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Autore: Any Ikisy    23/10/2010    3 recensioni
Uno dei compiti più ingrati di un militare era quello di assistere alle riunioni che si tenevano tra i pezzi grossi; spesso erano quelli i momenti che decidevano le sorti della battaglia.
Questo genere di tortura era riservata ai più alti ranghi delle milizie, in grado di sostenere il religioso silenzio a cui dovevano necessariamente sottostare; d’altro canto, come avrebbe potuto replicare un uomo di guerra? Una volta fuori da quelle opprimenti mura, era difficile restare calmi.
[ Partecipante fuori concorso al Contest Amore Fraterno indetto da Rota ]
Genere: Guerra, Satirico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kisshu Ikisatashi/Ghish, Pai Ikisatashi, Taruto Ikisatashi/Tart
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ikisatashi, acquisiti e non'
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Autore: Any Ikisy
Titolo: Vincere Militarmente
Fandom: Tokyo Mew Mew
Personaggi: Tart, Pai, Ghish; PaiGhish (L)
Genere: Guerra, Satirico, Slice of Life
Rating: Verde
Avvertimenti: Yaoi, One-shot
Note dautore: Ringrazio infinitamente ancora una volta Rota per aver accettato questa mia piccola One-shot; potete trovare il contest che ha indetto, a cui ho partecipato fuori orario, cliccando sul banner qui sotto, di cui è l’arteficie.

Revisionata il 19/8/11


Banner di partecipazione


Vincere Militarmente
- Quando della guerra non hai capito un cazzo -



Erano lentamente trascorse due ore.
Tart picchiettava impazientemente due dita contro il tavolo, dove per altro era stancamente appoggiato.
«Quanto manca?»
Ghish, esasperato, si strinse le tempie tra le mani e, dopo aver adeguatamente imprecato contro suo fratello minore, gli rispose con un lieve accenno di nervosismo: «Oh, guarda Tart! Ogni volta che senti l’impellente bisogno di chiedermi Quanto manca? sai che sono passati appena due minuti… contento?»
Le sue repentine crisi di nervi erano dovute all’insistenza del più piccolo, che proseguiva col suo perpetuo tentativo di ammazzare il tempo -o l’autocontrollo di Ghish, per altro esiguo- in quel modo all’incirca da mezz’ora.
«Ma Pai aveva detto che sarebbe rientrato circa tre quarti d’ora fa! È in ritardo! Non sei preoccupato?»
Ghish fece spallucce: non poteva sapere perché il maggiore degli Ikisatashi stesse tardando a rientrare dal colloquio coi Superiori, visto che lui non aveva mai potuto accedere a cariche tanto elevate.
Pai era uno stratega, dopo tutto; lui aveva motivo di stare tra gli sporchi doppiogiochisti che dirigono le sorti del pianeta e impongono da che parte rompere l’uovo per fare la frittata¹.
Tart era agitato soprattutto perché solitamente suo fratello cercava di rincasare il più in fretta possibile da incontri di quel tipo.
«Ghish, che facciamo? Lo andiamo a cercare?»
«Affatto, moccioso.»
«Potresti essere serio per un minuto? E non chiamarmi così!»
«Smettila di preoccuparti, maledizione. È grande e vaccinato: non ha bisogno della balia.»
Lo frustrava il modo in cui Ghish liquidava tutto così pacatamente… ma Tart in quelle circostante poteva solo imbronciarsi e digrignare i denti come il bambino capriccioso che era. Ghish lo notò e sbuffò a sua volta.
«Tart, che c’insegna l’esperienza?»
«Mh?»
Le unghie arrestarono l’insistente ticchettio che pervadeva la cucina, mentre gli occhi castani del più giovane seguirono i movimenti dell’altro fratello, il quale si destreggiava tra uno scaffale e una dispensa.
«A che ti riferisci?»
«Quando Pai ritorna, di che umore è?»
Afferrò tre scodelle e le sistemò sul tavolo da lavoro, mentre imbastiva il discorso.
«Nero. È sempre arrabbiato col mondo e…»
«… frustrato è la parola giusta.»
Spostò alcuni medicinali nel cassetto degli antibiotici, per poi raccoglierne uno con aria soddisfatta e farfugliare qualcosa in proposito all’aver trovato quel che cercava con aria saccente, più che distratta. Tornò a guardare Tart giusto mentre intascava il farmaco.
«Resta di quell’umore finché non litigo con lui.»
«Davvero? E perché?»
«Perché litigando sfoga lo stress; è fatto così.»
Ghish versò dell’acqua nelle ciotole, per poi addizionare delle erbe precedentemente riposte con cura nella credenza. In una delle scodelle aggiunse anche il presunto medicinale in polvere, notò il più piccolo.
«Dobbiamo solo accoglierlo ed alleviare le sue pene, non ti pare?»
Nonostante tutto, osservò Tart, anche lui era in apprensione per Pai; sorrise raggiante, annuendo con convinzione prima di lasciare la cucina e dirigersi nella sala comune, adibita agli interessi collettivi; avrebbe pensato a un modo per far sbottonare almeno un pochino suo fratello.

Le lastre rinforzate che fungevano da porta scricchiolarono al passaggio del generale Ikisatashi: al momento era troppo affaticato, ma in seguito si sarebbe ricordato di sistemare quei circuiti mezzi congelati per via delle temperature proibitive degli ultimi tempi.
Una volta dentro, slacciò il proprio mantello protettivo e abbassò lo scudo a schermo che si attivava quando la temperatura corporea raggiungeva livelli critici. Li gettò sul mobile, per poi seguirli a sua volta.
Massaggiò piano le proprie palpebre; il suo malumore a volte alterava la sua maturità, lo sapeva, e doveva evitare che Tart lo vedesse in quello stato pietoso; temeva di perdere credibilità ai suoi occhi, altrimenti.
«Sei tornato!»
Avrebbe dovuto pensarci prima di entrare, effettivamente.
«Sì. Proprio ora.»
Rialzò lo sguardo stanco per incontrare gli occhi vispi e inspiegabilmente allegri del bambino che tutelava al posto dei suoi genitori; alle sue spalle intravide la figura di Ghish, in controluce, appoggiato contro il muro.
«Vieni, siediti…»
«Come mai ci hai messo tanto?»
Quando il ragazzo dai capelli verdi entrò nel suo raggio visivo, Pai riconobbe due tazze fumanti tra le sue mani; una sola in quelle del minore.
«Ho avuto a che dire con uno dei dirigenti…»
Tentò di sviare allora, stupito dall’interesse di Tart.
«Dai, parlamene! Te lo sto chiedendo perché mi interessa!»
Un po’ stizzito, decise di mettere alla prova la fermezza del piccoletto; anche Ghish prese parte all’ascolto, dopo avergli posto davanti la bevanda calda.
«Sembra che intendano proseguire la guerra con il pianeta che si è ribellato due settimane fa. Pare abbiano accettato la sfida nonostante siano più forti di noi e in maggior numero.»
«Oh…» Discorsi da grandi pensò Tart.
«Solo quei vecchiacci saprebbero cascare in un tranello simile…» commentò invece Ghish, portando alle labbra un sorso dell’infuso.
Tart a sua volta lo imitò, considerando che era un modo elegante per allontanarsi dal disturbo di rispondere.
«La guerra con la Terra non è servita a niente. Avrebbero dovuto capire che con lo scontro diretto non si giunge da nessuna parte. Eppure sono intenzionati a puntare sulla vittoria militare ancora una volta.»
«Quando della guerra non hai capito un cazzo…» commentò nuovamente Ghish; stava cercando di coprire la mancanza di reazione del minore, sopperendo come meglio poteva.
«Come se non ci andassero di mezzo innocenti e soprattutto risorse, fondi, tempo prezioso... come possono postporre la questione con tanta facilità?»
Pai finalmente si decise a sorseggiare la bevanda, gustandone appieno l’odore aromatico e il sapore speziato; distinse chiaramente tra gli ingredienti un lieve squilibrio e dedusse che fosse stato il più piccolo a testare le proprie abilità in cucina.
Ghish sorrise dietro la ceramica.
«L’unico sistema è quello di tentare un movimento di sommossa, allora. Ribelliamoci tutti!» tentò nuovamente Tart, con tenacia e malcelato entusiasmo all’idea.
«Non sarebbe neanche male, Pai. Con quello che ci pagano…!»
Parve riflettere anche il terzo interessato, indeciso se arrabbiarsi per l’assurdità della proposta o riderne di gusto; assunse che suo fratello sentiva la mancanza della sua autorevolezza e stesse attingendo alla completa idiozia dell’altro fratello rimastogli a disposizione.
«Faremo un tentativo sicuramente; magari per quando sarai alto quanto me avremo risolto il problema!» disse poi, scompigliandogli i capelli.
Pai assistette alla scena dall’esterno, contagiato da quell’atmosfera familiare che lo accoglieva anche quando era un peso, ma che lo supportava quando sentiva di doversi sfogare in qualche modo.
Trovare conforto e comprensione nel proprio fulcro familiare era meraviglioso.
Vide Ghish raccogliere le tazze e si sbrigò a terminare il liquido all’interno della propria, bevendo tutto d’un sorso il poco rimasto.
«Tieni.»
«Grazie… Io vado nella mia stanza, se vi serve qualcosa.»
Scomparve dietro al suono fastidioso delle porte scorrevoli mal funzionanti del loro stabilimento, bisognoso senza deroghe dei fondi che invece venivano stanziati per la guerra.
Pai sospirò; andava bene anche così, dopo tutto.
A un tratto sentì lo stomaco agitarsi.
Grown.
Oh, dannazione.

«Che succede?»
Lo sapevo che aveva un sapore strano!
Pai si afferrò lo stomaco con un braccio, cercando quantomeno di attenuare il rumore fastidioso delle sue budella che assorbono i principi attivi del medicinale.
«Stai male?»
«N-no, Tart. Splendidamente.»
Non convinto, il minore distese il braccio per raggiungere le sue mani ossute, facendo gemere per la sorpresa il maggiore. Sorpreso, rimase a guardarlo inebetito.
«Tuo fratello è un coglione di prima categoria, sai?, e non sto parlando di me.»
«Cosa?»
«Ghish… dove ha detto che andava?»
«Nella sua stanza, credo… ma…»
«Ok-» Pai si sollevò in piedi, repentinamente «-adesso barricati in camera tua: mamma e papà devono discutere.»
Di solito, con quell’espressione, suo fratello lo avvisava che presto ci sarebbe stato un diverbio acceso con Ghish e che, con alta probabilità, sarebbe sfociato in uno scontro aperto tra le mura stesse dell’appartamento; qualcosa a cui gli era proibito assistere, secondo regole non scritte della loro convivenza non convenzionalmente pacifica. Una cosa da grandi, insomma.
Gli avrebbe creduto anche quella volta, se non avesse scorto un rigonfiamento tra le sue gambe quando lo vide alzarsi da tavola, rimanendo solo con quell’espressione intontiva sul volto.
«… frustrato è la parola giusta.»
«Deve sfogare lo stress; è fatto così.»

Nella sua completa castità, Tart riuscì comunque a intendere che genere di frustrazione affliggesse suo fratello; non ebbe difficoltà a capire perché Pai lo volesse fuori dai piedi.
Corse quasi con le lacrime agli occhi verso la propria stanza, serrandosi al suo interno ed iniziando a prepararsi per la notte.
L’infuso di Ghish doveva essere un potente tranquillante: sentiva già molto sonno…

La mattina seguente Pai sarebbe dovuto recarsi in missione: prepararsi, raccogliere la buona volontà, lasciarsi alle spalle la branda disfatta che avrebbe sistemato al proprio ritorno... Fece dunque per alzarsi, scansarsi dal caldo giaciglio inospitale che condivideva con il ragazzo dai capelli verdi, per poi vestirsi quanto più silenziosamente possibile.
«I fratelli minori non sono più remissivi come una volta… vero?»
Stupito, si accorse che anche l’altro era sveglio. «Nel tuo caso in particolare, non lo sei mai stato.»
Finì di sistemare la propria arma e allacciò i due lembi che sorreggevano i pantaloni dietro la propria schiena. «Piuttosto, Tart…»
Il fruscio delle lenzuola gli fece capire che Ghish si fosse sistemato comodamente per guardarlo; «Era strano ieri sera.» continuò.
«Lo hai notato, allora…»
«Certo che l’ho notato, sono suo fratello da più tempo di te!»
Si diresse verso la porta con lentezza, indeciso se ringraziarlo per avergli permesso di dare fondo al proprio impeto in maniera non propriamente morale. Se davvero aveva architettato quel piano malriuscito, aveva puntato sulla sua disattenzione; un colpo basso, ma lo aveva comunque fatto per lui.
«Tart sta dormendo. Non svegliarlo.»
«Mh? Come lo sai?»
«Valium.»
«Ti pareva…»
Entrambi avevano nozioni di medicina più che sufficienti per sapere che quel potente calmante faceva sonnolenza quanta emicrania.
«Vado a sedare i ribelli. Tu non uccidere mio fratello.»
«Aggiusta il sistema elettrico quando torni: sono stanco di sapere quando arrivi perché quella maledetta serratura non funziona…»
Oltrepassate le porte meccaniche, Pai s’irritò all’idea.
«Cerca di non farti chiudere dentro, piuttosto. E rifammi il letto, fratellino
«Ti odio.»
«Bugiardo.»
Ghish aveva ragione: i fratelli minori col trascorrere del tempo assumevano sempre più libertà; non sarebbe dovuto uscire di casa con tanta leggerezza, temendo lo stato in cui avrebbe potuto ritrovare Tart al suo ritorno. L’altro… era un caso perso ormai.
















¹ riferimento a ‘I viaggi di Gulliver’. È un modo per indicare le battaglie combattuti per fini futili.

Note:
Pai fa il suo lavoro per sapere a cosa va incontro assieme ai suoi fratelli; Tart cerca di comprendere il maggiore con l’aiuto di Ghish; Ghish pensa a entrambi, mettendo del sonnifero a Tart e aiutando Pai a sfogarsi.
Divertente come ognuno di loro avesse pensato all’altro senza davvero rendersene conto.
La storia è nata davanti a un telegiornale; spero non serva dire quanto mi piaccia l’Angst: detto da me che la maggior parte delle guerre (non tutte?) andrebbero evitate, eppure la nostra politica interna la vede in maniera diversa. In ogni caso, se lo dice qualcuno che scrive solo di sesso e di violenza praticamente, che la guerra è solo un’arte, credeteci. Tanto troveremo un’alternativa al petrolio.
Questa storia, più che parlare di amore fraterno, è una catena di eventi determinata da questo tipo di legame. E mi sono divertita molto a scriverla. PaiGhish non è solo angst e malinconia, in fondo (L)

Any Ikisy

  
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