Libri > Hyperversum
Segui la storia  |       
Autore: Dean Lucas    19/10/2010    2 recensioni
Ian riabbraccia Isabeau ma scopre il prezzo del perdono di Ponthieu: i ragazzi si vedono costretti a ritornare con Isabeau nel presente in cerca dell'unico manufatto che può convincere Guillaume. Nel passato, una donna mette alla luce una bambina, senza sapere che avrebbe scritto alcune delle pagine più importanti della storia di Francia. Il suo destino si intreccerà con quello di Ian, Daniel, Isabeau e Ty, tra guerre e assedi, sconfitte e vittorie e soprattutto un nuovo amore più forte di ogni cosa. E quando tutto sembrerà ormai perduto, e la vita della misteriosa ragazza e il segreto stesso di Hyperversum saranno in grave pericolo, una donna dovrà prendere la decisione forse più importante nella storia dell'umanità. Chi c'è dietro Hyperversum? I ragazzi forse l'hanno sempre saputo, ma quando arrriverà finalmente il momento di conoscere la risposta, questa li sorprenderà più ancora delle loro incredibili avventure.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Mónika Szigeti era arrivata all’Aeroport de Lille, nelle Fiandre francesi, con quasi un’ora di anticipo sull’orario previsto di atterraggio del Learjet 45 XR proveniente dalla base militare di Davis-Monthan, Tucson, Arizona.

Non lasciava mai nulla al caso e quando la informarono che il piccolo ma superbo bimotore otto posti sarebbe giunto con abbondante anticipo sul piano di volo, non si meravigliò ma ordinò allo steward di preparare un caffè macchiato per lei e uno lungo per il suo nuovo boss, che stava atterrando.

Dopo aver osservato rullare e manovrare sulla pista la sagoma slanciata del Learjet, attese che entrasse dentro l’enorme hangar privato, dove un lussuoso e nuovissimo Bombardier 85 era già parcheggiato. Esaminandone il profilo alare, si stupì che ricordasse la guardia che incrociava una spada tra la lama e l’elsa: le ali rastremate erano leggermente ad angolo acuto, con le estremità che terminavano con due brevi appendici aerodinamiche rivolte verso l’alto.

Lo steward dell’aviorimessa la seguì come un’ombra quando lei si avviò verso l’unico uomo che scendeva dagli scalini.

Scattò sull’attenti, non appena il suo nuovo capo stava per passarle di fianco. “Benvenuto in Francia, Signor Generale!”

“Lei deve essere Mónika, suppongo.”

“Affermativo, Signore.”

“Si metta pure comoda, Maggiore” le disse cordialmente, porgendole la mano, “riposo”.

Mónika gli ricambiò la stretta con una presa che non fu né troppo timida né troppo forte.

“Caffè, Signore?”

“Grazie”, rispose lui, raccogliendo dal vassoio la tazza grande che gli porgeva lo steward, “ne avevo proprio bisogno dopo tutte queste ore di volo. Non ero più abituato, per la miseria!”

“La condurrò io stessa al suo hotel, ho prenotato una stanza all’Hermitage Gantois: è l’hotel più in vista di Lille ed abbiamo uno dei nostri operativo lì dentro da quasi dieci anni. La sua stanza è già stata debitamente controllata ed è pulita, Signore.”

“Il Colonnello Appleton mi aveva riferito che è molto efficiente, Maggiore. Mi affido completamente a lei se non le dispiace.”

“E’ mio dovere, Signor Generale”.

“Il Colonnello mi ha raccontato anche che i suoi uomini la chiamano Szigi. Sono curioso, non conosco il significato di questa parola”.

Mónika sperò che le guance non rivelassero troppo il suo imbarazzo mentre rispondeva: “Sono di origini ungheresi, Signore. Mio padre è ungherese e mia madre è di Boston, anche se sono di stanza in Francia da alcuni anni” spiegò.

 Szigi è il diminutivo del mio cognome, nella mia lingua significa isola. E’ il soprannome con cui mi chiamano i ragazzi del nucleo operativo”. Fece una pausa e poi sapendo con certezza di stare per arrossire, esclamò tutto ad un fiato: “Gli uomini sono tutti dei porci, con rispetto parlando, Signore, se non gli dai quello che vogliono… bè, poi trovano sempre qualcosa con cui fartela pagare, Signore.”

John Freeland si soffermò ad esaminare il Maggiore Mónika Szigeti. I lineamenti erano regolari ma non anonimi, come le labbra, né sottili né carnose. Il viso era contornato da due frange biondo cenere, lisce e lucenti:  su un lato i capelli erano scalati all’altezza della bocca, sul lato opposto invece, scendevano più lunghi, tra il mento e la spalla, mentre una ciocca le percorreva di traverso la fronte e spariva appiattita dietro l’orecchio.

I grandi occhi, appena ombreggiati da un leggero trucco antracite, erano di un grigio-verde limpidissimo e sconvolgente e lo stavano fissando con intensità sconcertante.

Szigi  era una donna dalla bellezza non comune. Il Generale intuì come il suo aspetto fisico, più che aiutarla, fosse stato un problema nell’esercito e nei corpi speciali. Come per altri uomini che conosceva e che possedevano qualità straordinarie, il rischio era proprio quello: diventare un’isola, messi da parte dal gruppo a causa del loro stesso dono. Come ripeteva ai suoi soldati in questi casi, stava all’intelligenza del singolo venire fuori da simili situazioni.

“Mi creda, non avevo nessuna intenzione di metterla in imbarazzo, dimentichi la domanda...” si scusò, mentre strangolava mentalmente il colonnello Appleton.

“Non importa, Signore. Il soprannome ha finito col piacermi e l’ho adottato io stessa. Ai miei uomini piace giocare coi nomi, ma le assicuro che in missione non troverà un reparto più efficiente in tutto il continente.”

 John comprese dalla sua risposta che aveva avuto abbastanza buon senso da farsi una ragione di ciò che pensava la sua squadra di lei ed era andata avanti per la sua strada.

Non lasciò tuttavia trasparire il suo compiacimento quando aggiunse: “Non dubito dell’efficienza dei suoi uomini, Maggiore. Ma la nostra è una missione diplomatica, non lo scordi.”

Sir, yes Sir!” scattò lei di nuovo sull’attenti, rivolgendo al comandante il tipico saluto in uso nel corpo dei marines. “Noi ex marine siamo sempre pronti ad ogni evenienza, Signore”.

A John quella donna non dispiaceva. E anche lui era un ex marine. Avrebbero tirato fuori dai guai Jodie e trovato suo figlio e Ian, ovunque si fossero cacciati. Osservando Szigi si sentiva ora più sicuro di farcela.

 

 

***

 

 

Mónika prelevò la Renault alla Hertz dell’Aeroport de Lille e accompagnò John all’Hermitage Gantois.

Lui si concesse appena il tempo di rinfrescarsi e posare le valige, poi chiamò Szigi sul cellulare: “Sono pronto, aspettami giù nella hall, sto arrivando.” Mónika stava già digitando sul navigatore le parole: Chemin de la Plaine, 179.

Era l’indirizzo del carcere di Lille-Sequedin.

Presero la A25 verso nord, in direzione Lille Dunkerque, percorrendola in silenzio per alcuni chilometri. Solo quando l’auto svoltò sulla destra per Sequedin, John parlò e si informò se l’ambasciata avesse fatto storie alla richiesta inoltrata con urgenza dal Comando della U.S.I.C.

As smoothly as honey, Sir. Ho già collaborato in altre missioni con Cynthia Doell, della VPP Lille. Ha prodotto tutta la documentazione necessaria a tempo di record.”

“VPP, ha detto?”

“A Lille stiamo sperimentando un nuovo tipo di ambasciata innovativa. VPP sta per Virtual american Presence Post, abbiamo un consolato solo virtuale, Signore.”

“Virtuale? Santo Dio, di questo passo ci manca solo che recluteremo agenti virtuali, affronteremo missioni virtuali e magari scopriremo che il mondo intero è un dannato gioco virtuale!”

L’umore di John non migliorò quando arrivarono in vista del carcere:  la Maison d'arrêt de Lille-Sequedin non era altro che uno squallido e immenso capannone di cemento, circondato da mura anch’esse di cemento e stonacate.

Il sole stava già tramontando dietro le fluorescenze elettroniche dei prominenti lampioni che  chiaroscuravano un’inarginabile fatiscenza architettonica e sociale.

Fiancheggiarono l’ampio parco dove l’erba, a tratti giallognola e avvizzita, era stata comunque accuratamente tosata e giunsero infine ad un cancello. Al gabbiotto, Mónika mostrò un tesserino e chiese del Direttore.

Passarono alcuni minuti prima che le sbarre permisero loro di superare il posto di controllo. Alla fine di un lungo vialetto asfaltato, un uomo in uniforme e il direttore della casa circondariale erano in attesa della delegazione americana.

I convenevoli durarono solo lo stretto necessario: John non aveva intenzione di far trascorrere in quel posto un solo minuto in più, alla madre della sua unica nipotina.

“Mi rincresce la spiacevole occasione che l’ha condotta fin qui, Generale. Sua nuora l’attende nella stanza riservata agli ospiti del carcere per le visite. La sua splendida accompagnatrice è il suo avvocato?”, volle sapere il direttore rivolgendosi a Mónika con un sorriso ammiccante.

“No e noi non stiamo chiedendo di vedere nessun ospite di questo penitenziario” chiarì lei.

“P-Prego?” Incespicò sulle parole l’uomo, di fronte al tono impassibile della donna dallo sguardo conturbante.

“Non sono l’avvocato della ragazza e Jodie Carson è una cittadina americana libera di lasciare questo edificio a partire da questo istante. Legga questa ingiunzione, per favore.”

Il direttore del carcere, raccolse il primo dei due fogli che gli porgeva il Maggiore e si accigliò fin quando lesse sulla carta intestata:

 

Ambassador Charles Rivkin
     American Embassy
    2, avenue Gabriel

75008 Paris

 

Comprese di cosa si trattava prima ancora di finire di scorrere la pagina.

 “Immunità diplomatica?” esclamò sorpreso “Non sapevo che Madame Carson si fosse appellata all’immunità diplomatica…”

“Bene. Lo sa adesso, signor direttore.”

“Ma tutto ciò è ridicolo, andiamo… Sono pronto a respingere qualsiasi pretesa di immunità!”

“Prima dovrebbe dirmi se è ridicola anche l’istanza di scarcerazione firmata dal juge d’instruction competente. Tenga, anche questa è sua, direttore”, lo informò porgendogli il secondo documento.

“Ma io credo…”

“Lei crede…” Mónika si sporse in avanti per leggere il nome del direttore sulla targhetta fissata alla giacca “…Monsieur Renard? Qualsiasi cosa lei creda in questo preciso momento, che non riguardi la scarcerazione della ragazza, è superfluo e irrilevante” ringhiò Szigi, scandendo lentamente le parole.

“Per cortesia” lo liquidò il Generale “ordini di preparare il prima possibile gli effetti personali della ragazza. Al momento dell’arresto aveva con sé due Notebook Dell di cospicuo valore. Entrambi i portatili contenevano informazioni riservate di proprietà esclusiva del Governo degli Stati Uniti, gradiremmo averli indietro senza indugio.”

“Ma questo è fuori discussione, Generale! Si tratta delle evidenze di un reato!”

John stava per perdere la pazienza. “Maggiore, per favore, rimanga col direttore e sbrighi le ultime formalità burocratiche”, dispose infine irritato, “sono ansioso di vedere Jodie.” Quando già si era voltato, aggiunse a beneficio dei due francesi: “Se sorgono ulteriori difficoltà non si disturbi a chiamarmi. Telefoni direttamente al segretario alla Difesa.” Senza nemmeno aspettare la reazione del direttore, John oltrepassò l’atrio e si avviò verso il corridoio.

“Un momento, dove crede di andare?” lo ammonì  l’ufficiale del penitenziario in uniforme che fino a quel momento non aveva ancora parlato.

“A far visita a mia nuora.”

“Mi segua per favore, non può andare in giro da solo.”

Jodie lo aspettava lì. Il Generale ebbe un tuffo al cuore quando la vide seduta a ridosso delle strette inferriate, con la testa appoggiata sui gomiti e i capelli in disordine. Ma quando la ragazza americana si accorse della sua presenza, l’uomo badò a non lasciare trasparire alcuna emozione.

“Oh John. Grazie a Dio...”

 “Buongiorno Jodie. Non dire nient’altro. Non qui.”

La ragazza lo studiò con apprensione e quando il Generale scandì a bassa voce le parole “avrai molto da raccontarmi non appena saremo fuori da questo posto” i suoi timori trovarono conferma.

Quando nello stanzone fece il suo ingresso Mónika, sventolando alla guardia carceraria un paio di fogli che attestavano il diritto formale a prelevare il cosiddetto ospite, John capì che il primo capitolo della missione era giunto al termine.

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hyperversum / Vai alla pagina dell'autore: Dean Lucas