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Autore: ClaryMorgenstern    15/10/2010    4 recensioni
«Senti, Jace. » lo rimproverò con dolcezza. «Non lo sai che non bisogna giocare con i vetri rotti?»
Soffocò la risata che sentiva salire. Lei lo aveva salvato. In ogni modo in cui una persona può essere salvata. Lo aveva reso ciò che era adesso, lo aveva reso felice, per qualche strano motivo. Le gettò le braccia al collo, la strinse forte a sé e ripeté ancora il suo nome. Una, dieci, cento volte. All'infinito se possibile, come se quella lenta e dolce litania potesse salvarlo dal dolore per la perdita del primo vero amore della sua vita.
 
La città di Ossa, Vista dagli occhi di Jace. Hope you like it!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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The Mortal instruments; La città di ossa - Jace Wayland.
 

Capitolo VI; Il Portale

 

L'appartamento era proprio quello che Jace si aspettava. Una miriade di scaffali pieni di libri sulla magia, poster astrologici e quant'altro e l'odore dell'incenso che copriva qualunque altra cosa. Madame Dorothea spuntò da dietro una tenda a perline, un'altra cosa che Jace si aspettava.

«Ti interessa la chiromanzia o sei solo una ficcanaso?» chiese rivolta a Clary.

«Nessuno dei due. Lei sa davvero predire il futuro?»

Lui fece una smorfia, ma nessuno sembrava dargli retta.

«Mia madre aveva un grande talento. Poteva vedere il futuro di un uomo sulla sua mano o sulle foglie di tè sul fondo di una tazza. Mi ha insegnato qualche trucchetto.»Jace si mise a riflettere sulle streghe, da quel che lui sapeva i nascosti erano in parte demoni, quindi sterili. Quindi lei non era una strega e quindi tra un po' le avrebbe fatto il 3° grado. Sentì la voce di Dorothea rivolta a lui, ma non se ne curò.

«Cosa?»

«Un tè. Trovo che sia utile a calmare lo stomaco e concentrare la mente. Magnifica bevanda, il tè.»

«Io lo berrei, un tè»

«Va bene. Basta che non sia Earl Grey» disse arricciandosi il naso, ricordava l'ultima volta che aveva assaggiato del bergamotto, la nausea gli era durata per giorni. «Odio il bergamotto.»

La vecchia ridacchiò e sparì dietro la tenda. Il giovane sospirò e si voltò verso la libreria per analizzare i volumi contenuti in essa. Come si aspettava solo baggianate per mondani. Sentì Clary avvicinarsi. «Tu odi il bergamotto?»

Senza alzare la testa dal libro rispose alla sua domanda con un'altra domanda: «Ti crea qualche problema?»

«Probabilmente tu sei l'unico ragazzo della mia età che io abbia mai in-contrato a sapere cos'è il bergamotto, per non parlare del fatto che sta dentro l'Earl Grey.» Questo fece montare la testa a Jace come un palloncino, era talmente divertente dimostrare ai mondani quanto fossero dannatamente idioti.

«Sì, be', Io non sono come tutti gli altri. E poi» aggiunse prendendo un libro dallo scaffale «all'Istituto se-guiamo lezioni sull'erboristeria di base e sull'uso medicinale delle piante. È obbligatorio.» 'E noioso da morire' aggiunse tra sé.

«Credevo che tutte le vostre lezioni fossero roba del tipo Elementi di Sterminio o Decapitazione Comparata.»

Non la degnò di uno sguardo, cercando di ignorare l'ignoranza. «Molto divertente, Fray.» Dato che ormai lei sapeva il suo cognome tanto valeva prenderla un po' in giro sul suo,

Sentì Clary trasalire, cosa che gli fece alzare lo sguardo, sorpreso. «Non chiamarmi così.»

«Perché no? È il tuo cognome, no?»

«Perché no.» tagliò corto Clary, abbassò lo sguardo e Jace ricordò. Il mondano, quello che era sempre con lei, lui la chiamava Fray. 

«Capisco» disse. Cercò di cambiare argomento, evidentemente l'amichetto le mancava. Jace pensò ad Alec, Se lui fosse sparito probabilmente Alec l'avrebbe cercato in capo al mondo e persino all'inferno. «Questa deve essere la roba che tiene qui per impressionare i mondani creduloni» osservò con un tono disgustato. «Non c'è un libro serio che sia uno, qui.»

«Solo perché non riguarda il tipo di magia che fai tu...» iniziò lei, ma Jace la interruppe subito, non sopportando più la sfacciataggine che mostrava. «Io non faccio nessuna magia» dis-se. «Ficcatelo in testa: gli esseri umani non fanno magie. È parte di ciò che ci rende umani. Le streghe e gli stregoni possono usare la magia solo perché hanno sangue demoniaco.»

«Ma io ti ho visto usare la magia. Usi armi incantate...»

«Io uso strumenti magici» precisò Jace con la facciata sapiente che era più di Alec che sua. «E anche per fare questo devo seguire un addestramento molto rigoroso. E ho anche le rune tatuate sulla pelle per proteggermi. Se tu provassi a usare una delle spade angeliche, per esempio, probabilmente ti brucerebbe la pelle, e forse ti ucciderebbe.»

«E se avessi i tatuaggi?» chiese Clary. «Potrei usarle?»

Con quelle parole ebbe un immagine di Clary in tenuta da cacciatrice, Le rune permanenti che segnano la sua pelle, come le cicatrici sottili. Nella sua testa però Clary aveva il viso contratto dalla paura, pronta per farsi uccidere da un demone di passaggio. Represse un brivido.

«No» disse bruscamente. «I marchi sono solo una parte. Ci sono le prove, le ordalie, i livelli di addestramento... Guarda, scordatelo proprio, va bene? Sta' alla larga dalle mie spade. Anzi, non toccare nessuna delle mie armi senza il mio permesso.»

«Uffa, ecco che se ne va a monte il mio piano per venderle tutte su e-Bay» borbottò Clary.

Jace la guardò sconvolto. «Venderle dove?»

Lei fece un sorriso innocente che le illuminò il volto. «Un luogo mitico con un grande potere magico.»

Percorse con la mente un paio di luoghi mitici che conosceva, ma dalla sua espressione Capì che lei lo stava prendendo in giro. Cosa che non gli capitava spesso. Scrollò le spalle con disinvoltura, cambiando argomento. «La maggior parte dei miti è vera, almeno in parte.»

«Sto iniziando a farmene un'idea.» Jace stava per fare una delle sue osservazioni saccenti, ma fu interrotto da Dorothea.

«Il tè è servito» annunciò. Dato che non si mossero, continuò. «E non statevene lì impalati, venite nel salone dei ricevimenti.»

«In questa casa c'è un salone dei ricevimenti?» chiese Clary.

«Ma certo,Dove intratterrei gli ospiti, altrimenti?» Lui sbuffò nella sua mente. C'era talmente tanta classe! Dov'era il maggiordomo, se l'era perso? «Lascerò il cilindro al maggiordomo» disse.

Con sua grande felicità Dorothea lo fulminò con lo sguardo. «Se fossi divertente la metà di quello che credi, ragazzo mio, saresti il doppio più divertente di quello che sei.» scomparve di nuovo dietro la tenda di perline. Jace non aveva capito nulla, sarà una cosa da mondani. «Non sono del tutto sicuro di cosa intendesse dire.» disse a nessuno in particolare.

«Io invece non potrei essere più d'accordo» disse Clary. Dopodiché at-traversò di slancio la tenda di perline, prima che lui potesse rispondere.

Lui la seguì sbuffando ed entrarono in quello che era il 'salone dei ricevimenti', decisamente pacchiano.

Si sedettero nelle poltrone rosa davanti al tavolino. Jace decisamente odiava quel colore, troppo … rosa.

«Ecco il vostro tè» disse Dorothea mentre sollevava la teiera. «Latte? Zucchero?»

Jace la ignorò e andò in rassegna del vassoio dei tramezzini tentando di capirne il contenuto. Notò che Clary lo fissava attendendo una risposta ad una domanda che nessuno aveva fatto. Si arrese e né addentò uno. Un sapore rivoltante e odioso. «Cetriolo» disse.

«Io sono dell'idea che i tramezzini al cetriolo siano perfetti con il tè, non trovate?» disse Dorothea.

«Io odio i cetrioli» disse Jace mentre passava il resto del tramezzino a Clary che lo guardava chiaramente affamata. [nota: non trovate che siano carini? *_* già si dividono il cibo *_*]

«Cetrioli e bergamotto» disse Clary prendendone un altro dal vassoio. «C'è qualcos'altro che odi di cui dovrei essere a conoscenza?»

Ecco la domanda geniale che poteva portare ad una risposta geniale, ringraziò mentalmente Clary.  Gli occhi di Jace penetrarono in quelli di Dorothea da sopra la tazza da the. «I bugiardi.» disse d'un fiato.

Lei non mosse un muscolo. «Puoi darmi della bugiarda, se vuoi. È vero, non sono una strega. Ma mia madre lo era.»

'Altra bugia' pensò Jace. «Impossibile.»

«Perché sarebbe impossibile?» chiese Clary dopo aver preso un sorso di the.

Jace sospirò stanco di spiegare, dov'era Alec quando c'era da fare cosa del genere? . «Perché le streghe sono mezze umane e mezze demoni. Tutte le streghe e gli stregoni sono mezzosangue. Ed essendo mezzosan-gue, non possono avere figli. Sono sterili.»

«Come i muli, che sono incroci sterili.»

ogni tanto anche lei assumeva la facciata di chi sa tutto. Ed ogni volta Jace la spiazzava. «La tua conoscenza del mondo animale è stupefacente» ironizzò Jace. «Tutti i Nascosti sono in parte demoni, ma solo streghe e stregoni sono fi-gli di demoni. È per questo che i loro poteri sono i più forti.»

«I vampiri e i lupi mannari... sono anche loro in parte demoni? E anche le fate?»

«I vampiri e i lupi mannari sono il frutto di malattie che i demoni hanno portato dalle loro dimensioni. La maggior parte delle malattie demoniache è mortale per gli umani, ma in alcuni casi portano degli strani cambiamenti nelle persone infettate, senza ucciderle. E le fate...»

«Le fate sono angeli caduti» intervenne Dorothea guadagnandosi un'altra occhiataccia da Jace. Odiava essere interrotto. «Esiliati dal paradiso per il loro orgoglio.»

«Questo è quello che dice la leggenda» commentò. «Si dice anche che siano il frutto dell'unione di demoni e angeli, cosa che mi è sempre sembrata più probabile. Il bene e il male che si mescolano. Le fate sono belle come teoricamente dovrebbero essere gli angeli, ma in loro c'è anche molta malizia e crudeltà. E la maggior parte di loro evita la luce del giorno...»

«Perché il diavolo non ha alcun potere, se non nelle tenebre.»

Clary ignorò Dorothea. «Teoricamente? Vuoi dire che gli angeli non...»

«Basta con gli angeli. È vero che le streghe non possono avere figli. Mia madre mi adottò perché voleva che ci fosse qualcuno che, dopo la sua morte, badasse a questo posto. Io non ho bisogno di usare la magia: devo solo fare la guardia.» Disse la vecchia evidentemente nervosa.

Lui stava per chiedere a cosa, ma Clary fu più veloce.

«Già, a cosa?» La vecchia strizzò un occhio e fece per prendere un tramezzino dal vassoio, ma si accorse che era vuoto. Clary aveva mangiato tutto. Fece sorridere anche Jace. Chi l'avrebbe detto che un tale scricciolo potesse mangiare così tanto. «Fa piacere vedere una signorina che ci dà dentro col cibo. Ai miei tempi le ragazze erano creature robuste e ben piantate, non degli scheletri ambulanti come al giorno d'oggi.»

«Grazie» disse Clary, il rosso che le colorava le guance. Jace strinse forte le mani per reprimere la voglia di accarezzarle.

Dorothea si chinò sulla tazza ormai vuota di Clary, Jace capì costa stava facendo.

Clary no. «Cosa c'è? Ho rotto la tazza?»

«Sta leggendo le tue foglie di tè» le disse lui, si chinò in avanti insieme a lei per reprimere la noia che lo aveva assalito, forse sarebbe salito di nuovo su

Per farsi una scazzottata con qualche dimenticato.

«Brutte notizie?» chiese Clary data l'espressione di Dorothea.

«Né brutte né belle. È tutto confuso.» poi guardò lui. «Dammi la tua tazza» ordinò.

Come padrona di casa era un po' cadente. «Ma non ho ancora finito il...» lo interruppe prendendogli la tazza dalle mani e buttandone il contenuto, Jace sbuffò. In seguito Jace non diede molto peso alle parole di Dorothea, ma per l'angelo  se c'aveva preso.

«Nel tuo futuro vedo violenza, vedo molto sangue versato da te e da altri. Ti innamorerai della persona sbagliata. E hai un nemico.» disse.

«Uno solo? È una buona notizia.» si rilassò nuovamente sulla sedia. Dorothea cambiò di nuovo tazza e scosse la testa.

«Qui non c'è niente che io possa leggere. Le immagini sono confuse, prive di senso.» Alzò gli occhi verso Clary. «Hai un blocco mentale?»

«Un cosa?» rispose Clary perplessa.

«Una specie di incantesimo per tenere nascosto un ricordo, o per bloccare la tua Vista.»

«No. Certo che no.» disse lei in automatico, ma Jace era di nuovo attento.

«Non essere precipitosa» disse. «In effetti Clary dice che non ricorda nemmeno di avere avuto la Vista, prima di questa settimana. Forse...»

«Forse ho soltanto uno sviluppo ritardato» sbottò Clary. «E non fare quella faccia, sai cosa voglio dire!»

'Veramente no' assunse un espressione ferita. «Non stavo facendo nessuna faccia.»

«E invece sì.»

«Forse» ammise Jace prendendola in giro. «Ma questo non vuol dire che io abbia torto. C'è qualcosa che blocca i tuoi ricordi, ne sono quasi sicuro.»

«Va bene, allora proviamo qualcos'altro.» Dorothea mise giù la tazza e prese i tarocchi. Aprì le carte a ventaglio e le porse a Clary. «Fai passare la mano sopra queste carte finché non ne tocchi una che ti sembra calda o fredda o che resti attaccata alle dita. Poi prendila e fammela vedere.» lei obbedì, la sua mano si fermò sull'asso di coppe.

«L'asso di coppe» disse Dorothea. Sembrava stupita. «La carta dell'amore.»

«È una buona carta, giusto?»

«Non necessariamente. Le cose peggiori gli uomini le fanno proprio in nome dell'amore» Jace poteva giurare di aver visto Dorothea guardare verso di lui per un millisecondo, Per l'angelo, doveva moderare il suo fascino. «Però è una carta potente. Cosa significa per te?» continuò Dorothea.

«Che l'ha dipinta mia madre» disse Clary lasciando cadere la carta sul tavolo Jace la guardò, La carta sembrava quasi stampata tanto il disegno era fatto bene, fatto da una vera artista,. «È stata lei, vero?»

Dorothea annuì «Ha dipinto tutto il mazzo. Un regalo per me. Un gesto gentile, da parte sua.»

Jace scattò in piedi, improvvisamente furioso. «Questo è quello che dice lei. Quanto conosceva la madre di Clary?»

Clary si girò verso di lui. «Jace, non devi...»

La interruppe Dorothea con aria di sfida rivolta solo al giovane Nephilim «Jocelyn sapeva cos'ero io e io sapevo cos'era lei. Non ne parlavamo molto. A volte mi faceva dei favori, ad esempio dipin-germi questo mazzo di carte, e io in cambio le raccontavo qualche pettego-lezzo sul Mondo Invisibile. Mi aveva chiesto di tenere le orecchie aperte riguardo un certo nome, e io lo facevo.»

«Quale nome?» Jace era furente adesso.

«Valentine.»

Jace adesso sembrava scolpito nella pietra, ma dentro di lui nacque un po' di paura. Valentine, il rinnegato. Quando i cacciatori della sua generazione erano bambini usavano questo nome per spaventarli, diamine se funzionava. «E quando di-ce di sapere cos'era Jocelyn, cosa vuol dire? Cos'era?»

«Jocelyn era quello che era» disse Dorothea. «Ma in passato era come te, una Cacciatrice. Un membro del Conclave.»

Clary sussurrò un no, ma nessuno le diede corda. Neanche Jace. Era concentrato sulla finta strega,

Dorothea poi si voltò verso di lei, grondando pena. «È così. È venuta a vivere in questa casa proprio perché...»

«Perché questo è un Rifugio» la interruppe Jace. «È così, vero? Sua ma-dre era una Guardiana, vero? Ha creato questo spazio protetto... il posto ideale in cui rifugiarti se sei un Nascosto in fuga. È questo che fa, nasconde qui dei criminali, giusto?»

«Siete voi a chiamarli così» disse Dorothea ricominciando il battibecco. «Ti ricordi il motto dell'Alleanza?»

«Dura lex sed lex» rispose lui in automatico, come qualcosa impresso a fuoco nel suo cervello. «La Legge è dura, ma è la Legge.»

«Certe volte la Legge è troppo dura. Io so che il Conclave mi avrebbe portato via da mia madre, se avesse potuto. Vuoi che permetta loro di fare la stessa cosa a qualcun altro?»

«Quindi lei è una benefattrice.» Jace arriccio le labbra disgustato. «E magari si aspetta che io creda che i Nascosti non la paghino profumatamente per il privilegio di usare il suo Rifugio.»

Dorothea fece un enorme sorriso. «Non possiamo vivere tutti di sola bellezza, come te.»

Ahi, Jace ci aveva azzeccato, ma non si ritrasse. «Dovrei dire di lei al Conclave...»

«Non puoi!» Clary scattò in piedi. «Hai promesso.»

«Io non ho promesso niente.» sbottò arrabbiandosi anche con lei. Si avvicinò al muro e scostò bruscamente una delle tende di velluto che aveva visto entrando nascondevano una porta. «Mi vuol dire cos'è questa?» chiese.

«È una porta, Jace» si chiese se Clary non stesse cominciando a credere che lui fosse pazzo.

«Zitta» Jace era furente. «È un Portale, vero?»

«È una Porta Pentadimensionale» disse Dorothea, rimettendo il mazzo dei tarocchi sul tavolo. «Le varie dimensioni non sono fatte solo di linee rette» aggiunse in risposta allo sguardo interrogativo di Clary. «Ci sono avvallamenti e pieghe e angoli e fessure dappertutto. È un po' difficile da spiegare, se non hai mai studiato Teoria Dimensionale, ma in sostanza questa porta ti può portare ovunque tu voglia. È...»

«Un'uscita di sicurezza» disse Jace. «È per questo che tua madre ha de-ciso di vivere qui. Poteva sempre scappare all'ultimo momento.»

«Ma allora perché non...» Clary che si interruppe a metà frase. «Per me» disse. «Non voleva andarsene senza di me, quella sera. Così è rimasta.»

Jace scosse il capo, tentando di consolarla. «Non puoi prenderti la colpa...»

Lei si avvicinò a lui, no. Al portale. Con gli occhi pieni di lacrime. «Voglio vedere dove sarebbe andata» disse allungando una mano verso la porta. «Voglio vedere dove sarebbe fuggita...» aprì il portale.

«Clary no!» fece per prenderla ma fu troppo tardi.

Clary era entrata nel portale.

  
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