Szigi aveva prenotato
all’Hermitage Gantois un’ampia camera singola per
il
Generale e una doppia per lei e Jodie. Aveva intenzione di controllare
l’americana da vicino.
Gli effetti
personali
della ragazza sarebbero stati recapitati entro due giorni in Hotel.
Niente da
fare per i computer, su questo avrebbero lavorato in seguito.
In breve la 222
che
ospitava le due donne divenne il quartier generale. A Jodie, in un
primo momento,
sembrò di essere stata trasferita in un carcere soltanto
più lussuoso. E
l’interrogatorio era appena iniziato.
“Alex…
Alex sta bene?
Mi manca così tanto, John”.
“Non
preoccuparti per
la piccola, sta benone. Sylvia non la lascia un attimo”, le
confermò l’uomo
sorridendo per la prima volta da quando l’aveva rivisto,
“è davvero un angelo”.
Per un
po’ restarono in
silenzio, con le tante domande solo sospese nell’aria,
nell’attesa che qualcuno
finalmente le pronunciasse.
“John,
per prima cosa,
vorrei parlare solo con te”, attaccò Jodie,
rompendo il silenzio e mostrando un
cipiglio serio.
“E la
tua nuova amica?
Non dirmi che non ti è simpatica?”
In effetti a
Jodie
quella bionda, che in auto si era presentata come “Maggiore Mónika Qualcosa ma puoi
chiamarmi anche Szigi”, era parsa socievole
come lo può essere un cubetto di ghiaccio. Né si
fidava di quegli occhi
grigio-verdi inquietanti, che la scrutavano come se mentisse, anche
quando le
aveva detto di chiamarsi Jodie Carson.
“Non
si tratta di
questo, preferisco soltanto non parlare del problema
di Daniel e Ian davanti a degli estranei.”
Mónika
non batté ciglio
e continuò ad osservare la ragazza con
un’espressione neutra.
“Il
Maggiore fa parte
della squadra, Jodie. Noi tre”, disse indicando se stesso, la
ragazza e
l’ufficiale, “siamo un team. Tu hai la palla
adesso. Se vogliamo superare la
difesa avversaria e andare a canestro, devi passare la palla,
figliola.”
Jodie
esibì
un’espressione interrogativa. Per un istante le parole di
John le ricordarono
le partite di basket della Regular Season dell’anno prima,
poco prima del
matrimonio: lei abbracciata a Daniel, entrambi felici dentro le maglie
arancio-viola dei Phoenix Suns.
“Devi
passare la palla
se vogliamo salvare Daniel…” rincarò
ancora la dose l’uomo.
Avrebbe fatto
tutto ciò
che era in suo potere per salvare Daniel, lo sapeva. Persino rivelare
il
segreto più inverosimile e importante del secolo al padre
del marito? Al
Governo?
Si
passò nervosamente
le mani tra i capelli castani. Una cosa era certa: se voleva salvare
Daniel e
recuperare i portatili confiscati dalla forze di sicurezza francese
doveva
chiedere aiuto a John. Senza quei computer e il loro prezioso
contenuto, suo
marito non sarebbe mai tornato indietro.
Ma se rivelava
la
verità al generale, significata divulgarla al governo
americano.
Cosa doveva
fare? Cosa
avrebbero fatto al posto suo Daniel e Ian?
Il Falco
d’Argento! Ma
certo… Pensa come lui.
Come si
sarebbe comportato l’amico in questo frangente? Ian aveva
affrontato situazioni
forse persino più complicate, cavandosela ogni volta grazie
alla sua abilità di
piegare, con le sole parole, la realtà al suo volere.
Mentire.
Calma
Jodie, calma! Non è necessario raccontare ad ogni costo
tutta la verità su Hyperversum. Pensa… rifletti!
Troppo
pericoloso far
sapere al Governo di Hyperversum, poteva addirittura essere la fine
della loro
vita com’era oggi. Le implicazioni erano incalcolabili.
Ciò che doveva ottenere
erano solo quei maledetti portatili e far cadere tutte le accuse per
lei,
Daniel e Ian. E per pensare aveva bisogno di tempo.
“John,
ho bisogno di
una pausa… devo andare in bagno.”
L’uomo
non disse nulla,
si limitò a voltare lo sguardo verso Mónika, che
fece per alzarsi.
“Santo
cielo, John! Posso
andare in bagno da sola o è necessario che il tuo segugio mi
segua anche lì?”
“Se
vuoi farti una
doccia e cambiarti… e credo che tu ne abbia davvero
voglia…”, furono le prime
parole di Szigi da quando erano
entrati in camera, “in quella valigia lassù
troverai dei vestiti e della
biancheria” aggiunse in tono asciutto indicando il bagaglio
sopra l’armadio più
grande, “stavo andando a tirartela giù.”
“Li ha
presi Sylvia da
casa tua, prima che io partissi per la Francia”
confermò John.
“In
questo caso ritiro
la frase di prima” mormorò Jodie pentita.
“Ok, sono preoccupata per mio marito
e sono irritabile dopo aver passato due notti piene di angoscia in
quello
schifosissimo posto. Credo proprio che una doccia mi farà
stare meglio,
scusatemi.”
E
mi serve tempo per ideare una storia plausibile,
ripeté mentalmente mentre si alzava.
La verità a volte è
così preziosa da aver
bisogno di una guardia del corpo di menzogne. Che la difenda da voi,
caro Segugio
dagli Occhi Grigi e caro Signor Generale.
***
Quando
mezz’ora più
tardi Jodie uscì dal bagno sapeva cosa avrebbe rivelato e
cosa avrebbe taciuto.
“Ok,
cominciamo
l’interrogatorio”, annunciò la ragazza,
mentre si metteva comoda sul divano e
accavallava le gambe, ostentando una sicurezza che sapeva di non
possedere.
“Jodie,
per la miseria,
non ho intenzione di farti il terzo grado! Sto solo cercando di
aiutarti!”
“Se
fossimo solo io e
te, John, ti crederei senz’altro… ma con lei
presente, come posso fidarmi?”
“Te
l’ho già detto,
Jodie, tutti e due siamo qui solo per aiutarti, siamo nella stessa
squadra. E
questa dannata storia che coinvolgerebbe mio figlio e Ian, che mi hai
solo
accennato al telefono, non ho nemmeno idea di cosa sia!”
“Ok.
Ok coach,
capisco” mentì Jodie, “ad ogni modo il
riscaldamento è finito. Iniziamo la
partita, io sono pronta.”
“Ascoltami
Jodie, Mónika
fa parte dell’agenzia”, cominciò
l’uomo sorvolando su altri dettagli, “è
l’ufficiale responsabile delle operazioni in questa regione.
E’ una donna in
gamba e devi fidarti di lei. Raccontaci tutto quello che sai senza
tralasciare
niente e vedrai che troveremo il modo per aiutare Daniel e Ian, per
questo l’ho
portata con me”.
“Ok”,
annuì Jodie
simulando una convinzione che le mancava.
“Bene,
adesso prima di cominciare con le
domande, sincronizziamo gli orologi della squadra: a quando risale la
scoperta di
questo maledetto segreto?”
“All’incirca
da quando
vi abbiamo raccontato che Ian era in giro per il mondo e non poteva
tornare a
casa”.
John
tornò indietro con
la memoria e chiese: “Quelle brutte cicatrici che si era
procurato sulla schiena,
centrano qualcosa con questa faccenda?”
Jodie
rifletté
velocemente: non era i dettagli che doveva nascondere, quelli anzi
sarebbero
serviti per rendere più realistico e credibile
l’intero scenario. “Si”.
Il Generale
s’incupì.
“Vi
siete fatti dei
nemici? Dei nemici pericolosi?”
“Si,
ma era tanto tempo
fa. Questa volta non saprei dirtelo.”
“Sono
in pericolo,
potrebbero esserlo?”
“Si”.
E lo sospirò in tono
così angosciato che Szigi lo annotò mentalmente.
“Dove
sono?” incalzò
ancora il Generale.
“Non
lo so. Davvero non
lo so.”
“I
satelliti possono
aiutarci, abbiamo a disposizione come sai..”
“No,
John” lo
interruppe Jodie. “I tuoi satelliti non possono trovare mio
marito e Ian.”
“Possono
scovare i loro
nemici.”
“Nemmeno.
Non ci
riusciranno mai.”
John assenti
greve,
rimandando mentalmente quella questione ad un momento successivo.
“Al
telefono mi hai
solo accennato che mio figlio e Ian si trovano in grave pericolo e che
solo
uscendo il prima possibile di prigione e riavviando quei dannati
computer
saresti stata in grado di salvarli.”
“E’
così, John.”
L’angoscia, notò Szigi, era più che mai
viva e sincera quando Jodie aggiunse
“Potranno raggiungerci, sempre che nel frattempo non sia
successo loro qualcosa
di irrimediabile.”
“Spiegami
perché uno
stupido laptop dovrebbe salvare la vita di mio figlio.”
Erano finalmente
arrivati
al punto. Al momento in cui il match si sarebbe deciso.
Mónika
annotò che
l’espressione di Jodie era leggermente cambiata, era
preoccupata. Ma non lo era
per suo marito, adesso. Intuì che era nervosa per quello che
stava per dire.
Stava per mentire.
“Ian…”
esordì cercando
di apparire più sicura possibile, “durante i suoi
viaggi e le sue ricerche è
venuto in possesso di una tecnologia,
non conosco i dettagli perché non sono
un’esperta…”
“E
questa tecnologia a chi appartiene?” la
incalzò John, “Russi, cinesi, nordcoreani?
Terroristi arabi? Per la miseria,
Jodie, in che guaio vi siete cacciati? Ian ha derubato i suoi
nemici?”
“No,
assolutamente”
scandì con sicurezza Jodie, scuotendo il capo.
Sincera,
registrò
Szigi.
“L’ha
trovata, non so come diavolo ha fatto,
ma l’ha trovata!”
Ok, per
Mónika adesso
Jodie diceva la verità.
“Lui e
Daniel sanno
usarla?”
“Si,
hanno impiegato
qualche tempo per governarla, ma adesso credevano di sapere come
gestirla...”
Vero.
“Ma…?”
la
sollecitò ancora John.
“Non
so, Daniel lo
conosci.. a volte è così imprudente e quando si
tratta di Ian… Gli ho detto
mille volte che doveva piantarla!” esclamò Jodie
con irritazione genuina, “che
doveva mettere la parola fine a quella cosa, ma è
così testardo… e senza i
computer, adesso…”
“Chi
altri sa usarla?”
“Io ho
visto qualcosa,
ma non ho mai provato...”
“Bene”,
l’interruppe
l’uomo, “Jodie, adesso dimmi a cosa serve questa
dannata tecnologia.”
Jodie era sicura
che
per quanto ogni agenzia di intelligence americana avesse scandagliato
ogni bit
di dati contenuto nel disco fisso dei due notebook e nei dvd, non
avrebbe mai
trovato nulla di sospetto su Hyperversum. Solo un normalissimo
videogioco che i
ragazzi si erano portati dietro per trascorrere il tempo durante le
loro vacanze
in Francia. Era perfettamente a conoscenza che il gioco non avrebbe mai
funzionato
davvero senza Ian.
Si era chiesta
fino a
quanto poteva spingersi a raccontare degli effetti di Hyperversum e si
era persuasa
che doveva essere il più credibile possibile, ma senza mai
menzionare il gioco.
Poche, piccole e circostanziate menzogne per sviarli sulla fonte del
suo
segreto, ma il resto della storia doveva condirla con molte
verità se voleva
apparire convincente.
Ai due militari
avrebbe
fornito indicazioni sufficienti per assimilare quali prodigi era in
grado di
compiere quella misteriosa tecnologia.
Ma mai abbastanza per utilizzarla.
Hyperversum
compiva il
suo miracolo solo con Ian presente. Ian, per qualche oscuro motivo che
lei
stessa ignorava, era la chiave di volta, l’accesso segreto a
quel Mondo nel Passato.
L’americana
doveva
spostare l’attenzione dal gioco e da Ian. E se al posto del
gioco era stato
facile pensare ad una imprecisata tecnologia
scoperta dall’amico chissà dove, durante i
misteriosi viaggi di cui era
accreditato, più difficile era stato immaginare una nuova
chiave di accesso a
quel mondo. Finché a Jodie non venne in mente
l’oggetto stesso per cui era
stata tratta in arresto, il codice miniato di inestimabile valore che i
francesi non avrebbero mai concesso per nessun motivo agli americani.
Lo stesso
manoscritto
che Ian era accusato di aver sottratto a quel dannato LeClercq.
E senza poter
mai
venire in possesso dell’antico manoscritto, rifletteva Jodie,
gli americani non
avrebbero mai potuto smentire o ricostruire la storia che stava per
raccontare.
Tutto combacia, si
congratulò, posso farcela.
Jodie si
concesse un
lungo respiro e si voltò verso Mónika,
sostenendone lo sguardo inquietante.
Gli occhi della
donna
erano di un grigio-verde purissimo e sconcertante, ma intenzionalmente
privi di
ogni espressione. Mónika era di ghiaccio.
Sapeva che la
stava
osservando con la massima attenzione da quando la partita era iniziata,
dentro
quella stanza.
Quello
che sto per rivelarti ti cambierà la vita. Ma dovrai
farti bastare la mezza verità che ti racconterò.
Altrimenti io e te non saremo
mai amiche come vorrebbe il capo…
Mentre
pronunciava
mentalmente le ultime parole, le sue labbra si schiusero in un sorriso
spontaneo.
Mónika, socchiuse ancora di più le palpebre e
abbozzò anche lei una sorta di
ghigno che sapeva di sfida.