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Autore: SunsetMoon    10/11/2005    4 recensioni
Natale. La neve scende dal cielo sottoforma di fiocchi di neve. La figura solitaria di una ragazza avanza nella neve. Una ragazza che riflette su un tema che oggi non trova accordo. La voglia di far capire che è meglio perdere un secondo della vita che la vita in un secondo. La speranza di ricominciare da capo...e la capacità di dire semplicemente...Buon Natale.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MERRY CHRISTMAS

MERRY CHRISTMAS

 

Il cellulare nella mia borsa continua a squillare, insistente. Ma io non lo ascolto. Non ho tempo, ora. Tempo. Cos'è il tempo? E' giusto che noi siamo solo e soltanto dominati dal tempo? Le lancette di un orologio hanno la capacità di renderci schiavi, di inchiodarci alla loro volontà. Come hanno inchiodato te. Perchè? Perchè succede? Ma forse sono solo una stupida a chiedermi queste cose. Le tragedie accadono, e basta. Punto. Ma tu, tu quanto sei stato stupido. Ti è stata strappata di mano la VITA. E per cosa, poi? A quale prezzo? A quale prezzo tu sei andato via? Non voglio farti la predica. Non voglio dirti che avresti dovuto mettere il casco, che avresti dovuto guidare con prudenza e senza fretta, e non come quando facevi gli slalom tra le auto in coda. Me lo ricordo, sai? Te, che sorridente sfidavi chi voleva toglierti la vita. Sul tuo Liberty grigio non avevi concorrenti, superavi tutti e tra una curva e l'altra avevi anche la capacità di ridere, guardarmi in faccia come a dire: "Mi vedi, Sere? Guarda come sono veloce". E tutte le volte che mi chiedevi di salire sul motorino con te, io non esitavo. Sapevo che, nonostante la tua indole da "pazzo scatenato" ci tenevi a me. Con te mi sentivo sicura, come se fossi stata protetta dalle braccia di un enorme peluche. Eri davanti al liceo, gli studenti ti guardavano ammirati. Le ragazze facevano a gara per stare con te. Loro ti chiamavano "Il Re della strada". Ma ora non lo sarai mai più. Ora sei solo...morto. Morto. MORTO. Com'è difficile pronunciare questa parola. Se ci penso, mi si forma un groppo in gola ed è come se non potessi più parlare. Lo ricordi, quando parlavamo? Non facevamo altro. Ci mettevamo sotto il portico di casa tua e parlavamo, parlavamo, parlavamo. Fin quando non arrivava tuo padre, ubriaco. Era sempre così. Arrivava con gli occhi rossi e lucidi e il viso arrossato, sbatteva la porta, si sedeva sul divano. E lì chiudeva gli occhi e veniva teneramente ospitato tra le braccia di Morfeo. Tu lo guardavi e, in un impeto di affetto, posavi la coperta patchwork sulle sue gambe. Per voi era difficile andare avanti, senza tua madre. E mi parlavi, e mi dicevi che non ce la facevi, che era difficile, complicato, che tuo padre era uno stupido ma non era cattivo, che un giorno di questi l'avrebbero arrestato per ubriachezza molesta, che tu non potevi portare avanti una famiglia da solo. Erano quelli i momenti in cui ti rivelavi per quello che eri: la persona più sensibile che io avessi mai conosciuto. Guardo i fiocchi di neve che scendono dal cielo. La strada sembra una trapunta splendente, di un bianco talmente puro da accecare gli occhi. Bianco...come la tua bara. Non eri un bambino, ma tuo padre ha voluto che fosse bianca. Durante la cerimonia aveva gli occhi più rossi che mai. Piangeva. Credo che anche in quell'occasione avesse bevuto. E Mary, la piccola Mary, guardava la bara con gli occhi spalancati. Fino ad ora non aveva conosciuto la morte. Come ci si sente a perdere il proprio fratello maggiore a quattro anni? Qualcuno ha detto che l'infanzia finisce quando capisci che un giorno dovrai morire. Forse è vero. Forse ora lei è diventata più grande, più matura. Mentre faccio queste considerazioni nella mia mente sbuffo. Macchè. Credo che siano più maturi i bambini di quanto non lo siamo noi e tutti coloro che ci vogliono conformare alle loro stupide regole. Ti ricordi come le chiamavi? "Stupide regole", erano per te. Stupido era impedire alle persone di esprimere le proprie opinioni, stupido era condannare un innocente, stupido era farsi del male e fare del male agli altri. Ma per te era stupido anche indossare il casco, guidare piano, avere prudenza. E ora guarda come sei finito. Se tu fossi qui, sono sicura che rideresti dicendomi che sapevi a cosa andavi incontro, e che lo facevi proprio per questo. Il brivido dell'avventura."Eddai, Sere, che gusto c'è a divertirsi senza rischiare almeno un pò?". No, è vero. Ma allora che gusto c'è a passare un secondo di divertimento per poi finire sepolti nella terra per sempre? Sono arrabbiata. Sono molto arrabbiata. Con te. Tu eri uno stupido. Un menefreghista, uno che giocava con la propria vita, ecco cos'eri. Sento la collera montare in me, un'ira inspiegabile che però si placa appena sento le note di un pianoforte provenire da una delle case della via. Le note si susseguono dolcemente a poco a poco, arrivano trasportate dal vento, sussurrano tra le fronde degli alberi, poi continuano il loro viaggio laddove il suono ha la capacità di arrivare. Alzo lo sguardo. È Silent Night. Ricordi? Ho sempre adorato questa canzone. Come ho adorato il Natale. Ma oggi no. Non quest'anno. Vedi? Ora per colpa tua odierò per sempre il Natale, perchè sarà il giorno in cui mi sono resa conto di aver perso per sempre il mio migliore amico. Te.

Silent Night...

Nella strada c'è silenzio. I fiocchi scendono lievi. La musica continua, m'invade. So che è Natale. So che dovrei essere a casa a festeggiare. Ma non ci saranno festeggiamenti per me, stanotte. Nessun Babbo Natale. Nessuna letterina. Nessuna speranza.

...Holy Night...

L'aria è gelida, il vento mi scompiglia i capelli. Rabbrividendo, mi stringo nel mio cappotto. Poi a lato della strada noto qualcosa che prima mi era sfuggito. Due persone. No. Un anziano e una bambina. La sua nipotina, probabilmente. Il nonno è seduto sulla panchina e sorride, mentre la piccola corre alzando una coltre di neve soffice e fredda. Ride. E io? Da quant'è che non rido, io? Improvvisamente il nonno si alza. Prende per mano la piccola e vengono verso di me. Le note della canzone continuano. "Buon Natale, signorina". Mi volto. La piccola e il suo nonno mi sorridono. "Si, si, Buon Natale!!". La voce allegra della bambina sembra spegnere perfino il sole. Io li guardo. "Buon-buon Natale" riesco a sussurrare. Una lacrima calda mi scivola sulla guancia. Hai visto? Sei riuscito a farmi piangere anche a Natale. Dopodichè la piccola e il signore si allontanano. La risata della bambina mi segue finchè non scompaiono tra i fiocchi di neve. Tiro sul col naso, e mi avvicino alla finestra della casa da cui proviene quella musica melodiosa. Nella luce dorata all'interno riesco a distinguere la sagoma di un uomo che suona il pianoforte. È solo. Lo guardo piangendo finchè anche le ultime note della canzone si esauriscono, lasciando nell'aria l'eco di un dolce ricordo. Mi allontano dalle tende. È Natale. E tu non ci sei più. Ma forse è giusto così. Forse doveva succedere. Forse è giusto che tu quella sera avessi scelto proprio quella strada per venire da me. Così trafficata, così male illuminata. Forse ti saresti potuto salvare se non avessi guidato come un pazzo scatenato nella notte. Forse. Alzo gli occhi. Il cielo è blu, le stelle sono più luminose che mai. Le case sono abbellite dalle luci natalizie. Sento voci allegre che cantano, gente che ride. Sento il profumo del tacchino e delle torte natalizie, l'atmosfera è densa di attesa. Cosa attendono? Forse un segno, un qualcosa che possa dare loro un motivo per festeggiare. Per capire che è giusto. La strada è isolata, a parte me. Il mio respiro si condensa in sbuffi gelidi che salgono verso l'alto. Sento solo il rumore dei miei passi sulla neve. Mi asciugo le lacrime con il dorso della mano. E vado via. Verso casa. Perchè è ora di ricominciare anche per me. E per te. Buon Natale.

                                                                                                

 

 

  
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