Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
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Autore: Meli_mao    23/10/2010    5 recensioni
Contiene i ringraziamenti per "Accidenti a te, Ace", "Egoisti", "At This Time of Year".
"“Chi c’è?” chiede una voce. Amara e infantile, non così familiare come suonerebbe in normali condizioni d’umore.
Non è squillante e allegra, né arrabbiata o sicura di sé.
È intrisa di rancore e, lei sola lo sente, di dolore e pianto.
“Rufy?” chiede debolmente, incredula."
Buona Lettura, spero sia piacevole!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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La fanfic è ambientato prima dei due anni passati, ovviamente. Quindi approssimativamente ho immaginato che Rufy stia ad Amazzon Lily per un anno e, dopo aver dato sfogo a tutta la sua ira distruggendosi e distruggendo gli alberi, si richiuda nel suo dolore.
Non ho specificato, volutamente, né come né dove Nami e Zoro si ritrovano e scoprono dove è il capitano, perché erano una cosa che non c’entrava con la storia in sé.
Credo solo che Nami sia l’unica così vicina a Rufy da poterlo aiutare e che sia anche la sola con cui lui si dimostrerebbe così debole.
Niente di particolare, anche questa come altre storie era nel mio computer da diverso tempo e quindi ho pensato di postarla.
La frase finale è tratta dal bellissimo film Blow. La canzone era la mia fissazione fino a poco tempo fa: Down, di Jason Walker.
Buona lettura.

 

 

 

Stringimi

 

 

 

“Boa-sama, Rufy-kun dice che non ha fame, nemmeno oggi!”
“Gli porterò personalmente io il cibo, preparatelo!”
“Ma…”
“Osi obbiettare un mio ordine?”
“…”

 

“I don't know where I'm at
I'm standing at the back
and I'm tired of waiting
Waiting here in line
hoping that I'll find
what I've been chasing”.
(Non so a che punto sono
me ne sto qui per ultimo
e sono stanco di aspettare
di aspettare qui, in fila,
sperando di raggiungere
ciò  che da tempo sto inseguendo).

 

 
I passi cadenzati per quel corridoio silenzioso sono accompagnati dal cigolio delle piccole ruote del carrello. Un’imperatrice che trasporta un pasto come la migliore delle cameriere.
Per un attimo si sente in colpa. Sfrutta il suo dolore per stargli accanto, tentare di consolarlo e magari facendo in modo che si aggrappi a lei, psicologicamente parlando.
Bussa piano, ed apre la porta con attenzione.
Le tende sono tirate, tenendo la stanza nell’ombra.
Lo distingue subito, nella penombra.
È a terra, appoggiato alla parete con la schiena, una gamba distesa e l’altra flessa, sulla quale appoggia il capo, lasciando che i capelli neri ricadano sul davanti,
nascondendone il viso.
Le fasce bianche attorno alla sua testa sono ormai impregnate di sangue; la camicia azzurra che lei gli ha comprato è slacciata e appena strappata; i piedi, scalzi, sono sporchi di terriccio.
Accanto a lui, leggermente distrutto, il suo cappello di paglia giace immobile.

“I shot for the sky
I'm stuck on the ground
so why do I try
I know I'm gonna fall down
I thought I could fly
so why did I drown
I'll never know why it's coming down down down”.
(Volevo arrivare fino al cielo
e invece sono qui inchiodato a terra,
allora perchè ancora ci provo?
So che cadrò giù,
pensavo di poter volare,
e allora perchè invece sono annegato?
Non saprò  mai perché mi sta succedendo questo).

Vorrebbe sedersi vicino, sistemargli il suo tesoro in testa e sorridergli, strappandogli qualche parola.
Ma, inaspettatamente, si sente impreparata ed inappropriata.
“Posso fare qualcosa per te?” chiede solo, sperando che lui anche solo le risponda.
Alza lo sguardo, Rufy. Riconosce la donna, ed infine torna nella posa di prima, semplicemente ignorandola, mostrando solo per un attimo il suo volto corrucciato ed intriso nella rabbia.
Nemmeno una lacrima, nemmeno un verso, nemmeno una smorfia di dolore.
Solo rabbia ed indifferenza. A cui lei non sa proprio come reagire.
“Ti lascio qui la cena, se vuoi…” ci prova di nuovo, lanciando un’occhiata al carrellino trasportato con tanto amore.
Indietreggia di qualche passo, richiude la porta con un movimento veloce e si appoggia allo stipite, sospirando tesa, ancora impaurita che lui la possa sentire, anche se fra loro c’è un muro.
“Boa-sama, due persone chiedono di lei!” Kikyo storce le labbra contraria, mentre annuncia quella notizia.
“C’è qualcosa che non va?” l’imperatrice la segue, ostentando sfrontatezza e calma.
“Uno di loro è un uomo…” quello basta per portare la donna ad un’ulteriore smorfia di stizza, seguita da un di stupore della sua regina.
“Come sono giunti qui?” chiede irritata Hancock, accelerando il passo, improvvisamente infastidita da un pensiero.
“Su una nave modesta. La ragazza che è con lui sembra molto intelligente!” e il commento nasce sincero, strappandole persino un sorriso.
Una scalinata, pochi passi ed infine sono di fronte all’ingresso del salone centrale.
“Li hanno scoperti le nostre arciere nella foresta. Litigavano furiosamente per la strada, erano molto lontani dal sentiero!” spiega Margaret, temendo improvvisamente lo sguardo truce dell’imperatrice, puntato su di lei con severità.
“Gli uomini non dovrebbero essere ammessi qui!” alza la testa altezzosa, ammonendo con tono piatto la presenti.
“Abbiamo pensato che… visto che Rufy-kun e …”
“Mi avete ignorata!” precisa arcigna, ribattendo con rancore il fatto di essere lei l’imperatrice.
Poi, senza aggiungere altro, spalanca i battenti della porta ed entra, portandosi dietro le due donne e percorrendo la stanza con lo sguardo, curiosa di vedere i volti estranei.
Una giovane donna, alta e prosperosa, sfoggia le sue femminilità sotto un vestitino minuto; in testa una fascia rossa, che le tiene fermi i capelli di un arancio insolito.
Il ragazzo è muscoloso e ferito. Tre Katane tintinnano ai suoi movimenti, strette al suo fianco.“Lei è Boa Hancock?”
E’ l’estranea a parlare, ansiosa, timorosa di qualcosa.
“Le domande le faccio io!”
Comanda contrariata la mora, sentendosi ancora inappropriata.
“Se questo è un si allora lei ci può dire dove è Rufy, vero?”
Nei suoi occhi legge speranza. Una speranza così intensa da sembrarle persino più forte del sentimento d’amore che lei prova.
“Voi chi siete?”
Torna a mostrarsi dura, altezzosa, per non perdere il contegno rigoroso che il suo rango le impone.
“Mi chiamo Nami e questo buzzurro è Zoro!”
Nota l’occhiata stizzita che lui le lancia e che lei evita con rapidità, in uno strano gioco a cui entrambi sembrano troppo abituati.
E ricorda quei nomi, ricorda soprattutto quello di lei che, nella sua visione, vedeva camminare di schiena abbracciata dal suo capitano.
Risentimento e fastidio, di nuovo.
“Io non conosco nessun Rufy!” pronuncia infervorata, ignorando le occhiate silenziose alle sue spalle.
“Per favore, sappiamo che è qui!” una supplica non l’ha mai piegata, dopotutto.
“E’ da un anno che viaggiamo per mare!” e si sorprende di riconoscere in quella ragazza apparentemente distrutta un fervore felino.
 “Andatevene!”  Ordina di nuovo, dando loro le spalle.
“Io non me ne vado senza il mio amico!” Il ragazzo parla calmo, stringendo però una spada, trattenuto dallo sfoderarla dalla giovane sua compagna.
“Sfonderò tutte le porte di questa isola se necessario, ma mi assicurerò che lui non sia qui! Non credo alle parole di una donna!”
Beffardo e fastidioso, ecco come lo definirebbe lei.

 

“Not ready to let go
Cause then I'd never know
What I could be missing
But I'm missing way to much
so when do I give up
what I've been wishing for”.
(Non sono pronto a lasciar perdere,
perché  se lo facessi non saprei mai
cosa mi sarei perso.
Ma in questo modo mi sto perdendo davvero troppe cose,
quando la smetterò  di inseguire
ciò che ho desiderato tanto?)

“Suo fratello è morto! Tenerlo rinchiuso qui non lo protegge affatto… ha bisogno di noi!”
“Voi non c’eravate affatto quando lui lo vedeva morire!” trattiene l’ira, pur mostrandola apertamente nel momento in cui si volta di nuovo verso di loro.
Vede lei tentennare, dispiaciuta, e capisce di aver colto il punto giusto.
“Ma del resto… non è che voi gli sareste poi serviti a molto! Non ha mai chiamato i vostri nomi, nemmeno una volta da quando lo conosco!” continua sprezzante.
“Anche se foste stati presenti sareste diventati un motivo di distrazione per lui, persone in più a cui badare!” ancora e ancora, crudele.
Nami abbassa il capo, mostrando un mezzo sorriso ironico.
“Allora lo conoscete!” dice piegando il capo dolcemente.
“Un tempo mi avresti già obbligato ad attaccarla per poter scappare!” sente mormorare al compagno. “Che ti succede, mocciosa? Quella donna ti mette più paura  
del solito?”
“O no affatto… non mi infastidisce per niente!” E’ la risposta che turba la mora.
“Però se vuoi… puoi sempre farmi guadagnare tempo e trattenerle tutte qui mentre io lo cerco”
un mezzo sorriso e uno sbuffo.
Boa non se lo aspetta e nemmeno Margaret e Kikyo, che si frappongono fra lei e le tre lame che all’improvviso la attaccano.
Con la coda dell’occhio vede la chioma arancio superare l’entrata e lanciarsi di corsa nel corridoio deserto.

 

Spalanca quella porta bianca, senza un minimo di esitazione. Fatica ad abituarsi al buio che incontra, tanto da farle credere sia deserta.
Avanza di qualche passo, richiudendosela alle spalle, non appena sente dei passi in lontananza.
Si avvicina alla finestra, tirando un poco le tende, ma la notte è già scesa e la luce della luna non la aiuta di molto. Ci sono piccoli bagliori nel cielo, piccole stelle che emanano una luce così forte.
Lo pensa, inevitabilmente, “Come può un puntino del genere dare tante energia?”
“Chi c’è?” chiede una voce. Amara e infantile, non così familiare come suonerebbe in normali condizioni d’umore.
Non è squillante e allegra, né arrabbiata o sicura di sé.
È intrisa di rancore e, lei sola lo sente, di dolore e pianto.
“Rufy?” chiede debolmente, incredula.
Dei movimenti e una luce che si accende, un lumino piccolo e debole.
Riconosce le spalle ampie e le braccia minute, persino il collo sottile. I muscoli del torace sono tesi, visibili i numerosi tagli cicatrizzati. Si è fatto più alto, ma è dimagrito ancora.
I capelli sono appena più lunghi, quasi impagliati nel suo sudore.
In una mano tiene un filo di pezza sporco di sangue, probabilmente che si appena sfilato dalla testa. E il suo cappello, sempre da lui così curato, è privo di valore sul freddo pavimento.
“Nami?” stupore e paura. Non vuole che quello sia un altro sogno, un’altra visione notturna.
E capisce che non lo è quando la vede chinarsi per terra, raccogliere l’oggetto abbandonato e spolverarlo con la mani, delicatamente.
La segue mentre si siede sul bordo del letto e ne strappa un pezzo di lenzuolo.
Un filo minuscolo, che lei fa passare con attenzione sotto e sopra, rammendando in modo precario un taglio largo due dita nella paglia.
“Come sei arrivata qui?” si sente stupido.
“E’ una storia lunga…” commenta sbuffando, regalandogli un sorriso.
Appoggia il cappello sopra al materasso e si rialza, andandogli incontro, lentamente. 
“Mi dispiace…” mormora, capendo che poche parole bastano per scalfire la sicurezza che lui ostenta.
“Perdonami…” dice ancora, temendo che lui non le perdoni tutto quel tempo lontano.
“Che stai dicendo?”
“Avrei dovuto essere lì con te, come tu lo eri con me!” spiega.
“Io non ero con te quando Bellmere è stata uccisa!” colpisce il punto, con poche parole.
“Ma mi hai salvata lo stesso! Voglio essere questo per te ora, la salvezza di cui hai bisogno!”
“Non sono io che devo essere salvato…” ma il tono scema.
“Lo so…” lo dice piano, approvando il suo cambio di umore improvviso.
“Mi dispiace…” lo ripete, sentendosi sollevata di fronte a quella lacrima solitaria.
“Stringimi!” Non lo ha mai sentito implorare così un suo gesto. Si sente strana, a quell’ordine pietoso.
“Non posso…”
“Perché?” La voce da uomo lo abbandona, ritornando instabile come quella del ragazzino che lei ha sempre conosciuto.
“Perché sei tu che ti devi aggrappare a me! Io sono già aggrappata a te da troppo tempo!” ed apre appena le braccia, sentendolo avvicinarsi.

 

“Oh I am going down down down
Can't find another way around
and I don't wanna hear the sound
of losing what I never found.
I shot for the sky
I'm stuck on the ground
so why do I try
I know I'm gonna fall down
I thought I could fly
so why did I drown
I'll never know why it's coming down down down”
(Sto sprofondando sempre più giù, giù, giù,
non riesco a trovare un modo per uscirne,
e non voglio sentire la sensazione che mi provocherebbe
perdere ciò  che non ho mai trovato.
Volevo arrivare fino al cielo
e invece sono qui inchiodato a terra,
allora perché  ancora ci provo?
So che cadrò  giù,
pensavo di poter volare,
e allora perchè invece sono annegato?
Non saprò  mai perchè mi sta succedendo questo).


Lui le circonda il collo, appoggiando la testa sulla sua spalla e sfiorando coi suoi i capelli color mandarino di lei.
E Nami, infine, ricambia.
Lo sente piangere, disperatamente.
Lo sente anche urlare, e lo trattiene quando i muscoli si tendono nel tentativo di distruggere qualcosa su cui accanirsi per sfogare l’ira.
Non si muove quando la braccia forti attorno a lei sembrano strozzarla.
Non si muove quando quel dolore la assorda per degli attimi.
Ed infine lui si stringe a quel corpo tanto fragile, sentendosi a casa.
Immerso nella sua sofferenza non nota affatto gli sguardi dell’imperatrice e delle altre donne su di lui.
Abbraccia lei, il suo spiraglio per respirare.
“Stringimi…” urla come un bambinetto che ha paura del buio.
“Stringimi…” dice di nuovo, fino a che lei non graffia la sua pelle della schiena, facendogli capire che è lì con lui, che è la sua stella emana energia.

 

 

 La piccola nave sfreccia veloce col vento a favore, trasportando quei tre semplici ragazzi.
“Boa-sama, cosa pensi che faranno ora?!” chiede qualcuno, non comprendendo le lacrime della sua regina.
“Torneranno ad essere quelli che erano un tempo!” osserva insicura.

“Quelli che erano un tempo prima che io lo conoscessi”, pensa.
Ma sa, lei come loro, che ci sono ancora molte, troppe cose da sistemare. Sa che nonostante tutto, niente potrà mai tornare come prima. È certa che si ritroveranno, anche se si scambieranno un semplice saluto da amici di vecchia data, che lei teme.

“Che tu possa avere sempre il vento in poppa”,  non può fare a meno di augurare “… che il sole ti risplenda in viso, e che il vento del destino ti porti in
alto…”

Poi, osservando il sole mattutino impossessarsi della notte, parla ad alta voce.

“… A danzare con le stelle!”

 

“I shot for the sky
I'm stuck on the ground
so why do I try
I know I'm gonna fall down
I thought I could fly
so why did I drown
Oh it's coming down down down”.

(Volevo arrivare fino al cielo
e invece sono qui inchiodato a terra,
allora perché  ancora ci provo?
So che cadrò  giù,
pensavo di poter volare,
e allora perché  invece sono annegato?
Sta succedendo davvero, davvero, davvero).

 

 

 

Note:
Eccoci alla fine, che ne pensate???
Prendo l’occasione per ringraziare di cuore coloro che hanno recensito le mie ultime storie pubblicate in One Piece:

At This Time of Year (Jewelry x Whitey): Grazie grazie a maya_90, NonnaPapera, Akemichan per i vostri giudizi carinissimi e costruttivi.

Accidenti a te, Ace: red queen, tre 88, Undertaker, Kgm92, angela90, maya_90, akagami95, Akemichan. Rinnovati ringraziamenti per qualcuna di voi, nuovi per altre ma pur sempre calorosi. Sono sorpresa che sia piaciuta così tanto, però la scrissi veramente col cuore, perché non riuscivo a smettere di frignare alla vista di quella puntata.
E ora sono felice di sapere che non sono l’unica.

Egoisti (Nami x Rufy): Runami 4 ever, Laprinc,  Bibi_OnePiece, Globulo Rosso, Akemichan, Hotaru, Kgm92. Anche qui già nomi conosciuti mischiati ad altri.
Era una storia che a tratti ricorda molto questa, anche se è stata pubblicata prima fu scritta assai dopo. Quindi il tema dell’abbraccio forse l’avevo preso da qui. Il fatto è che un bacio molto spesso rovina il momento idilliaco, perché Rufy nel reale non è un tipo da carpirne a pieno il senso. Non dico sia stupido fino a questo punto, sia mai, però sono cose a cui lui non presta (apparentemente) attenzione.

 
Grazie grazie a tutti. Alla prossima!!!!

   
 
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