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Autore: Isa is smiling    21/10/2010    2 recensioni
"Quando la vita ti riserva sorprese che non ti saresti mai –sottolineo il ‘mai’- aspettata di ricevere, belle o brutte che siano, l’unica cosa da fare per non mandarti in pappa il cervello è…"
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Cassandra è goffa, molto goffa. Michele è gentile, molto gentile. Alessandro è riservato, molto riservato.
Tra incidenti e punizioni, l'imperturbabile Cassandra sarà travolta da un mondo che ha sempre evitato, perché essere come loro non è mai stata una sua priorità. Troverà quel principe in cui non crede più da tempo, ormai? Riuscirà ad essere la degna principessa della sua favola?
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"-Io non voglio il principe, voglio il cattivo!
-Un semplice cocchiere per te è poco, giusto?"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Io non credo nelle favole!

 
Prologo:
 
Quando la vita ti riserva sorprese che non ti saresti mai –sottolineo il ‘mai’- aspettata di ricevere, belle o brutte che siano, l’unica cosa da fare per non mandarti in pappa il cervello è…
 
Capitolo primo: Una vacanza inaspettata.
 
- Andiamo, siamo in ritardo!
Uscire da casa quarantacinque minuti prima del suono della campanella scolastica della prima ora, assecondando una madre che non è mai stata puntuale e che però tenta sempre di esserlo, non è da tutti. Non era neppure da Cassandra, ma cosa non si fa per la famiglia?
- Mamma, siamo troppo in anticipo, oggi.. – disse la ragazza, guardando la madre cercare disperatamente gli occhiali da sole per una troppo assolata mattina d’ottobre – ...che dici, la apro io la scuola? – continuò.
- Figlia mia, per avere diciassette anni sei davvero troppo cinica! Ti ci vuole un ragazzo, decisamente!
- Mi ci vuole una vacanza, mamma, che è diverso. Ma non ho niente di questo, non pensi anche tu che la vita sia ingiusta?
La madre le scoccò un occhiata tendente al rassegnato e aprì il portone.
Appena uscita, Cassandra fu investita dalla familiare brezza marina proveniente dal sud, da quei paesi caldi che lei non aveva ancora visitato.
Scendeva la scalinata esterna della loro villa plurifamiliare senza guardare in terra, troppo convinta di conoscere perfettamente i sette gradini che la separavano dallo stabile, e soprattutto pianeggiante, selciato esterno.
Ma mai fare affidamento sui propri sensi, mai, specialmente dopo una notte passata sui libri e una sveglia che era suonata davvero troppo presto. Se inoltre questi sensi si ricollegano ad un genotipo come quello di Cassandra, prevalentemente formato da geni di goffaggine acuta in stato avanzato, tutti avrebbero potuto indovinare quello che successe subito dopo il secondo gradino.
-Stai attenta, è scivol.. –
Un botto riecheggiò nel giardino.
- Porca miseria infame, che dolore! – gridò la ragazza, il sedere delicatamente appoggiato in terra dopo una caduta che le aveva fatto saltare cinque gradini, facendola atterrare direttamente sul terreno.
- Ti sei fatta male? Quante volte ti ho detto che devi stare attenta! - Sandra, la madre, si era girata senza fretta, sorridente, conscia che la figlia aveva un senso dell’equilibrio poco, davvero molto poco, stabile.
- Mamma, hai impegni per questa mattina?
- Certo, Cassandra, come tutte le mattine. Ho dei pazienti, perché?
- Credo di essermi rotta una gamba..
 
*****

Così erano corse zoppicando al pronto soccorso, avevano fatto le radiografie del caso velocemente – a cosa sarebbe servito, altrimenti, avere una madre medico? – e avevano aspettato che un simpatico ometto canuto le sistemasse il gesso attorno alla gamba.
- È la prima volta che ti fratturi qualche arto, piccola? -  chiese il medico, con un sorriso placido, mentre tastava la gamba anestetizzata.
- Veramente è la terza. Sai, collega, mia figlia fa a pugni con lo stare in piedi! – rispose la madre di Cassandra sorridendo. Aveva anche lei presto imparato che davanti agli imprevisti non si può far niente, quindi aveva disdetto gli impegni della giornata e aveva accompagnato la figlia.
- Oh, allora sei un habitué! – l’ometto continuava a tastarle la gamba, a prendere misure e tagliuzzare plastica.
Quando ebbero finito Cassandra si ritrovò con la gamba destra ingessata e una prognosi di un mese. Sarebbe dovuta rimanere a riposo per 30 giorni, muovendosi il minimo indispensabile, perché la frattura era da considerarsi abbastanza grave e qualche movimento brusco avrebbe potuto causarle gravi problemi.
Passarono dal banco accettazione per ritirare ricette e certificati.
- Cassy, che carino il nuovo gesso, posso firmarlo? Devo dire che è sempre bello vederti in piedi!
Gianni, un infermiere amico di famiglia, le aveva raggiunte e aveva sorriso amabilmente verso la ragazza.
- Gianni, perché non vai a.. – sua madre era presente, sempre meglio moderare i termini - ..farti un caffè? Di quelli forti, magari ti passa la voglia di ridere! – sorrise a sua volta Cassandra, ricordando quante volte lui le avesse fatto compagnia quand’era più piccola. Era un ragazzo sulla trentina, affabile, carino. Era stato la sua prima cotta..
- Prima mi amavi, mi avresti perdonato qualunque battuta!
E non mancava mai di ricordarglielo, con quella faccia da schiaffi che si ritrovava. Si sorrisero complici.
- Bene, piccioncini, è ora di tornare a casa! – disse Sandra. Era sempre bello vedere come sua figlia riuscisse a relazionarsi con le persone più grandi senza impaccio. Questo le sarebbe servito, nella vita.
Tornarono a casa e, non senza fatica, riuscirono a sistemare Cassandra sul suo letto. Era intervenuta anche nonna Patrizia, che abitava nell’appartamento sotto al loro, a piano terra.
- Cassy, nipote mia, com’è che ogni anno hai qualcosa di rotto? – le chiese portandosi i capelli corti dietro l’orecchio e sistemandole un cuscino dietro la schiena e uno sotto la gamba ingessata.
- Ti giuro che questa volta non è stata colpa mia, nonna! Era scivoloso, io ho messo il piede male e..beh, il resto è storia!
- Non è mai colpa tua,  nipote degenere.
- Senti, zio, non infierire anche tu! – sbuffò, guardandolo trasportare un televisore proprio sul mobile di fronte al letto.
Quando un membro dei Balzi si ammalava, tutta la famiglia correva a prendersene cura, per questo Cassandra avrebbe fatto di tutto per loro. Perché loro erano la sua famiglia, per sempre.
L’uomo che aveva fatto irruzione in camera sua rispondeva al nome di Zio Matteo, orgoglio delle donne di casa e rovina di quelle fuori, a cui spezzava il cuore un giorno si e l’altro pure. Dato che Cassandra non aveva mai conosciuto suo padre, sparito quando sua madre gli aveva comunicato di essere incinta, Matteo era la figura più vicina a quella paterna che potesse vantare.
Non che si lamentasse, ovviamente! Lui abitava nel terzo appartamento della villa, che aveva fatto ristrutturare pochi anni prima, sostenendo che a quaranta anni non poteva ancora vivere con sua madre, e quindi era andato a viverle praticamente accanto. Mangiava con lei, si faceva lavare e stirare i vestiti, e in cambio faceva la spesa, aiutava per i lavori pesanti e complicati.
Un inguaribile mammone che, in fondo, sapeva farsi voler bene.
- Nipote, datti una mossa, ho da fare. Va bene posizionato qui? –
Come non detto.
- Si, va benissimo, grazie zietto, sei sempre così gentile con me! – rispose Cassandra, guardandolo in modo truce. Non facevano altro che litigare, ma non l’avrebbe scambiato per nessuno al mondo.
Cassandra chiuse gli occhi e fece mente locale. In meno di sei ore era caduta dalle scale, era andata al pronto soccorso, si era ritrovata con una gamba ingessata e adesso la aspettava un intero mese chiusa in casa. Fece un respiro profondo e cerco di pensare a qualcosa di felice: ad un prato, un cerbiatto…
Ma che. Aveva saltato il compito di geometria previsto per quella giornata e avrebbe dovuto farsi portare tutti gli appunti delle lezioni. Non che non avesse già affrontato una lunga assenza – in fondo era la seconda volta che si rompeva il femore e si era anche fratturata il coccige – ma questo non le era minimamente d’aiuto. Guardò fuori dalla finestra e si chiese cosa avrebbe fatto lui, in questa situazione. Magari si sarebbe messo a bestemmiare in turco, a fumare come un turco, a bere come un turco. Perché, poi, tutti ce l’avevano con i turchi? Forse erano un popolo un po’ rumoroso, ma non si poteva dire..si, stava divagando. Lui, corrispondente al nome di Michele Buonarroti, era un ragazzo della classe accanto alla sua.
Cassandra non era mai stata innamorata, e forse non lo era neppure in quel momento, ma il suo pensiero, inspiegabilmente, tendeva sempre a raggiungere la figura di lui; alta, slanciata e con quella massa di capelli neri scompigliati che facevano perdere la testa a quasi l’intera fauna femminile scolastica. Non era neppure la tipa che avrebbe scritto un diario con il suo nome accanto a quello di lui, né ne aveva parlato con tutti quelli che conosceva. Si era tenuta questo piccolo segreto per se, confidandolo solamente alle sue migliori amiche, e aveva continuato la sua vita come nulla fosse, senza piagnistei inutili e spargimenti di sangue quando lui si era fidanzato con la ragazza più - come dire - procace della scuola.
Ne aveva sentite troppe su di loro, tanto da smettere di crederci perché, in fondo, cosa poteva importargliene? Neppure lo conosceva, Michele, non avrebbe mai saputo cosa dirgli. Sapeva però che si passava la mano nei capelli quando era in imbarazzo, che non gli piacevano i complimenti e che i suoi occhi tendevano al grigio nelle giornate di pioggia.
Ricordò il giorno prima quando lei, sempre nella sua immensa goffaggine, gli era andata a sbattere contro senza accorgersene. Aveva alzato gli occhi e si era trovata a fronteggiare i suoi.
- Oh, scusami tanto – gli aveva detto, senza pensarci – Non guardavo dove andavo, mi capita spesso!
-Ti capisco! – le aveva risposto lui, sorridendo – Ci si vede in giro!
Fine, stop. Niente scene romantiche in cui lei si scioglie sotto lo sguardo di lui. Si erano semplicemente sorrisi in modo cortese, da buoni estranei, ed ognuno era andato per la sua strada.
Cassandra non badava mai a quello che la gente pensava di lei o casa avrebbero potuto dire, perché non riusciva a pensarci.
Aveva talmente tante idee per la testa che quelle sarebbero state solamente preoccupazioni inutili.
Aveva avuto voglio di gridare per strada con le sue amiche, l’aveva fatto, sempre nel rispetto delle regole. Cosa avrebbero potuto dire, in fondo? Se anche l’avessero fatto, il loro chiacchiericcio sarebbe volato via con le stesse parole, in attesa di nuovi succulenti scoop da gonfiare. Cassandra era una tranquilla ribelle, di quelle che se vedi per strada e ti fanno simpatia perché sorridono sempre, di cui però non ti fideresti. Amava leggere, ascoltare musica, fare quello che i ragazzi normali facevano. Era semplicemente lei.
Poggiò la testa sul cuscino e cercò di rilassare i muscoli, preparandosi alla vacanza che – si ricordò – aveva chiesto lei stessa quella mattina.
Chi intercedeva per lei, però, forse ne aveva frainteso il senso.
 
*****
 
- Hai sentito? Cassandra Balzi si è fratturata la gamba, di nuovo!
A parlare era stata una voce cristallina ed acuta. La voce di Giorgia Sermenghi.
Bionda, alta, slanciata, dalle curve abbondanti ma non esagerate.
- Si, ho saputo che mancherà per un mese. Poverina, tutte a lei! – aveva risposto la compagna Alessia, sua intima amica e schiava all’occorrenza.
- Ma che poverina! Almeno non mi urterò con la sua presenza per un mese intero!
- Di che parlate, ragazze?
Michele Buonarroti aveva attaccato alle spalle la sua ragazza, Giorgia, e in quel momento le stava stampando un delicato bacio sul collo. Lei rise in una maniera plateale e poco consona al momento, dato che tutti coloro che stavano facendo ricreazione si girarono a guardarli incuriositi. Michele storse il naso e si appoggiò al muro.
- Lo sapete che la ragazza della IV F, Cassandra mi pare si chiami, si è fratturata la gamba, di nuovo?
Alessandro Biompani, comparso dietro Michele, non era un tipo a cui piaceva parlare della vita degli altri, ma ogni tanto faceva un strappo anche lui. Specialmente se si parlava di quella strana ragazza del corso F, quella che una volta gli aveva quasi frantumato il setto nasale durante una partita di pallavolo.
- Davvero? – chiese Michele – Mi ci sono scontrato ieri, in corridoio.
Giorgia, che aveva dato alla notizia di quella stupida ragazzina saccente già troppa considerazione, deviò il gruppo verso un altro argomento di conversazione e, per quel giorno, non si parlò più di Cassandra Balzi.
 
*****
 
- Ti prego, ripetimelo un’altra volta! Hai fatto un volo di cinque gradini? – Emma scoppiò in una grossa risata, non riuscendo più a limitarsi. Sara, invece, la guardava con compassione e le accarezzava la mano. Una peggio dell’altra, una l’opposto dell’altra.
Le sue due migliori amiche erano sedute sul suo letto, dopo che lei le aveva chiamate e la notizia della sua caduta aveva fatto il giro di tutto il suo liceo.
- Sai, - prese a dire Sara – Michele Buonarroti mi ha chiesto come stai..-
Cassandra ruotò la testa verso di lei e sgranò impercettibilmente gli occhi.
- Davvero? – chiese.
-Si, ti augura di rimetterti presto! –
- Sara – disse Emma – Basta con tutte queste informazioni, altrimenti le vengono gli occhi a cuoricino.
Per tutta risposta ricevette un cuscino in faccia dalla diretta interessata che, però, aveva cominciato a sorridere come un ebete.
 
Spazio Autrice:

Salve! Questa storia è nata per caso, quasi come una sfida con me stessa. È la seconda che pubblico in questa sezione, ma purtroppo la prima non ha avuto molto successo e io, da degenere, l’ho lasciata incompiuta. Spero proprio che non capiti lo stesso con questa, anche perché ci tengo molto.
Dal mio punto di vista questo primo capitolo poteva essere scritto davvero molto meglio, lo trovo freddo ed incolore. In fondo, però, è solamente il primo, l’introduzione a tutta la storia, che prenderà una piega abbastanza inaspettata. Spero tanto mi facciate sapere cosa ne pensate! Le vostre critiche sono il miglior banco di prova! Commentate :)
  
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