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Autore: Harriet    11/11/2005    3 recensioni
Momenti, ricordi, sensazioni e scelte...I passi per scrivere la propria storia. Raccolta di oneshot e songfics per raccontare le tappe della storia di Cain e di coloro che l'hanno resa degna di essere vissuta.
COMPLETA, finalmente!XD
Genere: Generale, Malinconico, Song-fic, Poesia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IV – Ghost Stories

- E così il giovane signore che la cameriera credeva di avere ucciso era lì, di fronte a lei…E la guardava, sorridendo, come se non fosse mai accaduto niente, mentre la donna lo fissava, colma di terrore…-
Ci risiamo.
Guardò il gruppetto di giovani dame, ragazzi e anche qualche signora non più esattamente giovane, che si era raggruppato attorno al ragazzo, e sospirò. Tutti erano protesi verso di lui, in attesa delle sue parole, avvinti dal fascino del suo racconto e della sua persona.
E lui naturalmente dava spettacolo, era nella sua natura. Stava raccontando una raccapricciante storia di fantasmi. Gli riusciva piuttosto bene…e la cosa sembrava essere gradita al suo pubblico. Cosa c’è di meglio che farsi catturare da un’oscura novella, e lasciarsi terrorizzare da vicende di sangue e rovina, quando si è seduti in un lussuoso salotto nobiliare, circondati da luci e bei volti splendenti?
Peccato che spesso nella stanza accanto a questi salotti, si consumino drammi degni delle più spaventose storie di paura. E peccato che quelle che lui racconta non siano solo storie.
- “Hai sepolto le mie ossa sotto il ginepro, e il ginepro mi ha fatto tornare in vita!”, disse il ragazzo, e lei…-
Una delle ragazze rabbrividì, e il narratore le sorrise, prendendole la mano, come per cacciare la sua paura…quasi non fosse stato lui a procurarla. Per la gioia della ragazza, che arrossì, abbassando gli occhi.
Ormai quelle manovre non avevano segreti, per l’osservatore, per quanto avessero sempre effetto sul pubblico femminile che circondava l’affascinante narratore.
Il ragazzo riprese a raccontare, modulando la voce per adattarla alle parole. L’osservatore scosse la testa, rabbrividendo al finale della storia.
- Si dice che la donna sia morta di paura…-
Basta. Per favore.
Oh, le aveva già vissute una volta, perché adesso doveva riviverle, trasfigurate da quella voce apparentemente divertita e rilassata?
No, non morì di paura, e lo sappiamo bene. Ma preferisco questo finale, a quello vero.
La memoria gli andò a quei momenti…Beh, a dire il vero quella era stata una delle poche volte in cui non avevano rischiato la loro vita. Ma non era un ricordo piacevole comunque. E poi non gli piaceva sentire quelle storie, e basta.
Finalmente il racconto era terminato, ed il gruppetto lentamente si sciolse. Qualcuno ancora si attardava accanto al narratore, per fargli un’altra domanda o complimentarsi per la sua fantasia. Gentilmente lui li congedò uno dopo l’altro, e raggiunse la persona che lo aveva osservato da lontano, e che lo aspettava in un angolo del salone, da solo.
- Credo sia l’ora di andare.- disse, con un sorriso.
- Come vuole.-
Quando in realtà avrebbe voluto dire “sì, andiamocene, è notte fonda, e io non ne posso più di stare qui a sentire i momenti della mia vita trasformati in novelle da intrattenimento di nobili annoiati…”
Ma non lo avrebbe mai fatto.
Gli mise sulle spalle il mantello, e lo seguì nella notte.
Cosa che, in fondo, faceva sempre.

La casa enorme e apparentemente vuota li accolse. Tutti dormivano a quell’ora. Tutti tranne loro, e forse i fantasmi. Quelli di coloro che avevano trovato la morte durante il cammino della loro vita, forse proprio perché la loro strada aveva avuto la sventura di incrociare la via del conte Hargreaves e della sua famiglia.
- No, per favore…- gemette, portando una mano alla testa.
A volte i ricordi sembravano acquistare consistenza, ed era orribile…
Dannate storie di fantasmi!
- Riff, che hai?-
La nota allarmata nella voce dell’altro lo richiamò alla realtà.
- Stia tranquillo, sto bene.-
- Sembravi sofferente.-
I grandi occhi verdi erano pieni di ansia genuina. Passato un primo istante in cui si sentì lusingato per questa, Riff si premurò di farla sparire.
- Sono solo un po’ stanco. Non deve preoccuparsi.-
- Io mi preoccupo, se stai male!-
- Si fidi di me.-
Ecco che lentamente l’ansia spariva. Ma in fondo, l’aveva ingannato.
Dimenticò quell’atto, dimenticò se stesso, e lo aiutò a prepararsi per la notte, prima di sparire nella sua stanza.

Lo stesso scenario: luci, sorrisi, una sagoma nera e fascinosa attorniata da ammiratori adoranti, in attesa di ascoltare ancora una storia tenebrosa, partorita dalla fervida mente del giovane conte.
Storia che, come sempre, sarebbe stata drammaticamente vera.
- La bambina viveva da sola nella grande casa, insieme alla sua serva…-
Voltò la testa, stizzito. Basta, aveva raggiunto un limite! Tornò a lanciare un’occhiata al suo padrone, attorniato dai soliti ammiratori, poi distolse lo sguardo di nuovo.
- …e tutti coloro che ella avrebbe desiderato tenere con sé per sempre, li trasformava in terribili bambole vive, perché non potessero lasciarla mai…-
Perché mi disturba così, il fatto che racconti con tanta leggerezza le vicende che ha vissuto veramente, degradandole a racconti di intrattenimento?
Perché?

Riff sollevò il viso, e incontrò per un istante lo sguardo vivace del conte.
Io… devo dirglielo.

Non disse nulla, mentre gli apriva lo sportello della carrozza, e tenne la bocca chiusa mentre lo faceva entrare in casa. Non parlò nemmeno mentre riponeva il mantello del conte e il proprio, poi mentre lo conduceva in camera, e lo aiutava a svestirsi.
All’improvviso però si fermò, stringendo convulsamente tra le mani la giacca che aveva appena tolto al ragazzo, con gli occhi bassi e il viso contratto in un’espressione addolorata. Subito gli occhi del conte si riempirono di quell’ansia completa e quasi disperata.
- Che hai, Riff?-
- Perché lo fa? Perché ha bisogno di raccontare le sue vicende alla gente, come fossero fiabe? Perché non rispetta la pace di quei morti? E perché vuole che la sua vita diventi una storia? Lei è… è vivo, e…-
Tacque, arrossendo violentemente, come pentendosi di quelle parole.
Cain rimase in silenzio a lungo. Poi, freddo e distante, cercò di ridere.
- Ti senti meglio, dopo questa predica?-
- Sì.- mormorò Riff. Alzò gli occhi. – Perché almeno sono stato sincero.-
Cain ricambiò lo sguardo con un’occhiata sprezzante.
- Bene. Grazie di avermi fatto sapere cosa pensi.- rispose il conte, voltandogli le spalle.
- Si è almeno reso conto di ciò che intendevo dirle?- gemette il maggiordomo. Il ragazzo strinse i pugni, e non si voltò.
- Qualunque cosa volessi dirmi, non m’importa!-
Si girò verso il maggiordomo, gli rivolse lo sguardo più furioso di cui era capace.
Se potesse vedersi ora, cosa direbbe?
E all’improvviso quell’espressione crudele abbandonò il suo volto, e il ragazzo abbassò gli occhi.
- Perdonami, Riff, non volevo. Non so perché ho detto quelle cose, io…-
- Va bene.- lo interruppe Riff, sentendosi improvvisamente in colpa, senza motivo.
- No, non va bene! Mi dispiace!-
Sembrava sconvolto lui stesso della capacità delle sue parole di ferire.
- E’ normale esagerare, qualche volta.-
- No! Non dovrei farlo, con te!-
- Signor Cain, adesso non…-
- Lo sai perché lo faccio? Lo sai perché racconto quelle cose? E’ perché vorrei che fosse veramente una storia di fantasmi, e nient’altro!-
Finalmente ebbero il coraggio di guardarsi negli occhi di nuovo, gli occhi chiari e sinceramente preoccupati di Riff in quelli agitati e confusi di Cain.
- Mi credi? Mi capisci?-
- Sì.-
Anche se…
Riff sorrise, decise che era troppo tardi per continuare a confonderlo e metterlo in crisi.
- Mi scusi ancora se le mie parole sono state eccessive.- disse soltanto. Cain si sforzò di sorridere anche lui. Riff riprese a svestirlo, chiedendosi se avesse fatto più danno o beneficio, con quelle parole.
- Tutte le cose spaventose che viviamo…Non è facile conviverci.- disse Cain all’improvviso. Fissava il se stesso nel grande specchio davanti a lui. – Credi che lo desideri davvero, di portare alla morte così tanta gente? Innocenti o colpevoli… A volte sento le loro voci, non mi fanno dormire. Non mi abbandonano mai. Qualunque cosa io abbia fatto, per qualsiasi motivo, ho sempre provocato solo morte e dolore, anche quando desideravo sinceramente tutto il contrario!- Si interruppe, la sua voce vibrava di tristezza.
- No, signor Cain, lei…- mormorò Riff, spiazzato dallo sfogo dell’altro.
- La verità è che sono un demone! Alla fine, la mia vita è davvero una storia di fantasmi. Perché io sono uno spettro. Un demone. Nient’altro.-
Lo specchio rimandava la sua figura esile ed elegante, il suo viso sconsolato. E poi le cicatrici, il suo segreto, e Riff si accorse che gli occhi di Cain erano tornati lì.
Non disse nulla, si limitò a fare un passo.
Un passo tra Cain e lo specchio.
- Non è un demone, signor Cain.- La sua solita voce bonaria e dolce, ma anche ferma, e rassicurante. Adesso Cain non vedeva più se stesso, di fronte a sé, ma Riff. – E poi, signor Cain… In realtà c’è anche un altro motivo per cui non mi piace sentirla raccontare quelle storie. Io so che abbiamo vissuto molte vicende difficili, oscure. Però sono le nostre vicende. La nostra vita. Ci sono state anche cose buone, non crede? Cose che io voglio ricordare. E… spero anche lei.-
- Riff…- Incredulo, spalancò gli occhi in modo ingenuo. – Io mi ricorderò delle cose buone.- promise, con l’impeto di un bambino.
Riff sorrise.
- Stare in questa casa è una gioia per me, e nonostante tutto ciò che attraversiamo, io sono felice.- confessò il maggiordomo. – La prego, non pensi solo ai morti. Io lo so che lei non desidera questa maledizione. Non ricordi solo i fantasmi, si ricordi anche delle persone che le vogliono bene… di me…-
Cain fece cenno di sì con la testa, poi cedette alla tentazione di farsi abbracciare da Riff, come un tempo, come ogni tanto avveniva ancora. Riff lo strinse per un attimo, poi lo sciolse dall’abbraccio.
- E’ tardi. Domani deve partecipare ad almeno tre ricevimenti ufficiali.- disse Riff, comprendendo che il momento di libertà da ogni maschera era finito, e che Cain si sarebbe rimesso i panni del solito conte arrogante e indifferente.
In un certo senso, significava che il momento difficile era stato superato.
- Oh, beh, aspetteranno…- borbottò Cain, infilandosi sotto le coperte. – Buonanotte, Riff.-
- Buonanotte.-
Il giovane uscì dalla stanza in punta di piedi, quasi Cain si fosse già addormentato e lui volesse evitare qualsiasi rumore.

Lei è tanto oscuro e macchiato dalle ombre quando dolce, angelico e lucente. Non può evitarlo. Tutti quelli che la vedono, e sanno guardare oltre le apparenze, se ne rendono conto. Può ingannare il mondo, ma non noi, che l’amiamo.
Noi sappiamo la verità su di lei, e io per primo so che lei è tutto, tranne un demone.
I morti si lamentano, e io stanotte pregherò per le loro anime.
Perché trovino pace.
Perché concedano anche a lei un po’ di pace.


Fantasmi e spiriti, dormite… E lasciate dormire anche noi.




Fine IV capitolo

…non ho veramente idea di come tutto ciò sia germogliato nella mia mente… O__o
yumemi@hotmail.it
Dedicato a Jez, Micheila, Riff e Mary…Voglio fare cosplay finché vivo!!!
   
 
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