Ancora qualcosa da desiderare
di
Breed 107
Capitolo
sedicesimo.
Ukyo aggrottò le sopracciglia, mentre riemergeva confusa con lentezza dal sonno a cui era stata
immeritatamente, a suo modesto parere, strappata. Si rigirò su un fianco,
mugugnando e maledicendo quegli incapaci di ladri che dovevano star
svaligiandole il ristorante al piano di sotto.
Che ci fosse
qualcuno era sicuro e che stesse facendo un sacco di confusione pure, ma la
ragazza, troppo immersa nel sonno per reagire immediatamente, si coprì la testa
con la leggera copertura del suo futon e si raggomitolò ancor di più,
infischiandosene pure se quelli di sotto le avessero portato via tutto, purché
lo facessero in silenzio. E poi cosa potevano mai rubarle? Ogni valore era
nella sua stanza, quindi a meno che non fossero degli appassionati di spatole
per okonomiyaki…
I suoi occhi si
spalancarono improvvisamente, tuffandosi nel buio della coperta. Rumori al
piano di sotto… e se non si fosse trattato di ladri? Non finì nemmeno di
pensare a quella possibilità che già era fuori dal futon; ancora mezza
intorpidita e con l'urgenza nei movimenti, mancò poco che andasse a sbattere
contro il pannello scorrevole che chiudeva la stanza e che era naturalmente
chiuso. Imprecò nuovamente, spalancando l'ostacolo con stizza e richiudendo in
fretta la cintola del leggero yukata che alla bene e meglio aveva raccolto,
volò giù verso quei rumori che continuavano imperterriti.
Konatsu si
morse le labbra, mentre Ryoga buttava a terra l'ennesimo sgabello: aveva del
sovrannaturale la sua capacità di beccarli tutti, nessuno escluso. Erano
entrati da pochi secondi quasi che il suo amico si era diretto a passo sicuro
verso il bancone, asserendo con voce stanca di volersi solo precipitare nel
letto più vicino.
Il povero ninja
non aveva fatto in tempo a dirgli che le scale erano dall'altra parte che lo
show di Ryoga era cominciato: non solo aveva urtato e buttato giù ogni singolo
sgabello, ma ogni volta che riprovava a tirarne su uno, si voltava ed il suo
ingombrante zaino tirava giù quello vicino appena risistemato. Konatsu
francamente non sapeva più se disperarsi o scoppiare a ridere.
“Porca miseria!
Ma quanti scranni del cavolo avete in questo posto?!” sbottò furioso l'eterno
disperso, lasciandosi scivolare il pesante bagaglio dalle spalle. La poca luce
che filtrava dalle spalle del kunoichi non serviva certo a rischiarare
l'ambiente del piccolo ristorante, rendendogli impossibile sapere con esattezza
dove cavolo si trovasse. Stava per arrendersi e accasciarsi lì dov'era
infischiandosene di tutto, quando finalmente la stanza fu illuminata a giorno,
talmente di colpo che fu costretto a serrare gli occhi.
Ai piedi delle
scale, i lunghi capelli scarmigliati e sciolti sulle spalle, indossando uno
yukata alla rovescia, Ukyo osservò allibita la scena: il proprio
assistente-tuttofare era ancora davanti alla porta, gli occhi sbarrati e colmi
di rammarico puntati su di lei, mentre il degno compare se ne stava ritto
davanti al bancone, una stupida espressione stupita sulla faccia, una faccia
tra l'altro particolarmente ammaccata registrò appena la ragazza, osservando
poi i sedili rovesciati. Batté le palpebre, fissando a turno i due immersi in
un silenzio perplesso, fino a quando Ryoga non l'interruppe schiarendosi la
gola “Ehm… ti ho svegliato?”
“Ryoga, solo un
morto non si sarebbe svegliato con tutto il casino che avete fatto! No, no,
fermo! – lo bloccò sollevando una mano perentoria – lascialo stare dov'è o
butterai giù dal letto il resto del quartiere!” il ragazzo, infatti, si era
appena mosso per rialzare lo sgabello a lui più vicino; bloccato, la fissò per
alcuni secondi, poi troppo stanco perfino per offendersi, si strinse nelle
spalle.
Ukyo sospirò e
fece qualche passo verso di loro “Konatsu – l'interpellato sussultò – entra e
chiudi la porta” ordinò più sveglia, prima di dedicarsi all'altro. Lo fissò,
stavolta con più attenzione, scrutando ogni livido ed ogni ferita che in
abbondanza gli coprivano il viso e Ryoga, sentendosi analizzato abbassò il
volto, irritato non solo per la sfrontatezza dello sguardo, ma anche per la
vergogna che provava a farsi vedere in quello stato.
“Ranma… l'hai
trovato – sussurrò infine Ukyo, incrociando le braccia al petto e distogliendo
finalmente gli occhi dal suo viso martoriato – solo lui poteva conciarti così”
asserì greve. Ryoga non osò ribattere e per altri lunghissimi istanti il
silenzio tornò a farla da padrone.
In quei momenti
Ukyo quasi rimosse la presenza degli altri due e, mordicchiandosi il labbro
inferiore, cominciò a valutare il da farsi: il suo istinto le diceva, anzi, le
gridava, di precipitarsi fuori di lì, di dirigersi al dojo dei Tendo, da lui.
Voleva vederlo, non sapeva nemmeno lei il perché: se per rovinare la sua
spatola gigante sulla testaccia dura di quel traditore o se per gettargli le
braccia al collo, felice che fosse finalmente tornato. Entrambi i sentimenti,
la rabbia e l'amore, le agitavano l'animo rendendole impossibile muoversi da
lì.
Konatsu poteva
quasi leggerle quel dissidio sul volto ombrato ancora segnato dal sonno, ma non
per questo meno meraviglioso ai suoi occhi. Timidamente avanzò di un passo,
deciso per una volta a prendersi cura della sua amata “Signora Ukyo, torni a letto,
sistemerò io qui” le sussurrò, sorridendole poi con dolcezza.
Dormire? Ukyo
batté ancora le palpebre, poi scosse la testa con decisione: non sarebbe
riuscita a chiuder occhio volendolo e non lo voleva. Tutto ciò che desiderava
era sapere, a quel punto.
“Tu – i suoi
occhi si puntarono su Ryoga, ignorando il povero kunoichi che si lasciò
sfuggire un piccolo sospiro di tristezza – ora mi spieghi tutto.”
“Non c'è nulla da spiegare. L'abbiamo trovato e l'abbiamo riportato a casa… a casa di Akane.”
Quella precisazione risuonò crudele alla giovane cuoca che strinse le labbra
indispettita ed il suo sguardo si fece rovente, ma Ryoga non si lasciò
impressionare, né tanto meno intimidire. Non abbassò gli occhi ed in essi la
ragazza vi lesse stanchezza, ma anche, e questo era davvero stupefacente, una
rassegnazione che la innervosì ancor di più. Aveva già visto quello stesso
sguardo proprio in Ryoga, il giorno in cui le aveva raccontato quanto accaduto
in Cina, di come Ranma aveva lottato per Akane e di come Akane aveva rischiato
la vita per Ranma.
“Ed invece ora
mi dirai tutto! Dov'era, cosa faceva, ogni singola frase che vi siete detti,
tutto!” sbottò, pugni chiusi ai fianchi ed aria determinata: era
un'espressione, la sua, che diceva chiaro e tondo che niente l'avrebbe
dissuasa.
Ryoga sospirò e
chiudendo un attimo gli occhi brucianti di stanchezza, si carezzò la fronte
corrugata “Senti Ukyo, non abbiamo detto granché, d'accordo? E quel poco che
Ranma ha detto… ecco – esitò, tornando a guardarla – non vorresti sentirlo,
credimi.”
Come se non lo
sapesse già! Ukyo si morse l'interno della bocca per evitare di urlargli contro
tutta l'esasperazione che quella gentilezza non richiesta le provocava,
urlargli che non aveva bisogno di esser protetta dalla verità, non più almeno.
“Cosa non vorrei sentire, eh? Che ha scelto Akane? – la sua voce tremava per lo
sforzo di trattenere la rabbia – Beh, ultima notizia Ryoga: lo so già! E guarda
caso sei stato proprio tu il primo a mettermene al corrente, perciò, fai meno
l'amicone e piantala con questa disgustosa pietà per me!”
L'eterno
disperso non sapeva se ammirarla per il coraggio che aveva o se prenderla a
ceffoni per il suo tono sgarbato: cavoli, voleva solo evitarle un'umiliazione!
“Hai ragione, Ukyo,
su tutta la linea, intendo! Ok, vuoi la verità e verità sia: il tuo Ran-chan ha
detto chiaro e tondo di amare Akane. Certo, subito dopo aver tentato di
spaccarmi la faccia! Anzi, penso che al momento volesse più che rovinare il mio
bel sorriso, penso e non credo di sbagliare, che se non fosse stato per Konatsu
e la sua tecnica disgustosa, quel pazzo mi avrebbe ucciso! Mi ha attaccato
senza preavviso, come una bestia accecata di furore! E sai, mia cara amicona
perché? Perché per colpa mia credeva di aver perso l'unica donna che abbia mai
amato e che mai amerà! Ora se vuoi che te lo dica chiaro e tondo te lo dico:
scordatelo. Non ti ha mai amato prima, non ti ama ora e, per la miseria, non ti
amerà mai! Devo continuare o posso andarmene a dormire in un angolo, sperando
che il dolore che quel maledetto mi ha fatto mi lasci chiudere occhio o devo
ancora rispondere alle tue stronzate?!”
Ukyo sbarrò gli
occhi, indietreggiando intimorita di fronte a quello sfogo furioso di Hibiki…
Le braccia del ragazzo tremavano appena, segno dell'ira che malamente
tratteneva ed il suo volto indurito le sembrò improvvisamente quello di uno
sconosciuto: l'aveva visto altre volte arrabbiato, ma mai in quel modo e,
certo, mai con lei.
La sorpresa per
quello sfogo cruento fu tale da zittirla, facendole persino dimenticare il
senso di ciò che lui le aveva appena detto, anzi gridato contro, ma non ci
volle molto perché il significato di quelle parole vibranti di collera le
cadesse addosso: ogni speranza era persa.
Finché quell'idiota non l'aveva gridato e nonostante avesse in pratica affermato il
contrario, Ukyo aveva intimamente coltivato un'illusione fragile, ma
tenacemente annidata nel suo cuore: che tutto quanto accaduto avrebbe infine
allontanato quei due, che la sfiducia avrebbe minato il loro rapporto riuscendo
a fare ciò che trucchi, inganni e magie scorrette non avevano ottenuto, vale a
dire dividerli. Ed una volta accaduto questo, a chi altri avrebbe guardato
Ranma in cerca di conforto? Chi altri se non lei, la fidanzata carina?
Oltretutto Shan-po non sarebbe stata nelle sue grazie per molto, se mai ci
fosse stata, appena Ranma avesse scoperto del ferimento di Akane.
Era assurdo che
avesse potuto coltivare una simile speranza! Era impazzita forse?! Ancora una
volta il sapore amaro della realtà la angustiò, privandola d’ogni energia
combattiva. Basta, si disse, osservando il viso martoriato del ragazzo di
fronte a lei, basta. Si arrendeva, sul serio stavolta. I suoi occhi si
riempirono di lacrime senza nemmeno che se ne rendesse conto e prima di
poterselo impedire, cominciò a singhiozzare senza ritegno, come una bambina
ferita, cogliendo di sorpresa i due involontari spettatori di quel dolore
irrefrenabile.
Ryoga batté le
palpebre, l'ira che pure lo aveva soffocato fino a due secondi prima evaporata
alla vista della prima di quelle lacrime, per esser sostituita da un sentimento
completamente diverso: il panico.
Allarmato
osservò prima la giovane cuoca, poi il ninja al suo fianco, implorandolo con lo
sguardo di fare qualcosa, qualsiasi cosa pur di farla smettere. Non aveva la
forza e l'abilità di assistere al pianto di una donna dal cuore infranto!
Konatsu però sembrava esser completamente inutile da quel punto di vista:
quello scellerato che a stento poteva definirsi uomo aveva gli occhi lucidi e,
c'era da giurarlo, presto si sarebbe unito alla sua adorata Ukyo nel pianto!
Balbettava il nome della ragazza che a capo chino, volto nascosto tra le mani,
ignorandolo del tutto.
Aveva combinato
proprio un bel pasticcio! Il senso di colpa si unì al panico rendendo Ryoga
impacciato più che mai, però non poteva assistere immobile allo scempio che
credeva di aver combinato.
“Su, Ukyo, non
piangere! Non… non è da te!” provò agitando nervoso le mani, conscio di aver
detto una vera stupidaggine, infatti la ragazza sollevò appena gli occhi colmi
di pianto per fissarlo con risentimento.
“Credi… credi
che… che abbia scelta, razza di bestione senza cuore? – riuscì a dire tra i
singhiozzi sempre più convulsi – Non… non riesco a smettere!”
Il ragazzo si
morse il labbro ferito, ignorando la piccola fitta di dolore che si procurò e,
rigidamente, le mise una mano su una spalla, scuotendola con quanta delicatezza
potesse “D'accordo, allora piangi pure, piangi finché servirà. Noi non ci
muoviamo da qui” le sussurrò, arrendendosi alla propria impotenza: non poteva
farla smettere di soffrire, ma almeno non l'avrebbe lasciata sola in quel
momento.
Ukyo lo guardò
stupita sulle prime, in realtà non voleva esser vista in quello stato, ma a
pensarci bene non poteva farci molto. Un cuore spezzato non si pone troppi
problemi di contegno si disse e, con naturalezza quasi, si arrese: al pianto,
alla disperazione, alla fine delle speranze.
Strinse le
braccia attorno al proprio corpo tremante e a testa china, continuò a piangere
con violenza, lasciando che ogni lacrima reclamasse la sua pena. Si chinò in
avanti nell'istintiva ricerca di un appoggio, trovandolo nel ragazzo che le era
di fronte; poggiò, infatti, la fronte al centro dell'ampio petto di Ryoga,
mentre i singhiozzi continuavano a scuoterle le spalle.
Che strano, si
disse il ragazzo, poggiandole una mano sul capo castano nell'abbozzo di una
carezza un po' ruvida e spontanea, una cosa del genere prima gli avrebbe fatto
arrossire anche le orecchie, mentre in quel momento si sentiva stranamente a
suo agio.
Osservando quel
capo chino poggiato contro di sé, per la prima volta l'eterno disperso assaporò
la dolce sensazione di essere finalmente nel posto giusto: Ryoga si sentiva
orgoglioso di esser là, di poter assistere l'amica in un momento così doloroso.
Lanciò un'occhiata di scuse al kunoichi, temendo di averlo defraudato di
quell'aiuto che certo il povero Konatsu sarebbe stato lieto di offrire alla
donna amata, ma lo sguardo che l'altro gli restituì fu solo grato. Naturalmente
invidiava Ryoga e nel suo intimo si sentiva ferito, ma d'altra parte l'unica
cosa che contava era il benessere di Ucchan: non era l'offerta di un amore
incondizionato qual era il suo che le avrebbe ridato serenità. Non era la voce
di un amante respinto quella che poteva davvero sussurrarle parole confortanti…
Konatsu sapeva che nonostante tutta la propria abnegazione ed adorazione, anche
il suo amore aveva un prezzo che non poteva chiederle di saldare in un momento
simile. Non avrebbe sopportato che Ukyo si sentisse in debito.
Restò a
guardarla commosso per alcuni, lunghissimi istanti, desiderando cocentemente
sostituire la propria mano a quella del suo amico che continuava a carezzarle
il capo, ma resistette a quell'impulso e quanto più silenziosamente la sua arte
di ninja glielo permise, si allontanò verso le scale.
Aveva appena
imboccato la piccola rampa che l'avrebbe condotto al piano superiore, quando si
bloccò stupito. Seduta su uno dei gradini in alto Akari abbassò lo sguardo
verso di lui.
Anche lei come
Ukyo doveva esser stata svegliata dal frastuono di prima; i lunghi capelli,
solitamente impeccabili, le ricadevano in ciocche disordinate sulle spalle
coperte da uno scialle candido, su cui risaltavano, così come risaltavano i
grandi occhi scuri, lucidi per l'emozione. Era scalza ed i piedi, piccoli ed
aggraziati, spuntavano appena dallo yukata che le aveva prestato il giorno in
cui era arrivata in quella casa.
Si guardarono
stupiti entrambi, poi Konatsu fece per salutarla, ma Akari sollevò un dito e lo
pose dinanzi alle labbra, chiedendogli in tal modo il silenzio: non voleva che
gli altri, Ryoga soprattutto, sapessero di lei, rubando così ad Ukyo tutta
l'attenzione che stava dedicandole. Sorrise quando il kunoichi la accontentò e
con un cenno del capo lo invitò a sederle affianco, naturalmente Konatsu
accettò e così, seduto accanto ad una delle creature più dolci che avesse mai
conosciuto e ancor più commosso, attese la fine del pianto della sua amata.
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Perché il
dolore non passava? Perché, nonostante quelle lacrime la scuotessero con
violenza, il sollievo non giungeva? Ukyo si morse le labbra e sfinita si adagiò
ancor di più contro l'inaspettato appoggio che aveva trovato in Ryoga. Gli si
aggrappò, nella ricerca di un appiglio: era così solido. Stupido, ma solido.
Era certa che per quanta violenza, per quanta sofferenza potesse mai patire,
lui l'avrebbe sorretta. Non sapeva il perché fosse certa di una tale
convinzione, ma fatto stava che lui non l'avrebbe lasciata da sola.
Quanto… per
quanto ancora, quanto prima di smettere di soffrire? Serrò ancor di più gli
occhi, lasciando scivolar via altre lacrime cocenti che le bruciarono quasi la
pelle del viso… Ranma doveva pagare, sì, si disse, anche quello avrebbe
scontato quel maledetto traditore, tutto. Lo avrebbe prima steso a spatolate,
poi avrebbe usato dei semplici pugni… Anzi, lo avrebbe legato e avrebbe
permesso così ai suoi numerosi rivali di fargli pagare tutte le sofferenze che
aveva causato loro! Oh, sì! Ma perché il pensiero della vendetta non la
confortava?
“Perché non lo
posso odiare?”
Ryoga aggrottò
le sopracciglia: aveva udito appena la voce dell'amica, così smorzata dai
singhiozzi. Bella domanda… Magari avesse avuto una risposta: per lui odiare
Ranma non era difficile, anzi, gli riusciva fin troppo bene! Ma nel caso di
Ukyo, insomma, sarebbe stato come chiedergli di detestare Akane! Mai e poi mai
avrebbe potuto! Già, impossibile. Forse prima o poi avrebbe potuto ordinare al
suo cuore di non amarla, ma mai, nemmeno in mille anni, avrebbe provato
disprezzo per lei, il suo primo amore. Forse, pensandoci, era proprio quella la
risposta giusta.
Sospirò e
poggiò nuovamente la mano sul capo di Ukyo “Risparmia le energie per altro
Ucchan, non puoi odiarlo perciò non farlo” le disse con tranquillità “Finirai
per farti ancor più male nel tentativo.”
Era un
consiglio così banale, tutto sommato. Un'accozzaglia di parole scialbamente
sentimentali, così palesi da essere persino ovvie, ma forse Ukyo non aveva
bisogno altro che di sentirsele dire. Smettere di odiare Ranma, o meglio,
smettere di provarci… Struggersi per amore forse non le bastava da doversi
arrovellare anche per odio? E per quanto assurdo potesse sembrare, il sollievo
finalmente cominciò a permearle il petto contratto o forse, chissà, aveva solo
esaurito le lacrime. Fatto sta che i singhiozzi cominciarono a farsi più rari,
le lacrime meno copiose ed il suo respiro più leggero… Funzionava! Da quando
ascoltare Ryoga, dargli credito, funzionava?!
Scostò la
fronte rovente dal suo comodo giaciglio e vi pose una guancia, adagiandosi se
possibile ancor di più a lui; ora che non era tanto ottenebrata, alcune
sensazioni si infiltrarono nei suoi pensieri: Ryoga era caldo, dolcemente
tiepido. Ne avvertiva il calore traspirare quasi dalla sua casacca per
mischiarsi al proprio. E avvertiva anche il battito regolare del suo cuore,
forte e rassicurante. Era un suono confortante nella sua presenza.
Ukyo sospirò,
domandandosi perché notasse delle simili stupidaggini… come il suo odore, per esempio.
Ryoga sapeva di terra. Già, era strano, ma era proprio a quello che le faceva
pensare quell'odore forte, quasi selvatico, ma dopotutto non spiacevole. Ne
inspirò un po', ignorando il pensiero che ciò potesse sembrare alquanto da… pervertita e sperò che lui non se ne
rendesse conto.
Si scostò appena un po', il
giusto per poter osservare la ruvida maglia contro la quale aveva pianto
l'anima e si morse le labbra “Dovresti lavare quest'affare – mormorò – E'
ricoperta di polvere” brontolò, imbronciandosi.
“La prossima volta che quel
pazzo mi si scaglia contro, magari gli dirò di non farmi rotolare nel terreno”
rispose lui, tentando di nascondere dietro ad una seccata ironia il sollievo
che provava nel constatare che nei suoi occhi non c'erano più lacrime.
Ukyo sollevò quegli stessi
occhi fino ad incontrare i suoi e sembrò osservarlo perplessa, poi lo allontanò
da lei spingendolo con forza e sbuffando “A pensarci avresti bisogno anche tu
di un bel bagno… e anche di farti medicare meglio, hai un aspetto orrendo.”
Ryoga sospirò, scuotendo
leggermente la testa che ora d'improvviso gli pulsava dolorosamente per la
spossatezza e il dolore delle ferite: come ringraziamento lasciava molto a
desiderare. “Non sperticarti a ringraziarmi eh? – Ukyo ebbe almeno la decenza
di arrossire e volgere altrove lo sguardo – Per ora l'unica cosa che voglio è
stendere il mio sacco a pelo e dormire. Nient'altro. Credi che ora possa
farlo?” le domandò, anche nella sua voce ora si avvertiva palese lo sfinimento.
“Sì, puoi sistemarti sul
retro, dove dorme anche Konatsu; alle ferite penseremo domani.”
“Bene. Dov'è il retro?” lei
glielo indicò e restò a guardarlo avviarsi nella direzione che gli aveva
additato, incredibile: che il suo senso dell'orientamento fosse migliorato,
magari a causa dei colpi in testa?
Ukyo si rimangiò quella
considerazione, appena lo vide svoltare verso la porta che conduceva al cortile
dietro al ristorante e stavolta fu il suo turno di scuotere il capo “Ryoga!
Stai sbagliando direzione, aspetta, ti accompagno.”
“No, non è il caso…” provò
a protestare lui in difesa del suo orgoglio non meno ferito della sua faccia,
ma lei parve non sentirlo. Gli andò vicino e artigliandolo per una manica della
casacca scura che portava, lo trascinò verso la stanzetta che di solito era
usata come dispensa, ma che da quando Akari era sua ospite, fungeva anche da
camera da letto del suo iper-devoto assistente.
“Non fare tante storie e
poi… è il minimo che possa fare per te” bofonchiò, come mai in imbarazzo.
L'eterno disperso ne osservò il bel profilo, le guance in fiamme e sorrise tra
sé e sé: non era ancora il massimo come ringraziamento, ma era già qualcosa.
Senza protestare si lasciò guidare verso il suo temporaneo giaciglio.
Ancora seduta sul primo
gradino Akari inspirò a fondo chiudendo gli occhi per alcuni istanti, poi si
volse verso il suo compagno di spiata, sorridente “Ora tocca a te,
Konatsu.”
“Eh? Non capisco, signorina
Akari, cosa…”
Lo sgomitò leggermente, poi
si alzò, coprendosi meglio “Ryoga ha fatto il grosso del lavoro, ma la tua
Ucchan ha ancora bisogno di te” il ninja batté le palpebre, confuso, poi si
strinse nelle piccole spalle.
“Io non posso fare proprio
nulla per lei” sussurrò, lo scoramento evidente nella voce e nel volto
addolorato.
“Io non ci giurerei. Sai,
dopo un pianto tale, non c'è nulla di meglio di un bel sorriso per il morale.
Sono certa che questo lo puoi fare, no? Puoi sorriderle, vero Konatsu?”
Adorabile
Akari! Se fosse stato più virile, l'avrebbe abbracciata!
La guardò con
occhi trepidanti e stracolmi di riconoscenza, le guance ridotte a due pomelli
rubicondi “Signorina, io… io – deglutì un paio di volte – io sono sicuro che
Ryoga la ami tanto!”
Stupita per
quella frase improvvisa, Akari non seppe cosa dire. Strinse i lembi dello
scialle che la copriva, mentre il cuore accelerava al solo pensiero che quanto
sentito potesse corrispondere al vero. Il suo sorriso si fece più dolce,
colmandosi di riconoscenza e fu così che Ukyo la vide, sorridente e speranzosa,
quando imboccò le scale subito dopo aver lasciato Ryoga al sicuro.
Osservò i due
ragazzi e si chiese da quanto fossero lì, ma non ebbe bisogno di domandare loro
alcunché, i loro sguardi trepidanti parlavano per loro. Dovevano aver sentito
tutto. Non che ci fosse molto da sentire, se non il suo pianto straziato ed i
consigli banali di quello scemo di Hibiki.
“Scommetto che
ti ha svegliata il frastuono fatto da quel suino eh?” disse rivolta all'amica,
fingendo quanta noncuranza potesse. Si sentiva assurdamente in colpa: piangere
tra le braccia di Ryoga, mentre la ragazza che lo amava tanto era lì, a pochi
passi…
Lo sguardo
pulito che però Akari le rivolse le allargò il cuore, scacciando via quelle
ombre “In effetti… Come stai?”
“Bene. Sul serio” ed era assurdamente vero. Si sentiva bene, come mai in quegli ultimi
tempi. Il pensiero di non esser obbligata ad odiare Ranma le aveva donato una
nuova serenità.
Credendole,
Akari annuì con un gesto lieve del capo e poi, dopo un'ultima occhiata
d'incitamento al povero Konatsu, si avviò verso la sua camera, scivolando quasi
sul lucido pavimento in legno. Il ninja la guardò sparire nella sua vecchia
camera e, racimolando tutto il coraggio che riuscì a scovare in sé, si volse a
fissare la sua amata.
I segni del
pianto di prima non erano spariti, anzi, profonde occhiaie ora le scurivano il
viso e gli stessi occhi apparivano pesti ed arrossati; eppure raramente le era
parsa tanto bella. Sentendosi scrutata da lui, Ukyo aggrottò le sopracciglia e,
istintivamente, una mano risalì verso i capelli scarmigliati per tentare di
risistemarli con pochi ed energici colpi, i quali però non ottennero null'altro
che arruffarli ancor di più.
“Uff, parlo di
Ryoga, ma sono io quella ad avere un aspetto orribile” brontolò arrossendo e
lasciando cadere la mano, arrendendosi al proprio disordine.
“Ho appena
pensato il contrario” Konatsu sorrise sinceramente divertito da quello sprazzo
di vanità così inconsueto in lei.
“Nonostante
tutto, resti una persona stupenda, Ukyo.”
Lei fece una
smorfia e si strinse nelle spalle “Chissà perché sentivo che avresti detto una
cosa del…” Ci mise un po’ a notarlo: l’aveva chiamata per nome!
Stupita,
osservò il suo assistente ad occhi sgranati, possibile che avesse capito male?
“Cosa… cosa hai
detto?”
“Che penso tu
sia stupenda.”
“No, dopo! Come
mi hai chiamato?!”
“Ti ho chiamato
con il tuo bellissimo nome.”
Se in quel
momento avessero tuonato le trombe del giudizio, Ukyo non ne sarebbe stata
stupita: Ryoga che faceva qualcosa di buono e Konatsu che si decideva per la
prima volta a chiamarla per nome, dopo che per mesi e mesi gliel'aveva chiesto,
ordinato, imposto, pregato, senza risultato! Nemmeno a Nerima accadevano simili
stranezze nello stesso momento.
E che dire del
sorriso che lo stesso Konatsu sfoggiava al momento? Niente a che vedere con i suoi
sorrisi timidi ed impacciati o ricolmi di spropositata adorazione che era uso
dedicarle. Un sorriso spavaldo, sicuro e incredibilmente 'da ragazzo' gli
atteggiava le labbra.
Sempre più
allibita, Ukyo batté le palpebre mentre un inspiegabile calore le riscaldava il
viso “Konatsu…” sussurrò con voce incerta.
“Sì?”
“Ecco, grazie
per… per aver scortato Ryoga. Dev'essere stata dura.”
Lui annuì e si
strinse nelle spalle “Abbastanza, ma l'ho fatto con piacere” le sorrise ancora
una volta, poi si alzò con un agile scatto “Ora però sarà meglio andare a
dormire, o domani non potrò rendere il massimo! Sapesse quanto mi è mancato il
lavoro, signora!”
“Eh? Come signora?
Ma prima tu…”
Il ragazzo
abbassò lo sguardo un istante, poi cominciò a scendere “Quello lo consideri un
mio regalo, signora” mormorò mentre le passava accanto. In realtà, nel profondo
del suo cuore, il grazioso e leggiadro ninja considerava l'aver pronunciato
quel nome come il più prezioso dei doni proprio per se stesso: se avesse
continuato a pronunciarlo, temeva che avrebbe finito con lo sciuparlo. Andava
bene così, per il momento… Un piccolo istante prezioso.
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“Ahi! Accidenti, Akane!” l'imprecazione risuonò nella notte insonne del dojo, seguita
da molti altri lamenti ed inviti ad usare un po' più di delicatezza.
La ragazza oggetto di tali rumorose richieste sbuffò ed allargò le braccia, chiaramente
vicina all'esasperazione “Ti ho solo sfiorato! Che razza d’artista marziale sei
se non riesci a sopportare un po’ di dolore?!”
“Un po’ di dolore?!
Mi stai spellando vivo!” protestò l'ingrato fidanzato della ragazza, puntandole
addosso il suo sguardo più indignato.
“Non è colpa
mia, ma delle tue ferite! Ne hai a bizzeffe e molte per di più non sono
rimarginate. Invece di fare il bambino, dovresti ringraziarmi: a causa tua sto
perdendo delle preziose ore di sonno!”
Nabiki sbuffò
ed alzò lo sguardo al cielo, poggiando il capo al muro alle sue spalle “E non
sei l'unica…” mormorò, il tedio più che udibile nella sua voce.
La seconda
delle Tendo era seduta al centro del letto disfatto di Akane, le gambe
incrociate nella posizione del loto e l'espressione più annoiata possibile sul
viso.
Sua sorella
minore, seduta per terra al centro della stanza, la guardò appena con la coda
dell'occhio, prima di tornare ad inumidire un batuffolo di cotone con la
soluzione disinfettante che tante proteste aveva suscitato nel suo fidanzato.
“Nessuno ti ha chiesto di restare, Nabiki” le ricordò seccata e l'altra si
strinse nelle spalle.
“Potevo mai perdermi quest'occasione? Potrei immortalare qualche momento romantico tra voi
piccioncini” affermò, seppur poco convinta: l'onnipresente registratore
languiva al suo fianco, ma la scaltra ragazza cominciava a dubitare che avrebbe
avuto altre occasioni di usarlo.
Ranma la
squadrò, un sopracciglio inarcato, dimentico per un momento del dolore “Tu
credi davvero che io ed Akane, potremmo mai fare… qualcosa, davanti a te?” le
domandò incredulo, stupito da tanta ingenuità in quella che amabilmente aveva
etichettato più volte come 'iena'. Aveva già concesso troppo, anzi, doveva
trovare un modo per sottrarle quel maledetto registratore, il solo pensiero che
qualcuno potesse sentire ciò che lui ed Akane si erano detti bastava a fargli
accapponare la pelle.
Come se avesse
intuito le sue intenzioni, Nabiki raccolse il suo prezioso alleato e dopo
averlo fatto malignamente penzolare davanti al naso del suo futuro cognato, lo
strinse ben bene nelle sue avide mani “Non si può dire che prima siate stati
discreti, con te che urlavi a squarciagola e mia sorella che ti saltava addosso
senza sosta.”
“Io non gli
sono affatto saltata addosso!” protestò Akane indignata, senza pensare che
tecnicamente era davvero ciò che aveva fatto.
“Ma se lo hai
abbracciato con tanto trasporto” Nabiki era deliziata: prendere in giro quei
due era appagante quasi quanto ricattarli e poi dovevano scontare il fatto di
averla strappata ai suoi sogni, no?
“E' stato lui a
chiedermelo!”
Ranma scoccò
un'occhiata ad Akane e fece una smorfia “Non che ti sia fatta pregare troppo, mi
pare.”
Alla ragazza
non restò altro che arrossire e distogliere lo sguardo, per tornare a dedicarsi
alla sua mansione d'infermiera. Sbuffò e osservò criticamente le ferite, sempre
più perplessa “Ranma, come hai fatto a ridurti in questo modo?” domandò, non
solo per distogliere l'attenzione di sua sorella da certi argomenti
imbarazzanti.
Il ragazzo
sbuffò e scrollò le spalle, infastidito “Niente di speciale” mugugnò appena,
volgendo gli occhi al soffitto.
“E' stato Ryoga
a…”
“Cosa?! Quello
scemo non riuscirebbe in mille anni a colpirmi alle spalle! A stento può
sfiorarmi!” ruggì indignato lui linciandola con la peggiore delle occhiatacce,
tralasciando il fatto che la sua stessa faccia dove campeggiavano ancora dei
vistosi segni di pugni lo smentiva in pieno.
Per una volta
Akane volle essere clemente e non gli fece notare quell'incongruenza, ma
continuava ad essere curiosa “Se non è stato Ryoga allora, come hai…”
“E' stato un
albero, d'accordo? Uno stupido albero!”
La ragazza
sollevò un sopracciglio “Ti è caduto addosso un albero?” domandò stupita.
Ranma la guardò
per alcuni istanti, poi tornò a voltarsi “Una specie…” non aveva alcuna voglia
di mettersi a discutere… e poi era imbarazzante da morire! Insomma, cascare da
un ramo marcio… lui!
“Ci metterai un po' a ristabilirti, questa volta” commentò Akane, sfiorando di nuovo la ferita
più estesa, che come il segno di una frustata attraversava l'intera schiena del
ragazzo. Quando il cotone idrofilo imbevuto lo toccò, Ranma ululò di dolore
serrando gli occhi e lasciandosi persino sfuggire un improperio, si allontanò
da lei di scatto nel tentativo di rifuggire a quella tortura “Oh, insomma! Se
continui a muoverti non finirò mai!”
“Potresti
essere più delicata, per una volta in vita tua?!”
“Sai che ti
dico, Ranma? Lascerò che sia tua madre a medicarti, così almeno potrò
tornarmene a letto!”
Il ragazzo
tornò a guardarla pensieroso, poi scosse il capo “No… ti prego, continua…”
sussurrò con quanta gentilezza potesse, mentre il viso gli s'imporporava.
“Sei sicuro?”
Lui annuì e le
si riavvicinò “Sì, continua.” Già, pensò Ranma, continua a prenderti cura di
me, anche se sarà doloroso, anche se dovessi portarmi via quel poco di pelle
che mi è rimasta, ti prego… restami vicina… Amami.
Ranma non aveva
mai chiesto nulla, a nessuno, mai. Niente che avesse a che fare con i
sentimenti, comunque. Con la vita che aveva vissuto, non era poi tanto assurdo
che la cosa più vicina al concetto di affetto che avesse mai avuto, fosse
l'esser stato gettato in una fossa ricolma di gatt… animali, tutto al fine di
far di lui il migliore artista marziale in circolazione.
Nulla di
strano, quindi, che non avesse mai chiesto d'esser amato, o almeno così
credeva. Forse dietro quella smania di essere il migliore, dietro il
compiacimento insensato d'esser perseguitato e desiderato da esponenti
d’entrambi i sessi non c'era solo la sua arroganza… Chissà, forse aveva sempre
cercato qualcosa di più profondo, di più… caloroso. Incontrare Akane gli aveva
fatto capire anche questo: chiedere di essere amati, forse non era così da
deboli. Lottare per il suo amore non lo aveva reso più debole, anzi…
Scrollò la
testa, non era da lui addentrarsi in pensieri così elevati. E poi aveva
l'impressione che se avesse cominciato davvero a ragionare troppo sulla
passione che lo legava alla fidanzata, l'avrebbe in qualche modo svilita,
rendendola forzatamente razionale. L'importante era viverla, e basta. E
stavolta senza ostacoli.
“Domani…”
sussurrò all'improvviso, seguendo il filo dei propri pensieri. Non si era
nemmeno reso conto d'aver parlato, infatti quando Akane gli chiese cosa
intendesse, ne fu sorpreso. La osservò a lungo, perplesso, forse combattuto
“Domani andrò a parlare con Ukyo e Shan-po.”
“No.” No? Il viso di Akane era diventato improvvisamente serio, solenne quasi. Perché si
opponeva? Dopotutto era ciò che aveva sempre voluto…
“Akane…”
“Tu non andrai:
noi andremo. Insieme.”
Nabiki sorrise godendosi
l'espressione stupita di Ranma e trovò molto saggia da parte sua la scelta di
non protestare: chissà, forse non era poi tanto stupido, o forse era cresciuto
in quell'ultimo periodo. Proprio com'era accaduto a sua sorella.
Decise che fosse giunto il
momento di lasciare sola i fidanzatini, un po' di intimità se la meritavano
dopotutto, visto poi il modo idiota in cui si erano scoperti! Si alzò dal letto
e stiracchiandosi in maniera esagerata, si avviò “Sono stanca morta e al
contrario di certa gente io ho scuola tra qualche ora. Mi raccomando ragazzi,
una volta che me ne sarò andata, datevi da fare eh?” strizzò loro l'occhietto e
finalmente uscì dalla camera, richiudendosi la porta alle spalle. Il sorriso
furbo con cui si era congedata, appena fu sola, si trasformò colmandosi di una
morbidezza che raramente lasciava venir fuori. Forse Nogata aveva ragione, in
un certo modo perverso lei cercava di vivere della luce riflessa d'Akane, ma
quell'intrigante non sapeva quanto amore la legasse alla piccola di casa.
‘Ah sì, ho
proprio un cuore tenero in questi ultimi tempi! Mmm, quasi, quasi lascio il
registratore…' e così accese il suo alleato e con noncuranza lo agganciò
alla maniglia della porta 'In fondo devo pur arrotondare… Chissà quanto sarà
disposto a sborsare Ranma?'
--- --- ---
I due ragazzi
osservarono la porta richiudersi alle spalle di Nabiki e per un lungo minuto,
nessuno dei due disse nulla, né si mosse. I loro occhi erano puntati
sull'uscio, ma senza guardando sul serio. Akane sentiva il cuore batterle tanto
forte da stupirsi che Ranma non lo sentisse.
Era strano, forse
per tutto quello che era accaduto nel frattempo, ma si era sempre immaginato
diverso quel momento, il momento in cui lei e Ranma avrebbero deciso di uscire
allo scoperto. Nervosismo a parte, si era immaginata uno scenario completamente
diverso… tanto per cominciare, nelle sue fantasie né lei né Ranma erano ridotti
in quello stato penoso. Ecco, tutto al più dopo si sarebbe aspettata di
ritrovarsi ferita e con delle ossa rotte, non prima!
Timidamente
tornò a voltarsi verso il suo fidanzato e ne studiò l'espressione corrucciata
“Hai paura?” gli chiese, curiosa.
“Paura?! IO?!”
già, che domanda sciocca…
“Però sei nervoso” quello non poté negarlo: una sottile patina di sudore freddo gli
imperlava la fronte e certo non per il caldo.
Ranma si massaggiò la nuca e sbuffò “Un po' – ammise, seppur titubante – anche se credo
che la notizia non sorprenderà nessuno.”
“Uhm, già, lo
credo anch'io, ma ciò non toglie che è una cosa che va fatta: abbiamo ingannato
tutti per troppo tempo.”
“Lo so, credi che voglia tirarmi indietro?” Akane scosse il capo, ma un po' in verità l'aveva
temuto “La loro reazione non mi preoccupa, non è quello. Cioè un po' sì, avevo
paura che potessero farti del male, ma – i suoi occhi cerulei si posarono sulla
fasciatura al braccio – a quanto pare è troppo tardi per quello. Akane… è stata
Shan-po? Dimmelo, non ha senso tenermelo nascosto.”
“Non è affar
tuo, Ranma.”
“Come non è
affar mio?! Certo che mi riguarda!”
Lei scosse il
capo, testardamente “No, non ti riguarda per nulla. Non credere che ti lasci
fare la figura dell'eroe che salva la donzella in pericolo una volta di più.
Lei mi ha sfidato, ma io ho rifiutato e se sono ridotta in questo stato è solo
per non essermi difesa.”
Il ragazzo
sgranò gli occhi, stupito. Non avrebbe mai immaginato che le cose fossero
andate in quel modo: Akane che non accettava una sfida? Orgogliosa com'era? “La
difendi anche se…”
“A Shan-po non
serve che la difenda. So che ha sbagliato, non sono così generosa da perdonarla
del tutto, ma il suo sguardo quel pomeriggio... Ranma, lei in quel momento mi
odiava davvero e, forse sono stupida, ma in cuor mio mi sono detta che forse ho
davvero fatto qualcosa per suscitare tanto odio.”
Il cuore di
Ranma si contrasse per un attimo, serrato da una nuova ondata di sentimento che
lo invase “Come puoi dire una cosa del genere? Come puoi solo pensare di
meritarti… questo?!” le prese il braccio tra le mani, per enfatizzare le sue
parole, ma lei si strinse nelle spalle.
“Non volevo
dire di meritarmelo, Ranma… quello che volevo dire è che, a farmi male, più del
braccio rotto o della ferita al fianco, sono stati proprio i suoi occhi. Quello
sguardo. – abbozzò un sorriso piccolo e poco convinto – Non immaginavo che
essere detestati a tal punto potesse far tanto male…” inspirò, forse per scacciare
la tristezza che quei pensieri portavano e riacquistando la solita aria
energica, tornò ad impugnare il disinfettante “Non parliamo di questo, ora, tra
poche ore sarà l'alba e devo ancora finire di medicarti! Su, voltati e vediamo
di rimediare un po' a quel disastro!”
Ranma sospirò,
tutto sommato intenerito: si era innamorato di una creatura davvero strana.
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Fatto. Allora, prima che mi
assaliate con le mazze ed i picconi, voglio scusarmi per l'attesa abnorme. Mi
prostro ai vostri eccelsi piedi chiedendo perdono, vi assicuro che mi
fustigherò a dovere. Non ho molte scuse, a dire il vero, per giustificare un
simile ritardo nell'aggiornamento di questa fiction, c'è stato qualche
problemino, ma la causa di tanto ritardo va ricercata soprattutto nella
peggiore crisi che abbia mai passato come fan-writer. Un blocco dello scrittore
assurdo: non è che non scrivevo, anzi! Ho scritto una decina di versioni per
questo capitolo, ma ognuna mi sembrava pietosa, pessima ed orribile. Non che
questa mi piaccia da impazzire, ma è quella che ha suscitato più tenerezza in
me, non me la sentivo di distruggerla ^_^. Comunque anche le altre versioni non
sono state inutili: alcune idee saranno sfruttate per il prossimo capitolo che
sto già buttando giù (ma non aspettatevi un aggiornamento veloce eh!). Passiamo
ora al mio angolino preferito:
Benvenuti nel Carla's
corner! A dire il vero, il corner sarà cortissimo questa volta. Ho deciso
che per i saluti e le risposte alle varie domande dovrete aspettare il prossimo
capitolo di ITMH, qui mi limiterò a dei saluti particolari e alla dedica. Anzi,
alla doppia dedica: questo capitolo è dedicato a due personcine speciali. Una è
il mio fantastico beta lettore, Simone alias Wataboy, alias Watashiwa.
Pensate che s'è sorbito sto capitolo in ben due varianti, roba da premiarlo con
una medaglia al valor letterario ^_^. Sono davvero contenta che tu mi faccia da
beta, Simo, perché so che sei sincero e che non ti poni problemi nel dire cosa
non va. Te l'ho detto altre volte, ma voglio ringraziarti ancora, grazie!
L'altra personcina sono io… Eh sì, in una botta d'auto-esaltazione, ho
pensato di dedicarmi non tanto il capitolo in sé, quanto gli sforzi fatti per
scriverlo e gli scrupoli che mi sono posta ogni qual volta che mi ponevo
dinanzi alla tastiera. Senza scendere nei particolari, devo dire che dalla fine
dell'estate ad ora ho avuto un periodo non molto felice né sereno, ma dal
momento che mi piace pensare positivo, mi dedico la faticaccia psicologica di
questo capitolo 16 come augurio per un miglioramento. E poi, ma sì esageriamo,
mi do anche una bella pacca sulla spalla, non tanto per come è venuto sto
capitolo, ma per il fatto di averci messo un pezzetto di cuore. Brava Carla,
sarà pure ne ciofeca, ma è una ciofeca di cuore! ^_^
Saluto poi di
cuore tutti coloro che frequentano il forum di Vale dedicato a Ranma ½,
mandando un bacio particolare in assoluto ordine casuale a Simone, Vale, Cri,
Serena (è deciso allora, ci vediamo alla prossima notte bianca!), Kuno,
Akachan, Riccardo, Manuelita… oh mamma, vi sto nominando tutti e rischio di
dimenticare qualche nome! Per cui saluti e baci a tutti, ma proprio tutti gli
utenti!
Saluto poi con
affetto Miki (scusa se non ti ho più risposto, lo farò prestissimo!
Grazie per la vicinanza che mi hai mostrato, ne sono commossa…) Magnificent
Muttley (ancora insieme per un altro seminario eh? Dì la verità, che mi
segui apposta… Ok, ok, ti voglio bene, ma non mandarmi più spoilers sui manga
che leggo o me la pagherai eh eh eh eh) Vesna 'dal bellissimo nome' (non
so se leggi anche questa fiction, spero di sì! Sei la prima lettrice che mi
scrive dal Lussemburgo e la cosa mi emoziona non poco ^_^); un bacio anche a Ladybird,
di cui ho da poco scaricato la nuova songfic (ti ringrazio per il commento gentilissimo a ''Qualcosa da desiderare'',
ti sono grata per esserti ricordata di quella fic da cui tutto ebbe inizio…
Pochi commenti dici? Sì, non sono moltissimi, ma c'è da dire che non solo è una
fic vecchiotta, ma che fu a suo tempo postata su Efp dopo esser comparsa su
altri siti, per cui molti lettori avevano commentato in precedenza. Comunque ti
ringrazio ancora per il commento e spero che anche le altre fic ti piacciano).
Per ora mi fermo qui, per il resto dei saluti dovrete aspettare ITMH. Ah, una
cosa importante: per i beta lettori sto a posto! Mi sono arrivate almeno cinque
richieste, una persino minacciosa (un bacio a Pina ^_^; ehm, no, non ce l'ho un
pesce rosso…). Non è per cattiveria, non posso sfruttarvi tutti, per ora ho già
dei beta lettori, ma nel caso questi dovessero abbandonare (il che non sarebbe
affatto assurdo, io non mi farei mai da beta _) allora sarò ancora su piazza
^_^. Ancora grazie per la pazienza e l'affetto dimostratomi, per l'entusiasmo
che ho riscontrato nei commenti di tutti, per le critiche civili di cui farò
tesoro e degli incitamenti di cui sono stata oggetto: a volte penso di non
meritarmeli certi lettori così calorosi! ç_ç