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Autore: C4rm3l1nd4    17/10/2010    2 recensioni
Martina e Pietro. Due persone, una cosa in comune. Quando una drammatica situazione farà capolino nella loro vita, l'unica cosa che possono fare è aiutarsi e dimenticare l'astio che provavano l'uno nei confronti dell'altro.Forse questa volta la loro vita potrebbe cambiare, ma in meglio.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The true story: all my fault

 

“Ti amo con tutto me stesso. Non te ne ho parlato prima perchè, vedi, stavi con mio fratello. Non volevo che il nostro rapporto si raffreddasse” disse il protagonista di quella improbabile storia d'amore. Pietro era riuscito a far uscire il mio vero carattere e con quello, anche l'orgoglio. Il dolore per Giacomo c'era, amplificato da quello del polso. Eppure mi era sembrato giusto vestirmi e andare a fare un giro per Cuneo ,andando poi a vedere un film con Pietro, mangiando popcorn e commentando gli avvenimenti.

Con me i cambiamenti veloci ormai erano una norma, ma iniziare la giornata con una depressione mortale e finirla con risate e giochi non era proprio normale.

Nonostante ciò, le parole di Pietro mi avevano colpita nel profondo: lui sapeva quello che provavo ed era riuscito a spronarmi per farmi tornare a vivere.

Durante il viaggio tra casa e cinema iniziammo a parlare seriamente. Ero ancora giovane, amavo Giacomo e lo amo tutt'ora, ma non posso smettere di vivere per lui. A 15 anni le storie finiscono e forse quello tra me e Giacomo non era vero amore. E anche se lui era morto per colpa mia, dovevo capire che Giacomo sapeva pensare e sapeva quello a cui andava in contro.

Iniziare a drogarsi era stata una delle scelte più stupide che ebbe mai fatto. Ricordo ancora quando lo avevo trovato in camera sua, in overdose da eroina. Era accaduto due mesi dopo l'inizio della nostra relazione. Quel giorno avevamo litigato perchè lui era geloso e io volevo passare del tempo con il mio migliore amico. Quando avevo capito l'errore, ero subito andata a casa sua per chiedergli scusa.

 

Giacomo? Sei in camera tua? Ho trovato aperta la...” iniziai a dire, ma mi bloccai appena lo vidi steso per terra.

Urlando gli corsi incontro e vidi una siringa per terra. “Giacomo! Giacomo mi senti? Giacomoooo! Oddio, è morto...nono”. Iniziando a piangere chiamai un'ambulanza, che arrivò 10 minuti dopo. Salii con lui, ma quando vidi il defibrillatore e la flebo, non potei evitare alla mia testa di girare. Odiavo gli aghi e gli ospedali, ma per Giacomo sarei dovuta riuscire a superare queste paure. Così, facendo un bel respiro, gli presi una mano e iniziai a parlargli all'orecchio: “Giacomo, per favore, resisti. Fallo per me, per la tua Tinuzz, ti prego!” e non potei evitare di tornare a piangere.

Le lacrime si intensificarono quando il battito cardiaco del mio amore era scomparso. “Noo, ti prego, ti prego resisti! Ancora due minuti e poi saremo in ospedale! Non mi lasciare, non posso vivere senza di te! Ti prego...ti prego...”. Appoggiai la mia fronte sulla sua, bagnandoli la faccia di lacrime. Quando arrivammo in ospedale, il battito cardiaco era tornato, ma debole. Quasi non si sentiva il rumore della macchina.

In ospedale mi costrinsero a lasciare la mano di Giacomo. Dovevano andare in sala operatoria e io non potevo entrare.

E così passarono tre ore. Tre lunghissime ore, in cui, nel frattempo, erano arrivati i genitori e Pietro, i suoi amici e la mia migliore amica. Dovevo avere un aspetto pietoso, perchè tutti accorsero da me, abbracciandomi e dicendomi che Giacomo ce l'avrebbe fatta, che era un ragazzo forte. No, non era forte se aveva iniziato a drogarsi. E tutti lo sapevano, ma nessuno voleva dire quelle parole.

La sala d'aspetto era un incubo: come quando dovevo fare dei vaccini, l'ansia mi attanagliava lo stomaco. Volevo andarmene in fretta da lì, ma allo stesso tempo avevo paura di entrare in quelle stanze. Perciò, quando un dottore uscì e ci venne incontro, quasi stavo per svenire.

La sua faccia grave sembrava naturale, come se negli anni gli siano capitate molte disgrazie.

Signori, suo figlio era molto provato. Nel suo sangue abbiamo trovato una quantità di eroina che avrebbe potuto uccidere una mucca. Eppure ce l'ha fatta. Non sembrano esserci danni celebrali, ma per un mese o due bisogna tenerlo qui in osservazione. Inoltre, uno psicologo parlerà con lui ogni giorno e gli troveremo una clinica per persone con questo tipo di dipendenze. Adesso, se volete scusarmi, ho dei pazienti da visitare. Potete entrare nella sua stanza, ma non in troppi. Grazie”. Lacrime di felicità uscirono su tutte le facce delle persone presenti. Era vivo, si era salvato! Fui la prima a correre nella sua stanza. Quando entrai lo trovai sveglio e gli andai in contro. Lo baciai per un tempo infinito. “Non farlo mai più. Ti prego, non voglio che mi lasci” gli dissi, con ancora le mie labbra attaccate alle sue. “Ti amo. Ti amo. Ti amo” continuò a ripetere, tra un bacio e l'altro.

Quando ci staccammo, mi sedetti vicino a lui e gli presi la mano libera dalla flebo.

Facendomi improvvisamente seria gli chiesi da quanto tempo si drogava”

 

Nessuno aveva mai saputo quando e perchè Giacomo aveva iniziato a drogarsi, perciò fui restia a continuare il racconto. Sapevo che era tutta colpa mia se aveva iniziato, e avevo paura che Pietro si potesse arrabbiare. Eppure parlai, ne avevo un gran bisogno.

“Ha iniziato a drogarsi dalla prima volta che siamo usciti. Si sentiva inadeguato, diceva che ero troppo bella per perdere tempo con lui e, quando quella sera i suoi amici gli avevano offerto un po' di coca, aveva accettato. Gli avevano assicurato che nessuna ragazza, neanche io, avrebbe potuto resistere al suo fascino. Ci credette e da quel momento iniziò il delirio. Ogni volta che tornava a casa dopo essere uscito con me, sniffava e, quando la cocaina non gli era più sufficiente, aveva iniziato a farsi di eroina.

Ogni volta che litigavamo ne prendeva un po' di più a seconda del tipo di litigio” dissi, cercando di essere più fredda possibile, concentrandomi sul dolore al polso e non su quello al cuore.

Pietro era immobile, non sembrava arrabbiato, ma deluso. La sua faccia era come un libro aperto: potevo vedere la delusione, a tristezza e...e il disgusto. Disgusto per me, per quella ragazza che aveva rovinato e ucciso suo fratello. Le sue mani erano ancora sul volante nonostante fossimo fermi sotto casa mia. Le nocche erano bianche. Quando feci per continuare, una sua domanda mi fermò.

“Il...il giorno che è morto, avevate litigato?” mi chiese, puntando i suoi occhi verdi nei miei.

Sospirai, eppure volevo rispondere. Durante quei due mesi non avevo fatto altro che vivere nel vuoto: nessun ricordo mi passava nella mente. L'unica cosa a cui pensavo era la faccia e il corpo di Giacomo. Ogni ricordo veniva represso perchè portava troppo dolore.

In quel momento però ero pronta. Non ne avevo mai parlato con nessuno, nemmeno con i miei migliori amici, quegli amici che avevo completamento evitato da quel maledettissimo giorno. Chissà se sarebbero riusciti a perdonarmi dopo tutti i problemi che avevo causato. In quel momento però dovevo parlare con Pietro.

“Si, e anche di brutto. Quella sera dovevamo uscire ma i miei genitori mi avevano chiesto se potevo restare a casa perchè loro sarebbero usciti e preferivano avere qualcuno, essendo l'antifurto ancora in riparazione. Quando ho chiamato Giacomo per informarlo, lui si è infuriato: ha iniziato a dire che erano tutte bugie, che non volevo più stare con lui, addirittura che lo stavo tradendo. Ho cercato di farlo ragionare, ma non c'è stato nulla da fare. Allora mi sono arrabbiata anche io, gli ho detto che se non si fidava di me poteva anche andarsi a cercare un'altra ragazza. Ma non ero seria, ero solo accecata dalla rabbia. Lui si è zittito e mi ha chiesto se stavo parlando sul serio. Gli ho detto di no, ma che non sopportavo più la sua gelosia infondata. La sua risposta è stata un “bene” e poi ha attaccato. È stata la peggiore lite di sempre” raccontai, con lo sguardo puntato sulle mie mani. Mi vergognavo, e parecchio.

“Si è mai disintossicato?” chiese allora Pietro, con una voce seria e fredda. “Ovviamente no. Aveva mentito a tutti quanti, anche a me. Ho scoperto qualche giorno prima della sua morte che ancora si drogava. Quando l'ho affrontato lui mi ha detto che era stato solo un momento di debolezza, un momento che è durato sei mesi” risposi.

Non sentendolo più parlare, guardai l'orologio. Erano le undici di sera e sicuramente i miei erano già tornati.

“Beh, grazie di tutto. Mi hai fatta risvegliare e mi hai regalato una bellissima serata. Ci si vede in giro. Ciao” e scesi dalla macchina senza neanche guardarlo.

Sapevo che in quel momento il vecchio odio che provava per me era tornato a galla. Con gli occhi appannati dalle lacrime, causa del senso di colpa, corsi verso il portone di casa mia e cercai le chiavi nella borsa. I miei movimenti erano veloci e tremanti, non riuscivo a vedere niente.

Delle mani bloccarono, con un tocco leggero e fresco, le mie, prima di girarmi e abbracciarmi.

“Non è colpa tua. Non lo è. È colpa di mio fratello, quello stupido si è lasciato influenzare dai suoi amici e dalle sue insicurezze. L'avrebbe fatto con qualsiasi ragazza. Non devi stare male per un idiota come lui. Non se lo merita” disse Pietro, abbracciandomi e sussurrandomi all'orecchio parole dure ma con voce dolce.

Il suo abbraccio mi sembrava diverso da quello di due mesi prima, ma non seppi spiegarmi il perchè.

Quando entra in casa fui assalita dai miei genitori: mia madre piangeva e mio padre sorrideva.

Si erano preoccupati non vedendomi in casa, ma dopo avermi vista di nuovo viva la felicità era entrata nei loro occhi.

Finalmente, quando riuscii ad entrare in casa mia e a toccare il letto, mi addormentai senza più pensieri negativi.

 

Ok, premetto che odiando davvero aghi, ospedali e tutto ciò che li riguarda (comprese varie serie tv) e non sapendo niente di medicina, non vi assicuro che quello che c'è scritto sia esatto. Anzi, sono sicura che non lo sia! Perciò, perdonatemi se ho scritto cavolate assurde, ma il mio intento non è basarmi sulle condizioni cliniche dei vari personaggi, ma sui loro sentimenti.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Noto che non ci sono ancora recensioni, perciò credo che ci saranno ancora uno o due capitoli e l'epilogo. Voglio finire questa storia perchè a nessuno piace, ma non ho intenzione di cancellarla. È una parte di me perciò anche per questo mi dispiace molto che alla gente non piaccia.

Beh, non ce altro da dire.

 

C4rm3l1nd4

   
 
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