Posso volare
Poggiò il suo piccolo piede sulle superficie liscia e indistruttibile dell’acqua che scorreva limpida e indisturbata nel ruscello.
Febhe sentiva solo il rombo frenetico del suo cuore, e un freddo improvviso all’anima. Era morta, ma si era rialzata. Vedeva ancora le chiazze di sangue e i grumi pesanti scenderle dal fianco sinistro che inspiegabilmente era ferito.
L’acqua le bagnò la caviglia e risalì gelida e cristallina fino al ginocchio sbucciato e contuso. Era meravigliata ma si sentiva vuota. Si guardava intorno come se i suoi occhi scorgessero per la prima volta le meraviglie del ruscello incantato di cui tanto aveva agognato la visione.
Si sentiva però infinitamente sola e incomprensibilmente triste e svogliata. Non voleva sognare, non voleva pensare e non voleva respirare. Era morta ed era giusto che come tale i suoi polmoni non bramassero ossigeno.
Oramai l’acqua le circondò la stretta vita, accarezzandole dolcemente i fianchi. Si accorse in quel momento che brillava. Brillava come una stella, lontana ma ben evidente, e pian piano la sua anima sussultò e in quell’attimo percepì un bagliore freddo ed inconsistente penetrarle il cuore.
Era un’anima.
Adesso poteva volare.