2.
I
nuovi vicini
Il giorno
dopo, era un giovedì, fu un trambusto indicibile proveniente
dalla strada a
svegliarle.
- Cristo, chi è che fa sto casino
all’alba?! – ringhiò Uccia
emergendo da un groviglio di coperte. La sua coinquilina
allungò un braccio
fino al comodino per prendere il cellulare.
- Guarda che veramente sarebbe
mezzogiorno…
- Appunto, è l’alba!
Qualcuno una volta azzardò
l’ipotesi che le Uccie fossero animali
notturni. Sbagliava: non sono notturni, sono solo inquietantemente
pigri.
- Starbucks? – chiese Serena, la voce
ancora impastata dal sonno.
Prendendo il verso inarticolato di Uccia per un sì,
impiegò tutte le sue forze
per alzarsi e scivolare nei vestiti, mentre una ragazza e cinque gatti
si
spalmavano per occupare anche il suo posto sul letto.
Quando tornò, una ventina di minuti
più tardi, con due caffè al
caramello, una scorta millenaria di cookies e due panini che
presumibilmente
sarebbero stati il loro pranzo, trovò Uccia seduta sul letto
con dei fogli in
mano.
- Ho finito i quaderni. –
annunciò – E anche i pennarelli neri.
- Toccherà uscire anche a te.
– disse Serena con una nota di compatimento
nella voce. Uccia per il nervoso bevve il caffè tutto
d’un fiato, poi corse in
bagno cristonando perché si era scottata la lingua.
Serena mentre addentava un biscotto diede
un’occhiata ai disegni
abbandonati dall’amica. Sangue. Sangue. Sangue. Due che si
bac….ah, no, era
l’illustrazione per il suo ultimo racconto. Sangue. Sangue.
Sangue.
Sospirò. - Immagina che –
disse a Nate che stava giocando con il
suo alluce – un’idea o un miliardo di sterline ci
piovessero dal cielo. Non
sarebbe fantastico?
- ‘antastico. –
bofonchiò Uccia – Ma ‘appi che non
‘uccederà. E
‘omunque ‘arebbe più probabile che ci
‘iovano un miliardo di ‘terline piuttosto
che…
- Che tu impari a bere il caffè senza
bruciarti?
Uccia le rivolse una lunga occhiata affettuosa.
- ‘erena? – disse alla fine.
- Sì?
- Ma ‘affanculo.
Era
all’incirca metà pomeriggio quando un suono
improvviso le fece sobbalzare
entrambe. Impiegarono diversi secondi a capire che si trattava del
campanello,
e si guardarono sconvolte: l’unica persona suonasse mai alla
loro porta era il
proprietario dell’appartamento che chiedeva gli arretrati
dell’affitto, ma
questo mese stranamente avevano già saldato la rata.
Fu con fare immensamente circospetto che Serena si
avvicinò alla
porta. Prima di aprire, si mise in punta di piedi per dare
un’occhiata
attraverso lo spioncino e assicurarsi che non si trattasse di un
venditore di
cravatte porta a porta o di un serial killer assatanato, due categorie
che avrebbe
evitato volentieri. Grazie al cielo, erano solo due giovani uomini. Uno
indossava una maglia a righe e un paio di jeans logori, aveva una
zazzera di
disordinati capelli rossi e aspettava a testa alta che qualcuno
rispondesse. Il
secondo invece se ne stava in disparte, a braccia conserte, come se non
volesse
essere lì. Era magrissimo e leggermente più basso
del rosso, vestiva di nero e
aveva lunghi capelli biondissimi e lisci.
Serena impiegò qualche secondo a
riconnettere il cervello e
risucchiare il rivoletto di bava che le stava per scendendo a lato
della bocca.
- Uccia! – sibilò.
- Chi è?
- I due esemplari maschili più belli che
abbia mai visto!
- E allora apri, hai visto mai che uno sia
masochista e uno bisex.
Serena annuì freneticamente e
obbedì, mentre ogni sospetto cedeva
il passo alla curiosità.
- Buonsalve. – disse riacquistando la
propria dignità.
Il rosso alzò una mano in cenno di
saluto. – Ciao! Mi chiamo Matt,
e lui è Mihael, siamo i nuovi vicini. – disse
indicando la porta accanto alla
loro. – Siamo arrivati proprio oggi e siccome d’ora
in avanti abiteremo sullo
stesso pianerottolo ci sembrava educato venire almeno a presentarci.
– sorrise
– Speriamo di non aver disturbato…
- No, no! – si affrettò a dire
Serena – Anzi, prego, venite!
- Oh, grazie!
Il rosso sembrava felice dell’invito,
mentre il biondo si trattenne
appena dallo sbuffare mentre il compagno lo trascinava dentro.
- Io sono Serena – si presentò
– e lei è Lisa. Socia, loro sono
Matt e Mihael, i nuovi vicini.
- Ecco spiegato tutto quel casino. –
commentò Uccia lanciandogli
un’occhiataccia.
- Hem…scusatela –
sussurrò Serena a Matt – Non è cattiva,
ha solo
un pessimo carattere.
Matt sollevò
un sopracciglio con un’espressione a metà tra il
perplesso e il divertito. - Questo
significa che quei due andranno d’accordo - ghignò.
Serena li
introdusse nel loro piccolo, incasinato e affollato mondo privato. -
Scusate il
disordine, ma siamo persone piuttosto…beh, disordinate.
Il rosso si
guardò intorno e dopo un attimo di silenzio
esclamò stupefatto: - Ma è ENORME!
Ovviamente
si riferiva a ciò che nella stanza occupava
l’ottanta per cento dello spazio:
il Letto.
Esso
rappresentava l’orgoglio e la felicità delle
nostre due eroine. Era gigantesco,
rotondo e morbidissimo, nonché la cosa più
preziosa di tutto il monolocale. Il
suo diametro era di due metri e mezzo e un emisfero era protetto da una
testata
in ferro battuto. Lo avevano acquistato non appena giunte a Londra,
spendendo
buona parte dei risparmi che avrebbero dovuto costituire la base nella
loro
nuova vita e gettando al vento, assieme alle sterline, il loro buon
senso (che
in realtà non era mai stato molto…) per
quell’enorme alcova e numerosi set di
lenzuola colorate, a righe, nere, di seta, cotone e lino. Insomma, un
patrimonio per l’investimento del sonno. Lo avevano
immediatamente giudicato un
ottimo affare e, considerato che ci passavano circa 23 ore e mezza al
giorno,
lo era stato.
- Eh già! -
rispose Serena giuliva - È la cosa più comoda del
mondo! La controindicazione è
che non c’è più spazio per
nient’altro, quindi se volete accomodarvi dovete
sedervi lì.
Matt non si
fece pregare e trascinò con sé anche il biondo,
che si rintanò in un angolo.
- Allora -
chiese Serena - Da dove venite?
- Io sono di
Aberdeen, ma sono venuto in Inghilterra con i miei quando avevo undici
anni.
Mihael invece…
Uccia
osservava la scena con espressione corrucciata. Anche Mihael osservava
la scena
con espressione corrucciata. Le loro due espressioni corrucciate
sembravano
essere state sfornate dal medesimo creatore di espressioni corrucciate.
Alla loro
aura negativa si opponeva l’allegro ciarlare di Matt e
Serena, che sembravano
già essere diventati super amici.
- Che
maleducata, non vi abbiamo neanche chiesto se volete qualcosa da bere!
- esclamò
Serena di punto in bianco - Ci spiace, ma non abbiamo molto in
casa…però se
volete possiamo farvi un caffè, o un tè
caldo…
- Tranquille,
non dovete preoccuparvi! Volevamo solo presentarci, non
c’è bisogno che vi
disturbiate!
- Ma perché
devono sempre parlare al plurale… - borbottarono Mihael e
Uccia all’unisono. Si
lanciarono un’occhiata sorpresa e dopo un attimo di silenzio
scoppiarono a
ridere. Gli altri due ammutolirono all’istante.
- Un…un momento… - disse
Serena guardando alternativamente la
coinquilina e il biondo – Tu…voi…
- …state ridendo?! – concluse
Matt sconvolto.
- Beh, è tanto strano? –
chiesero i macabri.
- Si! – esclamarono i chiacchieroni.
Fu per interrompere il silenzio
imbarazzato
che Serena cominciò a frugare nel pensile
dell’angolo cottura alla ricerca di
una caffettiera, intavolando con Matt un’allegra conversazione
sulla bellezza dei gatti che, sospettosi,
si aggiravano tra le loro gambe.
Dall’altra parte della stanza, Mihael sbuffò scocciato. – Che
nervi, possibile che debba fare
quella faccia ogni volta che manifesto un’emozione? Notizia
sensazionale,
signore e signori, Mihael Keehl non è un maledetto cyborg!
- Finalmente, qualcuno che può capirmi.
- Fanno così anche con te?
- Ogni maledetta volta.
Mihael la squadrò con interesse.
– Lisa hai detto?
- Chiamami Uccia.
- Uccia?!
- Mi chiamano così.
- Quelli sono tuoi? – chiese lui
indicando i vestiti che sbucavano
dal surrogato di armadio che occupava il poco spazio tra la finestra e
il muro.
- Sì.
- Piace lo stile goth?
- Molto.
- Ho avuto anch’io il mio periodo, ma poi
ho lasciato perdere: troppo
lungo vestirsi il mattino.
- Vero. Ma la cosa più divertente
è che sommando quello che ho
speso in vestiti da quando siamo qui potremmo affittarci un altro
appartamento,
però in definitiva non esco mai di casa.
- Strana tipa.
- Sono un’artista. Dicono che gli artisti
siano tutti pazzi per
definizione.
Con un “Ah.” il biondo
accettò la spiegazione.
- Ecco qua! – intervenne in quel momento
Serena porgendo loro due
tazze colorate. Poi, senza smettere di parlare, gli si sedette di
fronte subito
seguita da Matt.
- E voi, che cosa fate? – chiese lui
proseguendo una conversazione
evidentemente iniziata mentre preparavano il caffè.
- Io scrivo – disse Serena – e
Uccia disegna. Ci guadagniamo da
vivere così, o almeno ci proviamo.
- E vivete insieme da quanto?
- Mmm…quant’è,
Uccia? Sono già diversi anni ormai…
- E come mai? Voglio dire, siete solo coinquiline
o… - si schiarì
la gola imbarazzato.
Serena rise. – No, no! Siamo amiche!
Siamo venute a Londra per
l’università e viviamo insieme da allora. Nei
limiti del possibile lavoriamo
anche insieme.
- Oh. Sì, certo scusa, non volevo
sembrare… - si grattò la nuca –
Sentite, tanto vale che ve lo dica, poi siete libere di giudicarci come
vi
pare…
Dall’espressione che aveva, le due
ragazze cominciarono a credere
che avrebbe confessato un omicidio. Invece…
- Noi siamo gay. E stiamo insieme.
La mascella di Serena franò di venti
centimetri. – Da...davvero?
Matt annuì. – Se la cosa vi
crea dei problemi ditelo, non ci…
Non finì la frase, perché in
quel momento una tazza blu si rovesciò
sul lenzuolo, mentre Serena crollava all’indietro sul
pavimento.
- Oddio! – Matt schizzò in
avanti per risollevarla – Che le prende,
sta male? È colpa nostra?
Uccia scosse la testa.
- Tranquillo, sta benissimo. Avete solo appena reso
la sua vita degna
di essere vissuta.
La prima cosa
che fece Serena quando finalmente si riprese, fu tirare una testata al
comodino. La seconda, guardarsi intorno per poi chiedere terrorizzata
che fine
avessero fatto i vicini.
- Sono tornati a casa loro. – rispose
Uccia da sopra il letto.
- Senza neanche salutarmi? – chiese
Serena, la voce già rotta dal
pianto.
- Sono arrivati oggi, hanno ancora tutto da mettere
a posto, e tu
sei stata lì più di un’ora.
- E perché non mi hai svegliato?! Hai
lasciato che i due angeli se
ne andassero senza che io potessi nemmeno…
- Hey, guarda che Matt ci ha provato a tirarti su,
ma non c’è stato
verso.
Serena scosse la testa sconsolata. –
Orrore! Non posso pensare di
essere stata spiaccicata sul pavimento mentre i nostri meravigliosi
vicini uscivano
e…
- Tornano domani.
Serena per poco non svenne di nuovo. –
È troppo bello per essere
vero! – esclamò – Abbiamo due vicini
belli come il sole, gay e che per di più
domani tornano qui! Non
è fantastico?
- Sì, certo… - rispose Uccia
ricominciando a vederla come un cactus
fluorescente.
- E poi Matt è simpaticissimo! Non trovi?
- Troppo petulante.
- Mihael invece è un po’
troppo cupo, però… - le si illuminarono
gli occhi – È magnifico! Ed è gay!
Dobbiamo assolutamente andare a comprare dei
biscotti o qualcos’altro da mangiare, e del tè che
l’abbiamo quasi finito
e…ommioddio dobbiamo mettere in ordine, non possiamo fare di
nuovo brutta
figura!
Uccia aveva smesso di ascoltarla a
“dobbiamo assolutamente”. Nella
sua mente il cactus alieno saltellava per la stanza sempre
più velocemente fino
a esplodere in un sonoro “pop!”.
Hel Warlock: GRAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAZIE!!!! *______* La tua recensione è stata epica! Tipo, wohohoho!!! Davvero, grazie grazie grazie!! Ti vogliamo tanto bene! Grazie alla tua recensione ti meriti una comparsata nella storia, basta che ci dici come vuoi essere chiamata! XD
titti94: Grazie per averci messo tra i preferiti! ^.^