Fanfic su artisti musicali > Arashi
Segui la storia  |       
Autore: Hika86    21/10/2010    0 recensioni
[50/50 capitoli COMPLETA][0/5 capitoli extra IN CORSO] Un filo ci lega alla persona cui siamo destinati: non importa il tempo che dovrà passare o le distanze che ci separano. Ma se questa persona fosse proprio davanti a noi e non riuscissimo a riconoscerla? Se la considerassimo antipatica tanto da non degnarla neanche di uno sguardo? E se l'avessimo trovata e noi stessimo vacillando nei dubbi? E ancora, cosa dice che non l'abbiamo già persa?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Autunno 2000
Gli edifici universitari erano tutte architetture relativamente nuove e ben tenute, in stile occidentale, e le facciate erano tutte decorate seguendo uno stile unitario: mattoni a vista e cornicioni in pietra bianca levigata in blocchi. Il verde circondava l'enorme campus dove si trovavano sia gli edifici delle aule di lezione che quelli per lo sport e per le organizzazioni studentesche, c’erano poi campi da gioco, centri di ricerca, librerie, un konbini, alcune caffetterie sparse in giro per il campus, una palestra, dei piccoli ristoranti e una biblioteca.
Era un pomeriggio freddo di inizio autunno ed era in quest'ultimo ambiente che Erina si era messa a leggere un libro preso in prestito. Se ne stava seduta in terra tra uno scaffale e l'altro. Almeno metà dell'ampia sala che occupava tutto il piano terra era occupata dagli scaffali, mentre l'altra metà era adibita allo studio e alla lettura essendo disseminata di tavoli in legno lucido e sedie comode per gli studenti. Lo spazio per i libri continuava nei piani superiori ed esisteva tutta una parte d'archivio non accessibile agli studenti, dove gli addetti avrebbero cercato qualsiasi volume venisse richiesto per la consultazione o il prestito. Tutte le parti liberamente accessibili avevano delle grandi finestre esposte a sud, mentre a nord davano gli archivi, ecco perché lei si era messa tra gli scaffali vicini ai vetri: per godere del calduccio del sole, ottimo con quella esposizione.
Girò la pagina del libro respirando profondamente e cambiando posizione a terra, incrociando le gambe fasciate in un paio di jeans aderenti. Il colletto di una camicia bianca spuntava dal maglione color crema, lungo fino a metà coscia e stretto in vita da una cintura in pelle marrone scuro, stesso colore degli stivali.
L'atmosfera fu tranquilla e rilassata, oltre che silenziosa, fin quando un gruppetto di ragazze rumorose passò nel corridoio tra gli scaffali. Una di loro si bloccò poo dopo esser passata oltre lo spazio nel quale si trovava lei, fece qualche passo indietro e si sporse dallo scaffale. «Erina san!» esclamò sorridendole allegra.
Alzò lo sguardo dal suo libro e ricambiò il sorriso. «Satō san» rispose a bassa voce con un cenno del capo
«L'hai trovata?»
«Dov'è? Dov'è?» chiesero le altre due invadendo subito lo stretto corridoio per raggiungerla. Erano Nishihara e Sehiro.
«Mi cercavate?» domandò guardandole, stranita da tutto quell'interesse.
Si erano conosciute prima delle vacanze estive, al Corso Introduttivo all'Economia Giapponese e poi aveva scambiato qualche chiacchiera con loro da quando avevano ripreso le lezioni in Settembre, ma non poteva dire di essere loro amica al punto da essere cercata con tanta urgenza.
«Sì, Erina san abbiamo bisogno di una mano» spiegò Nishihara accovacciandosi davanti a lei e allungando le mani per chiuderle il libro
«Vieni con noi ti prego, devi darci un consiglio: noi non sappiamo assolutamente che fare!» incalzò Satō gesticolando per farla alzare. Erina tenne tra le mani il libro chiuso, recuperò la borsa di tela con altri quaderni e volumi e si preparò a seguirle.
«C'è qualche problema con gli esercizi di statistica?» domandò perplessa, non sarebbe stata la prima volta che qualche compagno le si rivolgeva per un aiuto in quella materia: stranamente le riusciva facile da capire e finiva sempre i problemi in un battito di ciglia.
«No, no, vieni con noi» la incitò Sehito tornando a trottare lungo il corridoio principale degli scaffali.
Le tre ragazze ridacchiarono tra loro finchè non arrivarono alla fine della "zona libri", dove la sala tornava ad essere uno spazio aperto, puntellato di tavoli e sedie: la "zona lettura". «Guarda lì!» disse Satō indicandole un tavolo
«Non indicare!» la rimproverarono le altre
«Ragazze, non alzate troppo la voce» si aggiunse Erina, non le era spiaciuta quell'improvvisa interruzione della sua lettura ma non stava bene quel continuo chiocciare nel bel mezzo della biblioteca.
Con pazienza alzò lo sguardo sulla sala e cercò con gli occhi qualcosa che attirasse la sua attenzione nella direzione indicatale. «Allora? Cosa dovrei vedere?» domandò impaziente di sapere per quale importante faccenda era stata cercata e interrotta da loro
«Come? Non lo vedi?» domandò Nishihara. «Seduto al tavolo vicino alla finestra» specificò abbassando la voce e parlandole col viso vicino alla sua spalla.
Seguì le indicazioni e individuò un ragazzo chino su un libro: l'unico seduto in pieno sole, mentre il resto della sala sembrava interamente occupata, ma solo perché tutti i posti illuminati dalle finestre erano stati evitati dagli studenti, spostatisi all’ombra.
«Ah, sì» annuì per poi guardarle incuriosita
«Lo conosci?» domandò Sehito
«No, veramente no» scosse il capo stringendosi nelle spalle
«Come no?» domandò sconvolta l'altra. «Accidenti» sospirò scoraggiata
«Mi spiegate cosa succede?» insistè
« Erina san conosce sempre un sacco di gente qui al campus, pensavamo avessi fatto amicizia anche con quel ragazzo» spiegò Nishihara sistemandosi i lunghi capelli lisci che le cadevano sulle spalle
«No, mi spiace» ripeté girandosi di nuovo ad osservarlo. «Credo frequenti il corso di Statistica comunque, se ho capito chi è. In realtà non lo vedo bene da qui»
«Che peccato, e ora?» si domandarono le tre, guardandosi tra di loro e lanciando poi uno sguardo languido al giovane ignaro seduto al tavolo
«Ma il problema qual è?» fece sbattendo le palpebre, capendo sempre meno di quella situazione
«Vorremmo chiedergli il nome, ma non sappiamo come. Pensavamo lo sapessi tu» spiegò Satō
«Scusa?» Erina la osservò strabuzzando gli occhi. «Ma se volete sapere il nome non fate prima a chiederglielo?» concluse con semplicità
«Ma non è facile!» ribattè Nishihara. «Erina san non si fa problemi, ma noi siamo timide! In che modo attacchi bottone? Voglio dire, non puoi mica andar lì e dire: "Scusa, vorrei sapere il tuo nome"!» spiegò scrollando le spalle
«No, certo che no» convenne lei. «Ma ci sono mille modi per cominciare una discussione qualsiasi qui in università»
«Oh, si è alzato!» fece notare Satō agitando una mano nell'aria per attirare la loro attenzione
«Devo parlarci io?» domandò dubbiosa Erina dato che le altre due non accennavano a seguirlo o a voler trovare un modo per approcciarlo. Questi aveva lasciato le cose sul tavolo e si era diretto ad una porta secondaria con un pacchetto di sigarette in mano. «No, no. Dobbiamo farlo noi» risposero convinte, interrogandosi sul da farsi
«Satō san, tu fumi, no? Perché non esci e fai finta di non avere l'accendino?» propose loro alzando gli occhi al soffitto
«È un'idea!» esclamò quella spalancando gli occhi. Le amiche sibilarono verso di lei per farle abbassare la voce.
«Sei l'unica che fuma tra noi, fallo!» la incoraggiarono le due
«Allora vado eh?»
«Sì, forza!»
«Ma voi non fissatemi dalle finestre, altrimenti non ce la faccio!» le avvertì prima di avviarsi. Le tre ragazze rimaste la osservarono finché non fu uscita dalla porta, dopodiché Nishihara e Sehito sospirarono.
«Siete proprio buffe» sorrise Erina nascondendo quella che sarebbe potuta diventare una risata tanto divertita da risultare offensiva
«Perché?» domandarono quelle
«Vi fate tanti problemi solo per chiedere a qualcuno il suo nome e sembra ci voglia chissà quale preparazione per domandare in prestito un accendino» spiegò cercando di non suonare scortese, come se le stesse prendendo in giro
«Non è facile per noi come lo è per te» balbettò Nishihara
«E poi è bellissimo! Già normalmente non è che io sia molto spigliata con gli sconosciuti, figurati davanti ad uno così! No, non ce la farei, sverrei dopo avergli detto solo "scusa"» spiegò Sehito
«Non guardarlo in faccia!» propose ironica Erina, ridacchiando
«Sta tornando!» annunciarono venendo che Satō rientrava nella biblioteca. Era passato troppo poco tempo perché avesse fumato tutta una sigaretta e soprattutto era tornata da sola: del ragazzo nessuna traccia.
«Allora? Gli hai parlato?» domandò alla ragazza che ritornava verso di loro camminando rigida, con gli occhi spalancati. Non parlò, scosse semplicemente il capo. «Ma come no?». L'incapacità comunicativa di quelle tre sbalordiva Erina ogni secondo di più. Non doveva chiedergli il nome, ma solo l'accendino! Era una cosa che si faceva normalmente con chiunque!
«Mi sono avviata verso la zona fumatori qui fuori, ma quando mi sono avvicinata abbastanza ha guardato verso di me e non me la sono sentita! Ho tirato dritto fingendo di dover andare da un'altra parte» spiegò coprendosi il volto con le mani. «Ho fatto una stradina secondaria e sono rientrata da un'altra porta. Non ci riesco!» sospirò. Le amiche la rimproverarono, ma allo stesso tempo capivano la sua emozione e quindi la giustificavano.
Erina scosse il capo e lanciò un'occhiata al suo libro. «Volete che gli parli io quando rientra?» domandò ancora, non aveva voglia di star lì con loro a perder tempo mentre parlottavano di un ragazzo.
«No, no, dobbiamo farlo noi!» ripeterono convinte
«Allora quando rientra andate a sedervi al suo stesso tavolo e trovate un qualsiasi pretesto per parlare: state leggendo lo stesso libro, oppure non capite un problema e gli chiedete una mano» propose ancora
«Sì, faremo così appena torna» annuirono quelle
«Bene, è facile in fin dei conti. Più facile se siete tutte insieme» sorrise loro prima di fare un mezzo inchino e girare sui tacchi per tornare verso il suo scaffale preferito: voleva finire il capitolo entro l'inizio dell'ora di Macroeconomia.
Si riaccomodò a terra, sistemò nuovamente la borsa contro i libri sul primo ripiano e socchiuse gli occhi crogiolandosi al sole che aveva abbandonato per qualche minuto. Aprì il libro sfogliando rapidamente le pagine e cercando di ritrovare il punto a cui era arrivata a leggere: le compagne glielo avevano chiuso tanto rapidamente da non essere riuscita a tenere il segno.
Nel frattempo, mentre osservava distrattamente i caratteri nei fogli che le passavano davanti agli occhi, si ricordò di aver già visto quel ragazzo: cinque volte a Statistica, due a Matematica ed era quasi certa che fosse seduto dietro di lei ad Analisi di Economia Internazionale.
Cercando di ricordare altre occasioni, piegò il capo verso la spalla destra aggrottando le sopracciglia. Non riusciva a ricordarne il viso, ma forse il ragazzo arrivato in ritardo alla Cerimonia d'Apertura dell’anno, in Marzo, era stato lui. Non era normale far tardi ad un evento tanto importante ed era strano anche il fatto che non le sembrava di aver mai visto qualcuno parlare con lui: non frequentava molto le lezioni e nessuna delle persone che Erina conoscesse gliene aveva mai parlato. Forse era timido, o era più grande e lavorava per mantenersi gli studi finendo con l’avere tempo per andare in facoltà e poca voglia di parlare con gente più piccola.
Mentre rimuginava su quelle cose ritrovò la pagina, ma in quel momento sentì dei passi rapidi che venivano verso di lei e le tre ragazze ricomparvero nel corridoio. «Erina san» la chiamarono con un sussurro, rosse in viso. «Non ce la facciamo»
«Devo parlarci io?» domandò per la terza volta, e quella sarebbe stata l'ultima prima di alzarsi da lì e lasciare la biblioteca: quel giorno era impossibile star tranquilla lì dentro.
«Per favore» biascicarono.
Nuovamente davanti alla zona lettura si tenne il libro in una mano e la borsa nell'altra, con la giacca appoggiata al braccio. Guardando i metri che la dividevano dal tavolo del ragazzo deglutì a fatica: forse era stato più facile a dirsi che a farsi. Erina non aveva mai grossi problemi ad attaccare bottone con la gente. Da quando si era trasferita a Tōkyō aveva notato che i suoi abitanti erano molto chiusi e silenziosi rispetto ai giapponesi del sud, ma questo non aveva mai costituito un problema per lei. Allora cosa la bloccava?
Fece un respiro profondo e cominciò ad attraversare a passo tranquillo la sala.
Più si avvicinava, più la figura del ragazzo le diventava chiara: aveva i capelli tagliati corti, le ciocche sul davanti erano talmente pareggiate che le ricordavano un caschetto, ma sulla nuca erano più lunghi, ed erano di un castano tanto scuro da non avere riflessi chiari al sole. Poteva vedergli le mani, grandi, dalle dita lunghe e le unghie tagliate corte, ma ben curate. Indossava una felpa con cappuccio grigia e un paio di jeans blu semplici: insomma era bello, ma non aveva la pretesa di sottolinearlo con il suo look.
A quel punto si rese conto di quale fosse il problema: era piuttosto carino e questo rendeva tutto più difficile, perché si faceva prendere dall’emozione. Inoltre, rispetto al solito, quello non era un approccio disinteressato e si sentiva gli occhi delle tre ragazze sulla schiena: non avrebbero mai potuto sentire cosa si dicevano, dato che lei di certo non avrebbe alzato la voce e il tavolo era lontano dagli scaffali, ma avrebbero scrutato ogni sua mossa e ogni loro espressione, ne era certa. Questo non la tranquillizzava.
«Scusa, è libero?» esordì in maniera banale. Quella frase l'aveva usata altre decine di volte da quando era entrata alla Keio e aveva cominciato i corsi: bastava così poco per cominciare a parlare con qualcuno.
Il ragazzo alzò la testa dal libro e la guardò rapidamente prima di osservare il tavolo vuoto e quelli vicini non occupati. «Così pare, no?» fece abbozzando un sorriso, sciogliendo l'espressione concentrata
«Sì, direi di sì» annuì Erina con una risata nervosa. Si sedette e appoggiò il libro sul tavolo prima di sistemare borsa e giacca appese alla sedia. «Sembra che alle persone non piaccia il sole» aggiunse per non far morire lì la discussione
«L'ho notato, per quello mi sono messo qui» rispose annuendo lui
«Preferisci che mi metta più in là?» chiese. Si era seduta lasciando un posto libero tra loro, ma si era avvicinata pensando solo al suo obiettivo senza riflettere sul fatto che forse non era esattamente il miglior momento per avvicinarlo se stava cercando pace per studiare. L'aveva sempre visto solo, forse non era interessato a conoscere nessuno.
«No, rimani pure. Non mi dà fastidio» la rassicurò abbassando un attimo lo sguardo sul libro che lei aveva posato sul tavolo. «È interessante?» domandò accennando al volume con la testa
«Sì. Mi annoia un po' la parte in cui introduce le cause del fenomeno, sto cercando di andare avanti rapidamente per leggere quella sugli effetti. È la più interessante» spiegò mettendo una mano su The Bubble Economy di Cristopher Woods, come a volerlo nascondere.
Quel ragazzo aveva gli occhi scuri quanto i capelli, ma nonostante ciò sembrava avere uno sguardo profondo: ogni espressione era più intensa sul suo viso. Aveva un naso proporzionato e la bocca piccola, dalle labbra piene. Erina deglutì sforzandosi di fissarle per non più di due secondi mentre lui non stava ricambiando la sua occhiata.
«Riesci a leggerlo?» domandò questi, lo sguardo sembrava brillargli al fare quella domanda
«Sì, non ho problemi con l'inglese» rispose annuendo
« Di dove sei?» domandò amichevole. «Parli bene il giapponese»
«Okinawa» rispose, leggermente infastidita. Quante volte in vita sua le avevano rivolto quella domanda? Avrebbe dovuto farsene una ragione prima o poi.
«Eh?» fece quello sgranando gli occhi. «Scusa, credevo fossi straniera»
«Capita spesso» cercò di spiegargli lei muovendo la mano davanti al viso, segno che non importava
«Ti ho visto a Statistica, ho pensato fossi, non so, irlandese?» chiese lanciando un'occhiata ai riccioli rosso fuoco che la giovane aveva raccolto in una coda dietro la nuca
«La famiglia di mio padre è americana di Oakland, ma sono nata a Naha e mia madre è giapponese» spiegò annuendo appena con il capo. Se non fosse stato per quei capelli sarebbe sembrata una giapponese: aveva dei tratti somatici particolari, a vederla vicina a dei giapponesi passava per una di loro con gli occhi appena più grandi, ma vista di fianco a degli stranieri sembrava uguale a loro, con gli occhi un po' più stretti e il naso più piccolo rispetto ad altre donne.
«Sei bilingue quindi: sei fortunata!» sorrise quello appoggiando la schiena alla sedia, allontanandosi così dal proprio libro. Era un buon segno: voleva parlare.
«Mi hai visto a Statistica dicevi?» domandò conferma
«Sì, è difficile non notarti, lo ammetto» scherzò
«Hai ragione» sorrise con lui. «Non credo di averti mai visto. Fai Economia anche tu?» mentì aggrottando le sopracciglia: non era la prima volta che diceva qualche piccola bugia per mandare avanti una discussione con uno studente sconosciuto ma già notato.
«Sì, non mi stupisco che tu non mi abbia mai visto: non riesco a frequentare molto» spiegò con una punta d'amarezza nella voce. «Ma io so chi sei, non ci sono molti stranieri da noi quindi ho immaginato fosse tuo il nome sempre in cima nella graduatoria ad ogni test» le disse prima di lanciare uno sguardo all'orologio
«Statistica mi riesce bene, tutto qui» ammise con modestia, stringendosi nelle spalle. «Beh, io sono Sheridan Erina» si presentò allora piegando il capo
«Sakurai Shō» rispose con un largo sorriso quello. «Sbaglio o non ho mai sentito nessuno chiamarti per cognome?»
«Sì, non suona molto bene "Sheridan san", no?» fece cercando di buttarla sul ridere: odiava a morte essere chiamata così. «Erina san è meglio e poi mi fa sentire molto più giapponese. Infondo sono sempre vissuta qui».
Gli sbirciò ancora una volta il viso, tornando a guardargli le labbra, il colore degli occhi e le morbide curve delle guance. Lo vide prendere fiato per parlare, ma venne interrotto. «Eri chan» si senti richiamare alle sue spalle: erano le altre tre di cui si era totalmente dimenticata non appena aveva cominciato a parlare con lui.
«Sì?» rispose secca, infastidita da quell'improvvisa familiarità,¹ una tattica per avvicinarsi e inserirsi tra lei e il nuovo ragazzo.
«Mi spiace interromperti, ma tra poco comincia Macroeconomia e dobbiamo andare fino al secondo edificio» spiegò Nishihara
«Ma no che non la interrompi» fece Satō civettuola
«Andate anche voi a Macroeconomia?» domandò il ragazzo. «Penso di poter seguire la prima ora, possiamo andare insieme» propose guardando Erina
«Va bene» accettò sorridendo timidamente, mentre dentro di sé si sentiva scoppiare.
Quel ragazzo era educato, molto carino e parlare con lui era stato facile. Poter passare anche un'ora vicini in aula sembrava un sogno. L’unico problema era se sarebbe riuscita a seguire la lezione. Si trattenne dal ridere davanti a tutti per colpa dei suoi stessi pensieri.
«Ragazze, lui è Sakurai Shō. Fa il primo anno come noi» lo presentò alle altre. Infondo era cominciato tutto proprio per quello: sapere il suo nome.
«Sakurai?» domandò sorpresa Sehito. «L'ho già sentito il tuo cognome!» esclamò beccandosi un sibilo da altri studenti che in quel luogo cercavano calma per studiare
«È possibile» parve rispondere lui, con sicurezza
«Sei quello che si classifica sempre tra i primi tre ai test di Statistica» si intromise Satō. «Certo che tra te ed Eri chan è proprio una bella sfida: e dire che io non ci capisco nulla!»
«Dovremmo chiedervi una mano ogni tanto» suggerì Nishihara. Solo quando Erina domandò il numero dell'aula le tre parvero ricordarsi improvvisamente di lei e della lezione.
Raccolsero le loro cose e uscirono per avviarsi lungo il viale alberato che attraversava il campus. Le ragazze assorbirono completamente l'attenzione di Sakurai che venne trascinato in un vortice di domande: era bastato davvero poco per togliere loro qualsiasi inibizione.
Erina rimase un passo indietro, ma non fece in tempo a fare dieci metri nel viale che già incrociava qualcuno che conosceva e la salutava. Alla fine della strada era circondata da cinque persone e chiacchierava con loro allegramente: erano tre del suo stesso corso e due senpai del terzo anno che avevano lezione nello stesso edificio. Era contenta di chiacchierare con loro, ma stare con quel gruppo sconosciuto a Sakurai e alle tre ragazze significava che non avrebbero chiacchierato tutti insieme.
Prima di prendere la stradina che portava al secondo edificio, Erina vide una compagna di corsi arrivare dal viale secondario che costeggiava il capo di atletica. «Eri san, buongiorno!» la salutò questa agitando una mano per farsi vedere in mezzo ad altri studenti che, a gruppetti, venivano dalla sua stessa direzione.
«Ida san, buongiorno» rispose al suo saluto. Fece segno agli altri di precederla e la attese perché potessero avviarsi insieme verso la lezione.
«Com'è andata la mattinata?» le domandò Ida Meiko una volta che l’ebbe raggiunta
«Bene, mi sono rifugiata in biblioteca durante Storia Economica, ho mangiato qualcosa in caffetteria e poi son tornata a leggere qualche altro capitolo» spiegò arricciando il naso, spostando gli occhi sul gruppetto di Sakurai e delle ragazze, ormai un po' distante
«Dovresti seguirla dato che non ti trovi bene con quella materia» sospirò l'amica. «Non dirmi che anche gli altri erano tutti in biblioteca con te» ridacchiò accennando alle persone che la circondavano pochi secondi prima del suo arrivo
«No, c'erano sono Nishihara san e le altre» rispose stringendosi nelle spalle. «Ho conosciuto una nuova persona» annunciò quindi
«Non saresti più l'Erina che conosco se non facessi amicizia con qualcuno di nuovo ogni giorno» ridacchiò Meiko
«Esagerata! Diciamo, una a settimana» la spintonò scherzosamente
«Non è mica poco!» rise. Aggiunse dell'altro, ma Erina smise di ascoltare l'amica quando notò che Sakurai si era girato per guardare indietro verso di lei, forse per controllare se stesse ancora andando con loro verso la lezione. «Ehi!» la richiamò subito l'altra
«Cosa?» fece tornando a prestare attenzione all’amica
«Tutto bene? Dicevo: chi hai conosciuto?» ripeté con pazienza mentre si avvicinavano alla porta d'entrata principale dell'edificio
«Ti ricordi che mi lamentavo sempre che ogni tanto nei test di statistica qualcuno mi batteva?» le chiese mentre salutava altri compagni che incrociavano man mano che si avvicinavano all'aula
«Sì, l'omonimo» annuì Meiko, parlando tra sé
«Chi? Comunque, ho conosciuto quella persona lì, questo Sakurai Shō» concluse mentre le teneva aperta la porta dell'aula. Quando entrarono, il ragazzo e le tre che lo avevano accerchiato avevano già scelto i posti e si stavano sistemando. Erina incontrò il suo sguardo e sentendo le palpitazioni che aumentavano si girò subito dall'altra parte.
«Finalmente. E chi è?» le domandò curiosa l’amica
«Proprio quello con cui stanno chiacchierando Nishihara e le sue amiche» sospirò delusa. «Volevano sapere il suo nome ma non avevano il coraggio di chiederglielo. La gente è proprio disperata!» scosse il capo, aggrottando le sopracciglia mentre cercava di guardare ovunque, tra i posti dell'aula, meno che verso il gruppetto di cui stavano parlando.
«Scusa?» la bloccò Meiko. Quando Erina la guardò vide che aveva gli occhi fissi su Sakurai
«Ho detto» fece per ripetere
«No, dico» la interruppe. «Quello? Quello è Sakurai Shō?» fece per poi guardare altrove, prima di essere notata
«Sì, lui» annuì perplessa prima di rimettersi a camminare: aveva optato per sedersi nella stessa fila del ragazzo, ma verso l'esterno, non voleva sembrare scortese a sedersi altrove dopo che avevano parlato tanto amichevolmente pochi minuti prima, ma non avrebbe nemmeno fatto la figura della poverina mettendosi proprio di fianco alle tre ochette, nella speranza che smettessero di monopolizzarlo per qualche secondo così da rivolgergli una qualsiasi domanda da dietro le loro schiene.
«Eri san, ricordi quando ti ho parlato dell'omonimo?» domando Meiko sedendosi vicina a lei, improvvisamente tesa
«Ora ricordo, sì. Che gruppo era? Uno della Johnny’s Entertainment, no?» fece confusa, sistemando il quaderno degli appunti sul tavolo
«Arashi, Eri san. Il nome era Arashi» specificò piccata quella. «Insomma, non è un omonimo come pensavo: è lui!» spiegò passandosi una mano sugli occhi
«Nh?» fece sbalordita. «Vuoi dirmi che ho appena conosciuto un idol?» domandò
«Non ho dubbi, è lui. È la pettinatura che ha nel suo drama» le spiegò abbassando la voce, sia per non farsi sentire da altri -men che meno da lui- sia perché il professore era appena entrato in aula. «Hanno debuttato a settembre di due anni fa. Forse non sono ancora tanto famosi, ma a me piacciono» continuò l'amica. «È Sakurai Shō, non ho dubbi: uno degli Arashi. Gruppo sanguigno A».
Erina dovette trattenersi a fatica dallo scoppiare a ridere mentre il professore cominciava la sua lezione. «Non posso crederci. Non dirmi che sei seriamente una loro fan?» domandò divertita
«Te l'ho detto, mi piacciono! L'ultimo singolo è uscito ad Agosto» spiegò con aria saccente
«Tutto questo ha dell'assurdo» sospirò rigirandosi la penna tra le dita.
Non poteva essere la verità. Però avrebbe spiegato perché quel ragazzo frequentasse poco e perché preferisse isolarsi. Per un attimo temette di aver fatto un grosso sbaglio: forse lo aveva spinto a fare amicizia con gente con cui non aveva minimamente voglia di avere a che fare! Timorosa, girò gli occhi per sbirciare lungo la fila, nella direzione di Shō. Il ragazzo era piegato a scrivere sul foglio, prendendo appunti, quindi Erina si concesse di osservarlo indisturbata: tutta quella bellezza aveva un perché.
Sakurai alzò gli occhi in quel momento e guardò subito verso di lei, senza soffermarsi ad osservare le persone che stavano tra di loro o l'aula dove stavano: sembrava avesse smesso di fare attenzione al suo foglio esclusivamente per cercarla. Erina mordicchiò il tappo della penna e guardò verso il professore non appena si rese conto di esser stata beccata a fissarlo.
Certo, alcune cose le erano chiare ora, ma alla luce di quella realtà non poteva fare a meno di chiedersi: cosa ci faceva all'Università Keio un idol della Johnny’s?

¹ "san" è un suffisso giapponese che si aggiunge ai nomi per indicare rispetto, mentre "chan" viene usato per i bambini, come vezzeggiativo, o tra amici.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Arashi / Vai alla pagina dell'autore: Hika86