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Autore: whateverhappened    24/10/2010    6 recensioni
«Quando sei nato tuo padre non è entrato in sala parto.» disse ad un tratto Molly. Bill la guardò sorpreso, da quel che ricordava suo padre era stato presente alla nascita di tutti i suoi fratelli.
«Davvero?» domandò, tormentandosi i capelli rossi con una mano. Li aveva tagliati da poco con grande soddisfazione della donna accanto a lui, che aveva commentato dicendogli che finalmente aveva raggiunto un po' di maturità.
«Eri il primo. Era terrorizzato all'idea di quello che sarebbe successo, così rimase fuori con i miei fratelli, proprio come te.»

Il primogenito di Bill e Fleur sta nascendo e lui... è semplicemente terrorizzato.
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Victorie Weasley | Coppie: Bill/Fleur
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'La Belle et la Bête'
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La vie en rose












Camminava avanti e indietro da circa un'ora, senza sosta. Il pavimento sotto i suoi piedi, che ancora non si era affossato, si era però lucidato talmente a fondo da riflettere l'immagine dell'uomo come uno specchio. I suoi familiari, seduti poco lontano, lo guardavano con un sorriso di comprensione in volto, nei loro occhi un'ansia appena più tenue di quella presente nelle iridi azzurre di lui. Le infermiere che gli passavano accanto gli davano pacche sulle spalle, magari accompagnate da qualche parola di incoraggiamento, per poi allontanarsi ridacchiando fra loro e dimenticandosi rapidamente di quell'uomo dal volto segnato. Quel giorno Bill Weasley ringraziò più e più volte quella decisione presa anni prima di non iniziare a fumare, altrimenti, ne era certo, a quell'ora avrebbe già fatto fuori almeno tre pacchetti di sigarette. Si fermò di colpo quando sentì un grido femminile provenire dalla porta davanti a cui camminava. Sbiancò, ma subito sua madre fu accanto a lui a stringergli una mano.

«Tranquillo, Bill. Va tutto bene.» gli disse rassicurante. Bill notò con sorpresa che il sorriso di Molly era lo stesso che aveva quando, da piccolo, cadeva e si sbucciava un ginocchio. Allora, come in quel momento, sua madre lo stringeva a sé e gli mormorava parole di incoraggiamento. Annuì appena, facendosi guidare da Molly verso una sedia lì accanto. La donna si sedette accanto a lui senza mai smettere di tenergli la mano. Ancora una volta Bill ebbe l'impressione che quel gesto non fosse nuovo, ricordava che si era sempre comportata in quel modo quando si accorgeva che lui era impaurito. Istintivamente sorrise. Trovava assurdo il fatto che si stesse comportando come un bambino proprio nel momento in cui veniva al mondo il suo, di bambino. Oltre il muro alle sue spalle, forse a due metri di distanza, Fleur stava partorendo il loro primogenito. Quando, quella mattina, sua moglie aveva sentito i primi sintomi dell'imminente nascita Bill era stato preso dal panico. Mentre la accompagnava al San Mungo e vedeva i medimaghi accorrere per accertarsi della situazione aveva sentito tutto il suo coraggio, la forza che aveva avuto in tutti i momenti più duri della sua vita, allontanarsi. Per la prima volta dopo la fine della guerra, aveva avuto paura. Sapeva che non vi erano grandi rischi, lo staff medico dell'ospedale magico era uno dei migliori al mondo, eppure alle parole “è il momento” gli erano tremate le gambe.

«Quando sei nato tuo padre non è entrato in sala parto.» disse ad un tratto Molly. Bill la guardò sorpreso, da quel che ricordava suo padre era stato presente alla nascita di tutti i suoi fratelli.

«Davvero?» domandò, tormentandosi i capelli rossi con una mano. Li aveva tagliati da poco con grande soddisfazione della donna accanto a lui, che aveva commentato dicendogli che finalmente aveva raggiunto un po' di maturità.

«Eri il primo. Era terrorizzato all'idea di quello che sarebbe successo, così rimase fuori con i miei fratelli, proprio come te.»

«Ma con il resto della truppa è entrato. Mi ricordo.» rispose Bill, usando di proposito quell'espressione che i genitori usavano per definire i loro figli. Molly sorrise, allungando una mano ad accarezzargli il volto, coperto da una leggera barba.

«Sì. Quando ti vide disse che si era perso i primi momenti della tua vita e si ripromise di non fare lo stesso con chi fosse venuto dopo.» Bill abbassò la testa, stringendola con le mani. Rimase in quella posizione per qualche istante, prima di rispondere.

«Pensi che stia sbagliando?» chiese a voce molto bassa, evidentemente con lo scopo di farsi udire solo dalla madre. Harry e Ginny, seduti dall'altra parte del corridoio, fecero finta di nulla.

«No, tesoro – disse dolcemente Molly, accarezzando la nuca del figlio – Non esiste giusto o sbagliato, è una cosa che ti senti. Tuo padre non ti ha voluto meno bene dei tuoi fratelli perché non ti ha visto nascere.» Bill annuì, consapevole della sincerità delle parole della madre. Tuttavia, nonostante la donna lo avesse in qualche modo rassicurato, era dal momento in cui Fleur era entrata in quella sala che si sentiva inquieto. Quella porta accanto a lui lo attraeva, lo chiamava. Sapeva che avrebbe dovuto essere dentro, a stringere la mano a sua moglie nel momento più importante della loro vita.

«Grazie, mamma.» rispose dopo qualche istante. Lei annuì semplicemente, sussultando quando lui, prendendola di sorpresa, le schioccò un bacio sulla guancia. Bill si alzò di scatto e, con un rapido colpo di bacchetta, trasfigurò i suoi abiti in un camice simile a quelli indossati dai medici. Molly osservò con un sorriso orgoglioso il figlio entrare in sala parto, convinta che il ragazzo volesse farlo già dal primo minuto in cui era stato lontano da sua moglie. Fleur non le era mai andata a genio, ma doveva ammettere che aveva reso Bill felice come aveva sempre sperato, e ora le stava regalando il suo primo nipotino. O nipotina, come sperava.


*



Erano già passati tre giorni dalla nascita del frugoletto che aveva fra le braccia. Quella mattina avevano dimesso Fleur dall'ospedale, circa cinque minuti prima la neo famiglia aveva fatto il suo ingresso a Villa Conchiglia.

«Bienvenue à la maison, mon amour.» aveva detto Fleur, in quel momento Bill aveva sentito un groppo alla gola. Non gli sembrava ancora vero di essere diventato padre, ma quando aveva sentito la moglie parlare in francese tutto aveva preso consistenza. Mesi prima gli aveva detto che aveva intenzione di parlare nella sua lingua al nascituro, così che potesse imparare quel linguaggio con la stessa scioltezza con cui avrebbe appreso l'inglese. Bill si era trovato più che d'accordo, in fondo metà della sua famiglia era di Parigi. Sorrise a quella piccola mano che continuava ad afferrargli il ciondolo che portava al collo.

«Bill! - a fatica sollevò lo sguardo per incrociare quello della moglie – Vado a preparore la stonsa.» gli disse, lui si limitò ad annuire. Nel corso della gravidanza lui e Fleur avevano riarredato la camera in cui aveva dormito Olivander dopo la fuga da Malfoy Manor, sistemandovi una culla e tutti gli altri mobili di cui avrebbe avuto bisogno un bambino. Non avevano voluto sapere il sesso del nascituro, così ogni cosa sistemata nella cameretta era di colore bianco, pronta a essere colorata di rosa o di azzurro. Quando era stata completata Bill aveva storto il naso, commentando che sembrava più la stanza di un ospedale che quella di un bambino, ma Fleur lo aveva subito convinto che fosse la scelta migliore. Sorrise, Fleur riusciva sempre a convincerlo a fare quello che voleva, incredibile quanto fosse simile ad una Veela pur senza usare i suoi poteri.

«La tua mamma sa bene che armi usare. Dicevano che era una femme fatale, sai? E scommetto che tu sarai uguale.» sorrise, cullando quella creaturina che aveva fra le braccia. Aveva due grandi occhi azzurri, identici ai suoi, aveva persino quella stessa striatura castana nell'occhio destro. Ma i suoi capelli... quando Molly e Arthur li avevano visti avevano a stento trattenuto un grido di sorpresa. La prima Weasley della sua generazione non aveva quello che era, a tutti gli effetti, il marchio di famiglia: i capelli rossi. Quei ciuffetti sulla testa della bambina erano tutta opera di Fleur, di un biondo talmente chiaro da poter essere definito argenteo. Probabilmente si sarebbero scuriti con la crescita, ma Bill era certo che non sarebbero mai potuti diventare rossi.

«Bill! - chiamò Fleur dal piano di sopra – Viens!»

Il ragazzo salì le scale con estrema calma, timoroso di mettere i piedi in fallo e cadere con la bambina in braccio. Era semplicemente terrorizzato, quando Fleur gli aveva chiesto di tenere la figlia aveva percepito quella stessa paura avuta mentre nasceva. Sorrise fra sé quando sentì la collana tirare, probabilmente la bimba vi si era appesa ancora.

«Siamo quasi arrivati, piccolina. - le disse mentre saliva gli ultimi gradini e vedeva la moglie davanti a una porta – Ecco, quella è la tua stanza.»

Non appena si fermò la piccola si guardò intorno, cercando di capire dove si trovasse e per quale motivo l'avessero portata lì. Stava per mettersi a piangere, spaesata, quando Fleur la prese dalle braccia di Bill.

«Ma petite.» le disse a bassa voce, baciando la testolina della figlia. La bambina le afferrò una ciocca di capelli con la stessa intensità con cui teneva il ciondolo di Bill, Fleur ridacchiò.

«Viens, mon amour.» disse ancora, muovendo quei pochi passi che la separavano dalla camera. Bill la seguì, sinceramente curioso di vedere come la moglie avesse modificato la stanza. In un primo momento rimase senza parole: dalle pareti alla culla, tutto lì dentro era rosa.

«Non avrai esagerato?» disse dopo un attimo di sconcerto. Si aspettava una reazione piccata di Fleur, come sempre quando la contraddiceva, ma la moglie si limitò a far cenno di no con la testa. Bill la osservò dare un leggero bacio alla loro bambina, prima di vederla sorridere.

«No. È la stonsa della nostra bambina, notre fille. Notre Victoire. Grossie a lei tutto è migliore, Bill. Pour elle je vois le vie en rose.»

Bill riuscì solamente a sorridere, colpito dalle parole della moglie. Erano vere, dalla prima all'ultima, e non sarebbe potuto essere più felice di così. Quella creaturina che Fleur teneva in braccio era la cosa più bella che potesse mai capitargli, che mai nemmeno era riuscito ad immaginare. Era la loro vittoria contro tutto quello che avevano passato in quegli anni, per un caso del destino nata lo stesso giorno in cui era terminato il periodo più difficile delle loro vite.
Era per lei che avrebbe combattuto da quel momento in avanti, per lei avrebbe cercato tutto ciò che avrebbe potuto renderla contenta, per lei sarebbe diventato perfetto.
Sorrise a Fleur, la loro vita aveva davvero raggiunto una bellissima tonalità di rosa.




















Questa sarebbe la terza shot della mia raccolta su Bill e Fleur. Avrebbe avuto più senso pubblicarla dopo la seconda, però quella è bloccata in un contest e quindi non posso pubblicarla. Ho pubblicato prima questa perché l'ho scritta per il "mese rosa", ossia ottobre, il mese dedicato alla lotta contro il cancro al seno. So bene che questa storia non farà nulla al riguardo, non è nemmeno bella, però ogni motivazione è buona per attirare l'attenzione su argomenti come questo. Non sto qui a fare tutti i discorsi del caso, penso li conosciate tutte :) E quindi, essendo ormai il 24 e non sapendo quando usciranno i risultati, ho scelto di pubblicarla prima dell'altra per questo motivo.

Il titolo si rifà ovviamente alla canzone di Edith Piaf, che mi sembrava appropriata per una "occasione" come questa.
Non ho molte cose da dire al riguardo, in effetti. Mi è spiaciuto tagliare i capelli di Bill, però è stata la prima cosa che mi è venuta in mente quando ho pensato alla sua reazione alla notizia della gravidanza. Ricresceranno! XD
Nel caso avessi fatto casini con il francese fatemelo notare senza problemi, provvederò a correggere!

Grazie per aver letto e, beh, cercate di vedere sempre la vita in rosa :)
   
 
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