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Autore: _Atlas    14/10/2010    4 recensioni
Disclaimer: NIENTE MARY SUE
In più, rileggendo a distanza di anni, mi sono accorta della banalità della storia: difficilmente sarà continuata.
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1191 d.C.. E' questo l'anno che fa da sfondo alla nostra storia, il periodo della terza crociata.
Questioni di guerra sembrano parecchio lontane dalla realtà in cui vive una giovane araba di 21 anni. Quando però i soldati nemici occuperanno Damasco, per sopravvivere, si troverà strappata per sempre dal luogo in cui ha sempre vissuto...
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L'introduzione non rende nulla, ma mi auguroi di avervi interessato.
Avvisi: Questa storia è un Antefatto, che comprenderà 15 capitoli ed un Epilogo.
Prmetto anche che non ci sarà molta azione, tanti spargimenti di sangue et similia. La parte bella arriverà alla fine della ff, cioè con il proseguimento dei fatti qui narrati (sommariamente, in un'altra storia).
Leggete bene gli avvertimenti e similia, prima di venirmi a fare contestazioni. Questa storia non è uno storico
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kadar Al-Sayf , Malik Al-Sayf , Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Capitolo 1

Il sole del mattino era ormai alto nel cielo e cominciava a riscaldare le affollate e polverose strade di Damasco. Già i mercanti cominciavano ad esporre le loro merci e a declamare a gran voce i loro prodotti, e le persone si affollavano intorno alle bancarelle, pronte a contrattare.
Io me ne stavo tranquillamente seduta su una panchina di fronte ad una fontana a leggere un libro, persa nei miei pensieri. I miei capelli castani e leggermente mossi come le onde del mare, che normalmente mi arrivavano poco sotto le spalle, erano raccolti in una crocchia morbida che mi aveva fatto ricadere due ciocche ondulate ai lati del viso.
Vivevo a Damasco da tutti i ventuno anni della mia vita con mia madre Bahira e mio padre Ashraf, e  mi ero ormai abituata a quella vita tra il caos cittadino e la folla pressante.
 Essendo figlia unica avevo molti vantaggi: ero pressoché adorata dai miei genitori, non dovevo dividere la mia camera e, più di ogni altra cosa, avevo potuto studiare (forse anche perché nessuno in famiglia era credente).
Ma l’essere figlia unica mi portava anche qualche svantaggio, del tipo il non allontanarmi troppo da casa, sottostare agli ordini e alle decisioni di mio padre senza controbattere, non portare nessuno in casa e mai e poi mai uscire da Damasco.
Non mi era difficile rispettare quelle scelte, a parte una. Quella di obbedire senza riserve a mio padre proprio non mi andava giù.
Con il mio carattere era pressoché impossibile abbassare la testa ed annuire senza combattere e, difatti, tutte le nostre discussioni sfociavano in un litigio che pareva senza fine.
“Sarabi!”
Alzai di scatto la testa dal libro che stavo leggendo, sentendomi chiamare, e sul mio volto si aprì un largo sorriso quando riconobbi la donna dai capelli corvini e le rughe appena accennate sul viso che mi veniva incontro come Bahira, mia madre. Mi fece cenno di andare da lei e io mi alzai dalla panchina, chiudendo il libro e andandole appresso.
Mi rivolse un caldo sorriso e i suoi occhi verdi scintillarono al sole.
“Non lo avevi già letto?” Mi disse indicando il libro, continuando a sorridere.
“Lo sai che è la mia lettura preferita...” Dissi, mettendomi il tomo sottobraccio.
Bahira mi prese a braccetto e ci incamminammo per attraversare la piazzola con la fontana, dirigendoci verso una delle strade che partiva dal posto. Guardai mia madre che mi camminava accanto. Ero più alta di lei di qualche centimetro, ma anche se non era molto alta, restava comunque una bellissima donna.
“Come mai sei venuta a riportarmi all’ordine così presto?” Chiesi scherzosamente. Lei si voltò a guardarmi e con una mano morbida mi scostò una ciocca di capelli dal viso, portandomela dietro l’orecchio, poi tornò a guardare davanti a sé.
“Oggi vengono a trovarci gli zii...”
Al suono di queste parole sbuffai indispettita. Dovevo immaginarmelo, era una giornata troppo bella per restare tale.
Mia madre si fermò davanti ad una bancarella a guardare i prodotti.
“Sai bene che nemmeno a me va giù il fatto che vengano, ma bisogna fare bella faccia a cattiva sorte, altrimenti ti prenderanno per maleducata, cosa che non sei per nulla.”
Sbuffai ancora e mi misi a guardare a mia volta le merci in bella mostra sulla bancarella di scuro legno ormai logoro. Vendeva ninnoli e piccoli gioielli, qua e là qualche utensile in legno da cucina. Vidi un bel bracciale argentato con dei decori sinuosi, ma non lo presi, sapendo bene che non l’avrei mai messo. Odiavo adornarmi di qualsiasi cosa ed era già tanto se a volte mettevo uno scialle o un foulard, più raramente un bracciale o una collanina. Gli abiti che avevo nell’armadio erano semplici e comodi, ma anche belli da vedere senza tanti ricami e colori sgargianti. Difatti in quel momento indossavo un vestito color sabbia, una fascia di stoffa blu scuro, quasi nero, a cingermi la vita e ai piedi un semplice paio di sandali di cuoio allacciati alle caviglie sottili.
“Vedi nulla che ti interessa?” Mi chiese Bahira.
Scossi la testa e riprendemmo a camminare verso casa.
Finita la via del mercato, svoltammo prima a destra, poi a sinistra e ci ritrovammo di fronte la costruzione tanto familiare, circondata dal piccolo giardino ben curato di cui mi occupavo personalmente. Bahira si staccò da me e andò ad aprire la porta, mentre io tentavo di localizzare Rabi, il gatto tigrato che si era spontaneamente stabilito in casa nostra.
Lo trovai sopra il muretto assolato, intento a lavarsi le zampe. Lo chiamai diverse volte e solo dopo essersi fatto abbondantemente desiderare si degnò di miagolare, alzarsi, stiracchiarsi e camminare verso di me con estrema calma ed esasperante lentezza. Si strofinò sulle mie gambe e si fiondò in casa non’appena la porta si aprì. Sorrisi scuotendo la testa ed entrai a mia volta.
Salii le strette scale ed andai in camera mia. Era una stanza semplice, composta da un letto ad una piazza e mezza, un armadio, un tavolino, uno scaffale colmo di libri e una finestra.
Poggiai il libro dalla copertina verde scuro sul tavolino e tornai al piano di sotto a vedere se Bahira aveva bisogno di una mano in cucina. Mi affacciai alla porta.
“Mamma, hai bis...” Non feci in tempo a finire la frase che praticamente mi ordinò di fare un passo avanti e rimanere immobile. Mi bloccai al centro della cucina ed attesi un tempo che mi parve interminabile mentre Bahira mi squadrava dalla testa ai piedi.
Alla fine mi si parò davanti e mi guardò ancora qualche secondo, poi alzò la mano e, con un gesto rapido e deciso, mi sciolse i capelli che mi ricaddero morbidamente sulle spalle.
“Ecco, adesso sei perfetta. Puoi pure rimanere vestita così, tanto sei bella comunque.” Mi sfoderò un ampio sorriso, poi si voltò e tornò a sbrigare le sue faccende, mentre io rimasi ancora qualche secondo imbambolata per la sorpresa. Quando stavo per aprire bocca, fui di nuovo preceduta.
“Coraggio, vai a farti un giro per le strade e già che ci sei comprami un po’ di pane, che è finito.”
Non provai neanche a parlare, ben conscia che sarei stata interrotta di nuovo, così mi limitai ad annuire e a dirigermi fuori. Mi chiusi la porta alle spalle, controllai il mio borsello dentro la tasca e varcai il cancello, rituffandomi nella calca del mercato.
Dopo qualche estenuante minuto nella via  principale, riuscii a farmi strada nella folla e a raggiungere la bancarella del pane. Quando però mi avvicinai a guardare meglio, notai che era rimasto ben poco e così potei comprare solo due pagnotte. Abbastanza demoralizzata mi sedetti su una panchina in disparte, aspettando che la confusione diminuisse per poter tornare a casa più agevolmente. Cercai di isolarmi mentalmente dal baccano, dalle voci della gente, così da rilassarmi un po’, anche se era dalla mattina che mi sentivo insolitamente tesa ed agitata. Lentamente ma inesorabilmente mi persi nelle mie riflessioni. Trascorsi così circa un’ora, ragionando su tutto quello che mi passava per la testa, cercando di trovare un altro significato alle cose.
Quando mi riscossi dai miei pensieri la folla era notevolmente diminuita e si poteva tranquillamente camminare per le larghe strade polverose che si sarebbero nuovamente riempite di vita nel pomeriggio. Mi alzai dalla panchina un po’ indolenzita con il mio pane e mi incamminai verso casa. Ormai potevo camminare ad occhi chiusi, dopo ventuno anni che percorrevo la medesima strada. Altri venti minuti circa di cammino e sarei stata a casa, pensai, così diminuii l’andatura per gustarmi la piacevole ‘passeggiata’. Si era alzato un gradevole venticello e il sole coperto dalle bianche nubi sembrava meno violento del solito. Alcuni mercanti ancora si ostinavano, declamando a gran voce i loro prodotti, anche se ben consci che avrebbero venduto poco o nulla fino l’indomani.
Nel frattempo, alzando il naso al cielo, mi accorsi che andava rannuvolandosi sempre di più e quasi certamente più tardi avrebbe piovuto. Sospirai e continuai a camminare.
E fu in quel momento che, disattenta e persa com’ero nei miei pensieri, fui urtata violentemente e caddi malamente a terra quasi su un fianco, rovesciando a terra il pane che si disperse nella polvere.
“Ah, magnifico! Proprio quello che ci voleva!” Borbottai cercando di mettermi seduta, più dispiaciuta che arrabbiata. Alzai lo sguardo e vidi con chiarezza cosa o, per meglio dire, chi mi aveva così in malo modo urtata. Era caduto quasi al mio stesso modo e mi fissava negli occhi in un misto di stupore e sconforto. Era un ragazzo probabilmente della mia età, anche se i lineamenti morbidi e il viso liscio avrebbero potuto confondere, con i capelli bruni e gli occhi marrone scuro.
“Mi... mi dispiace molto, mi scusi!” Disse tirandosi velocemente in piedi e porgendomi una mano per aiutarmi. Era decisamente più alto di me, di parecchi centimetri. Indossava una tunica bianca con il cappuccio abbassato sulle spalle, mentre alla vita portava un cinturone di cuoio scuro, a cui erano allacciate due sacche e una spada sul lato sinistro. Gli avambracci erano coperti da protezioni dello stesso materiale della cintura e solo sul sinistro delle placche di metallo ne ricoprivano la parte superiore. Ai piedi portava un comodo paio di stivali scuri e sul petto si vedevano delle cinghie che, quando si volse leggermente, mi fecero notare sostenere una lama corta nel suo fodero.
Afferrai la sua mano, trovandola piacevolmente tiepida, e mi tirai in piedi.
Quando si fu premurosamente, a mio parere anche troppo, assicurato che mi reggevo stabilmente sulle gambe, sollevò un pugno in aria e urlò in direzione di un ragazzo più giovane dai capelli castano chiaro e due grandi occhioni azzurri che mi colpirono molto.
“Kadar! Torna qui se hai coraggio! Giuro che se ti prendo ti scanno con le mie stesse mani!”
Poteva avere si e no sedici o diciassette anni, visto il bel viso tondo e dai lineamenti molto morbidi.
Era vestito quasi allo stesso modo del ragazzo che mi aveva urtata,  se non per la tunica più corta e la maggioranza di colore grigio.
Il ragazzo ovviamente non si avvicinò, restando a debita distanza, fuori raggio d’azione.
Da quanto avevo potuto capire, l’urto era probabilmente stato causato, forse indirettamente, da questo Kadar.
Il tale che mi aveva urtata si volse nuovamente verso di me e mi rivolse un debole sorriso, a cui risposero le mie guance, che si colorarono di un rosa più pastoso. Indugiò un momento sui miei occhi nocciola, a mandorla come quelli di un lupo, e poi si apprestò a parlare.
“Mi spiace molto per quello che è successo a causa di quello sciagurato di mio fratello...”
Lanciò un’occhiata rabbiosa al ragazzo, che arretrò di un passo. Poi tornò a guardarmi.
“Io sono Malik, Malik al-Sayf, e quel razza di derelitto è mio fratello Kadar.” Mi sorrise ancora.
Io mi affrettai a rispondere, pregando di non balbettare.
“Io mi chiamo Sarabi, Sarabi el-Kazir e... riguardo a quello che è successo, state tranquillo, non importa. Ora...” Mi guardai intorno, alla ricerca del mio pane. Non potei evitare al mio viso di assumere un’espressione alquanto allibita e dispiaciuta nel notare una pagnotta schiacciata e una piena di polvere. Le braccia mi ricaddero mollemente lungo i fianchi e dissi, più rivolta a me stessa: “Oh, no... E adesso come faccio..?” Malik mi guardò più dispiaciuto di prima.
“Non so proprio come scusarmi... Se posso fare qualcosa...”
Mi affrettai a rispondere, certamente non volevo turbarlo.
“No, no, non è nulla! Non si preoccupi...” Ma forse la mia espressione rimase invariata, perché continuò a guardarmi mortificato.
“Quanto vi è costato quel pane?” Mi chiese.
Io scossi la testa e risposi senza pensarci troppo. “Non veniva molto, appena tre monete...”
Non ebbi il tempo di fermarlo quando armeggiò in una delle sacche appese alla cintura e mi allungò quattro monete. Io scostai velocemente quel gesto, scuotendo la testa con forza.
“No, non posso accettare... Non è stata colpa vostra, non è giusto. Sono io che me lo sono fatta scivolare di mano...”
Lui mi guardò determinato. “Ma sono io che vi ho urtata.” E detto questo mi afferrò la mano e mi premette le monete sul palmo. Mi maledissi per essere arrossita di nuovo e guardai le quattro monete. “Ma il pane era costato solo tre monete, non vedo perché...”
“Una per il disturbo” Si affrettò a rispondermi con un sorriso.
Solo allora notai che per le strade non era rimasto quasi nessuno e, alzando il naso al cielo, ne capii immediatamente il motivo. Ormai era coperto da grigi nuvoloni carichi di pioggia e la luce del sole era completamente oscurata.
Malik alzò il viso a sua volta per osservare il cielo. “Mi sa che tra un po’...”
Non fece in tempo a finire la frase che un fortissimo tuono squassò il cielo e io per lo spavento gli finii quasi addosso. Subito dopo la luce si oscurò ancora di più e cominciò a piovere.
Incredibilmente Malik trovò anche il tempo di congedarsi amabilmente.
“Sarabi,” Accennò appena un inchino. “è stato un piacere se non un onore, nonostante le spiacevoli circostanze, fare la vostra conoscenza.”
Le mie guance protestarono violentemente, ma mi affrettai comunque a rispondere cercando di darmi un contegno. “Il piacere è tutto mio, Malik.” Poi, dopo un attimo di esitazione, aggiunsi: “Grazie.”
Lui mi sorrise. “Non c’è grazie per un dovere. Spero di poter avere il privilegio di rincontrarvi in circostanze... più normali. Arrivederci!”
Sorrisi a mia volta. “A presto!” E, quasi a malincuore, corsi verso casa, inzuppandomi di pioggia.
 
 
El-Kazir, Sarabi el-Kazir... quel nome sarebbe rimasto impresso a fuoco nella sua mente.
Rimase imbambolato sotto la pioggia qualche secondo a guardarla correre via, poi si voltò svelto verso Kadar. Cominciò ad avvicinarsi a lui a passi misurati e gli cinse le spalle con un braccio, riprendendo a camminare apparentemente tranquillo e pacato. Ma in realtà quel braccio attorno alle spalle di suo fratello era tutt’altro che un gesto affettuoso. Era semplicemente un modo più gentile di strozzare qualcuno. Kadar, leggermente teso per la situazione, tentò di alleggerire l’atmosfera ma, come suo solito, finì con il peggiorare ulteriormente la situazione.
“Hei, Malik... dì un po’, hai trovato moglie?” Disse con un leggero sorriso ad increspargli le labbra morbide da ragazzino. Malik strinse ulteriormente la presa del suo braccio, facendo quasi mancare il respiro al fratello.
“Sai, fratellino, credo che ora come ora dovresti stare zitto. Lo dico per la tua incolumità...”
Kadar sigillò la bocca e non parlò fin quando non giunsero alla locanda dove avevano affittato le stanze per la notte.




 L'angolo di Ama:

- Beh, che dire? Finalmente mi sono decisa a pubblicare questo racconto! ^-^ Ci rimuginavo sopra da un bel po', ma alla fine (dopo mesi e mesi) mi sono decisa.
Ora come ora non ho molto da dire su questo "capitoletto", a parte sperare mestamente che l'inizio sia di vostro gradimento.
Prima di tutto, vi devo mettere in guardia su un paio di cosette (no, non fuggite, tranquilli, datemi un'attimo per spiegare! XD)

1. I primi aggiornamenti saranno piuttosto rapidi e abbastanza lunghetti dato che ho già pronte 19 pagine, ma dopo non aspettatevi che i capitoli siano lunghissimi e frequenti
2. Tante cose che sono sul videogioco, qui saranno marginali o degli eventi potrebbero non succedere mai! (perciò aspettatevi di tutto [io non è che stia seguendo la Storia, perciò ptrebbero esserci scaramucce o piccole battaglie mai accadute])
3. Dato che sono un'autrice insicura che cambia spesso idea, qualche rara volta potrei ri-uppare un capitolo per cambiare anche solo una frase (XD perdonne moi)

Ok, detto questo (probabilmente c'è dell'altro, ma al momento non mi viene in mente nulla), commentate (non insultate e non siate volgari, vi prego, altrmenti vi segnalo! [e vi meno]), perdonate qualche errore di sintassi o grammaticale e voletevi tutti bene! ^-^

Aggirnerò non'appena qualche buona anima si sarà interessata a questa mera storia e avrà inserito qualche commento.
Bacioni <3 Ama

Post Scriptum: Hei, direttamente da uno di quei geni di DeviantART, un'immagine che ritrae una ragazza praticamente identica alla nostra protagonista!

http://ezio4.deviantart.com/favourites/#/d2lsggm

   
 
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