Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: Fred Halliwell    24/10/2010    6 recensioni
[...] Alzai lo sguardo incontrando quello di Chirone, stranamente addolcito e comprensivo. – Nascondermi? E dove? Credevo che il campo mezzosangue fosse il posto più sicuro per quelli come me. –
- Si, è il più sicuro. – Rise, come se io mi stessi perdendo una battuta divertentissima. – Ma il fatto che sia il più sicuro non significa che sia l’unico più sicuro! -
Io lo guardai confuso, non capendo a cosa Chirone si stesse riferendo. Quando parlava in codice era insopportabile. Oddio, parlava sempre in modo strano, ma ogni tanto esagerava proprio! Peggio di una Sfinge! – Ma cosa…? –
- Spero che ti piaccia il tè Percy Jackson. – Continuò a ridere. – Stai per essere trasferito nella versione inglese del campo mezzosangue. - E mentre lui si allontanava ridacchiando io rimasi li impalato. “Versione inglese? Ma che diavolo...?" Pensai confuso più di prima. - Chirone sta decisamente invecchiando! - [...]
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ed ecco qua il primo capitolo. Una volta una mia lettrice mi ha detto che scrivevo capitoli troppo corti, beh, spero con questas storia di aver risolto il problema XD. Tutto quello che dovevate sapere l'ho già scritto nell'introduzione, quaindi per il momento non so che dire XD. Buone lettura e commentate numerosi hahaha.
Buona lettura...
 

Uno
La cugina della Dodds viene
a farmi una visita

 
 

Non ho scelto io di essere un mezzosangue. L’ho sempre detto e sempre l’ho ripeterò.
Essere eroi, essere come noi, non è bello sapete? Non è tutto onore e gloria…anzi! Essere mezzosangue è pericoloso, E’ terrificante! Nella maggior parte dei casi, si finisce ammazzati, sbranati, o comunque si muore in modi orribili e dolorosi.
Quando ho scoperto la mia vera natura…beh è una storia lunga questa, perché in realtà io non ho scoperto un bel niente! Non avevo la più pallida idea di cosa fossi o che ero destinato a grandi imprese prima di vedere la mia professoressa di matematica, la Dodds, trasformarsi in una Furia…ops…volevo dire Benevola…per tentare di uccidermi.

Si, avete letto bene e no, non sto scherzando. Se credete che tutto questo non sia davvero successo beh, vi invidio…in realtà è successo, ed è successo proprio e me!
Piacere, mi chiamo Percy Jackson, sono miracolosamente sopravvissuto fino all’età di sedici anni e sono figlio di Poseidone. Avete presente chi è Poseidone, vero? Alto, barbuto, col tridente…dio greco del mare…
Le creature della mitologia greca e gli dei dell’Olimpo, in realtà, non sono scomparsi, hanno solo cambiato domicilio, trasferendosi nella caotica New York, più vivi e litigiosi di prima e l’ultimo loro bisticcio ha rischiato di trascinare il mondo nel caos.
Qualcuno aveva rubato la Folgore di Zeus, simbolo del suo potere, e io, povero fesso che credeva di essere un semplice sfigato, dislessico ed iperattivo, ero stato accusato ingiustamente del furto.
Alla fine la mia innocenza fu dimostrata e io andai ad addestrarmi nel “Campo Mezzosangue”.
Ed ogni estate, per tre mesi, era un susseguirsi di allenamenti massacranti e sacrifici vari per diventare il migliore o più semplicemente per sopravvivere a tutti i mostri che tentavano di uccidermi per farsi uno spuntino…

Insomma, essere uno mezzosangue non è una passeggiata. Quindi se credete di essere uno dei nostri o vi riconoscete in queste pagine vi consiglio di smettere di leggere! Sul serio! Statevene buoni, buoni a casa vostra ignorando ciò che sapete. Perché quando voi ne avrete la certezza, lo sapranno anche loro e verranno a cercarvi!
Non dite che non vi avevo avvertito…
 

Dai racconti di coloro che stavano qui da più tempo di me, il Campo Mezzosangue non era mai stato un posto tranquillo o rilassante…soprattutto da quando ero arrivato io…
Dal mio punto di visto, però, quello era un posto speciale, un posto dove mi sentivo a casa e in pace con me stesso. Anche se era stancante era lì che volevo stare, perché quel posto, i suoi ritmi e le sue tradizioni, erano tutto ciò che mi legava al mio padre perduto e recentemente ritrovato.
 I miei pensieri furono interrotti da un pesce che mi arrivò ad un centimetro dal naso e scappò via spaventato emettendo una scia di bolle quando lo guardai incuriosito.
Sorrisi per quella manifestazione di paura. Infondo non potevo pretendere che tutti gli abitanti del lago si abituassero alla mia presenza, anche se erano passati anni dal mio arrivo e mi immergevo quasi ogni giorno.
Mi guardai attorno.
A parte il pesce di poco prima e pochi altri, però, la maggior parte delle creature del lago, Naiadi comprese, si erano ormai adattati alle mie frequenti immersioni. Seduto sul fondo di quello specchio d’acqua osservavo il mondo sottomarino che sentiva sempre più suo.
Ma non c’era da sorprendersi se il figlio del Dio del Mare, Poseidone, si trovasse a suo agio sul fondo del mare…o in quel caso del lago…giusto? Nel silenzio assoluto di quel luogo mi sentivo in pace…lì’unico posto nel quale riuscivo a pensare. Molto spesso mi chiedevo se fosse così anche per mio padre ma sapevo che nessuno, se non lui in persona, avrebbe potuto rispondermi.
Un nuovo pesce, di un brillante blu elettrico, mi passò vicinissimo al braccio sinistro. Chiusi un paio di volte le palpebre e allungai una mano nel tentativo, inutile, di sfiorarlo. L’animale per tutte risposta scappò via.
Risi, facendo un altro paio di passi in avanti.
Il fatto di non bagnarmi e di poter respirare in acqua era un vero spasso! Potevo stare là sotto per ore e fare tutto ciò che volevo se non avessi avuto degli impegni che mi aspettavano in superficie. Impegno chiamato: caccia alla bandiera!
 

Sbucai proprio sotto il pontile della casa n.3 , quella che “mio padre” (infondo ancora mi riusciva difficile ritenerlo tale) aveva costruito per me al Campo Mezzosangue e con una torsione delle braccia, esili ma ormai ben allenate, mi issai sul pontile e rientrai in casa.
- Percy! -. Non avevo fatto neanche un passo che la voce di Grover si sentì in lontananza - Chirone sta chiamando le squadre a raccolta! -.
Mi girai e vidi un ragazzo dalla pelle scura e l’aria vivace correre nella mia direzione. Aveva la mia età, anche se dimostrava una decina di anni in più, ma questo per uno come lui era normale e non era neanche la sua caratterista più sconvolgente. Insomma, voglio dire, chi non troverebbe sconvolgente un paio di zampe di capra al posto delle gambe?!
Grover Underwood era un satiro, il mio custode, ma prima di tutto era il mio migliore amico!
- Arrivo -. Presi Vortice, la “penna” speciale, e l’elmo con le decorazioni azzurre.
Raggiunsi Grover con un sorriso. - Ah, l’ho sempre detto che qui lo prendere troppo sul serio questo gioco -.
Lui per tutte risposta mi fece un linguaccia ma rise lo stesso. Anche lui la pensavas come me infondo.
Diedi un ultimo sguardo al lago, dello stesso azzurro dei miei occhi. “Quanto preferirei restare là sotto”: pensai sconsolato sbuffando sonoramente.
- Non fare quella faccia eroe -. Mi prese in giro Grover ricevendo in risposta un’occhiataccia da parte mia. - Non hai voglia di rivedere Annabeth? -. Continuò dandomi una sonora pacca sulle spalle.
Sentii una strana fitta in mezzo al petto. Annabeth: questo era uno dei problemi principali. Credevo di essersi preso una cotta per lei e anche lei pareva interessata…ma ogni volta che avevo tentato di trasformare la nostra amicizia in qualcosa di più profondo, lei aveva mandato tutto a monte.
Sbuffai e m’incamminai verso il campo d’addestramento senza rispondere.
Il campo d’addestramento non era altro che un grande spazio verdeggiante, circondato da alberi maestosi e capanne di legno, contenenti svariati tipi d’armi. Solitamente era semi vuoto, in quanto ci si allenava a gruppi, in base ai programmi delle varie case, ma sta volta era decisamente più affollato.
Tutti gli altri erano già arrivati e ognuno di loro indossava già l’elmo protettivo e distintivo: chi azzurro, come il mio, chi rosso….come quello di Annabeth…e fu tra una ventina di testa rosse che la vidi: carina come sempre, con i lunghi capelli castano chiaro, sparsi al vento, e i grandi occhi grigi che si guardavano intorno curiosi, vispi ed intelligenti. Mi avevano sempre colpito ed ipnotizzato i suoi occhi.
D’altronde era la figlia di Atena, non poteva essere qualcosa di meno di quello che era.
- Finalmente il grande eroe è arrivato -. Commentò acida Clarisse, figlia di Ares. Io e lei ci eravamo detestati fin dal primo momento. Ricordo ancora quando lei tentò di infilarmi con la testa nel water ed io, facendo esplodere i tubi, la inzuppai completamente scaraventandola fuori dal bagno.
- Conserva lo spirito combattivo per dopo guerriera! -. L’ammonì Chirone guardandomi con cipiglio severo. Chirone, il mitico centauro delle leggende, allenatore di eroi e grande guerriero, era uno dei pochi che aveva creduto fin da subito in me, consigliandomi e aiutandomi anche quando gli altri si arrendevano davanti al mio poco docile temperamento.
- Mi scusi per il ritardo -. Feci passandomi una mano tra i miei capelli castano scuro, già spettinati.
- Non chiedere scusa e mettiti in posizione - .Rispose sbattendo nervosamente uno zoccolo a terra e appoggiandosi al suo fedele bastone. Feci come gli era stato ordinato, schierandomi
tra le file della squadra azzurra, ma prima di mettermi l’elmo lanciai un sorridente sguardo ad Annabeth, lei però distolse lo sguardo, puntandolo altrove.
Una nuova fitta mi perforò il petto: “Perché si comporta in questo modo?...”
- Bene -. Tuonò la voce di Chirone - La caccia abbia inizio! -.

 

Stavo correndo nel bosco cercando di fare il minimo rumore. Dietro di me marciavano altri due della squadra azzurra. Mentre tutti quanti combattevano, ci erano allontanati di nascosto per cercare la bandiera della squadra rossa. Trovandola e portandola al di là del confine avremmo vinto. Facevamo una caccia alla bandiera circa due volte al mese.  Le ultime due sessioni, quelle di giugno, erano state vinte dalla squadra rossa: dovevamo vincere assolutamente noi!
Ci accucciammo dietro un cespuglio aspettando che passasse una truppa della squadra rossa. Oramai eravamo già entrati nel loro territorio, dovevamo fare molta attenzione.
- Max -. Dissi bisbigliando a uno dei due che mi accompagnavano. - Sei davvero sicuro che questa sia la direzione giusta? -.
- Si Percy! - Rispose quello con convinzione - Li ho visti portare la bandiera in quella direzione - e indicò un gruppo di abeti di fronte a noi - …Non si sono neanche accorti che li stavo seguendo - e sorrise  con soddisfazione.
Alzai gli occhi al cielo. Mi risultava molto difficile credere che Max fosse passato inosservato, soprattutto considerando che si stava parlando di uno dei figli del signor D. (alias Dioniso)…e beh…non era certo un dio che non dava nell’occhio…
- Ok, lo hanno visto di sicuro… -. Commentò pacatamente un altro ragazzo mentre si sistemava meglio gli occhiali sul naso.
- Sta zitto tu, Richard! Tu e il tuo pessimismo non siete d’aiuto! - rispose Max voltandosi indietro di scatto e facendo scompigliare i capelli biondo platino. Miracolo! Visto che mi metteva su talmente tanta gelatina che ormai si erano cementificati.
- Se è per questo non abbiamo neanche bisogno dei tuoi strilli per farci sentire dalla squadra rossa! – feci io a mia volta. Max stava davvero alzando un po’ troppo il tono di voce…  - Forza figlio di Efesto - continuai poi rivolto verso il ragazzo con gli occhiali - Dacci un assaggio della tua tecnologia -.
Richard sorrise e tirò fuori dalla tasca dei jeans un piccolo palmare argentato cominciando a picchiettarci sopra con un dito.
“Pure Touch Screen!” pensai sinceramente ammirato. In realtà avevo già saggiato la tecnologia di Efesto. Fu circa quattro anni fa. Io e Annabeth (si, sempre lei) rimanemmo bloccati in una sua trappola per umiliare Afrodite, sua moglie, ed Ares, amante della dea. Delle telecamere avrebbero mandato in diretta la loro figuraccia sull’Olimpo…ed invece ci finii io…
 - Paradossalmente Max potrebbe anche avere ragione - commentò Richard dopo qualche minuto continuando a far scorrere il dito sullo schermo - Stiamo andando verso il fiume, luogo dove hanno  nascosto la bandiera l’ultima volta - riposò il palmare - Statisticamente è il posto più sicuro: ci sono meno probabilità che qualcuno dei nostri vada di nuovo lì per cercare la bandiera… -.
- Che vi avevo detto?! – Fece Max esultante. – Ho visto anche Annabeth Chase insieme alla bandiera; è di sicuro una sua strategia! – E si avviò, seguito a poca distanza da Richard.
Io, invece, rimasi un po’ indietro…Fiume, bandiera, caccia, Annabeth…tutto come quando l’avevo incontrata la prima volta…
Feci un profondo respiro e raggiunsi i miei compagni.
 

Ci accovacciammo dietro un cespuglio. Potevo perfettamente vedere la bandiera avversaria sventolare mossa dal vento dal luogo dove mi trovavo. Era tutto fin troppo facile. Ero certo che da qualche parte sull’altra sponda, Annabeth attendesse, nascosta, di attaccare chiunque si fosse avvicinato troppo.
“Chissà se attaccherebbe anche me…”Scossi nervosamente la testa cercando di eliminare quella folle idea. Annabeth era una guerriera, una stratega e tra noi non c’era nulla, se non una salda amicizia, che potesse fermarla. “O almeno per il momentoc’è solo questo…”
I miei pensieri, però, furono interrotti da un bisbiglio leggermente fastidioso… - Percy, secondo te dov’è la tua ragazza? - ….nuova fitta, nuovo dolore…
Richard, capendo il problema, diede una gomitata nel fianco del biondo.
- Ahi! – Si lamentò quello. – Turner, mi hai fatto male! –
- Oh, sta zitto Barnes! –
- State zitti entrambi! – Li ripresi io. Quando cominciavano a chiamarsi per cognome era quasi impossibile fermarli, quindi meglio bloccarli sul nascere. – Altrimenti Annabeth, o chiunque altro sia, ci sentirà! –       Mi girai a guardarli. Max arrossì leggermente e si voltò piccato verso la bandiera. Io e Richard, invece, ci scambiammo uno sguardo eloquente. Come al solito aveva capito prima di tutti le cose come stavano ed era intervenuto per aiutarmi. Mormorai un “Grazie” appena udibile, al quale il figlio di Efesto sorrise.
            - Io dico di andare! – fece Max all’improvviso e si buttò nel fiume senza neanche attendere una risposta.
- Ma che lo dice a fare prima se poi fa comunque di testa sua?! – commentò Richard esasperato gettandosi all’inseguimento del biondo insieme a me.
 


Li avevo visti fin dall’inizio, lì, nascosti dietro il cespuglio. Facevano fin troppo chiasso per non essere notati, anche se non capivo di cosa parlassero. Erano in tre: Maxwell Barnes, Richard Turner e Percy.
Non avevo potuto non soffermarmi un attimo sul bel viso di quest’ultimo mentre scrutava la boscaglia alla mia ricerca. Ero certa che sapesse che centravo io. Mi conosceva fin troppo bene per non riconosce il mio zampino.
Già…mi conosceva bene…ma io? Io mi conoscevo? Beh di sicuro non conoscevo i miei sentimenti per il figlio di Poseidone.
Quando la nostra amicizia cominciò io gli dissi che i miei sentimenti per lui erano molto forti ma non sapevo ancora bene come definirli, che quando lo avrei saputo gli avrei fatto un fischio. Il fischio ancora non glielo avevo fatto…
Non ero stupida! Mi ero accorta perfettamente di piacere a Percy. Si vedeva dal modo in cui mi guardava e cercava la mia attenzione. Ma cercavo sempre di evitare di restare sola con lui per paura che mi confessi i suoi sentimenti…confessione alla quale non avrei saputo che rispondere.
Ero così prese dai miei pensieri che quasi non mi accorsi di Max che usciva, o meglio ruzzolava, fuori dal loro nascondiglio seguito dagli altri due. Percy si guardava attorno cauto. Sapevo che mi stava ancora cercando e non mi sarei fatta attendere oltre!
Saltai giù dal ramo su cui ero appollaiata senza farmi vedere e colpii Richard alla nuca con l’elsa della spada. Il suo corpo svenuto cadde al suolo con un tonfo, che attirò l’attenzione degli altri due. Max mi si scaraventò contro, ma con un movimento preciso e aggraziato del braccio anche il biondo fu a terra.
Ora mancava solo lui…

 

In quel momento era una mia avversaria, lo sapevo! Ma restava Annabeth, la mia migliore amica, la ragazza che mi aveva accompagnato in mille avventure! Si, si, lo so! Sono troppo sentimentale! Infondo questo è solo uno stupido gioco. Ma ce la fareste voi e colpire con una spada vera e tagliente un vostro amico, anche solo per gioco?
La vidi mettere K.O. Max come se niente fosse, scavalcare il corpo privo di sensi di Richard e prepararsi ad affrontare una nuova lotta, ma sta volta l’avversario ero io!
La mia mano andò automaticamente a Vortice, ancora sotto forma di penna nel mio taschino, pronto a difendermi.
Annabeth, però, intuì la mia mossa e scattò in avanti, con un Attacco dall’alto. Io scansai il colpo per poco, facendo un mezza capriola a sinistra e ritrovandomi semi inginocchiato a terra. Presi la penna e la stappai, liberando la lucente lama bronzea di Vortice.
La ragazza mi attaccò di nuovo, sta volta con un affondo, poi un altro e un’altro ancora. Riuscii a mettermi in piedi a fatica, tale era la forza degli attacchi, e le mie gambe tremavano sotto i suoi colpi. Sembrava una furia…e come avrete ben capito io di Furie ne sapevo qualcosa…
- Annabeth, ho capito che è un allenamento, ma puoi anche darti un calmata! – Niente da fare, continuava ad insistere con la sua tecnica massacrante. Mi stava portando allo sfinimento, costringendomi a difendermi ed indietreggiare senza aver mai un attimo di tregue per respirare o contrattaccare.
“Ho capito!”Nella mia testa sembrava essersi accesa una lampadina. “Vuole allontanarmi dalla bandiera. Ma perché?...Forse non vuole farmi vedere qualcosa.”
Con la coda del occhio lanciai uno sguardo alla bandiera giusto in tempo per vedere un altro membro della squadra rossa prendere la bandiera e scappare via. Dovevo aspettarmelo, Annabeth era troppo intelligente per farsi fregare così. Doveva aver previsto il nostro arrivo e aveva preso le sue contromisure, escogitando un piano che stava funzionando perfettamente. Io ero bloccato da lei e i miei amici erano svenuti.
Fu allora che la ragazza commise un errore fatale. Mi spinse troppo indietro, dimenticandosi della presenza del fiume alle mie spalle. Immersi un piede nella corrente e non appena sentii il contatto freddo dell’acqua sulla pelle, subito mi sentii rinvigorito: “Il fiume!” Pensai entusiasta.
Mi concentrai affondo. “Difendimi!” Ordinai all’acqua, e sta volta il nuovo affondo di Annabeth finì invischiato in un muro trasparente e gelido che bloccò la sua spada con tutte la mano.
Annabeth gridò adirata, impossibilitata a muoversi ed io presi a correre dietro il semidio scomparso con la bandiera.
 
Saltai un paio di rami e sassi ma del fuggitivo nessuna traccia. Diedi, frustrato, un calcio a dei rametti sparsi sul terreno. Me l’ero lasciato scappare. Non ci voleva proprio. L’avevo quasi presa quella maledetta bandiera, ci era mancato così poco!
Mi fermai ai piedi di una grande quercia, cercando di riprendere il fiato perduto. Potevo stare ore sottacqua per poi farmi spompare così da una corsa di cinque minuti, ero davvero patetico.
Automaticamente portai una mano alla fronte, spostando i capelli inumiditi dal sudore e chiusi gli occhi, lasciandomi scivolare lungo il tronco dell’albero. Cominciò a spirare un leggero venticello, che mi diede un po’ di sollievo e aiutandomi a riprendermi.
Mi stavo giust’appunto beando di quella situazione quando sentii uno strano fruscio. Un rumore inquietante, come il battito d’ali d’un pipistrello.
Aprii gli occhi giusto in tempo per vedere una strana creatura piumata piombare su di me…






Allora? Come vi è sembrato? Spero bello!
Alla prossima gente hahahah!

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: Fred Halliwell