La fanfic è
ambientato prima dei due anni passati, ovviamente. Quindi
approssimativamente ho immaginato che Rufy stia ad Amazzon Lily per un
anno e,
dopo aver dato sfogo a tutta la sua ira distruggendosi e distruggendo
gli
alberi, si richiuda nel suo dolore.
Non ho
specificato, volutamente, né come né dove Nami e
Zoro si ritrovano e scoprono
dove è il capitano, perché erano una cosa che non
c’entrava con la storia in
sé.
Credo
solo che Nami sia l’unica così vicina a Rufy da
poterlo aiutare e che sia anche
la sola con cui lui si dimostrerebbe così debole.
Niente
di particolare, anche questa come altre storie era nel mio computer da
diverso
tempo e quindi ho pensato di postarla.
La
frase finale è tratta dal bellissimo film Blow. La canzone
era la mia
fissazione fino a poco tempo fa: Down, di Jason Walker.
Buona
lettura.
Stringimi
“Boa-sama,
Rufy-kun dice che non ha fame, nemmeno oggi!”
“Gli
porterò personalmente io il cibo, preparatelo!”
“Ma…”
“Osi
obbiettare un mio ordine?”
“…”
“I
don't know where I'm at
I'm standing at the back
and I'm tired of waiting
Waiting here in line
hoping that I'll find
what I've been chasing”.
(Non so a
che punto sono
me ne sto qui per ultimo
e sono stanco di aspettare
di aspettare qui, in fila,
sperando di raggiungere
ciò che
da tempo sto inseguendo).
I
passi cadenzati per quel corridoio silenzioso sono accompagnati dal
cigolio
delle piccole ruote del carrello. Un’imperatrice che
trasporta un pasto come la
migliore delle cameriere.
Per un
attimo si sente in colpa. Sfrutta il suo dolore per stargli accanto,
tentare di
consolarlo e magari facendo in modo che si aggrappi a lei,
psicologicamente
parlando.
Bussa
piano, ed apre la porta con attenzione.
Le
tende sono tirate, tenendo la stanza nell’ombra.
Lo distingue
subito, nella penombra.
È a
terra, appoggiato alla parete con la schiena, una gamba distesa e
l’altra
flessa, sulla quale appoggia il capo, lasciando che i capelli neri
ricadano sul
davanti,
nascondendone il viso.
Le
fasce bianche attorno alla sua testa sono ormai impregnate di sangue;
la
camicia azzurra che lei gli ha comprato è slacciata e appena
strappata; i
piedi, scalzi, sono sporchi di terriccio.
Accanto
a lui, leggermente distrutto, il suo cappello di paglia giace immobile.
“I
shot for the sky
I'm stuck on the ground
so why do I try
I know I'm gonna fall down
I thought I could fly
so why did I drown
I'll never know why it's coming down down down”.
(Volevo
arrivare
fino al cielo
e invece sono qui inchiodato a terra,
allora perchè ancora ci provo?
So che cadrò giù,
pensavo di poter volare,
e allora perchè invece sono annegato?
Non saprò mai
perché mi sta succedendo
questo).
Vorrebbe
sedersi vicino, sistemargli il suo tesoro in testa e sorridergli,
strappandogli
qualche parola.
Ma,
inaspettatamente, si sente impreparata ed inappropriata.
“Posso
fare qualcosa per te?” chiede solo, sperando che lui anche
solo le risponda.
Alza
lo sguardo, Rufy. Riconosce la donna, ed infine torna nella posa di
prima,
semplicemente ignorandola, mostrando solo per un attimo il suo volto
corrucciato ed intriso nella rabbia.
Nemmeno
una lacrima, nemmeno un verso, nemmeno una smorfia di dolore.
Solo
rabbia ed indifferenza. A cui lei non sa proprio come reagire.
“Ti
lascio qui la cena, se vuoi…” ci prova di nuovo,
lanciando un’occhiata al
carrellino trasportato con tanto amore.
Indietreggia
di qualche passo, richiude la porta con un movimento veloce e si
appoggia allo
stipite, sospirando tesa, ancora impaurita che lui la possa sentire,
anche se
fra loro c’è un muro.
“Boa-sama,
due persone chiedono di lei!” Kikyo storce le labbra
contraria, mentre annuncia
quella notizia.
“C’è
qualcosa che non va?” l’imperatrice la segue,
ostentando sfrontatezza e calma.
“Uno
di loro è un uomo…” quello basta per
portare la donna ad un’ulteriore smorfia
di stizza, seguita da un di stupore della sua regina.
“Come
sono giunti qui?” chiede irritata Hancock, accelerando il
passo,
improvvisamente infastidita da un pensiero.
“Su
una nave modesta. La ragazza che è con lui sembra molto
intelligente!” e il
commento nasce sincero, strappandole persino un sorriso.
Una
scalinata, pochi passi ed infine sono di fronte all’ingresso
del salone
centrale.
“Li
hanno scoperti le nostre arciere nella foresta. Litigavano furiosamente
per la
strada, erano molto lontani dal sentiero!” spiega Margaret,
temendo
improvvisamente lo sguardo truce dell’imperatrice, puntato su
di lei con
severità.
“Gli
uomini non dovrebbero essere ammessi qui!” alza la testa
altezzosa, ammonendo
con tono piatto la presenti.
“Abbiamo
pensato che… visto che Rufy-kun e …”
“Mi
avete ignorata!” precisa arcigna, ribattendo con rancore il
fatto di essere lei
l’imperatrice.
Poi,
senza aggiungere altro, spalanca i battenti della porta ed entra,
portandosi
dietro le due donne e percorrendo la stanza con lo sguardo, curiosa di
vedere i
volti estranei.
Una
giovane donna, alta e prosperosa, sfoggia le sue femminilità
sotto un vestitino
minuto; in testa una fascia rossa, che le tiene fermi i capelli di un
arancio
insolito.
Il
ragazzo è muscoloso e ferito. Tre Katane tintinnano ai suoi
movimenti, strette
al suo fianco.
E’
l’estranea a parlare, ansiosa, timorosa di qualcosa.
“Le
domande le faccio io!”
Comanda
contrariata la mora, sentendosi ancora inappropriata.
“Se
questo è un si allora lei ci può dire dove
è Rufy, vero?”
Nei
suoi occhi legge speranza. Una speranza così intensa da
sembrarle persino più
forte del sentimento d’amore che lei prova.
“Voi
chi siete?”
Torna
a mostrarsi dura, altezzosa, per non perdere il contegno rigoroso che
il suo
rango le impone.
“Mi
chiamo Nami e questo buzzurro è Zoro!”
Nota
l’occhiata stizzita che lui le lancia e che lei evita con
rapidità, in uno
strano gioco a cui entrambi sembrano troppo abituati.
E
ricorda quei nomi, ricorda soprattutto quello di lei che, nella sua
visione,
vedeva camminare di schiena abbracciata dal suo capitano.
Risentimento
e fastidio, di nuovo.
“Io
non conosco nessun Rufy!” pronuncia infervorata, ignorando le
occhiate
silenziose alle sue spalle.
“Per
favore, sappiamo che è qui!” una supplica non
l’ha mai piegata, dopotutto.
“E’ da
un anno che viaggiamo per mare!” e si sorprende di
riconoscere in quella
ragazza apparentemente distrutta un fervore felino.
“Andatevene!”
Ordina di nuovo, dando loro le spalle.
“Io
non me ne vado senza il mio amico!” Il ragazzo parla calmo,
stringendo però una
spada, trattenuto dallo sfoderarla dalla giovane sua compagna.
“Sfonderò
tutte le porte di questa isola se necessario, ma mi
assicurerò che lui non sia
qui! Non credo alle parole di una donna!”
Beffardo
e fastidioso, ecco come lo definirebbe lei.
“Not
ready to let go
Cause then I'd never know
What I could be missing
But I'm missing way to much
so when do I give up
what I've been wishing for”.
(Non sono
pronto a lasciar perdere,
perché se
lo facessi non saprei mai
cosa mi sarei perso.
Ma in questo modo mi sto perdendo davvero troppe cose,
quando la smetterò di
inseguire
ciò che ho desiderato tanto?)
“Suo
fratello è morto! Tenerlo rinchiuso qui non lo protegge
affatto… ha bisogno di
noi!”
“Voi
non c’eravate affatto quando lui lo vedeva morire!”
trattiene l’ira, pur
mostrandola apertamente nel momento in cui si volta di nuovo verso di
loro.
Vede
lei tentennare, dispiaciuta, e capisce di aver colto il punto giusto.
“Ma
del resto… non è che voi gli sareste poi serviti
a molto! Non ha mai chiamato i
vostri nomi, nemmeno una volta da quando lo conosco!”
continua sprezzante.
“Anche
se foste stati presenti sareste diventati un motivo di distrazione per
lui,
persone in più a cui badare!” ancora e ancora,
crudele.
Nami
abbassa il capo, mostrando un mezzo sorriso ironico.
“Allora
lo conoscete!” dice piegando il capo dolcemente.
“Un
tempo mi avresti già obbligato ad attaccarla per poter
scappare!” sente
mormorare al compagno. “Che ti succede, mocciosa? Quella
donna ti mette più
paura
del solito?”
“O no
affatto… non mi infastidisce per niente!”
E’ la risposta che turba la mora.
“Però
se vuoi… puoi sempre farmi guadagnare tempo e trattenerle
tutte qui mentre io
lo cerco”
un
mezzo sorriso e uno sbuffo.
Boa
non se lo aspetta e nemmeno Margaret e Kikyo, che si frappongono fra
lei e le
tre lame che all’improvviso la attaccano.
Con la
coda dell’occhio vede la chioma arancio superare
l’entrata e lanciarsi di corsa
nel corridoio deserto.
Spalanca
quella porta bianca, senza un minimo di esitazione. Fatica ad abituarsi
al buio
che incontra, tanto da farle credere sia deserta.
Avanza
di qualche passo, richiudendosela alle spalle, non appena sente dei
passi in
lontananza.
Si
avvicina alla finestra, tirando un poco le tende, ma la notte
è già scesa e la
luce della luna non la aiuta di molto. Ci sono piccoli bagliori nel
cielo,
piccole stelle che emanano una luce così forte.
Lo
pensa, inevitabilmente, “Come
può un
puntino del genere dare tante energia?”
“Chi
c’è?” chiede una voce. Amara e
infantile, non così familiare come suonerebbe in
normali condizioni d’umore.
Non è
squillante e allegra, né arrabbiata o sicura di
sé.
È
intrisa di rancore e, lei sola lo sente, di dolore e pianto.
“Rufy?”
chiede debolmente, incredula.
Dei
movimenti e una luce che si accende, un lumino piccolo e debole.
Riconosce
le spalle ampie e le braccia minute, persino il collo sottile. I
muscoli del
torace sono tesi, visibili i numerosi tagli cicatrizzati. Si
è fatto più alto,
ma è dimagrito ancora.
I capelli
sono appena più lunghi, quasi impagliati nel suo sudore.
In una
mano tiene un filo di pezza sporco di sangue, probabilmente che si
appena
sfilato dalla testa. E il suo cappello, sempre da lui così
curato, è privo di
valore sul freddo pavimento.
“Nami?”
stupore e paura. Non vuole che quello sia un altro sogno,
un’altra visione
notturna.
E
capisce che non lo è quando la vede chinarsi per terra,
raccogliere l’oggetto
abbandonato e spolverarlo con la mani, delicatamente.
La
segue mentre si siede sul bordo del letto e ne strappa un pezzo di
lenzuolo.
Un
filo minuscolo, che lei fa passare con attenzione sotto e sopra,
rammendando in
modo precario un taglio largo due dita nella paglia.
“Come
sei arrivata qui?” si sente stupido.
“E’
una storia lunga…” commenta sbuffando,
regalandogli un sorriso.
Appoggia
il cappello sopra al materasso e si rialza, andandogli incontro,
lentamente.
“Mi
dispiace…” mormora, capendo che poche parole
bastano per scalfire la sicurezza
che lui ostenta.
“Perdonami…”
dice ancora, temendo che lui non le perdoni tutto quel tempo lontano.
“Che
stai dicendo?”
“Avrei
dovuto essere lì con te, come tu lo eri con me!”
spiega.
“Io
non ero con te quando Bellmere è stata uccisa!”
colpisce il punto, con poche
parole.
“Ma mi
hai salvata lo stesso! Voglio essere questo per te ora, la salvezza di
cui hai
bisogno!”
“Non
sono io che devo essere salvato…” ma il tono scema.
“Lo
so…” lo dice piano, approvando il suo cambio di
umore improvviso.
“Mi
dispiace…” lo ripete, sentendosi sollevata di
fronte a quella lacrima
solitaria.
“Stringimi!”
Non lo ha mai sentito implorare così un suo gesto. Si sente
strana, a
quell’ordine pietoso.
“Non
posso…”
“Perché?”
La voce da uomo lo abbandona, ritornando instabile come quella del
ragazzino
che lei ha sempre conosciuto.
“Perché sei tu che ti devi aggrappare a me! Io
sono già aggrappata a te da
troppo tempo!” ed apre appena le braccia, sentendolo
avvicinarsi.
“Oh
I am going down down down
Can't find another way around
and I don't wanna hear the sound
of losing what I never found.
I shot for the sky
I'm stuck on the ground
so why do I try
I know I'm gonna fall down
I thought I could fly
so why did I drown
I'll never know why it's coming down down down”
(Sto sprofondando sempre più
giù, giù, giù,
non riesco a trovare un modo per uscirne,
e non voglio sentire la sensazione che mi provocherebbe
perdere ciò che
non ho mai trovato.
Volevo arrivare
fino al cielo
e invece sono qui inchiodato a terra,
allora perché ancora
ci provo?
So che cadrò giù,
pensavo di poter volare,
e allora perchè invece sono annegato?
Non saprò mai
perchè mi sta succedendo
questo).
Lui le
circonda il collo, appoggiando la testa sulla sua spalla e sfiorando
coi suoi i
capelli color mandarino di lei.
E
Nami, infine, ricambia.
Lo
sente piangere, disperatamente.
Lo
sente anche urlare, e lo trattiene quando i muscoli si tendono nel
tentativo di
distruggere qualcosa su cui accanirsi per sfogare l’ira.
Non si
muove quando la braccia forti attorno a lei sembrano strozzarla.
Non si
muove quando quel dolore la assorda per degli attimi.
Ed
infine lui si stringe a quel corpo tanto fragile, sentendosi a casa.
Immerso
nella sua sofferenza non nota affatto gli sguardi
dell’imperatrice e delle
altre donne su di lui.
Abbraccia
lei, il suo spiraglio per respirare.
“Stringimi…”
urla come un bambinetto che ha paura del buio.
“Stringimi…”
dice di nuovo, fino a che lei non graffia la sua pelle della schiena,
facendogli
capire che è lì con lui, che è la sua
stella emana energia.
“Boa-sama,
cosa pensi che faranno ora?!” chiede qualcuno, non
comprendendo le lacrime
della sua regina.
“Torneranno
ad essere quelli che erano un tempo!” osserva insicura.
“Quelli
che erano un tempo
prima che io lo conoscessi”, pensa.
Ma sa,
lei come loro, che ci sono ancora molte, troppe cose da sistemare. Sa
che
nonostante tutto, niente potrà mai tornare come prima.
È certa che si
ritroveranno, anche se si scambieranno un semplice saluto da amici di
vecchia
data, che lei teme.
“Che
tu possa avere sempre il
vento in poppa”, non
può fare a meno di augurare
“… che il sole ti risplenda in viso, e che
il vento del destino ti porti in
alto…”
Poi,
osservando il sole mattutino impossessarsi della notte, parla ad alta
voce.
“…
A danzare con le stelle!”
“I
shot for the sky
I'm stuck on the ground
so why do I try
I know I'm gonna fall down
I thought I could fly
so why did I drown
Oh it's coming down down down”.
(Volevo
arrivare
fino al cielo
e invece sono qui inchiodato a terra,
allora perché ancora
ci provo?
So che cadrò giù,
pensavo di poter volare,
e allora perché invece
sono annegato?
Sta succedendo davvero, davvero, davvero).
Note:
Eccoci
alla fine, che ne
pensate???
At
This Time of Year (Jewelry x Whitey): Grazie grazie
a maya_90, NonnaPapera,
Akemichan per i vostri giudizi carinissimi e
costruttivi.
Accidenti
a te,
Ace: red queen,
tre 88, Undertaker, Kgm92,
angela90, maya_90, akagami95,
Akemichan.
Rinnovati ringraziamenti per qualcuna di voi, nuovi per altre ma pur
sempre
calorosi. Sono sorpresa che sia piaciuta così tanto,
però la scrissi veramente
col cuore, perché non riuscivo a smettere di frignare alla
vista di quella
puntata.
E ora
sono felice di sapere che non sono l’unica.
Egoisti
(Nami x
Rufy): Runami
4 ever, Laprinc, Bibi_OnePiece,
Globulo
Rosso, Akemichan, Hotaru, Kgm92. Anche qui
già nomi conosciuti mischiati ad altri.
Era una
storia che a tratti ricorda molto questa, anche se è stata
pubblicata prima fu
scritta assai dopo. Quindi il tema dell’abbraccio forse
l’avevo preso da qui.
Il fatto è che un bacio molto spesso rovina il momento
idilliaco, perché Rufy
nel reale non è un tipo da carpirne a pieno il senso. Non
dico sia stupido fino
a questo punto, sia mai, però sono cose a cui lui non presta
(apparentemente)
attenzione.
Grazie
grazie a tutti. Alla prossima!!!!