Indispensabili banalità
Il compleanno di Naruto cadeva il dieci
ottobre. Quell’anno erano venticinque. Naruto aveva, ovviamente, deciso di dare
una festa. Una grande festa, piena di dolci, pizzette e altro cibo fritto
straunto, piena di gente (idiota) che si dimenava ridicolmente e in modo ritmato
in quella usanza barbara che è il ballo e di altra gente (ugualmente idiota) che
parlottava e chiacchierava, di argomenti assolutamente inutili, spanciandosi in
risate atrocemente simili a nitriti e a ululati.
Come se questo non bastasse il festeggiato aveva addobbato
l’intera casa con orrende decorazioni arancioni, verdi e viola e aveva invitato
gente veramente, veramente assurda. Perciò, in caso si volesse un po’ di pace,
si era costretti a trincerarsi in un angolino e pregare che qualche simpaticone
un po’ troppo alticcio, non venisse a tentare di coinvolgerci in un fantastico
trenino.
Questo sarebbe stato ancora quasi sopportabile per Sasuke e
sarebbe stato sopportabile persino Kiba (in mutande) sul tavolo del salotto
tutto intento a saltare e a cantare (o meglio barrire) sulle note di chissà
quale orrida canzone, o il fatto che Nara e la sorella di quel Gaara stessero
praticamente fornicando sul divano e lo sarebbe addirittura Sai, completamente
ubriaco, che spara ogni due per tre battute a sfondo sessuale ancora più
allucinanti del solito su qualsiasi cosa, persona o animale gli si pari davanti
agli occhi.
Purtroppo, però, al peggio non c’è mai fine. Sasuke Uchiha
non aveva un regalo. Non per colpa sua: aveva passato due settimane a cercarlo
ma, appena un idea gli balenava in mente, la scartava subito. Erano tutte
estremamente, tragicomicamente banali. Fare cose banali non era certo un
comportamento che si addiceva a Sasuke Uchiha. Per questo aveva continuato a
rimandare di giorno in giorno e, quasi senza accorgersene, si era trovato la
sera della festa a mani vuote. Va da sé che tutti avevano portato
almeno un pacchetto infiocchettato se non addirittura due o tre.
Certo Naruto non se la sarebbe presa, sarebbe bastato fargli
capire che in realtà stava cercando qualcosa di adatto. Lui gli avrebbe creduto,
avrebbe sorriso e avrebbe detto che non importava, che gli bastava la sua
presenza come regalo.
Sasuke, però, non riusciva a stare tranquillo. Dopo tutto
quello che il biondo aveva fatto per lui non era stato nemmeno in grado di
comprargli uno stupido pensierino.
Poteva non sembrare da lui preoccuparsi per un cosa simile:
da quando era tornato, era decisamente cambiato. Senza contare che qualsiasi
cosa avesse a che fare con quella biondissima testa quadra dell’Uzumaki prendeva
un’importanza tutta particolare. Era così da sempre; in un certo senso lo era
stato persino nel periodo spaventoso del suo tradimento.
L’Uchiha sbuffò e si sistemò sulla sedia con nervosismo.
Lanciò un occhiata a Naruto che sghignazza, chiacchierando con Sakura e Rock
Lee. Il biondo indossava una casacca aperta su pettorali che si intonava con
l’azzurro dei suoi occhi e i pantaloni scuri disegnavano alla
perfezione le cosce scolpite.
L’abbinamento dei colori non era chiaramente farina del suo
sacco. Infatti c’era lo zampino della Haruno.
Il giorno precedente la ragazza si era presentata nel loro
appartamento imponendo al ragazzo di vestirsi in modo decente almeno per il suo
venticinquesimo. Come al solito aveva usato argomenti molto convincenti (aveva
minacciato Naruto di picchiarlo così tanto, se avesse provato a protestare, che
non avrebbe avuto problemi su come vestirsi perché il compleanno lo avrebbe
passato in ospedale). Sakura, tendeva spesso ad essere un tantino troppo materna
nei loro confronti ma in questo caso Sasuke non poté far altro apprezzare il suo
gusto. Naruto era decisamente divino, cioè, si corresse subito mentalmente, era
quasi passabile.
L’Uchiha fece passare lo sguardo annoiato sulla piccola folla
che occupava la stanza. Tutti sembravano divertirsi tranne lui. Sospirò
nuovamente e si chiese per l’ennesima volta cosa gli fosse saltato in mente
quando aveva deciso di partecipare a quella festa.
Dopo essere tornato a Konoha ci aveva messo più di sei mesi
per iniziare ad uscire di tanto in tanto il pomeriggio. La maggior parte delle
volte veniva letteralmente trascinato di peso dai suoi ex compagni di squadra.
Negli ultimi tempi le passeggiate pomeridiane erano aumentate
e si era persino aggregato a qualche vera e propria uscita di gruppo serale.
Effettivamente nemmeno in quelle occasioni si era mai trovato a suo agio: i
discorsi che si facevano erano così stupidi e sciocchi, e le attività erano
sempre le solite. Insomma una vera e propria fiera della banalità.
Proprio non capiva cosa ci trovassero gli altri di così divertente. Di certo
quelle serate non lo aiutavano a distrarsi da quella tremenda angoscia che
sembrava non volerlo lasciare mai.
Sasuke sentì che i soliti pensieri stavano tornando
prepotenti a invadergli il cervello. Si alzò e si diresse verso il
balcone; aprì la porta finestra e uscì a prendere un po’ di aria e a riposare le
orecchie dal baccano. Si sedette a terra e poggiò la schiena al muro. Le
mattonelle erano gelide e il freddo si trasmise dalle gambe a tutto il corpo. Il
moro non aveva voglia di entrare a prendere il cappotto: la sua testa continuava
a correre veloce.
Sapeva bene perché aveva deciso di essere presente in quella
occasione, perché era la festa di Naruto. Semplicemente per quello. Per lo
stesso motivo per cui, alla fine, aveva deciso di tornare a Konoha e per lo
stesso motivo per cui aveva trovato la forza di affrontare i propri demoni
giorno per giorno, senza cercare la pace attraverso la vendetta o la distruzione
di tutto quello che gli ricordasse quanto di tragico ci fosse nel suo passato.
Per Naruto.
Tutto ciò che riguardava il biondo nella sua vita aveva un
qualcosa di imprevedibile, che andava al di là della sua volontà e delle logiche
che sembravano guidare gli accadimenti della sua esistenza.
Forse per quello le serate e i pomeriggi passati con
lui a non fare niente, se non fingere di ascoltare i suoi sproloqui o ad
allenarsi o a guardare la televisione o, semplicemente, a starsene seduti sul
divano a fissare il soffitto, non gli dispiacevano affatto, sebbene fossero
banali anche questi. Addirittura più banali degli argomenti da bar delle “uscite
di gruppo”. Non gli dispiacevano a tal punto che erano andati a convivere in un
piccolo bilocale da ormai due mesi.
“Sas’ke! Ti ho portato una coperta, ok che adori i rettili e tutti gli animali a sangue freddo, ma non vorrai mica diventare un ghiacciolo?” Una voce squillante strappò il ragazzo dalle sue elucubrazioni. L’oggetto dei suoi pensieri si è appena materializzato accanto a lui con in mano due plaid (arancioni) e sul viso un sorriso abbacinante. “Tsk” ribatté il moro alzando il sopracciglio per l’infelice umorismo della battuta. “Ringraziare mai?” Borbottò Naruto coprendolo e, sedutosi al suo fianco, si intabarrò anche lui nella coperta. “Lo sai che son contento che tu sia venuto, so bene quanto queste cose non ti piacciano.” il biondo sorrise appoggiando la testa sulla sua spalla. Era uno dei suoi sorrisi spiazzanti, quelli così luminosi e naturali che sembravano trasmettere la propria luce a tutto quello che li circondava.
Naruto era caldo pensò Sasuke che percepiva più intensamente del normale il peso del suo capo adagiato sulla propria clavicola e il contatto con il suo braccio, e il suo fianco anche attraverso tutta quella la stoffa. Il moro sentiva la testa leggera e, improvvisamente, un gran calore che si irradiava tutto il corpo a partire dal viso. Non osava muoversi o togliersi di dosso la coltre di lana diventata ormai un impiccio. La vicinanza con lui gli faceva quell’effetto da più o meno un mese, da quando si era accorto di provare qualcosa che andava decisamente al di là dell’amicizia.
“Sai” riprese a parlare l’Uzumaki “sono così contento che tu
sia qui che ti perdonerò perché non mi hai portato nessun regalo.” Per un
attimo, uno solo, Sasuke ebbe la tentazione di chinarsi su di lui e baciarlo
dicendo qualcosa tipo “Non è vero che non ho un regalo. Il mio regalo è questo.”
A dire il vero era da un mese che entrambi giravano attorno all’
argomento senza che nessuno dei due avesse il coraggio di scoprirsi del
tutto. Nonostante ormai fosse chiaro quello che provavano l’uno per l’altro,
erano ancora timorosi a mostrare i propri sentimenti. Insomma non capitava tutti
i giorni di innamorarsi del proprio migliore amico dello stesso sesso. Così non
facevano altro che aspettare il momento giusto e quello avrebbe potuto esserlo,
finalmente, ma Sasuke preferì desistere: non avrebbe fatto qualcosa così banale
come dichiararsi al compleanno di Naruto.
“Anzi, adesso che ci penso..” aggiunse quest’ultimo dopo un
attimo di pausa “Forse un regalo per me ce l’hai.”. Il moro trasalì, l’amico
aveva in fondo allo sguardo un luccichio diverso che non lui seppe , non osò,
interpretare chiaramente. Che il biondo fosse improvvisamente capace di leggere
nel pensiero? Si chiese col cuore in gola. “Dai che hai capito Sasuke! Poi sono
io l’idiota, eh? Se non vuoi darmelo, me lo prendo.” Sussurò Naruto
posando una mano sulla guancia dell’altro e unendo le loro labbra
in un soffice, breve, contatto. Dopo pochissimi istanti si staccò ma subito
lambì nuovamente la bocca di Sasuke e provò a farsi spazio con la lingua. Fu un
bacio impacciato: era il primo per tutti e due. Eppure Sasuke sentì davvero le
farfalle nello stomaco e il cuore correre nel petto come imbizzarrito. E,
sebbene tutto quello fosse assolutamente scontato e banale, degno del più
squallido romanzetto rosa, al ragazzo andava bene così. Forse non importava più
nulla, forse quello che contava in quel momento era solo stare con Naruto, con
la sua bocca che sapeva di buono premuta addosso. Il moro sorrise contro quelle
labbra calde e morbide. Un altro pensiero banale. Sembrava un abitudine ormai.
In ogni caso preferiva continuare a baciare quella testa quadra che starsene lì
a rimuginare.
Parecchi baci dopo Naruto si staccò; aveva lo sguardo più
perso ed ebete del solito, i capelli tutti spettinati e il respiro affannoso
“Non male, anche se devo dire che ci manca un po’ di pratica, penso che dovremmo
allenarci a lungo per migliorare” sghignazzò il biondo sornione.
“Adesso vieni, torniamo dentro.” disse prendendolo per mano e
trascinandolo con sé.
La mattina seguente Sasuke, steso a letto mentre Naruto si
lavava i denti dopo la colazione fu colpito da un illuminazione improvvisa: ciò
di cui aveva più bisogno erano le cose banali. La sua vita di banale non aveva
avuto proprio niente e non si poteva certo dire una vita felice, almeno fino ad
allora. Sasuke aveva bisogno di cose come l’odore del caffè la mattina, come i
pomeriggi passati in due sdraiati sul tatami sotto le coperte perché fuori
pioveva troppo per andare ad allenarsi, come il bento che Sakura come una brava
mamma continuava a preparare a tutti e due. Cose come baciare la persona che
amata fino alla nausea, come le farfalle nello stomaco e, perché no, le
dichiarazioni alle feste di compleanno. Oppure cose come guardare il proprio
ragazzo affondare la faccia nel ramen nel tentativo di ingurgitarne il più
possibile e come trovare adorabilmente irritante quando questo ne riemerge pieno
di pezzi di cibo ovunque. Cose come un posto da chiamare casa e qualcuno da
poter chiamare famiglia, cose come i pic-nic all’aria aperta in primavera,
come le continue gare, competizioni e sfide proposte dal biondo,
come i piatti fatti in casa, come trovare mutande arancioni con le rane nel
proprio bucato e riuscire comunque a fare pensieri poco casti su quello che sono
destinate a contenere. Cose come fare l’ amore tutta la notte e svegliarsi
distrutti e doloranti il giorno dopo, tanto da riuscire a fare solo colazione,
dover subito tornare a letto e trovarsi a fare pensieri assolutamente
sconclusionati e deliranti.
Sasuke ne aveva un bisogno tremendo e viscerale.
Visto che stare con Naruto, che di per sé era tutto fuor che
banale, sembrava l’unico modo in cui il moro potesse concedere a se stesso
queste piccole banalità decise che non se lo sarebbe lasciato scappare per nulla
al mondo. Non che il biondo volesse andarsene da qualche parte. Anzi in quella
notte passata a rotolarsi tra le lenzuola aveva già messo bene in chiaro che non
aveva nessuna intenzione di lasciare che qualsiasi cosa interferisse nell’unione
col suo bastardo preferito.