se chiamiamo a casa sua. Eve, hai il suo numero, in borsa? Tieni- le diede qualche spicciolo – qui vicino deve esserci una cabina telefonica -.

-         Hai ragione, cosa gli sarà successo? – e, senza attendere risposta, si diresse verso la cabina dall’altra parte della strada.

Ci lasciò da soli.

Come al solito non dissi nulla.

Come al solito James non disse nulla.

Un altro silenzio imbarazzante.

Dovevo evitarlo, almeno quella volta.

-         Scommetto che non capita spesso che William sia così in ritardo, giusto? – domandai incerta con un filo di voce.

La sua espressione si addolcì, per fortuna. Mi capiva.

-         Non ti preoccupare, questo non vuol dire che non ti rispetti o altro, deve essergli successo qualcosa, ne sono certo. Ha un sacco di difetti, lo ammetto, ma quando una ragazza gli piace….

-         Sì, hai ragione, non sembra il tipo! – terminai decisa a non fargli finire la frase. Mi sembrava una presa in giro, da parte mia, naturalmente.

Tutti quei problemi, le incomprensioni, le uscite…come sarebbe finita quella storia?  William avrebbe pagato…ma poi? Sarebbe cambiato poi tanto? Tutta la scuola avrebbe capito che non c’è da fidarsi di me, ma non era quello che più mi preoccupava ... e tutte la altre persone che avevo preso in giro? Come al solito Kate aveva fatto appositamente un errore di calcolo e aveva trascinato anche me. Ma ormai c’ero dentro fino al collo, non potevo farci più niente.

-         Sua madre dice che lo hanno chiamato per una questione urgente a scuola è non ha avuto il tempo di contattarci. Deve essere qualcosa di importante – Eve tornò di corsa preoccupata dopo una rapida telefonata.

-         Lo sapevo che è successo qualcosa! Ma ora cosa facciamo? Mangiamo lo stesso, che ne pensate? Non penso che William corra gravi pericoli a scuola! - propose James.

-         Sì, va bene, entriamo – trassi un sospiro. Cosa avrei dovuto dire a Kate? Che tutto il piano era fallito e che a William non importava nulla di me, in realtà?

Come tutte le altre sere, la pizzeria era ghermita di gente, ma per fortuna avevamo prenotato un tavolo, anche se per il ritardo avevamo dovuto spiegarci. “Stranamente” aleggiava uno insolito silenzio tra di noi: Eve sembrava preoccupatissima, James era del tutto calmo ed io…io non sapevo cosa dire, se dovevo dire qualcosa.

Ci sedemmo in un tavolino, mentre il cameriere ci offriva il menu. Leggemmo velocemente la lista, ordinammo e ci scrutammo nervosamente. Tutto questo senza dire una parola.

-         Allora, Joyce…hai già scritto qualcosa di tuo? Intendo un giallo, naturalmente  - lacerò Eve il silenzio, per fortuna.

A dir la verità non vorrei parlarne, ho già troppi problemi, avrei voluto rispondere, ma mi sentivo troppo in colpa per averla ignorata fuori dalla pizzeria e poi non volevo rifinire in un’altra situazione scomoda e imbarazzante.

-         Ehm, sì, ho iniziato una storia stupida, come prova, niente di importante… - accennai.

-         Uao! Mi piacerebbe troppo leggerlo, ti darei il mio commento critico, che ne dici?

-         Ha ragione Eve, quello che conta è proprio quello che pensa il pubblico di ciò che scrivi, non chi lo scrive, e la simpatia per quella persona. Dalla a Eve così nel tempo libero lo legge anche a me – intervenne James.

-         Perché? Tu non puoi… - mi interruppi - …scusa, che stupida che sono.

Mi ero dimenticata che non poteva leggere pervia della cecità. Che sciocca che ero stata… mi sentivo davvero in colpa.

- Non è niente, non credere di essere l’unica a sbagliarti qualche volta, non ti preoccupare, non mi mette a disagio – prese a sorridere.

Cercai di scrutare qualche sforzo nel sorridermi, la posizione delle sopracciglia, delle labbra, degli zigomi, ma nulla, sembrava davvero non pensarci nemmeno. 

-         No, voglio ripeterlo, mi dispiace tantissimo – ripetei più forte.

-         E io voglio ripeterti che non è nulla di grave. Comunque, che ne dici della mia proposta? Anzi, quella di Eve?

Dovetti pensarci per molto tempo: Kate non aveva voluto leggerla, ma questo non voleva dire che potevo affidarla alla prima persona che vedevo, di cui non conoscevo che il nome. Sapevo che Eve era una ragazza in gamba e magari anche una brava persona… ma…non so perché…non mi fidavo di lei.

-         Preferirei prima finire la storia per farla leggere. Sono solo all’inizio ora – rifiutai cortesemente.

-         Oh, certo – Eve sembrava davvero dispiaciuta e per poco non cedetti, ma la mia forza di volontà e il mio onore non si persero d’animo.

James non disse nulla: pareva dispiaciuto o, più che altro… quasi arrabbiato. Corrugava leggermente la fronte e le sue labbra erano serrate. Ma non ne conoscevo il motivo. Più passava il tempo, meno lo capivo, era una ragazzo davvero enigmatico.

Le pizze arrivarono rapidamente, ma quella sera non vi era più l’animo e l’eccitazione della pizzata con i nostri compagni di scuola di qualche sera prima. Desiderai che William fosse lì: almeno avrei fatto il mio compito, mi sarei resa interessante a lui, mi sarei occupata di qualcosa per ottenere qualcosa. Ed invece non era mio compito intrattenere anche James e Eve, quindi non avevo nemmeno la forza di provarci. Era già una tortura quello che avevo iniziato, non potevo finire per rovinarmi ancora di più l’esistenza. Se mi fossi loro resa amica per poi ridergli praticamente in faccia confessando che era tutta una messinscena, che facevano parte del piano, non mi sarei potuta più guardare allo specchio per l’intera vita.

 

All’improvviso sentii qualcuno correre verso di noi, ma ero girata, non capivo chi fosse.

- Cavolo! – esclamò William buttandosi sulla sedia di fronte al nostro tavolo traendo un sospiro. Aveva il fiatone, il viso paonazzo e la sua fronte era leggermente sudata.

Lo guardai allibita, come allo steso tempo lo fissarono anche Eve e James presi da una certa insicurezza ed incertezza: nessuno sapeva cosa dire.

Solo dopo qualche secondo di silenzio e quando il battito cardiaco di William ritornò ad un ritmo normale, questi ci degnò di una spiegazione.

- Lo so cosa state pensando, anzi, forse non sapete cosa pensare – iniziò titubante -  Di sicuro avrete chiamato a casa mia e mia madre vi avrà detto che ho avuto una cosa urgente. Lo credevo anch’io, ma qualcuno mi ha tirato un brutto scherzo. Una persona mi ha chiamato a casa dicendomi che chiamava dalla scuola e che avevo un problema, forse mi avrebbero cacciato dalla squadra di football e dovevo correre a parlarne con il preside. Non sapevo di cosa stesse parlando, ma sono corso lì e quando sono giunto dal preside, questi mi ha detto che non capiva di cosa stessi parlando. E così sono corso per venire qui. Chissà chi c’è dietro a tutto questo! – serrò il pugno destro.

Ci guardammo in faccia con aria preoccupata finché James chiese qualche chiarimento: tutti ne avevamo bisogno.

-         Quindi, stai dicendo che qualcuno ti ha chiamato con l’intenzione di farti correre a scuola con la paura di perdere il posto nella squadra? È ridicolo, chi potrebbe essere stato?!

-         Per quanto mi riguarda anche uno dei miei amici o forse anche tutti i miei compagni di football avrebbero potuto farmi qualcosa del genere, ma non perché sono maligni o altro: spesso ci facciamo degli scherzetti e non posso dire di esserne fuori del tutto. – spiegò – L’unica cosa è che non potevano scegliere momento meno adatto per una cosa del genere. Mi dispiace ragazzi – si sentiva in colpa, anche se era stato principalmente lui la vittima.

Che razza di scherzo è questo?! Avrei voluto dire, ma nel cuore sentivo una strana paura: era davvero una coincidenza che nello stesso giorno dello scherzo avesse un appuntamento con me?! Magari qualcuno era a conoscenza del piano e stava cercando di farlo fallire ma non in modo diretto. Forse non si trattava di un cattivo scherzo.

-         Non è colpa tua, non ti preoccupare. Avrai una fame terribile. Noi abbiamo finito, ma possiamo stare ancora qui.

-         No, non ho fame, usciamo pure, è ancora presto possiamo farci un giro oppure sederci al parco…Che ne dite ragazzi? – propose Will alzandosi dalla sedia.

Approvammo e, nella serata calda,  c’incamminarono verso il Green Park, silenziosi.

Non avevo idea di quello che avrei passato in quella serata.

 

 

 

 

  
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