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Autore: Thiliol    20/10/2010    2 recensioni
Seguire Legolas e Gimli ad Alqualonde non è servito a porre fine ai loro travagli e di questo Aeglos se ne rende conto presto: i Valar sono sempre più furiosi e non hanno intenzione di perdonare le disubbidienze della Noldo, nonostante il Silmaril sia sano e salvo, e Legolas non ha nessuna intenzione di assecondare l'egoismo della sua amica pur assicurandole la sua eterna amicizia... non rimane che partire, tornare ancora una volta nella Terra di Mezzo e rimettere insieme i pezzi di una storia che sembra impossibile. Ma cosa nasconde Alatariel? Perchè è così pallida e stanca? Nonostante tutto, Aeglos sa che lui e la sua sposa non riescono a toccarsi
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Legolas, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Narn o Alatariel ar Aeglos'
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cap 16






Alatariel: ciò che andava fatto






< Valar! Ti rendi conto di ciò che hai fatto? Non sei solo pazza, ma anche meschina e crudele! > Finarfin mi urlava contro, le lacrime che gli rigavano il volto diafano. Si sedette in un angolo appartato della bianca nave e parve sprofondare.

< Era necessario, > risposi, < i Teleri ostacolavano la nostra marcia. >
< Erano la mia famiglia, Alatariel! > gridò tra le lacrime < Olwe è il padre di mia moglie! Avete ucciso la mia famiglia! > abbassò la voce, rendendola quasi un sibilo < Hai ucciso la famiglia di Aeglos, Alatariel, come hai potuto farlo? >
< Non devi pronunciare il suo nome! >
<È orrenda la colpa, vero? >
< Era ciò che andava fatto. > risposi titubante. Vedere Finarfin in quelle condizioni mi sconvolgeva, non aveva mai pianto in mia presenza e ora, con il viso rigato di lacrime e la voce rotta, mi sebrava incredibilmente fragile.
< Non sarei mai dovuto partire. > disse pianissimo, < Mio fratello è accecato dalla sua bramosia, ha perso la ragione. Alatariel, ti prego, non seguire Feanor nella sua follia. >
< Feanor è tutto ciò che ho, egli è mio maestro e signore. >
Finarfin mi guardò e mi sentii trafiggere da quello sguardo.
< Feanor distrugge tutti coloro che lo amano, perchè lui non ama che se stesso e i Silmarils. >
Lo schiaffeggiai duramente, ma lui non si mosse, continuò a guardarmi con quegli occhi umidi di pianto e carichi di disprezzo.
< Ma anche tu non ami che te stessa, vero? >

Aprii gli occhi, rimanendo quasi abbagliata dalla lucentezza delle stelle. Il fuoco che avevo acceso si stava per esaurire e mi alzai per riattizzarlo, ritrovandomi in breve completamente sfinita. Era passato quasi in mese da quando avevo lasciato Rohan, ma non ero ancora riuscita a raggiungere le pianure del Pelennor, come avrei voluto, perchè mi muovevo fin troppo lentamente.
Il ventre era divenuto pesante e sporgente, cosa che mi impediva i movimenti, inoltre non riuscivo a cavalcare per più di un'ora senza sentirmi tremendamente debole.
Come se tutto ciò non bastasse, i sogni su Finarfin mi tormentavano: continuavo a rivivere stralci di passato e quel momento più di tutti, l'ultima volta che avevo visto il mio adorato Arafinwe prima che squillassero le trombe dei Valar e che il nostro destino ci fosse rivelato. Era passato così tanto tempo! Non gli avevo più parlato finchè non bussai alla sua porta chiedendo il suo aiuto, e lui non me lo rifiutò, ma il nostro rapporto si era ormai incrinato irrimediabilmente.
Era stato più saggio di tutti noi chiedendo il perdono dei Valar, eppure se ne vergognava; avrei voluto dirgli che l'unica sua colpa era quella di non avermi obbligato a fare lo stesso.
Il piccolo nel mio ventre sussultò, facendomi trasalire. Ancora non riuscivo ad abituarmi ai suoi movimenti improvvisi, alla sua presenza insistente nel mio corpo e nella mia mente.
Avevo ricominciato a dormire profondamente come gli Uomini per non dover sentire la sua presenza in quei momenti di sogno elfico in cui mi avvicinavo troppo a me stessa, in cui mio figlio ed io entravamo in contatto in modo così intimo da sconvolgermi la mente. Potevo sentire la forza del suo spirito, la fiamma della sua vita bruciare dentro di me e divenire fuoco inestinguibile. Man mano che che andavo avanti, le forze defluivano da me per nutrire quell'anima fino a farmi temere di rimanere svuotata e inerme. Quanto intensamente avrebbe brillato quella nuova vita?
Feanor una volta mi aveva raccontato di sua madre e di come l'intero suo essere, tutto ciò che era stata, fosse ciò che lo mateneva in vita e lo faceva ardere.
In tutto ciò mi sorprendevo di non sentire la mancanza di Aeglos. Certo, pensavo a lui incessantemente, ma sapevo che era lì, da qualche parte, che mi aspettava pronto a riabbracciarmi.
Invece volevo Finarfin.
Oh Valar! Lo desideravo così ardentemente, desideravo che lui fosse con me per consigliarmi, sgridarmi, per stringermi come quando ero bambina. Era sempre stato un padre e un fratello per me e la verità era che se fuggivo lo facevo perchè mi mancava.

< Ela, Voronwë! [Q: guarda Voronwë!] > esclamai rivolta al mio amico che tiravo dalle briglie, < Minas Tirith! >
Mi riparai gli occhi dal sole che riverberava sulle bianche mura della città e sospirai di gioia. Ero sfinita e vedere la mia meta, anche se da lontano, era come una boccata d'aria fresca.
< Finalmente siamo giunti. > dissi, rivolgendomi inconsciamente alla piccola vita dentro di me.
Montai a fatica in sella e per un momento fui colta da vertigini, ma mi ripresi subito e spronai la mia cavalcatura al trotto, incurante dei danni che potevo averne. La città degli Uomini sembrava chiamarmi, così vicina e lontana allo stesso tempo.

Non guardavo che davanti a me uscendo dall'ultimo gruppo di radi alberi, senza accorgermi di nulla, nè della mia debolezza, nè degli uomini che sembravano sbucati dal nulla.
Mi attaccavano proprio quando ero a poche miglia dai cancelli forgiati dai nani.
< Ah! > gridai, cercando di oltrepassarli al galoppo, ma Voronwë, spaventato dalle grida e dalle spade, si impennò ed io caddi pesantemente sul terreno duro. I polmoni mi si svuotarono e sentii un dolore lancinante alla schiena, ma ormai il furore della battaglia si era impossessato di me, rendendomi cieca, rendendomi folle.
Sguainai la mia spada, impugnandola così stretta che le nocche mi si sbiancarono, gettandomi contro gli uomini che mi attorniavano.
Trafissi il primo che mi si fece incontro e sentii il rumore secco, come un risucchio, del suo corpo che si squarciava, poi, voltandomi, tranciai di netto la testa di un altro.
Gridai nella furia della battaglia, cercando disperatamente di sopravvivere, di proteggere il figlio che portavo in grembo. Non lo avevo mai desiderato tanto come in quel momento, accerchiata da uomini dalla pelle nera, più simili a bestie che a esseri umani, ma quella stessa vita mi rendeva impacciata e debole nella mia difesa.
La spada diventava sempre più pesante, finchè tenerla in mano non diventò insopportabilmente doloroso.
Un urlo mi sfuggì quando sentii una delle loro lame scalfirmi il braccio e la spada mi cadde di mano e io stessa mi sentii cedere.
Caddi in ginocchio. Macchie nere mi annebbiavano la vista, probabilmente qualcuno mi aveva colpita e ora cercava di portarmi via. Mi tornarono alla mente le parole di Elfwine sui prigionieri e mi detti della stupida per non essere stata più prudente.
Le voci intorno a me si fecero concitate, sentivo il rumore di zoccoli che calpestavano il terreno, il suono di corni che mettevano in fuga i miei assalitori.
Mi raggomitolai su me stessa, incapace di alzarmi in piedi, incapace persino di distinguere il volto che mi si era avvicinato.
< Uuma dela, Alatariel,[Q:non preoccuparti, Alatariel] > disse una voce che mi parve provenire da un altro mondo < nàn sìmen lùmë [Q: ci sono io ora (lett io sono qui ora)] >

< Sei un essere spregevole! > gridai con tutta me stessa, gettandomi quasi sull'elfo che avevo davanti.
< Non fare la bambina, Alatariel, sai che è ciò che andava fatto. > Feanor mi guardava con quei suoi occhi che sembravano scavarti dentro e, come sempre, mi sentii tremare. Tuttavia, la rabbia fu più forte e lo spinsi con tutta la forza che avevo.
< Come puoi farlo? Finarfin e Fingolfin sono ancora sulla sponda opposta e attendono le navi, come puoi tradire così i tuoi fratelli? >
< Maledizione! > imprecò, < Maledizione, Alatariel, sei una stupida! Che brucino le navi e che brucino i miei fratelli! Finarfin è tornato a strisciare davanti al trono di Manwe come un traditore e Fingolfin mi odia. Perchè dovrei aspettarli? >
Mi afferrò un braccio, stringendo fino a farmi male. Il riverbero delle fiamme gli incendiava il volto già acceso d'ira.
< Perchè tu dovresti aspettarli? > mi chiese in un sibilo.
Non seppi cosa rispondere e rimasi in silenzio, sfidandolo con lo sguardo. Ma lo spirito di Feanor ardeva troppo per poterlo sostenere a lungo.
< Perchè devi sempre darmi contro, Alatariel? > si raddolcì, < Sai che vorrei solo poter ridere con te. >
< Perchè siamo troppo simili, tu ed io. > gli sorrisi. Non riuscivo mai a resistere al fascino di Feanor, ai suoi occhi nerissimi, alla sua voce che avrebbe potuto scuotere le montagne.
Mi voltai a guardare il rogo delle Navi Telerin e il riverbero mi sembrava come sangue sulla nostra pelle.

I suoni mi giungevano ovattati. La testa mi doleva e la mano ustionata pulsava.
Ero circondata di pareti bianche, ma ancora non riuscivo a rendermi conto di nulla, come se stessi ancora dormendo, solo il sogno che avevo fatto ancora mi sembrava reale.
< Non devi agitarti, signora! > disse una voce femminile. Mi misi lentamente a sedere e la fanciulla che aveva parlato accorse reoccupata e mi aiutò a poggiarmi contro lo schienale del letto.
< Mio figlio sta... > chiesi con voce roca, ma lei mi interruppe.
< Oh, tuo figlio sta benissimo, mia signora, e anche tu. Voi elfi siete magnifici e nulla sembra potervi scalfire! >
Sorrisi alla mia infermiera: era molto giovane, probabilmente non aveva più di quattordici o quindici anni, dai lineamenti delicati e grandi occhi nocciola. Mi guardava con la curiosità dei bambini e quando si accorse che la stavo studiando arrossì.
< Dove mi trovo? >
< Sei a Minas Tirith e queste sono le Case di Guarigione. Mi chiamo Ivrin, Sire Felagund mi ha chiesto di vegliare sul tuo sonno e assicurarmi che ti fossi ripresa. >
Ivrin continuò a parlare, ma non l'ascoltavo. Un macigno sembrava essermi piombato sul cuore al sentir nominare Finrod Felagund.









Ed ecco qui il nuovo capitolo e lo sfolgorante ritorno della nostra Alatariel. Devo dire che mi ha fatto penare non poco per farla arrivare fin qui, mi sono trovata un po' in difficoltà, ma non voglio tediarvi con i dietro le quinte. Passo a ringraziare innanzi tutto Alaide per le recensioni che mi ha lasciato ai capitoli 11 e 12 e poi alla mia cara Luthien_8 : sono veramente contenta che ti piacciano i miei amici Mornon e Amdir (di cui ovviamente non rivelo nulla... almeno per il momento) e sono rimasta sorpresa di leggere del paragone che hai fatto con Feanor e Fingolfin: davvero trovi Feanor corrotto e Fingolfin puro? Interessante visione che mi piacerebbe approfondire, personalmente amo i personaggi tolkeniani per le loro sfumature, considero Feanor uno dei più interessanti sotto questo punto di vista  e ambiguo insieme a Maeglin (di cui sai cosa penso). Comunque ora li si lascia un attimo in disparte e si torna alla nostra amica e a una vecchia conoscenza. Che ne dici?

Alla prossima mellyn nin!

 
   
 
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