Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Noony    23/10/2010    2 recensioni
Hannah e Jace non hanno nulla in comune. Vengono da mondi differenti, sono la principessa e il povero dei giorni nostri. Sono due persone che nonostante tutto, si trovano e si innamorano delle proprie differenze.
Lei ha solo sedici anni quando si trasferisce a New York con suo padre. Lascia alle sue spalle un'esistenza vuota, e nessun amico a cui dire addio. Non ha nulla da portare con se nella sua nuova vita. Una vita che non vuole, perché identica alla precedente. É ricca, ma povera di affetti. É una ragazza sola, taciturna,malinconica.
Lui vive con la madre in un appartamento malconcio ad Harlem, frequenta un'esclusiva scuola privata solo perchè ha ottenuto una borsa di studio. Ma è una vita piena la sua, di affetti, di amici, di ricordi felici. Ha solo diciassette anni ma ha già in se un forte desiderio di rivalsa. Ha già progettato tutto il suo futuro, e sa come riuscire a raggiungere i propri obbiettivi: lavorando duramente. É ottimista, intraprendente, bello e carismatico.
Sullo sfondo della loro storia d'amore si intrecciano le vicende di amici e genitori, ognuno con i propri drammi e amori. Questa è una storia banale, una storia come tante altre già scritte e già raccontate.
Dal capitolo 8. Il cambiamento: E sapeva che non pensava di perdere un'amica, pensava di
perdere Hannah. Hannah era Hannah, un mondo a se stante nel suo
universo. Non era un'amica, forse non lo era mai stata.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Hopelessly devoted to you







Hopelessly Devoted To You <3

Capitolo  12. In frantumi

Lui.

Le sue labbra sembravano più vicine di quanto non fossero in realtà. Quando lei scosse il capo, negando alla sua domanda, gli parvero invitanti come non mai, come se lo stessero chiamando.
E se fossi io il primo?
Si chiese, provando ad immaginare l'esatta sensazione che avrebbe provato nel momento in cui le loro labbra si fossero sfiorate. In un certo senso sarebbero state sue per sempre, perché sarebbe stato il primo a baciarle. Nessuno altro avrebbe avuto più importanza nei ricordi di lei. Sarebbe stato indimenticabile, comunque fossero andate le cose.
Un pensiero però bloccò ogni suo slancio. C'era una vocina nella sua testa che continuava a borbottare senza sosta.
Bravo idiota!
Gli diceva. E dopo che l'avrai baciata che farai?La guarderai fuggire via senza fare niente, ecco cosa farai! La perderai per sempre!

Che stesse impazzendo, o che quella fosse solo la voce della sua coscienza, non aveva torto. Non poteva permettersi di mandare tutto a rotoli con Hannah. Quello non era il momento giusto, e aveva paura che non sarebbe mai arrivato. Aveva il sentore, del tutto giustificato, che lei sarebbe sempre scappata, perché era questo che faceva: fuggiva da ciò che le era estraneo, e l'amore lo era molto più di tante altre cose, non sapeva proprio cosa fosse. Certo lui non aveva la presunzione di dichiararsi onnisciente sull'argomento, ma era di certo un passo o due avanti a lei.

-No...? Ah... Allora... Promettimi che mai, e dico mai, per nessuna ragione al mondo, lo sprecherai per uno come Thomas Rushmore!- Le sorrise arricciando il naso come era solito fare. L'ironia era sempre la sua ancora di salvezza e maschera migliore. Per Jace era sempre stato facile nascondersi dietro una battuta e qualche risata. Non si rischia di esporsi inutilmente, di venire feriti e Jace non c'era mai andato tanto vicino prima che arrivasse Hannah. Cosa gli stesse capitando non riusciva proprio a capirlo. Captò come un lampo di delusione nello sguardo di lei, ma lasciò correre.
-No... No di certo. Non bacerei mai uno sconosciuto. Lo prometto, se ti fa sentire meglio.- gli rispose scuotendo il capo con convinzione, seppure apparisse piuttosto confusa. Una promessa del genere probabilmente per lei non aveva alcun senso logico, forse non aveva senso per nessun altro che non fosse Jace. Per lui non solo ne aveva, ma era importante che lei lo promettesse, perché una volta fatto questo era sicuro lei non l'avrebbe infranta. Hannah era leale e sincera, non avrebbe mai mancato alla parola data.
-Allora non vi siete visti al maneggio? Non avete cavalcato verso il tramonto in sella a Charlotte? - Non riuscì a controllarsi. L'ironia cominciava a trasformarsi nel peggior tipo di sarcasmo: quello dettato dalla gelosia. Il tipo più subdolo, perché difficile da controllare. Una parola di troppo e ogni velo cade, scoprendo tutto quello che si vorrebbe celare agli altri. Per sua fortuna Hannah era troppo ingenua anche per riconoscere la gelosia, che le era sconosciuta quanto il sentimento che l'aveva generata.
-Certo che no. A dir la verità mi ha spaventata. Ha un modo davvero bizzarro e spaventevole di avvicinare le persone. Perché mai dovrei avvicinarmi a qualcuno che mi fa spiare? E poi a scuola non l'ho mai incrociato in questi giorni, quindi immagino il suo non fosse reale interessamento. Jaquie dice che vuol farti dispetto, che crede... - arrossì violentemente - ...che... Io e te... Siamo... Come posso dire...- improvvisamente sembrò avesse inghiottito un enorme viscido rospo, perché la sua voce si era ridotta quasi ad un rantolo. Aveva abbassato lo sguardo, a fissare il copriletto, mentre con un dito ne seguiva le zigzaganti righe colorate.
-Che stiamo insieme. Non è una cosa così imbarazzante da dire.- le sorrise, posandole una mano sul capo, a scompigliarle i capelli, per quanto potesse. Il fatto che lei non riuscisse neppure a pensare a loro due come una coppia senza entrare in crisi passò del tutto in secondo piano. L'attenzione del ragazzo si era fissata tutta sulle parole “mai” e “incrociato”. Quindi aveva ragione, l'aveva avuta fin dall'inizio. Thomas voleva usarla per fargli dispetto, ed era stato lungimirante e accorto come suo solito nel comprendere ancor prima di lui stesso quanto sarebbe diventata importante per lui quella ragazzina che cercava di starsene nascosta dietro le quinte e che era stata tirata sotto le luci della ribalta contro la sua volontà. Lui l'aveva capito subito che sarebbe diventata la protagonista, e non una semplice comparsa presto dimenticata, dello spettacolo della vita di Jace.
Era sorpreso però dalla sua onestà, se così poteva definirsi. Jace si era detto sicuro che il ragazzo avrebbe approfittato della sua assenza per cercare di entrare nelle grazie di lei, e la cosa lo faceva impazzire. Invece Tom lo stava aspettando. Niente pugnalate alle spalle né sotterfugi, una volta fatta la prima mossa doveva aver preferito tutt'altra condotta. E certamente doveva essere sicuro di vincere.
-Non ti preoccupare. Appena torno a scuola risolvo io le cose con lui. Non ti farà più seguire, te lo posso assicurare.- le disse. Peccato non poterle assicurare che si sarebbe liberato di lui definitivamente. Era iniziare una vera e propria guerra, senza sapere bene per cosa combattere. C'era della generosità nel suo agire? Per davvero voleva soltanto trarre l'amica dall'antipatica situazione in cui si era, suo malgrado, trovata invischiata? Oppure il suo unico egoistico scopo era quello di impedire alla ragazza di allontanarsi da sé? Quando in seguito, trovatosi da solo, tornò a rifletterci su, non seppe darsi una risposta.
-Lo so. É che sono certa ci sia stato un fraintendimento, e vorrei avere il coraggio di fare qualcosa anche io.- replicò, tornando a tormentare la punta della treccia, con lo sguardo basso.
-Invece non devi fare nulla, è che ti ci sei trovata dentro per sbaglio.- il ragazzo scosse appena le spalle, come se fosse una cosa di poco conto. - Sono io che me ne devo occupare.- sospirò cambiando poi discorso frettolosamente. - Okay, basta, cambiamo argomento vuoi? Dicevamo, quindi nessun primo bacio? Neppure nessun fidanzato? Non avrai mica un promesso sposo nascosto da qualche parte?- chiese con una smorfia di totale disapprovazione.
-No, nessuno. Frequentavo un collegio femminile, ricordi? Gli unici ragazzi che avevo modo di frequentare non erano affatto interessanti. Non per me, perlomeno.- soggiunse, arrossendo appena.
-E chi sarebbe interessante per te?- si ritrovò a chiederle d'istinto e con una punta di ansietà.
-Ragazzi! É pronto!- La voce squillante di Greta, che li chiamava dalla cucina, interruppe la loro conversazione.
-Dio mio...- il ragazzo fece roteare gli occhi al cielo. - Andiamo, prima che creda io sia scappato dalla finestra. I broccoli ci attendono!- esclamò con aria sofferta e battendosi una mano sul petto, facendo scoppiare a ridere Hannah.

***

La cena si svolse quanto meno tradizionalmente possibile. Nessuno di loro sedeva a tavola: Jace era stato sistemato in poltrona ben coperto ed infagottato sotto più di una coperta, e per non farlo sentire in esilio Greta e Hannah si erano trasferite sul divano. Certo non era affatto una sistemazione comoda, ma Jace vide che Hannah gradiva la bizzarra sistemazione. Sembrava divertirsi e addirittura rideva del loro continuo battibeccare come non l'aveva mai sentita fare. Era così bello vederla comportarsi con quell'insolita naturalezza, sembrava illuminarsi sempre di più ad ogni risata.
Quando cominciò a sperare che il tempo scorresse lentamente, questo sembrò accelerare, sfuggente come non mai, e quando sentirono bussare alla porta capì che il loro, per quella sera, era giunto al termine. Improvvisamente calò il silenzio, e gli occhi di tutti e tre volarono verso la porta d'ingresso. Hannah si spense come una lampadina fulminata: l'ultima ora era stata come la scintilla che precede piombare improvviso del buio. Jace lanciò uno sguardo all'orologio appeso al muro della cucina, giusto accanto alla porta d'ingresso: sapeva chi era e questi era più che puntuale, spaccava letteralmente il minuto. Com'era sua abitudine, del resto.
Greta si alzò piano e con circospezione, camminando lentamente e il più silenziosamente possibile come se non sapesse chi poteva trovare aldilà della porta, mentre invece intuiva chiaramente chi potesse essere. Posò il proprio piatto sul tavolo e si avvicinò alla porta, guardando dallo spioncino. Un sommesso brontolio confermò ciò che Jace aveva solo immaginato.
-é arrivato tuo padre, Hannie.- borbottò, aprendo la porta con stizza. - In America si usa suonare al citofono, sa? É quella scatolina con tanti pulsanti giù all'ingresso. E pensi un po', accanto ad ognuno di questi tecnologici pulsantini c'è una cosa fantastica: una targhetta illuminata, con su scritti tutti i nomi di chi abita qui. Ce n'è uno per ogni famiglia, sa! Che tecnologia fantastica, non trova?- fu il suo saluto, grondante sarcasmo e accompagnato da un antipatico sorrisetto di circostanza. Hannah scattò in piedi alla vista del padre, rischiando di far cadere a terra il piatto che teneva poggiato sulle ginocchia. Si affrettò a raggiungerlo con sorprendente solerzia. Era bastata solo la sua presenza a raggelare l'atmosfera. Jace non poté fare a meno di chiedersi cosa mai sarebbe successo se avesse pure aperto bocca. Padre e figlia non si erano neppure salutati, era bastata una sola occhiata.
-Ahm... Le mie cose sono in camera sua...- mormorò, tenendo ancora il piatto tra le mani, rivolgendosi a Greta. Fino a pochi minuti prima le dava del tu, ora era tornata ad un Lei molto più formale. La verità era che non osava rivolgersi alla donna in un qualsiasi altro modo, davanti a suo padre.
-Vai pure tesoro, non ti preoccupare, sono sul letto.- Le posò una mano, su una spalla e prese il piatto con l'altra, spingendola appena verso la porta. Quando la ragazza ebbe svoltato l'angolo, Greta si voltò verso Barnes. - L'ha addestrata proprio bene, sua figlia. Come un cagnetto da salotto. - commentò caustica, sparì dal suo volto ogni accenno di sorriso- C'è un malato qui... - Jace, sentendosi sollevò una mano, sorridendo all'uomo. - Entri e mi faccia chiudere la porta, non voglio certo che mio figlio prenda una polmonite perché lei ha fretta di levare le tende. - sbottò ancora. Non appena l'uomo si fu allontanato dalla porta, questa venne sbattuta con forza producendo un botto fragoroso.
-Buonasera Greta.- Tutto nel Signor Barnes sembrava irradiare gentilezza e cortesia. Sembrava non avesse sentito una sola parola di quanto Greta gli aveva detto, ed era rimasto indifferente al suo sarcasmo. Era entrato in casa con un raro sorriso sulle labbra, e ora si guardava intorno con una certa curiosità. - Signor Stein, lieto di vederla.- quando i suoi occhi di ghiaccio si posarono su Jace, il suo sorriso svanì nel nulla, quello del ragazzo invece sembrava scolpito sul suo volto, incancellabile nonostante la debolezza derivata dalla febbre. Non gli rivolse altra attenzione, tornò subito a rivolgersi a sua madre.
-Mi dispiace, ho suonato parecchie volte ma pare che il vostro campanello abbia qualche problema. Piuttosto, mi sorprende che ci fosse il portone aperto, in un quartiere come questo dovreste...-
-Dica, dopo aver fatto tredici piani a piedi, crede veramente che un qualsiasi delinquente, per quanto disperato possa essere, farebbe tutta quella fatica per qualche dollaro?- lo interruppe la donna, zittendolo. In realtà sarebbe bastato il suo sguardo a metterlo a tacere tanto era carico d'astio.
-Non posso darle torto.- commentò solamente senza perdere una briciola del suo contegno. Jace prese ad osservarlo con maggiore attenzione, come se lo stesse studiando attraverso le lenti di un microscopio. Sembrava, quasi per uno scherzo del destino, che i ruoli si fossero invertiti: sua madre era diventata scortese fino a rasentare la maleducazione, l'uomo invece si era trasformato in un mite e cortese agnellino.
Era così che faceva Greta quando si trovava davanti un uomo che le ricordava il suo ex marito o per il quale provava anche la più vaga e inconsistente attrazione: era un semplice e banale meccanismo di difesa. A Jace diceva sempre che non rimpiangeva d'essersi innamorata, ma che ciò non voleva dire che dovesse ricascarci alla prima occasione E così davanti a uomini affascinanti e maturi, per non dire attempati, si trasformava in un mostro d'antipatia. Si poteva ben dire che sprizzasse scortesia da ogni poro.

George Barnes incarnava tutto ciò che Greta aveva trovato attraente nel suo ex marito. Era un uomo a cui i cinquant'anni calzavano a pennello, come un abito cucito su misura. Era alto tanto quanto Jace, e possedeva un fisico asciutto e atletico, nonostante sembrasse condurre uno stile di vita piuttosto sedentario. Gli pareva, tutto sommato, d'una bellezza nella media: il volto era scavato, sembrava stare riprendendosi da una lunga malattia, e qualche ruga d'espressione cominciava a farsi più marcata intorno agli occhi e sulla fronte. I capelli, d'un castano chiaro screziato qui e là di grigio, invece cominciavano a diradarsi e ritirarsi sulle tempie e l'attaccatura della fronte, facendola sembrare più ampia di quanto non fosse. Eppure tutti i segni lasciati dal tempo, o dalla sofferenza, non riuscivano ad intaccarne il fascino. C'era qualcosa nei suoi gesti, nella sua voce o anche solo nel suo stare immobile davanti a loro, che doveva essere estremamente attraente per una donna. Hannah non se ne rendeva conto, ma era questo il tratto più marcato che suo padre le aveva trasmesso: fascino ed eleganza innati.

Per il resto, non si somigliavano affatto, sarebbero potuti passare per sconosciuti. A lui di certo non sembrava granché, e se le reazioni delle sue compagne di classe, tutte moine e sorrisini quando Barnes metteva piede in classe lo divertivano e al contempo lo lasciavano perplesso, quella di sua madre lo preoccupava.

-Sono pronta.- fece Hannah con una vocina flebile, sbucando dal corridoio per poi correre ad affiancarsi al padre, interrompendo il flusso dei pensieri di Jace.

-Perfetto, andiamo allora.- replicò l'uomo, degnandola appena di uno sguardo, prima di tornare a rivolgersi a Jace. - Signor Stein, i mie auguri... Ah, e aspetto quella sua relazione di cui abbiamo parlato per lunedì. Trovi lei il modo di farmela avere, ma lunedì mattina deve essere sulla mia cattedra.- Jace vide Greta strabuzzare gli occhi e aprire bocca per replicare, ma riuscì a precederla.

-é pronta, in realtà. Posso mandargliela via email questa sera stessa.- replicò con voce roca ma carica di soddisfazione. Greta borbottò qualcosa ma poi si zittì, preferendo tenere per se i propri pensieri per quella volta.
-Sarebbe perfetto.- acconsentì l'uomo. - Dobbiamo proprio andare ora...-
-Era ora...- borbottò Greta con voce troppo alta, interrompendolo. Probabilmente sia Jace che George sospettarono fosse stato del tutto volontario. Andò ad aprir loro la porta, mentre Jace, posando il piatto sul divano accanto a se e liberandosi dalle coperte li raggiungeva all'ingresso. Hannah lo guardava con aria afflitta. Era tornata ad essere la riservata, ermetica, triste ragazza che era sempre stata.

-Signor Stein, Greta... Grazie di tutto. Buona serata.- Varcò la soglia, dando loro le spalle, per poi voltarsi non appena si accorse che Hannah era rimasta indietro. Fissava entrambi gli Stein, come indecisa sul modo migliore con cui accomiatarsi. Fu Greta a rompere gli indugi, abbracciandola forte e stampandole un bacio su una guancia.
-Pretendo che tu torni anche domani! É un invito ufficiale, sia chiaro! Perché sabato non porti anche Rose? Jace potrebbe chiamare i ragazzi e...- Sembrava non voler che se ne andasse. Continuava a tenerle le mani sulle spalle e solo il lieve tossicchiare di Barnes sembrò riscuoterla. - Beh, ne riparleremo domani di certo. Ciao, dolcezza.- disse infine lasciandola andare tutta sorridente.
Anche Jace avrebbe voluto abbracciarla, e dirle di tornare, dirle che l'avrebbe aspettata con ansia e che senza di lei si sarebbe annoiato a morte. Ma sentiva lo sguardo del padre di lei su di se, e comprese che nessuna di quelle cose avrebbe giovato a nessuno di loro. Così le posò una mano sul capo come sua abitudine e le sorrise dicendole - Se domani non verrai mi riterrò offeso mortalmente!- con tutta l'ironia e la leggerezza di cui era capace. - E dì a Rose che mi mancano i suoi pasticcini!-
La ragazza annuì. - Va bene.- mormorò solamente, prima di sollevare una mano, già guantata, in segno di saluto e seguire suo padre fuori dalla porta. Non appena questa fu chiusa Jace agguantò il telefono e andò a chiudersi nella propria camera dicendo – é meglio che mandi immediatamente la relazione a Barnes... - In realtà non aveva intenzione di fare nulla del genere. L'avrebbe fatto dopo un'importantissima telefonata. Digitò in fretta il numero e poi attese. - Hei, ciao Seth! Cercavo proprio te!-

Lei.
-é stato davvero bizzarro.- Concluse Hannah, dopo aver riferito a Rose della sera precedente.
-é stato bizzarro che Greta sia stata intrattabile mentre tuo padre sembrava volerle piacere a tutti i costi, o è stato bizzarro quello che è successo tra te e Jace?-Chiese l'altra, conscia d'aver centrato il nocciolo della questione.
-Tra me e Jace? Ma non è successo nulla.- si affrettò a replicare. Il suo arrossire però vanificava qualsiasi tentativo di nascondere all'amica che in effetti si era interrogata parecchio su cosa sarebbe potuto accadere quando, soli nella sua camera, lui l'aveva guardata in maniera completamente diversa dal solito. Aveva creduto sarebbe successo qualcosa di importante, addirittura fondamentale. Invece non era accaduto nulla. Quella sensazione però non era riuscita a scrollarsela di dosso.
-Secondo me è successo molto più di quel che credi. Ma se sei convinta che mi sbagli...- Concluse con tono vago, accostandosi ad una porta su cui targa stava scritto “Sala Musica”. - Io sono arrivata. Per poco non mancavo la porta.- aggiunse sorridendo della propria sbadataggine. Rose faceva parte della banda della scuola, suonava il flauto traverso. La dolcezza del suono di questo strumento si accostava perfettamente a quella della ragazza. - Ci vediamo lunedì, Hannie. Fa la brava, divertiti e salutami Jace.- le fece un occhiolino e fece per aprire la porta.
-Sì, io... Aspetta! Ho dimenticato di dirti che Greta ti invita ad andare da loro domani.- disse Hannah battendosi una mano in fronte. - Sono davvero desolata.- mormorò arrossendo a causa della terribile dimenticanza. - Jace dice che gli mancano i tuoi pasticcini.- aggiunse, come volesse impietosire la ragazza. Come se ce ne fosse poi bisogno. - Però devo dirti, in tutta sincerità, che credo ti stiano tendendo un'imboscata.- ammise annuendo seriamente.
Rose posò una mano sulla maniglia della porta e la schiuse appena. Dava le spalle all'amica, che non avrebbe saputo dire, non vedendo la sua espressione, se fosse felice o infastidita. - Ci potrebbe essere anche Seth, quindi.- mormorò voltandosi, rossa in viso ma con un sorriso che esprimeva tutta la sua felicità al solo pensiero di una simile eventualità. - Dì a Jace che ci sarò. Ciao, Hannie! Oh, stasera ti chiamo, quindi fatti trovare!- Esclamò prima di entrare frettolosamente nell'aula, senza darle il tempo di rispondere al suo saluto. Quando la porta si richiuse, sentì un allegro brusio provenire dall'altra parte. Come le sarebbe piaciuto, ricevere un'accoglienza come quella! Ma comprendeva bene che probabilmente non le sarebbe capitato mai. Non aveva lo stesso carattere dell'amica, e soprattutto non ispirava istintivamente benevolenza o simpatia come lei faceva.
Si guardò intorno, sospirando. Il corridoio era vuoto e, fatta eccezione per il vociare che proveniva dalla sala musica che seppur andava scemando era ancora udibile, immerso nel silenzio. Si incamminò verso le scale che l'avrebbero portata al secondo piano dell'edificio. Aveva tutta l'intenzione di recarsi nell'ufficio di Bert per denunciare l'ignobile furto del suo album da disegno. Ma prima voleva lasciare alcuni libri nell'armadietto.
Il corridoio del secondo piano era deserto quanto quello che aveva appena percorso, ma stranamente molto meno silenzioso. Passando davanti alla porta della presidenza fu sollevata nel sentire la voce grave di Bert e quella della sua segretaria, i due chiacchieravano amabilmente chissà di quale argomento. Bene, se si fosse sbrigata avrebbe fatto in tempo a parlargli. Accelerò il passo, passando velocemente davanti ad un altra porta, dalla quale proveniva chiaramente della musica. Le note di un pianoforte attirarono la sua attenzione e quasi la costrinsero, ammalianti com'erano, a fermarsi ad ascoltare, se non fosse che il pensiero del suo prezioso album nelle grinfie di chissà quale intenzionato premeva e reclamava tutta la sua attenzione. Anche se attratta da quel suono, continuò a camminare fino al suo armadietto, voltandosi però di tanto in tanto in direzione dell'anonima porta. Jace le aveva detto che li c'era stata una volta una seconda sala musica, ma che era stata declassata a sgabuzzino dato che era stata scarsamente utilizzata. Trovava strano quindi, che potesse contenere un pianoforte e che nessuno si preoccupasse di chiudere la porta a chiave.
Ah, come le sarebbe piaciuto saper suonare in modo tanto sublime! Purtroppo non aveva mai dimostrato una spiccata attitudine alla musica, e le sue lezioni di pianoforte erano finite presto e presto erano state dimenticate. Però ancora ammirava chi possedeva un eccezionale talento musicale, non poteva farne a meno. Tanto era presa da questi pensieri, e tanto era concentrata nel cercare di percepire ancora la musica nonostante la distanza, che quando fu davanti al suo armadietto non si accorse dei vari frammenti di carta che spuntavano da sotto lo sportello. Quando lo aprì venne sommersa da una quantità infinita di pezzi di carta, che svolazzarono sul pavimento spargendosi tutto intorno nelle immediate vicinanze. Hannah sbatté le palpebre, allibita. Si guardò intorno e poi abbassò lo sguardo: i suoi piedi erano completamente nascosti sotto un mucchio di carta di vario tipo. Li scosse appena, liberandosene e spargendoli ancor di più sul pavimento. Qualcuno doveva essersi divertito a svuotare il cestino della carta nel suo armadietto. Lei non lo trovava affatto divertente, ma non aveva intenzione di farsi rovinare la giornata da una simile inezia, soprattutto se questa non poteva nuocere a nessuno.
-Che cretinata...- borbottò tra sé e sé, mentre cercava di scrollarseli dai vestiti e dai capelli, per poi passare a ripulire l'armadietto, assicurandosi che quei grossi coriandoli non fossero pagine strappate dai suoi libri.
A nessuno di questi mancava neppure mezza pagina, notò con sollievo. Chiuse lo sportello e tornò a posare lo sguardo sulla montagnetta di carta ai suoi piedi. Cosa doveva fare? Andarsene e lasciare che se ne occupasse il bidello? Questo sarebbe successo solo lunedì, però. Non le andava di lasciare l'andito in quelle condizioni per l'intero week end, e si disse che sarebbe stato gentile da parte sua raccoglierli, se non tutti almeno la maggior parte. Si inginocchiò sul pavimento, cominciando a raccogliere manciate di carta che si posò in grembo. Di certo chiunque le avesse fatto questo doveva essersi impegnato. I pezzi appartenevano, era evidente, a diversi tipi di carta, anche se per la maggior parte era semplice carta per fotocopie, il cui bianco brillante spiccava tra altri frammenti color avorio. Proprio uno di questi attirò la sua attenzione.
Curioso! Pensò Questa carta somiglia a quella del mio album...
Non appena ebbe formulato quel pensiero il dubbio la colse: e se fosse...? In preda ad un panico crescente cominciò a rovistare nel mucchietto alla ricerca di quei pezzi che per colore, spessore e trama potessero somigliare ai fogli del suo album. Gli occhi le si riempirono di lacrime, si diede mentalmente della stupida per questo, perché non era affatto dignitoso piangere per qualcosa di poco conto come dei fogli da disegno, ma non riusciva a impedirselo. La sola idea che qualcuno avesse potuto farle una cosa simile la riempiva di rabbia e la faceva soffrire. Non solo le aveva sottratto qualcosa di suo, qualcosa di importante, ma l'aveva anche distrutto senza alcun riguardo per i suoi sentimenti. Se le avessero strappato l'anima in tanti piccoli pezzetti si disse che non avrebbe sofferto tanto quanto soffriva in quel momento. Non poteva fingere di credere che fosse solo un caso, o che il colpevole non intendesse nuocere a lei e soltanto a lei.
Fu così che lui la trovò. Inginocchiata sul pavimento, singhiozzante mentre con le mani tremanti cercava di rimettere insieme brandelli di carta come fossero tessere di un puzzle.







L'angolo dell'autrice:

Ebbene si, dopo tre mesi sono finalmente riuscita a pubblicare, anche se si tratta di un capitoletto poco interessante e piuttosto stiracchiato. Prometto che mi rimetterò in carreggiata, d'ora in poi. :-)

Basta! Melikes, devi assolutamente smettere di dare nutrimento al mio ego (che in poche settimane ha raggiunto dimensioni spropositate) o diventerò la persona più immodesta al mondo. Cominciò già ad assumere comportamenti strani, tipo: portare penna e blocchetto sempre in borsa (io che dimentico di prenderli anche quando vado a lezione) e scribacchiare sempre e dovunque. Il mio ragazzo mi prende in giro perché io mi sento molto scrittrice professionista, di quelle che traggono ispirazione pure da una gomma da masticare spiaccicata sul marciapiede, invece sospetto di sembrare un invasata e la cosa non è buona! XD Mi sa che le Lil'Noony (sì i miei neuroni hanno anche un nome!) stanno cercando di seguire l'esempio dei tuoi neuroni e progettano un colpo di stato.
Capisco perfettamente il tuo discorso. Una delle cose che più amo fare è leggere, ma non riesco ad analizzare ciò che ho davanti alla prima lettura, perché se la trama mi cattura, vengo presa da una curiosità morbosa: devo sapere come va a finire, subito, immediatamente, a costo di non dormire (cosa che prima, quando avevo la possibilità di dormire fino a tardi, facevo spesso e volentieri). Dopo che la curiosità è stata appagata, allora mi prendo un po' di tempo per rielaborare quel che il libro mi ha lasciato, e poi lo rileggo. Se leggo un libro solo una volta, vuol dire che non mi ha lasciato niente, e quello per me non è un buon libro. Va beh qui si sconfina nel soggettivo, pensa che io sono una delle poche persone a cui Il Signore Degli Anelli non solo non ha lasciato nulla, ma che si è annoiata terribilmente nel leggerlo (eresia diranno in tanti). Così è stato anche per Il ritratto di Dorian Gray (altra eresia?). Io e Wilde non ci piacciamo, proprio no.
Mi conforta sapere che il fatto che fosse un capitolo lungo è un punto a favore. In effetti inizialmente doveva comprendere anche il capitolo 12, ma non mi piace scrivere capitoli troppo lunghi perché penso che qualche lettore potrebbe essere ciecato come la sottoscritta e avere problemi a leggere al pc qualcosa di lungo. Mi rendo conto però che non posso neppure scrivere quattro righe per volta. Devo trovare la giusta via.

Grazie anche a Dayan18, che ancora ha la pazienza di recensire! <3 Oddio, sti errori di distrazione/battitura mi perseguitano! Grazie per avermelo fatto notare! :-) Mi fa piacere l'averti strappato un sorriso. Si in effetti la scena non voleva essere comica ma rileggendola da poco ho avuto la stessa reazione! XD










  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Noony