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Autore: Fiamma Drakon    21/10/2010    2 recensioni
Come e quando Sebastian e Claude potrebbero essersi incontrati?
Il falò che era stato acceso al centro della piazza principale di un villaggio poco distante da Londra gettava tremuli bagliori rossastri sul terreno polveroso e sulla folla che lo attorniava.
L’attenzione della gente era concentrata su tre figure femminee legate ad altrettanti pali posti al centro del fuoco. Era verso di loro che uomini e donne stavano rivolgendo urla inferocite di scherno, miste a bestemmie e maledizioni, mentre alcuni bambini, in piedi vicino alle sottane delle madri, scagliavano verso le tre donne pietruzze raccolte qua e là.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Claude Faustas, Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Teardrops on Fire Il silenzio della notte - sovrano ovunque - era interrotto dal leggero crepitio delle fiamme e da grida che, simili a schegge di ghiaccio, si disperdevano all’intorno.
Il falò che era stato acceso al centro della piazza principale di un villaggio poco distante da Londra gettava tremuli bagliori rossastri sul terreno polveroso e sulla folla che lo attorniava.
L’attenzione della gente era concentrata su tre figure femminee legate ad altrettanti pali posti al centro del fuoco. Era verso di loro che uomini e donne stavano rivolgendo urla inferocite di scherno, miste a bestemmie e maledizioni, mentre alcuni bambini, in piedi vicino alle sottane delle madri, scagliavano verso le tre donne pietruzze raccolte qua e là.
Le vittime erano state accusate di essere streghe e - in concordanza con le usanze - condannate alla morte sul rogo.
Le due presunte streghe poste ai lati già iniziavano a sentire il fuoco lambire loro i piedi e i capelli, segno che rimanevano loro solo poche manciate di minuti da vivere.
Era atroce osservare i loro compaesani, con cui avevano vissuto praticamente tutta la vita e con i quali avevano condiviso tante ore a lavorare nei campi, trasformarsi in un’orda di nemici che non volevano altro che la loro morte giungesse al più presto.
Si sentivano tradite, in un certo senso.
La donna al centro aveva lunghi capelli ramati ed era vestita con abiti di stracci, molto più miseri persino di quelli consuetamente indossati dalle contadine.
Era l’unica che ostentava una sicurezza ed un orgoglio - che traspariva soprattutto dallo sguardo - piuttosto strani, considerata la situazione in cui si trovava. Molti, notando i suoi occhi, pensavano che volesse affrontare a testa alta la morte ed il suo incontro con Satana - il creatore suo e di tutte le altre streghe, secondo le dicerie popolari. Forse fu proprio per questa superficialità nell’osservarla che nessuno notò che in realtà i suoi occhi erano corrugati in un’espressione seria, sì, ma fissa su un obiettivo che non perdeva mai di vista, ossia una figura vestita di nero che, dal fondo della calca, la osservava in silenzio - ed apparentemente era l’unico.
Era un uomo alto, coi capelli neri, i tratti facciali duri e molto virili, gli occhi dorati e l’espressione pacatamente seria di qualcuno che si sente superiore al resto delle persone e per questo immune ad ogni loro influenza. Il suo sguardo era incatenato a quello della donna ed era fisso: nemmeno lo sbattere delle palpebre offuscava il loro contatto visivo.
Stava attendendo qualcosa da parte sua, un cenno, una parola a fior di labbra o un battito di ciglia, per iniziare ad assolvere ai termini posti da lei per il contratto.
Ricordava ancora bene - non era passato neppure un mese - quando era stato invocato da lei: era avvenuto durante una notte senza stelle. Era apparso ai margini di una strada, vicino ad una casa dove la donna era seduta, quasi rannicchiata, tremante e ridotta pelle e ossa.
Appena rivolta la parola alla fanciulla, quella gli aveva subito posto, chiaro e tondo, il suo desiderio. Quando lui le aveva riferito che, al termine del contratto, si sarebbe preso la sua anima, lei aveva riso di una risata sguaiata e alquanto folle.
«Pensa che m’importi qualcosa di cosa sarà della mia anima, signor demone? A questo punto, voglio solo che lei realizzi il mio desiderio, poi potrà prendersi tutto quello che vuole!!»  gli aveva detto.
E, dinanzi ad una spavalderia simile, lui aveva semplicemente replicato un pacato: «Io sono Claude».
Maria - così si chiamava quella donna - gli aveva poi raccontato più dettagliatamente la sua storia: fin da piccola aveva vissuto nella miseria più nera con due fratelli e i genitori. Dopo l’improvvisa morte della sua famiglia in seguito ad una malattia alla quale era miracolosamente sopravvissuta, aveva iniziato a mendicare e prostituirsi per cercare di mantenersi. Il villaggio era sempre stato contro di lei per il suo modo spudorato di trovare sostentamento: l’avevano sempre vista come una donnaccia, un elemento da cui tenersi ben lontani.
La vicenda, poi, aveva subito - durante la “permanenza” di Claude al suo fianco - degli sviluppi inaspettati: negli ultimi tempi, Maria era riuscita ad attirare su di sé le attenzioni di un signorotto che viveva appena fuori del villaggio, con il quale aveva consumato diversi rapporti sessuali, finché la moglie non l’aveva scoperta. Per salvarsi, l’uomo l’aveva accusata di averlo incantato con la magia.
Per questo era là, assieme a quelle due donne, a perire.

Lo sguardo di Maria mutò improvvisamente, assumendo connotati folli e alquanto inquietanti.
Alzò il viso al cielo e dalla sua gola eruppe una risata gracchiante che a Claude ricordò il rumore delle unghie che graffiavano il vetro.
Alcune persone - notò - sobbalzarono e si ritrassero, cessando il loro ininterrotto spillare maledizioni.
Sulle labbra della bionda si allargò un ghigno carico di malvagio divertimento, mentre ai lati delle palpebre tracimavano lacrime.
«Adesso, Claude! Fallo! Fallo!!» gridò, inquietando gran parte dei presenti.
Sembrava che stesse supplicando con forza, anziché imporsi. La voce adesso le usciva rotta da singhiozzi, mentre le lacrime le scivolavano sulle guance.
All’improvviso sgranò gli occhi, tanto che quasi pareva che le pupille dovessero schizzarle fuori dalle orbite.
«Uccidili! UCCIDILI TUTTI, CLAUDE!!!» urlò con inattesa foga.
L’ordine che gli era stato appena impartito era impossibile da contrastare.
Non che lui volesse farlo, anzi, tutt’altro: era ansioso di portare a termine il requisito che separava lui da quell’anima pregna di desiderio di rivalsa e di drammaticità.
Iniziò a lavorare: spezzò con nonchalance assoluta il collo di un contadino vicino a lui, troncò la spina dorsale di una donna poco distante; raccolse un sassolino da terra e lo lanciò con forza tale da perforare non uno, ma ben tre crani, anche se in punti diversi.
Prese quindi ad avanzare verso la folla che si disperdeva alla rinfusa, gridando e cercando di mettersi in salvo dal carnefice che, senza alcuna esitazione, uccideva vecchi, donne e bambini.
Il sangue iniziò a tingere del suo candore scarlatto il terreno, disseminato di corpi abbandonati scompostamente.
Le donne sul rogo erano rimaste intoccate e continuavano la loro lenta avanzata verso la morte.
Claude si stava occupando di un bambino, quando un brusco fruscio ne attirò l’attenzione.
Balzò via di lato, andando a fermarsi istantaneamente dinanzi al palo ove era legata Maria, quindi alzò un braccio in un gesto come ad allontanare qualcosa.
Effettivamente, qualcosa aveva gettato via, ossia quattro dardi che andarono a conficcarsi nel muro di una casa.
Il demone dagli occhi dorati focalizzò la propria attenzione sul punto dal quale erano pervenute le frecce, incontrando un profilo slanciato posto sul tetto di una casa poco lontana.
Nel viso brillavano due iridi simili a braci ardenti, di un colore che gli era troppo familiare perché non lo riconoscesse.
Scurì lo sguardo e si rimise in una posizione composta, quindi si avvicinò.
«Sei... un demone?» chiese, inquisitorio e pacato ad un tempo.
Lo sconosciuto saltò giù dal tetto e gli si piazzò innanzi: a dispetto del vestiario, povero e lacero, il portamento declamava al mondo un’eleganza che aveva poco a che vedere con quella raggiungibile da un comune umano, di qualsiasi ceto fosse.
Il pallore della sua carnagione era molto più spettrale di qualsiasi potesse essere quello di una qualsivoglia persona: era semplicemente diafano, cadaverico per l’esattezza.
Era molto più alto della media e snello, senza però cadere nello scheletrico; il viso affusolato aveva tratti tutto sommato delicati ed in esso ciò che più spiccava erano senza dubbio le iridi, di un surreale ma vivido rosso scarlatto.
Le labbra dell’uomo si incresparono in un malizioso e divertito sorrisetto che infastidì Claude senza un motivo apparente: il solo fatto che fosse comparso sulla sua bocca lo disturbava.
«Immagino che anche tu lo sia» disse, con voce calma e profonda, vagamente sensuale.
«Perché hai cercato di ucciderla?» lo interrogò il demone dagli occhi d’oro.
«Perché mi è stato ordinato» replicò, senza fare una piega «Chi sei tu, piuttosto?» domandò subito dopo, prevenendo altre domande.
L’altro esitò un solo istante.
«Claude. Faustus» si decise a rispondere «E tu?».
«Un diavolo di servitore» rispose lo sconosciuto, con indifferenza.
«Sebastian Michaelis» precisò dopo un poco, come se solo allora avesse finalmente deciso di rivelargli la propria identità.
A quel punto, Sebastian estrasse un altro set di frecce, che alzò come a minacciare il demone innanzi a lui.
«Togliti» gli ordinò, in tono d’avvertimento.
Claude affilò lo sguardo.
«La sua anima è mia» disse, arrogante.
«Eseguo solo un ordine» ribatté l’altro, neutro.
«Anche io» esclamò Claude.
Come ad un tacito segnale convenuto, i due demoni si avventarono l’uno contro l’altro.
Claude afferrò l’avversario per il collo, ma l’altro gli conficcò una freccia nel polso, facendo sprizzare del sangue, che andò a chiazzare i loro volti.
Faustus ritrasse la mano per togliere il dardo, e Sebastian ne approfittò per avvicinarglisi ulteriormente e conficcargliene un altro nel petto.
Rimasero uno addosso all’altro per alcuni minuti, durante i quali il demone dagli occhi rossi affondò e torse la sua arma nel petto dell’altro.
«Hai mancato il cuore» gli sussurrò nell’orecchio Claude, in tono beffardo, quindi estrasse un pugnale che teneva nascosto in un fodero appeso alla cintura e glielo affondò con forza nello stomaco.
Sebastian indietreggiò, poi ambedue si tolsero le armi che avevano conficcate in corpo, sanguinando, ma senza mostrare neppure un briciolo di tentennamento: era come se non fossero mai stati feriti.
Per tutta l’azione non si erano persi di vista neppure per un secondo.
Nel vincolo venutosi a creare tra l’oro e la brace dei due demoni era chiaramente percepibile un principio d’odio, un astio che nasceva - almeno da una parte - dalla consapevolezza che la propria preda era l’obiettivo di un altro.
Claude non avrebbe lasciato che la “sua” anima gli fosse sottratta da un altro demone; Sebastian, dal canto suo, non aveva alcuna intenzione - né possibilità - di sottrarsi all’ordine ricevuto.
In definitiva, il tutto si riduceva ad un semplice gioco di resistenza di volontà.
Nel frattempo, le due compagne di condanna di Maria erano ormai abbandonate contro i pali cui erano legate, i muscoli totalmente inerti. Il petto non s’innalzava e s’abbassava più già da svariati minuti.
Se non fosse stato per quel piccolo particolare, sarebbero parse semplicemente addormentate, mentre un lago di fuoco ne mangiava lentamente i corpi, come una bestia che non riusciva mai a saziarsi della loro carne.
Eppure, a differenza loro, Maria ancora resisteva.
Era come se fosse mantenuta magicamente in vita da una qualche misteriosa forza che le ardeva senza tregua in petto e le impediva di spegnersi definitivamente.
Il viso era solcato da lacrime che cadevano a bagnare - senza successo - le fiamme che iniziavano a lambirle seriamente i piedi, tanto che qualche scottatura già si poteva intravedere sulle caviglie nude.
Le mani, legate dietro la schiena, erano ricoperte di vesciche e la pelle delle dita iniziava ad arroventare. La punta di un mignolo era già stata quasi divorata completamente dal fuoco.
Eppure, Maria non esalava neppure un fiato, nonostante il dolore fosse intenso, molto al di là di qualsiasi umana sopportazione, ma a lei pareva non importare pressoché niente del suo corpo che stava bruciando: la sua attenzione era concentrata su Claude, che l’aveva protetta.
In quel momento, aveva pensato che per qualcuno, nel mondo, la sua esistenza era veramente importante ed il suo cuore si era gonfiato di una gioia, offuscata lievemente dal pensiero che era seguito quasi subito: «Mi ha protetta perché gli servo».
Nonostante fosse crudele da credere - e soprattutto da provare - Maria sentiva che in verità non le importava molto del perché si fosse messo tra lei e quelle frecce, quanto piuttosto dell’azione in sé.
Era stata protetta, e ciò la riempiva di gioia.
Sebastian e Claude avevano ripreso il loro duello, il quale - adesso che si erano “spogliati” delle loro armi - si stava svolgendo a mani nude.
I colpi che si scambiavano reciprocamente erano duri, sì, ma non erano sferrati con il preciso intento di ferire: sapevano ambedue perfettamente che nessun tipo di danno fisico era permanente - o letale - per i demoni.
Gli attacchi di Claude iniziarono ad essere più precisi e a prendere di mira le articolazioni: doveva fermare Sebastian, anche se per pochissimi, e portare altrove Maria, prima che morisse.
Sebastian era agile, perciò non era poi così difficile, per lui, schivare i colpi. Oltretutto, era ben determinato a portare a compimento ciò che doveva.
Tuttavia, quel gioco iniziava a stufarlo.
Un attacco imprevisto alle ginocchia lasciò Faustus non solo dolorante, piegato a terra, ma anche enormemente sorpreso: la rapidità d’azione del suo nemico era stata formidabile a dir poco.
Il demone dagli occhi rossi scartò di lato, superando l’avversario con un fulmineo scatto, dirigendosi verso il rogo.
Claude si rialzò e, nonostante il dolore ad una gamba, s’avventò contro il nemico.
Lo afferrò da dietro e gli strinse saldamente la gola, rinsaldando la presa in una parvenza di strangolamento.
«Ormai è tardi» sussurrò Sebastian, sorridendo malizioso.
D’istinto, l’altro alzò gli occhi, portandoli sulla pira: Maria stava bruciando sul serio.
Le fiamme erano arrivate a lambirle le ginocchia, scoperte a causa del vestito già distrutto.
Claude lasciò senza pensarci il demone e corse verso di lei; in quell’istante, Sebastian estrasse uno stiletto da uno dei suoi logori stivali e lo lanciò con forza.
L’arma fendette l’aria come una scheggia, superò Faustus e andò a conficcarsi - con una forza ed una precisione impareggiabili - nel petto della donna.
«NO!».
Il demone dagli occhi d’oro si fermò a pochi passi da lei, osservandola: nei pressi del cuore si stava allargando una chiazza rossa.
Maria gemette.
«Claude...!» esclamò, a denti stretti, in una supplica mista a sibilo, prima di afflosciarsi, inerte, contro il palo.
Morta: il demone avvertì la sua anima svanire come polvere nel vento, e con essa il pasto che aveva così pazientemente atteso di gustare.
Si volse indietro: del suo avversario nessuna traccia. Se n’era andato.
Alla fine, lui era riuscito nel suo intento, mentre a lui non era rimasto niente.
Il suo sguardo divenne di ghiaccio ed i muscoli s’irrigidirono in palese manifestazione di rabbia.
«Sebastian Michaelis.... un giorno mi vendicherò».
   
 
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