8. Flock 

Scartando immediatamente l’idea di invitare qualche ragazza, dato che ne avrebbero approfittato per sbranarmi, più che altro, decisi di chiamare un ragazzo; per quanto riguarda la me ridotta a bocconcini di carne, l’avevo immaginata a mie spese.
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‘Se ti ritroviamo di nuovo con l’Alpha, farai da contorno alla nostra insalata!’
Ripensandoci, mi vengono i brividi, anche perché la risposta la potevo evitare.
‘Ma non è l’insalata il contorno? E poi non sapevo che le cagne mangiassero l’insalata.’
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Possiamo dire che abbia fatto qualcosa di buono, in fin dei conti.
Ma torniamo a noi, a momenti dovrebbe arrivare Reeve, visto che è l’unico che conosco ho invitato lui.

Perché?
Non rompere allora, perché la “me” esteriore, si vuole divertire!
Sentendo un “din don” andai ad aprire, sperando che fosse il ragazzo dai capelli argentati.
Aprii l’uscio e mi ritrovai d’avanti i cieli più belli che avessi mai visto, chiari e luminosi…completamente diversi dagli oceani di Shade, profondi e scuri, in cui riesco persino a perdermi…
Ahhh!!! Insomma Rein! C’è un ragazzo, non è carino pensare ad un altro, smettila!
“Grazie per avermi invitato” mi disse cordialmente ad un certo punto.
Entrò in salotto, e gli feci fare il giro della casa, passando e ripassando per la cucina, la sala da pranzo e le camere, solo allora mi accorsi di quanto la casa fosse enorme.
“Penso di aver già visto questa pantofola” fece lui, indicando la destra.
Speriamo sia la direzione giusta.
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“Allora, Shade? Possiamo mangiarlo? I piccoli hanno fame!” intimò un ragazzo dagl’occhi simili a una brace, famelici, che squadravano un piccolo giovane minuto e scarno, oltretutto.
“No” rispose secco il moro.
“Ma insomma! Solo qualche settimana fa giuravi di volerlo squartare! ‘È debole, e qui non c’è posto per i deboli’, questo l’hai detto tu!” una donna che si poteva dire “vissuta” gesticolava mentre parlava, per rendere meglio l’idea “qui vige la legge del più forte”, mentre il ragazzo era assorto nei suoi pensieri.
‘Non avrai ucciso mica qualcuno? Questo è disumano, orribile!’
Le parole gli rimbombavano nella testa come frenetiche ed energiche martellate, che gli prendevano anche lo stomaco.
Non doveva darle ascolto, lui era un “lupo”,  doveva essere dormale.
Eppure qualcosa non lo convinceva…
Il suo lato umano parteggiava chiaramente per quella sciocca ragazzina.
“Maledizione!” gridò in una crisi momentanea.
Sbattendo un pugno sul freddo marmo della colonna, trasformò l’espressione calma di sempre, in una corrugata e indecisa, troppo indecisa per un Alpha.
“Lasciatelo” disse infine, dopo alcuni attimi di ragionamento, suscitando del vociare fra il branco.
Andavano da “Che gli prende al figlio del Sommo?” a “E noi ora cosa mangiamo?”, e chi più ne ha, più ne metta.
Tutti i bisbigli vennero poi zittiti da uno sguardo gelido da parte del moro, che giratosi guardava male la tavolata piena di mostri.
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“Ecco qui, siamo finalmente arrivati” dissi enfatizzando il finalmente, dato che forse avevamo girato un po’ troppo in tondo.
“Che bella camera, è la tua immagino” rispose lui, che entrava per dare un’occhiatina dentro l’obbrobrio, cercando di non inciampare nelle cianfrusaglie.
“Bhe, si, mia… e di Shade” pensai un attimo se dire o non dire quel nome, se mi andava bene avrebbe potuto pensare che era mia sorella.
“Shade?” mi chiese incredulo appena sentì il nome.
Che sapesse chi era?
“Lo conosci?” domandai a mia volta.
Ti prego no, ti prego tutto, ma non questo.
“Più o meno, diciamo solo di vista…”