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Autore: AvevoSolo14Anni    20/10/2010    1 recensioni
Quindici anni, tanta voglia di divertirsi con le amiche e una vacanza in una delle città più belle del mondo: la grande Londra. Ma per Giulia, questa non sarà una vacanza come tante altre...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Robert Pattinson
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Signora Pattinson


   Il viaggio a Londra fu fantastico. I suoi rimasero colpiti dalla nostra visita a sorpresa e ancora di più dalla notizia che portavamo.
   Ci abbracciarono e sua madre pianse. Erano felicissimi per il matrimonio.
   Fu una settimana veloce ma divertente. Girare con lui tranquillamente per Londra era impossibile. Ormai a Pegli ci avevano quasi fatto l’abitudine. Ma li no. Li la mandria di ragazzine urlanti incombeva ad ogni angolo. E non potevo neanche odiarle. O criticarle. Perché pure io un tempo ero stata così. Anche peggio.
   Quindi non potevo biasimarle nel vedere la loro eccitazione e felicità quando lui le salutava e firmava autografi sorridendo. Mi rendevo conto di quanto fossi stata fortunata. Di quanto la mia vita fosse perfetta e che mai e poi mai mi sarei dovuta lamentare. E di sicuro mai mi sarei lamentata. Per nulla al mondo. Potevo anche venire investita e finire su una sedia a rotelle che comunque non mi sarei lamentata. Perché finché lui era con me tutto era perfetto.
   Mancava ancora tempo al matrimonio, ma già le nostre madri complottavano alle nostre spalle. E noi le lasciavamo fare. Avrebbero organizzato tutto loro. Sapevamo soltanto che si sarebbe tenuto nelle periferie di Londra.
   Ovviamente doveva essere tutto top-secret. Non osavo neanche immaginare come avremmo fatto se la stampa l’avesse scoperto. Non avremmo avuto pace neanche in quel giorno. L’avrebbero scoperto dopo. E segreta doveva essere la destinazione della nostra luna di miele. E purtroppo quella era segreta anche per me. Ebbi una strana sensazione di déjà-vu.
   Il tempo volò come non mai.
   Le settimane trascorrevano leste, e una mattina mi risvegliai nel giorno del matrimonio.
   In quel preciso istante mi prese il panico. Non panico stile “starò facendo la cosa giusta?”, assolutamente no. Panico da palcoscenico. Qualcosa di strano. Non semplice da descrivere. Per un attimo ebbi paura che lui stesse facendo la scelta sbagliata. Buttai all’istante quel pensiero fuori dalla mia mente.
   Poi pensai anche al fatto che alcuni dei suoi parenti che quel giorno avrebbero presenziato non li avevo mai visti. Solo negli album di foto. Avevo imparato i loro nomi a memoria per evitare brutte figure.
   Per fortuna sarei anche stata circondata da volti familiari. Oltre ai miei parenti, ci sarebbero state le mie migliori amiche. Valentina, Ludovica, Anamaria, la mia Elisa, Giada (= Cava N.d.A.). La mia damigella d’onore, Giulia. E anche il mio testimone. Federico. Sì, ero pazza. Completamente. Ma dopo quell’amore folle che avevo provato per lui, era stato il mio migliore amico. Avevo sempre pensato che lui fosse una persona fantastica. E anche in questa occasione me lo aveva dimostrato. Quando lo avevo chiamato per dargli la notizia, aveva dimostrato un entusiasmo più che degno di un migliore amico. Aveva detto che non sarebbe mancato per nulla al mondo. E così fu.
   Appena risvegliata, mi trovai circondata da un sacco di gente. Oltre che mia madre e Clare (la mia quasi-suocera), c’erano anche le mie sei amiche. Sicuramente mio padre e Richard erano con Robert. Magari pure Fede era con loro. Possibile? Boh.
   Mi trascinarono a fare colazione. Quasi mi imboccarono. Capire i loro discorsi era per me del tutto impossibile. Per prima cosa parlavano a raffica una sull’altra, un po’ in italiano e un po’ in inglese. E in secondo luogo ero sveglia da cinque minuti, e quindi ancora completamente rintronata.
   Dopo colazione mi trascinarono di nuovo in camera. Ma che ora era? Il matrimonio sarebbe stato alle cinque del pomeriggio.
   Cercai di chiederlo. Biascicai la domanda in tono basso e con la voce ancora impastata.
   “Sono le undici” mi rispose la Ana. Per fortuna c’era lei, sempre cortese, coi suoi modi gentili e delicati.
   “Grazie” le dissi.
   Cercai di capire le conversazioni che continuavano imperterrite intorno a me.
   “… voi vi occuperete di infilarle l’abito. Noi ci occupiamo di trucco e parrucco” diceva la Vale, probabilmente a mia madre.
   Un’altra conversazione.
   “… abbiamo tutto. Perfetto. Giulia cerca di ricordartelo. Non mi fido di me stessa. Non vorrai mica portarle male” non avevo ben capito. Probabilmente stavano parlando delle usanze. Qualcosa di rosso, vecchio, prestato e nuovo. L’Elisa era molto superstiziosa. C’era da aspettarselo, anche se io non credevo in quelle cose.
   “Sì, stai tranquilla” la rassicurava la Giulia. Chissà da quanto insisteva con questa storia.
   Le mie tutrici, dopo essersi spartite i compiti, si divisero. Peccato non si potessero dividere pure me.
   Fu una mattina lunga, e il primo pomeriggio fu anche peggio.
   Mia madre e Clare mi infilarono l’abito che avevo già provato una volta, non in presenza di specchi, per farmelo vedere il meno possibile.
   Era un vestito bellissimo. Lungo (naturalmente bianco), il corpetto era stretto, con una sola spallina, decorata con una rosa di raso bianca. La gonna scendeva fin sotto le caviglie, sopra al tessuto bianco c’era un altro strato velato con delle decorazioni appena visibili, e se non avessi avuto le scarpe col tacco avrebbe strascicato per terra. Le scarpe, anch’esse ovviamente bianche, avevano un tacco a spillo non esagerato, e mi tenevano legato il piede con dei “nastrini” sottili, anche alla caviglia. Lunghi guanti bianchi, arrivavano fin quasi al gomito. Come cintura avevo un nastro attaccato al vestito che faceva un fiocco dietro. Al polso portavo un bracciale di perle bianche, con gli orecchini coordinati.
   Avevo un bellissimo bouquet, con tanti fiori bianchi che profumavano tantissimo.
   La seconda parte della preparazione fu molto più lunga.
   Per prima cosa mi si presentò davanti una ragazza che avevano chiamato per farmi la manicure. Ci mise molto. Alla fine le mie unghie erano belle e semplici. Con una french bianca con qualche brillantino argentato. In quel momento mi domandavo a cosa mi serviva di preciso la manicure se al matrimonio avrei  indossato i guanti. Poi mi ricordai chi sarebbe stato lo sposo, e capì che dovevo essere il più perfetta possibile, anche se accanto a lui avrei sempre sfigurato.
   Poi venne il momento tanto atteso dalle mie amiche. Per qualche attimo ebbi paura di loro, e mi venne il dubbio se fidarmi o no del loro lavoro. Poi decisi di lasciarle fare. Sapevo che si erano organizzate, sapevano esattamente cosa fare. Questo mi rassicurò.
   Iniziarono dai miei capelli. Non sapevo cosa avrebbero potuto farci. I miei boccoli erano belli, ma difficili da domare.
   Quando ebbero finito il risultato fu meglio di quello che avevo immaginato.
   Non pensavo di avere capelli così morbidi e lucenti. E quell’acconciatura era molto semplice, ma mi donava. Strano ma vero. Due semplice trecce che raccoglievano due ciocche di capelli – da entrambi i lati – e che si univano dietro, legate da un nastrino rosa. Il resto dei capelli ricadeva in boccoli bellissimi fino alle spalle. Ondeggiavano lucenti. Ero soddisfatta.
   Mi complimentai, ma mi comunicarono che non avevano ancora finito.
   Mancava il trucco.
   “Poco, non voglio essere un mascherone. Voglio essere quello che sono e basta” le misi in guardia. Non potevo essere più contenta della mia vita meravigliosa.
   Mi misero della crema sul viso per rendere la pelle più morbida, anche se non ne avevo particolarmente bisogno. Non avevo mai avuto acne o roba simile, per fortuna.
   Una leggera matita e ombretto. Lucida labbra.
   Una piccola cosa che mi era sempre piaciuta di me erano le mie labbra. Mi piacevano, erano piene.
   Poi ebbero concluso.
   Mi resi conto che era già pomeriggio. Erano le quattro. Oddio.
   Mancava un’ora. Mamma mia.
   Ricomparve Elisa.
   “Eh, se non ci fossi io! Ho tutto! Allora, serve: qualcosa di rosso, nuovo, imprestato e vecchio. Rosso: una rosa da mettere sul vestito. Nuovo: beh, tutto quello che hai indosso è nuovo, quindi. Imprestato: questa collana di perle bianche è mia, la rivoglio intera. Vecchio: tua madre ha una cosa per te” e la indicò.
   Entrava nella stanza in quel momento, e aveva un lungo velo tra le mani.
   “Questo è di tua nonna. Di quando si è sposata, sai che lei non butta niente. Ci tiene molto. Te lo regala” mia madre mi girò e me lo mise.
   Sembravo vestita come quelle spose dei film per famiglie. Quelli che finiscono sempre con ‘vissero felici e contenti’. Beh, quello sarebbe stato il mio finale, in fondo.
   Il velo era bellissimo. Non era uno di quei veli che ti coprono tutto il viso, era diverso, più fine.
   All’estremità aveva un fermaglio bianco fatto a fiocco, e da li scendeva un lungo velo leggero. Mi misero il fermaglio sopra al nastrino che univa le mie due trecce. Il velo ricadeva dietro, strascicando per terra.
   Feci una camminata di prova, poi me lo tolsero per non rovinarlo o sporcarlo.
   Quell’ora, contrariamente a quanto immaginavo, fu piuttosto breve.
   Non vedevo l’ora di rivedere Robert. Quello era il mio pensiero fisso.
   Anche se ero un po’ in ansia, desideravo arrivare il più in fretta possibile in quella chiesetta graziosa dove sapevo che lo avrei trovato.
   O forse non era ancora li? No, di sicuro era già li, dato che mancavano cinque minuti.
   Oddio. Cinque minuti?! Ma ce ne volevano almeno dieci da li, andando veloci.
   Panico totale.
   “Mancano cinque minuti! Che ci faccio ancora qui?!” gridai, ero troppo spaventata.
   “Che razza di sposa sei se non arrivi con qualche minuto di ritardo?” mi disse leggera la Valentina.
   “Una sposa in orario! Non voglio farlo aspettare!” ero arrabbiata. Avevano programmato il mio ritardo. E io avevo paura che lui potesse pensare che non sarei venuta.
   Dalle loro facce capii che non pensavano che mi avrebbe irritato. E vedermi così arrabbiata non era proprio previsto.
   Capirono la gravità della situazione, e uscimmo di casa.
   Mi sistemarono il velo in macchina. Ero decisamente pronta. In quel momento sentivo che ogni cellula del mio corpo era consapevole che quella era la scelta giusta. Assolutamente nessun rimpianto. Mi ero anche rifiutata di fare l’addio al celibato. Che mi importava?
   Anche mia madre, Clare e le mie amiche avevano abiti impeccabili. Tutte vestite di bianco, ma con abiti meno vistosi del mio.
   Feci un gran sorriso quando vidi la chiesa. Era una piccola chiesetta molto graziosa, antica, con molti dipinti all’interno. Da fuori si vedeva un piccolo crocifisso sopra alle campane e un grande orologio al di sotto.
   Guardai appunto l’orologio. Solo sette minuti di ritardo. Non era così terribile, no?
   Mi resi conto che non avrei trovato Robert li ad aspettarmi, come speravo. Mia madre aveva avvertito del nostro arrivo e quindi erano già tutti dentro.
   Rob era già all’altare? Ecco il panico da palcoscenico. Ero sempre stata timida di natura, e dentro a quella piccola chiesa c’erano un sacco di persone e sapevo che, appena entrata io, gli occhi sarebbero stati tutti su di me. Di sicuro Robert non aveva di queste paure. Un attore famoso come lui è decisamente abituato a questo genere di attenzioni. Ma io no.
   Mio padre mi attendeva alla porta della chiesa. Entrarono per prime le mie amiche, mia madre e Clare.
   Sarebbe stato tutto molto tradizionale, all’antica.
   Appena entrate, ecco sollevarsi le note della marcia nuziale.
   Aspettammo qualche secondo, e poi facemmo il nostro ingresso.
   Il mio cuore martellava. Come già sapevo, gli occhi erano tutti su di noi. Ma in quel momento non mi importava.
   Perché in quel momento vedevo Rob sull’altare, girato verso di me, i suoi occhi lucidi. E mi resi finalmente conto che quando sarei uscita da quella chiesa, mi sarebbe appartenuto per sempre. E io sarei appartenuta a lui. Finché morte non ci separi. E noi eravamo giovani.
   Ero giunta all’altare. Mio padre mollò il mio braccio e mi lasciò andare verso il mio quasi-marito.
   Presi la sua mano. Mi scocciava non poter sentire la sua pelle a causa dei guanti.
   Raramente staccavamo i nostri sguardi per guardare il prete. Ascoltai tutte le parole di quest’ultimo solo con una parte del mio cervello. L’altra era incentrata sul gioire. Perché dentro di me cantavo, danzavo e volavo. Ovviamente col mio angelo, mio marito. Ormai mancava davvero poco a che lo diventasse definitivamente.
   Il tempo volò – come me.
   Mi concentrai totalmente sulle parole del prete solo quando chiese a Robert la fatidica domanda.
   Mi prese tutte e due le mani e disse “Sì”. Quel ‘sì’ detto col tono che aveva usato sembrava quasi una canzone… aveva una tale convinzione, che mi fece volare ancora più in alto. Forse soltanto con un’alta quantità di droga mi sarei sentita più sulle nuvole di così. Forse. Mise la fede al mio dito.
   Poi il prete si girò verso di me, e mi rivolse la stessa domanda. Mi stupì della lentezza con cui la terminò. Avrei voluto dire di sì appena disse la prima parola. Ma aspettai.
   Quando finalmente giunse il momento di parlare, dissi “Sì”.
   Non so come suonasse alle orecchie di mio marito, ma per me quel ‘sì’ era stato un urlo. Una liberazione, in un certo senso. Misi la fede al suo dito.
   Avevo le lacrime agl’occhi. Le trattenevo a stento. Aguzzando la vista mi resi conto che anche i suoi occhi brillavano. Forse in quel momento si sentiva come me.
   La mia concentrazione venne richiamata sulle parole del prete quando infine disse: “Vi dichiaro marito e moglie. Lo sposo può baciare la sposa”.
   Mi costrinsi a farmi baciare da lui anziché gettarmi al suo collo. Ma finalmente le sue labbra toccarono le mie.
   Non fu un bacio molto lungo, ma di sicuro era molto dolce e solenne.
   I miei pensieri erano una ripetizione continua di due semplici parole: per sempre.
   Poi si staccò da me. Aveva un sorriso vincente. Anche io sorridevo, ma mi resi conto che delle lacrime scendevano lente dal mio viso. Di nuovo, volavo.
   Anche lui tratteneva le lacrime a stento. Lo sapevo e lo vedevo.
   Poi mi resi conto che una folla di persone ci stava per assalire.
   Mia madre e mio padre mi abbracciarono per primi. E a Rob i suoi genitori. Poi si scambiarono.
   Di seguito arrivarono tutte le mie amiche. Non mi sorpresi vedendo Anamaria, Elisa, Giada, Valentina e Ludovica in lacrime. L’unica che mi sorprese fu Giulia. Lei non piangeva mai, eppure ora due lacrime le rigavano il viso. Mi abbracciarono tutte, poi andarono anche da Rob. Non c’era più l’emozione di un tempo nel parlare e toccare Robert, per loro. Ormai era diventato… di famiglia. Solo per me era sempre straordinario, ma forse io non contavo.
   Mi ritrovai davanti Federico, con gli occhi lucidi. Lui era sensibile e non mi sorpresi di vedere una lacrima silenziosa scendere dai suoi occhi dopo chi mi ebbe abbracciata. Anche lui dopo andò da Rob, ma si limitò ad una stretta di mano e ad una pacca sulla spalla.
   Poi si susseguirono gli altri vari parenti, miei e di mio marito.
   La cerimonia seguì nel ricevimento.
   Torta e antipasti abbondavano.
   Per prima cosa ci fu il mio lancio del bouquet. Le mie amiche si sbracciarono tutte, ma alla fine trionfò Elisa. Che iniziò a salterellare sorridendo.
   Le mie amiche avevano organizzato anche un po’ di balli.
   E mi stupirono con la prima canzone.
   Sapevo che mi conoscevano bene, ma non avrei mai immaginato che mi potessero fare un regalo simile.
   La prima canzone fu proprio quella, la più dolce per me.
   Potrà sembrare un po’ banale o scontato, ma io la prima canzone che ballai con mio marito, Robert Pattinson, fu ‘Flightless Bird, American Mouth’ degli Iron&Wine.
   Appena terminata la canzone, lasciai un secondo mio marito per andare ad abbracciare e a ringraziare le mie amiche.
   “Ragazze, vi adoro. Siete le migliori. Grazie” e le abbracciai tutte.
   “Conosciamo i tuoi gusti” disse la Vale.
   “Lo sapevo. Ma non pensavo fino a questi punti” sorrisi commossa.
   “La vita è piena di sorprese” disse la Ely.
   “E se c’è una persona che ne è consapevole, quella sono io. Fidatevi” ridacchiai della mia vita così incredibile.
   “Sì, mi sa proprio che hai ragione” mi rispose.
   Tornai a ballare con il mio neomarito.
   “Lo sai che ti amo?” gli chiesi.
   “Penso di sì. E io amo te” mi rispose sorridendo.
   “Lo so” e con quella certezza tornai a volare…
   Per il resto del tempo parlammo e ballammo. Non ballai solo con Robert, ma anche con mio padre, i miei zii e pure con Federico.
   Il tempo volò. E il ricevimento finì.
   La cena sarebbe stata solo coi parenti e gli amici più intimi.
   Lui era al mio fianco nella pista da ballo, lo abbracciai, lui mi sollevò il viso e mi baciò.
   “Il giorno più bello della mia vita” sussurrai.
   “Delle nostre vite” mi corresse.
   “Andiamo dagli ospiti?” chiesi.
   “Ci tocca” sorrise.
   Mi prese per mano e camminammo verso il giardino.
   Ci applaudirono, non so bene il perché.
   Erano rimasti solo i nostri genitori, i testimoni e le mie amiche.
   Non so come avrei potuto mangiare ancora, dopo la torta bellissima che avevamo. Sembrava proprio di quelle da film, a tre piani, ma in fondo gli ospiti erano molti. Era stato quasi un peccato mangiarla, tanto era bella.
   La tavola a cui tutti erano seduti era immensa, ovale. Ovviamente io e Rob ci sedemmo vicini.
   Parlammo tutti insieme per un po’, poi arrivò il cibo.
   “Buon’appetito, Giulia Pattinson” era la prima volta che sentivo il mio nuovo nome ad alta voce, e pronunciato da lui era ancora più bello.
   “Buon’appetito, maritino mio” sorrisi.
   Mi baciò sulla fronte e ci scambiammo un lungo sguardo.    


THE END

Ed ecco qui la mia prima storia xD
Spero vi sia piaciuta!!! Ringrazio di cuore tutti quelli che l'hanno seguita :)
Spero leggerete anche le mie altre storie... Anche se per adesso ce n'è solo una xD E scriverò presto qualcos'altro sugli attori o i veri personaggi della fantastica Saga di Twilight v.v


Ela new cullen: mi dispiace che questa storia non sia stata molto lunga :( ti ringrazio di cuore per tutti i tuoi bei commenti ^^ alla prossima storia :D
 
        
   
    
  

  
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