Libri > Hyperversum
Segui la storia  |       
Autore: Dean Lucas    25/10/2010    3 recensioni
Ian riabbraccia Isabeau ma scopre il prezzo del perdono di Ponthieu: i ragazzi si vedono costretti a ritornare con Isabeau nel presente in cerca dell'unico manufatto che può convincere Guillaume. Nel passato, una donna mette alla luce una bambina, senza sapere che avrebbe scritto alcune delle pagine più importanti della storia di Francia. Il suo destino si intreccerà con quello di Ian, Daniel, Isabeau e Ty, tra guerre e assedi, sconfitte e vittorie e soprattutto un nuovo amore più forte di ogni cosa. E quando tutto sembrerà ormai perduto, e la vita della misteriosa ragazza e il segreto stesso di Hyperversum saranno in grave pericolo, una donna dovrà prendere la decisione forse più importante nella storia dell'umanità. Chi c'è dietro Hyperversum? I ragazzi forse l'hanno sempre saputo, ma quando arrriverà finalmente il momento di conoscere la risposta, questa li sorprenderà più ancora delle loro incredibili avventure.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

“Non prendermi in giro, figliola. Se la vita di mio figlio è in pericolo non perdiamo tempo a raccontarci favole”.

Ciò che il Generale e il Maggiore udirono dalla voce di Jodie li lasciò basiti oltre ogni immaginazione e più la ragazza si sforzava di descrivere di cos’era capace quella tecnologia, più lo scenario descritto si presentava improbabile e impossibile. Ma allo stesso tempo, la dovizia di particolari che Jodie aggiungeva subito dopo, senza mai contraddirsi o esitare, rendeva quel quadro meno paradossale di quanto Mónika avesse voluto credere in un primo momento.

Lentamente, senza nemmeno accorgersene, Mónika fu trasportata dalle parole di Jodie in un’epoca lontana, rappresentata con una quantità tale di particolari che la restituivano alla vita. Reale, percepibile, quasi palpabile. Ogni sua domanda trovava con prontezza una risposta. Ogni dubbio, una spiegazione. Quelle erano le dannate parole di una ragazzina che ha vissuto davvero nel medioevo, fu il pensiero che si faceva assurdamente strada nella mente del Maggiore.

“Andiamo, gli unici viaggi possibili nel Medioevo sono quelli di Mark Twain, in Un americano alla corte di re Artù!” sorrise bonariamente John.

“Lei l’ha letto, Mónika?” aggiunse ancora.

“Per la verità sì” replicò, “e l’ho trovato discreto.”

La donna continuò a fissare il Generale, intenta.

“Ebbene, Maggiore?”

“Quando fui ammessa all’agenzia, mi assegnarono al team di analisti che vigilava sui gruppi di discussione universitari più brillanti di Boston: Harvard University e MIT. Tra le teorie più interessanti trovai una pubblicazione del professore Seth Lloyd, del dipartimento di fisica quantistica del Massachusetts Institute of Technology. Un gruppo internazionale di studiosi asseriva, con una sofisticata ma rigorosa spiegazione scientifica, che i viaggi a ritroso nel tempo non sono tecnicamente impossibili”.

John le rivolse un’occhiata carica di scetticismo. “Il delirio di qualche folle visionario, suppongo.”

“All’epoca l’agenzia si interessò a quei test, Signore. Ricordo che si teorizzava che l’effetto combinato del meccanismo di postselezione del Quantum computing, di cui Lloyd era l‘ideatore, e del teletrasporto, avrebbe permesso di invertire la freccia temporale di una particella elementare e riportarla alla sua condizione originaria nel passato”.

“Teoria davvero interessante…”, bofonchiò con evidente sarcasmo il generale. “Ha appena detto teletrasporto, Maggiore? Immagino che persino gli autori di Star Trek, annoverino nei loro curricula interessanti pubblicazioni al MIT di Boston”, concluse divertito.

Mónika gli mostrò a sua volta un sorrisetto compiaciuto:

“Signore, l’equipe scientifica di  Seth Lloyd è già riuscita a teletrasportare qualche fotone in laboratorio. Gli scienziati conclusero che era solo questione di tempo e di progresso tecnologico prima che l’uomo riuscisse a trasportare più di una semplice particella elementare e magari, un giorno, ne invertisse la freccia temporale”.

“Maggiore, lei vorrebbe suggerirmi che mio figlio, ricorrendo a queste farneticanti teorie, è riuscito a costruire...”, John abbatté un pesante pugno sul tavolo, “la macchina del tempo?”

“Forse no, Signore. Ma non possiamo escludere che qualche scienziato dell’equipe di Lloyd possa aver proseguito le ricerche al di fuori dell’università. E con l’aiuto di qualche governo compiacente o di qualche fondazione con fondi illimitati… potrebbe aver raggiunto qualche risultato. Sono del parere che questo deve interessare la U.S.I.C., Signor Generale”, aggiunse infine con freddezza.

John si concesse una smorfia che manifestò tutta la sua incredulità.   

 “Ciò che ho raccontato è comunque la verità!” s’intromise Jodie, anche lei affascinata dalle teorie enunciate da Szigi, “che abbia senso o no, che vi piaccia o no, è quello che è successo. Prima lo accettate, prima salviamo Daniel”, affermò alla fine, a muso duro.

John, nient’affatto persuaso nemmeno dalla storia di Jodie, con un gesto spazientito, rivolse una nuova occhiata al suo ufficiale.

Restò a bocca aperta quando Mónika annunciò:

“Non so se Seth Lloyd, o chi per lui, abbia proseguito segretamente le ricerche e se queste abbiano avuto successo, ma il profilo emotivo della ragazza conferma che lei è convinta di dire la verità, Signore. E per quanto possa apparire paradossale, comincio a credere anch’io che il suo racconto corrisponde in qualche modo a quanto è successo ai ragazzi.”

John adesso era muto e incredulo.

“E se non recuperiamo il prima possibile il materiale in mano ai francesi”, incalzò Jodie, “Daniel resterà per sempre bloccato lì!” Questa volta anche John comprese che l’apprensione della ragazza era reale.

Gli occhi castani della moglie del figlio, luccicavano più che mai lucidi. John vi vide riflessa una angoscia autentica. Jodie temeva che in ogni minuto che perdevano in inutili parole poteva succedere qualcosa di irreparabile dov’era adesso Daniel.

“John, ti prego, so che ti è quasi impossibile credermi, ma perché mai dovrei inventarmi proprio adesso una storia tanto assurda? Mi conosci, mio Dio! Credi che sarei capace di perdere tempo, sapendo che mio marito è in pericolo?

L’uomo non sapeva cosa pensare.

“Continua con la tua storia”, intervenne impassibile Mónika, “sono sicura di avere ancora altre domande”.

“No, dannazione! Abbiamo già perso abbastanza tempo in chiacchiere! Mi potete aiutare oppure no? Dobbiamo recuperare i portatili e i dvd… ogni secondo che trascorriamo qui a parlare, potrebbe essere lungo un giorno per Daniel… vi prego, facciamo in fretta!”

“Signor Generale, se contatto Cynthia, sono sicura che entro due giorni avremo anche i computer, non possono più trattenerli ora che la ragazza gode dell’immunità diplomatica. Faranno storie, i loro capi si lamenteranno coi nostri, ma alla fine se lei insiste col segretario alla Difesa, dovranno cedere.”

“I nostri amici francesi”, sibilò pensieroso John, “saranno molto curiosi di sapere cosa combinasse di tanto segreto, insieme a due persone che ora risultano svanite nel nulla, una ragazza che abbiamo fatto passare per uno dei nostri, dentro un castello medievale. Con un manoscritto miniato del XIII secolo, d’incalcolabile valore storico, scomparso insieme a loro…”

“Con l’intelligence francese posso vedermela io, Generale, loro non sono un problema”, assicurò. Fece una pausa in modo che il suo superiore assimilasse le sue parole e poi aggiunse:  “se la ragazza dice la verità, Signore, non ci resta che fare ciò che ha chiesto.”

Mónika era certa che Jodie nascondesse qualcosa, sapeva dunque di pronunciare una piccola bugia ma non se ne curò: “mettiamola alla prova, al momento non abbiamo altre piste da seguire per trovare suo figlio.”

Siamo già diventate amiche, Segugio dagli Occhi Grigi? A Jodie quell’alleanza così imprevista non convinceva, ma approfittò del momento di esitazione del Generale:

“Lo so… lo so che ti sembra tutto così impossibile”, convenne Jodie, rivolgendosi al padre di suo marito, “ma ti giuro che quando recupereremo i computer, vedrai coi tuoi stessi occhi se sto mentendo o no. Quando vedrai, capirai... adesso non perdiamo tempo, ti scongiuro, John…”   

“Quando avremo i portatili e dopo che avremo recuperato mio figlio, lo sai che ogni millimetro di silicio di quei laptop sarà sezionato dagli esperti del governo? Se avete rubato o centrate qualcosa con questa storia di Seth Lloyd, sarete ancora più nei guai che per un semplice furto di un manoscritto medievale, lo sai questo, vero?”

“A me interessa solo salvare mio marito e Ian, non abbiamo nulla da nascondere”, mentì Jodie, sicura che il segreto di Hyperversum sarebbe rimasto comunque al sicuro.

Mónika socchiuse ancora le palpebre, leggendo negli occhi di Jodie la bugia che aveva appena pronunciato.

Quella sciocca s’illudeva di poter giocare con lei.

Ma cosa diavolo stava succedendo? si domandò. Cristo! Qualcuno era davvero riuscito a trasformare in realtà le teorie di Lloyd? Com’era possibile? Ma se anche solo metà di ciò che la ragazza raccontava era vero, si trattava della scoperta più sconvolgente della storia. La rivelazione più sensazionale di sempre.

Il passo più importante mai compiuto dall’uomo. E lei era lì e poteva avere una parte in tutto questo.

 Desiderava quella tecnologia come non aveva mai voluto nient’altro in vita sua. Ok starò al tuo gioco, baby. Ma attenta, tu non sai con chi stai giocando…  

 “Ok, ok, maledizione! Due contro uno… Faremo come dici tu”, si arrese infine John, “spero solo che tu non abbia perso la testa, figliola.” Poi si rivolse alla donna: “Maggiore, chiami Cynthia Doell, voglio quei dannati portatili già domani. E allerti anche i nostri ragazzi al MIT, che scavino a fondo su questa faccenda. Se la vita di mio figlio è in pericolo non voglio lasciare nulla di intentato.”

 

 

***

 

 

“La ringrazio moltissimo per l’informazione, Direttore Renard… assolutamente, è come dice lei, una perdita incolmabile… grazie ancora, buona serata.”

L’uomo chiuse la comunicazione e scagliò il cellulare contro i cuscini del divano.

L’irritazione era insostenibile e gli faceva digrignare i denti dalla rabbia. “Maledizione! Ian Maayrkas, non puoi vincere sempre tu!”, urlò da solo nella stanza d’albergo vuota, “Non puoi! Ti giuro che stavolta te la farò pagare!”

Corse alla cassettiera del mobile e trascinò fuori tutti i vestiti, ammucchiandoli sul letto.

Odiava Ian Maayrkas, che l’aveva derubato della fama e dei riconoscimenti accademici che spettavano soltanto a lui. E detestava tutti i dannati americani, una stirpe senza passato, senza storia, addestrata a prendersi tutto ciò che volevano, con arroganza e in spregio alle leggi.

Afferrò brutalmente la valigia e nel momento in cui l’appoggiò sulla moquette, intravide la sua immagine riflessa sullo specchio a figura intera, che occupava la parete di fronte.

Non fu capace di distogliere lo sguardo dalla sua figura, compiacendosi dell’ineccepibile eleganza del suo abbigliamento. Il gessato cobalto, cucito su misura, metteva in risalto il suo fisico asciutto e atletico. Le semi-brogue inglesi, in vitello bianco spazzolato, erano perfettamente in tinta con la camicia di sartoria e con la cintura dello stesso pellame e colore. All’occhiello, un fazzoletto di candida seta era stato disposto con pignoleria.

Bertrand LeClerq si compiaceva dell’armonia di ogni dettaglio nella sua immagine e in ogni altro particolare che circondava il suo mondo. Per questo detestava furiosamente ogni elemento fuori posto.

Il manoscritto miniato rubato.

Con la mano si aggiustò la ciocca di capelli, che nel moto di rabbia, era quasi fuoriuscita dall’elastico della coda di cavallo. Bastarono quei gesti per riprendere il pieno controllo di sé e pianificare con calma la prossima mossa.

L’americana sarebbe tornata al castello e il castello è il mio regno.

Si tastò le tasche e ne trasse l’oggetto di metallo che cercava: il portachiavi d’argento con l’effigie del falco, che gli dava accesso a ogni porta di Chatel-Argent.

Dopotutto, Cluny avrebbe potuto aspettare il suo Curatore ancora qualche giorno. Adesso aveva una missione da compiere. Cosa aveva detto Renard? L’americana era accompagnata da due ufficiali, un pezzo grosso in là con gli anni e una bionda, un vero bocconcino.

Recuperò il cellulare e individuò velocemente nella rubrica un nome che credeva che non avrebbe mai più cercato.

Erano anni che non contattava il fratellastro, da quando la posizione che aveva conquistato in seno alla società, l’aveva indotto a rimuovere ogni ricordo del suo umile e controverso passato.

Si era servito del fratellastro per convincere qualche avido collezionista, che non sentiva ragioni, a privarsi di certi oggetti che lui desiderava possedere ad ogni costo.

Ma questa volta, non avrebbe chiesto direttamente i suoi servigi, troppo rischioso coinvolgere una seconda persona per il piano che aveva in mente. Sarebbe stato sufficiente che gli procurasse un’arma.

Non poteva presentarsi all’appuntamento con gli americani, disarmato. Certo che no, questa volta avrebbe fatto a modo suo. Il cancro della corruzione americana aveva infiltrato le sue metastasi fin dentro le istituzioni francesi. Non poteva più fare affidamento su chi aveva liberato quella criminale.

 La ucciderò, se non mi rivelerà dove hanno nascosto il codice. Dopotutto, il vecchio e la biondina non potevano essere una grossa complicazione.

E poi, avrebbe pazientemente atteso che il professor Maayrkas facesse ritorno.

 



 

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hyperversum / Vai alla pagina dell'autore: Dean Lucas