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Autore: Arthur Jeevas    21/10/2010    1 recensioni
Una storia sulla vita di Mello, Matt e Near partendo dall'ipotetico giorno in cui si sono conosciuti. E’ una storia completamente fuori dagli avvenimenti del manga/anime, essendo completamente inesistente il caso Kira e tutte le tematiche relazionate ad esso.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matt, Mello, Near
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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growing up togehter - cap 2 malinconia

 Era il maledettissimo 24 agosto 2008. Agosto… Mello odiava quel mese. Era passata una settimana dall’ultima volta che aveva trascorso del tempo con Mail… Questi si era chiuso dentro la sua camera, era occupatissimo a preparare il suo regalo per Nate. Insomma, che ci sta di così importante nel compiere 14 anni?! E poi, era molto nervoso dal fatto che Mail desse priorità ad un inutile regalo piuttosto che a lui. Che bisogno c’era di fargli questo regalo? Sicuramente non gli sarebbe neanche piaciuto a Nate, che è completamente indifferente. Apatico… Perché Mail si affascinava così tanto per lui?! Eppure Mello era quasi intelligente quanto Nate.

  Quasi. Questo maledettissimo quasi sembrava un abisso. Si sentiva così inferiore a Nate... E come se non bastasse, gli stava rubando la sola cosa che gli appartenesse per diritto. Mail. Si, era l’unica cosa che aveva, eppur la doveva dividere. Quello non gli sembrava affatto giusto! Perché era sempre lui quello che doveva adeguarsi? Perché lui doveva essere quello ad accontentarsi con ciò che rimaneva? Sembrava un cane. Riceveva solo quello che non serviva più a nessuno. Gli arrivava solo ciò che era inutile a tutti gli altri. Lui era sempre quello con la roba di seconda mano. Cosa portava Nate ad essere così privilegiato? Non sembrava neanche vivo!

  Seduto sul letto sentiva il rumore dei bambini che passavano sul corridoio ridendo contenti. Sentiva qualche volta il nome di Nate, così di sfuggita… Il suo magro corpo vibrava. Era sempre trascurato, invisibile. Al suo compleanno non c’era stato tutto questo movimento. Anzi, tutti gli anni il suo compleanno passava del tutto inosservato. Si sforzava sempre così tanto per raggiungere il primo posto… Ma tanto era sempre inutile. E nessuno riconosceva mai i suoi sforzi e lo confrontavano sempre con Nate… “Mihael è molto bravo, però Nate…” Nate. Nate. Nate. I bambini non parlavano d’altro. Mail non parlava d’altro.

  Mello lanciò lo sguardo tutt’intorno e si soffermò sul suo violino, delicatamente poggiato su una poltrona di cuoio nera, in un angolo della stanza. Lo prese e lo posizionò per bene, poggiando il mento sulla mentoniera e il violino sulla spalla, aiutandosi con la spalliera. Posizionò quindi le dita sulla tastiera. Tenendo l’arco, lo mosse leggermente, emettendo i primi suoni della canzone. I suoi movimenti erano morbidi, leggeri, delicati. Sembrava che accarezzasse le corde, l’unica cosa che era in grado di accarezzare senza il timore di essere preso in giro per la sua debolezza. Si, perché lui reputava debolezza l’attaccamento sentimentale a delle persone, perché chi si attacca a qualcuno corre sempre il rischio di soffrire per questo. Forse era questo che permetteva Nate di occupare sempre il primo posto… Perché  non era mai stato attaccato a qualcuno o qualcosa, portandolo ad essere più forte, perché  solo i deboli soffrono. Mello era un debole. Cercava di mascherare tutte le sue paure, sofferenze, ricordi e sentimenti con una superflua indifferenza. Con una finta freddezza… Per esperienza propria Mello sapeva che di solito quelli più forti esternamente, dentro erano i più fiacchi. Ma quella teoria non si poteva certo applicare su Nate.

  Adesso non era più arrabbiato, ma era profondamente deluso di sé stesso. Aveva già ripetuto l’intera sinfonia ben tre volte e senza alcun testo suonava così triste…

-          Times have changed but so have I, I view my life through your eyes… There’s no place like home they say, you’re my home so hear me pray…**

    Smise di suonare, il suo corpo era assalito da una possente sensazione: Il suo viso bruciava. Il suo cuore pulsava fortissimo. Il suo fiato era corto. Tremava di nuovo, ma non sentiva lo stesso di prima… Era una sensazione leggera. La gola era bloccata. La testa era confusa e… il suo viso era umido. Piangeva. Anche se nel bel mezzo della estate, aveva freddo. Quella stanza sembrava diventare sempre più buia, si sentiva solo. Pianse tanto, tantissimo. Pianse quanto non aveva pianto in tutti quegli anni. Pianse per la morte dei suoi genitori, pianse per la prima volta che si era fatto male, pianse per non riuscire a fare amicizie, pianse per non riuscire a dimostrare i suoi sentimenti, pianse per la morte del suo gatto, pianse per la solitudine che si era creato, pianse per i muri che aveva costruito intorno al suo cuore, pianse per non sentirsi amato, pianse per stare sempre un passo dietro a Nate, pianse per quella settimana schifosissima trascorsa senza Mail, pianse per essere solo, in quel momento, pianse perché era solamente colpa sua se era diventato così miserabile. Pianse per ore finché non si addormentò.

 

   Appena sveglio si rese conto che era buio, di fuori. Erano le 19. Il compleanno di Nate doveva essere già cominciato… Lo odiava, è vero, ma sarebbe andato lo stesso anche perché caso contrario avrebbe alimentato dei sospetti.

  Si alzò senza molta voglia dal letto, e andò a lavarsi il viso. Sistemò i capelli incredibilmente lisci e biondi, troppo lunghi per un maschio, ma dei quali ne andava fiero. Si mise le scarpe e andò verso la mensa.

  Inizialmente non riuscì a vedere né Mail né quell’odioso di Nate, forse si era rifiutato di andarci, come nell’anno scorso.. Era così schifosamente odioso! Ci stavano tutti i bambini, a quanto sembrava… Una confusione assurda. Palloncini dappertutto, striscioni con disegnini e scritte… Tutti degli illusi. Cercavano sempre di accontentare Nate e non riuscivano a capire che a lui non gli importava niente di nessuno. Mello da sempre credeva che Nate fosse  privo di emozioni e sentimenti; non cambiava mai espressione o tono di voce. Era macabro.

  Gironzolando, svogliato, lo sguardo tra quel grande ammucchiare di gente, si soffermò su una scena che non le  ha gradito affatto. In fondo, sull’ultima tavola c’erano un sacco di regale disposti uno sopra l’altro, ma solo uno era aperto. La carta che lo avvolgeva era a righe rosse e nere… Si avvicinò di qualche passo e vide un giocattolo che dovrebbe avere mezzo metro di altezza. Era completamente arredato e pieno di bottoni che lui non sapeva bene a quali funzioni corrispondessero. Seduto sulla panchina, di fronte a quel fantastico regalo, c’era Nate. Aveva lo sguardo fisso su di esso e… sembrava quasi che sorridesse. Mello continuò a osservarlo. Era completamente sicuro che il regalo era quello di Mail. La carte a righe, il regalo in sé… Non c’erano dubbi.

  Nate si alzò lentamente, i suoi movimenti erano sempre lenti, come se riflettesse su ogni piccola mossa, calcolando ogni possibile reazione.. Si girò verso qualcosa che Mello non riusciva a vedere, perché tutti quei regali gli coprivano la visione. Si spostò ancora di qualche passo, ma questa volta verso sinistra. C’era Mail. Rideva, guardando Nate. Aveva la solita posa, con una gamba un po’ piegata e il braccio alzato che formava un angolo di circa trenta gradi per poi ricadere sulla nuca, aveva gli occhi scoperti e teneva i goggles intrufolati tra i capelli. Nate lo guardava dal basso. Adesso aveva la solita espressione impassibile… ma dopo qualche secondo lanciò le braccia intorno al collo di Mail che, sorpreso, non seppe se riabbracciarlo oppure no. Cercò disperato un appoggio con lo sguardo, quando notò Mello.

 Mail non riuscì a comprendere l’espressione di Mello; non ebbe il tempo. Questi si girò e corse via.


** I tempi sono cambiati ma sono cambiato anche io. Riesco a vedere tutta la mia vita nei tuoi occhi. Dicono che non esista un posto come casa, tu sei la mia casa, quindi ascoltami pregare.

Vi faccio un po’ della mia cultura quasi-natale. Questa è una canzone di un famoso violinista (e cantante, compositore, attore.. haha) Norvegese, si chiama Alexander Rybak ed è un vero dio del violino. Ha 23 anni ma dimostrava tutto questo talento già a 18'anni. E’ fantastico. Potete vedere il videoclip della canzone dalla quale ho ‘rubato’ questo piccolo verso qui:  http://www.youtube.com/watch?v=daqfr6DJsGc

Valelle96 e Regina Oscura, non fraintendete l’ultimo paragrafo di questo capitolo. Prima di venirmi a trovare per riempirmi di botte, aspettate il prossimo capitolo calme calme. Ok? Haha.
  
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