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Autore: Walnut    26/10/2010    6 recensioni
Era un bambino minuto, molto piccolo, e gracile. Sempre sulle sue.
I vicini lo vedevano guardare il quartiere da dietro quei capelli neri troppo lunghi e quegli abiti larghi. Sempre zitto. Sempre solo.
Aveva il tic di mangiarsi le unghie.

Prima classificata all'Horror Potter contest, indetto da Vogue sul forum di EFP, e vincitrice del premio Giuria e Caratterizzazione.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Questa FF è completamente dedicata alla mia sardina acetonata Vonica,
che regge i miei scleri,
legge le mie storie senza senso,
mi premia,
e mi sopporta.
Grazie di tutto

 Luna rossa

 

Il bambino cadde in una fossa e lì rimase.

Il freddo gli serrava il corpo e gli impediva di parlare. Le lacrime si erano seccate al contatto con l'aria gelida della sera e ormai non riuscivano più a venir fuori.

Ma dentro di sé il bambino riusciva ancora a piangere.

 

L'uomo spinse con forza la pala dentro la terra umida del bosco.

Essa affondò e portò con sé una grossa zolla di terriccio. Il sudore gli scivolava via dalla pelle biancastra cadendo nel vuoto e perdendosi nel buio della notte.

L'odore di terra era forte e deciso, potente.

Il bosco sembrava guardar la scena senza parlare. L'uomo sentiva i suoi occhi su di sé, sentiva le risate dei suoi abitanti e vedeva la sua ombra girargli attorno divertita.

La stava prendendo a ridere come sempre. Come aveva sempre fatto.

Perché sembrava non capire quando doveva ridere o rimaner serio con lui? Lo faceva apposta perché sapeva di farlo arrabbiare, e lui aveva sempre una lezione da impartirgli.

Anche quella volta.

 

Aveva chiamato più e più volte i suoi genitori, senza però ricevere alcuna risposta.

Non sapeva dov'era, che ore erano, quando sarebbe tornato a casa.

Si era avventurato in quel parchetto in costruzione davanti casa sua perché voleva osservare il lavoro fatto, ed era stato stupido. Era caduto in quella fossa adattata per un gioco.

Lui era troppo piccolo per arrivare al limite della fossa e uscire: a sette anni non era molto alto e anche quei pochi centimetri per lui erano un'impresa.

Era un bambino minuto, molto piccolo, e gracile. Sempre sulle sue.

I vicini lo vedevano guardare il quartiere da dietro quei capelli neri troppo lunghi e quegli abiti larghi. Sempre zitto. Sempre solo.

Aveva il tic di mangiarsi le unghie.

 

Lanciò la pala lontano da sé e si buttò a terra.

Con le unghie e le mani ricominciò a scavare più forte di prima. Sempre più veloce, sempre con più foga.

Il suo respiro pesante riempiva l'aria risuonando tra le fronde.

Quando finì la fossa era abbastanza grande per entrarci.

Sorrise.

Sorrise ancora.

Più di sorridere ghignò, si potrebbe dire.

La lunga veste nera sporca e rovinata si agitava a causa del forte vento che attanagliava la notte quella sera.

Se qualcuno lo avesse visto lo avrebbe scambiato per un pazzo.

Si asciugò il sudore dalla fronte e si voltò verso l'uomo.

<< Visto? >>

 

Cadde di schiena dopo l'ennesimo tentativo di uscire dalla fossa.

Ricominciò a mangiarsi con foga le unghie sporche di terra e si strinse ancora di più nei suoi vestiti.

Era sicuro che non sarebbe più uscito da lì. Sarebbe morto lì. L'avrebbero lasciato lì. L'avrebbero ricoperto con altra terra.

Singhiozzava disperato nella notte per farsi udire da qualcuno, ma nessuno sembrava sentirlo.

O nessuno voleva sentirlo?

 

Guardò il risultato con occhi sbarrati, spaventati, e gli sembrò di tremare.

Impossibile. Sta funzionando?”

Deglutì il groppo in gola e si massaggiò le tempie. Il freddo continuava a tirargli coltellate nel petto, nella testa, nel corpo.

dentro forse sarebbe stato al caldo.

<< Hai paura? >> chiese l'uomo.

<< Non lo so. >>

<< Sei qui per questo, no? Per... >> l'uomo rise << … per provare paura! >> lo vide accasciarsi a terra ridendo sguaiatamente. Non sembrava lui. Non era lui.

Era solo un riflesso della sua mente.

Lo era?

L'uomo lo fissò da dietro i suoi occhiali a mezzaluna.

<< Cosa aspetti a buttarti? >>

Già.” si disse “cosa aspetto?”

Forse stava provando paura? Stava provando un'emozione?

Non aveva più provato paura da quando aveva dovuto uccidere l'uomo che ora si trovava di fianco a lui.

Era disumano.

Prima di quel giorno aveva avuto paura ogni singolo istante. In ogni suo respiro si poteva udire la paura correre e dimenarsi inutilmente per cercare di venir fuori e mostrarsi al pallido e grigio cielo.

Averlo ucciso l'aveva trasformato in un corpo morto. Aver, ancor prima, acconsentito alla sua morte un fantasma.

Ma dopo la sua morte niente l'aveva più scosso, e sentiva dentro di sé qualcosa agitarsi prepotente. Qualcosa che voleva liberarsi e che doveva essere liberato.

E aveva trovato la soluzione per farlo.

 

Le ore passavano velocemente e il freddo si appesantiva sempre di più. Un altro po' e sarebbe diventato insopportabile.

Sentiva degli strani scricchiolii vicino a lui, ma non sapeva cos'erano.

Aveva paura. Stava morendo dalla paura.

Il bambino era letteralmente terrorizzato. Non si muoveva più e stava con gli occhi sbarrati a fissare il terreno davanti a sé.

Aveva sentito certe storie dell'orrore su bambini scomparsi che non l'avevano fatto dormire per notti. E ora lui era intrappolato proprio in uno di quei posti che spesso venivano usati per nascondere suoi coetanei.

Guardò il cielo e vide che quella sera la luna era rossa.

Un orribile porpora illuminava le case e le strade, riflettendosi anche su lui. Si guardò la mano e gli sembrò sporca di sangue.

Odiava il rosso da sempre. Era un colore che non gli era mai piaciuto, che l'aveva sempre spaventato.

E quella sera stava morendo dalla paura.

 

Guardò l'uomo di fianco a sé e sorrise.

<< Sono pronto. >>

<< Non dirmi. >>

<< Non ne uscirò per un bel pezzo. >>

<< Se per te funziona. >>

<< Non lo so. >>

Guardarono entrambi la fossa in silenzio.

Poi l'uomo prese un grosso respiro e si affacciò sull'orlo di quel grosso buco nero.

Silente dietro di lui lo guardò improvvisamente serio in volto.

<< Fai del tuo meglio per non urlare. >>

 

Un rumore di rami spezzati distrasse il bambino.

Improvvisamente sentì il cuore accelerare i battiti in una corsa veloce e angosciante.

Sentì un uomo borbottare rumorosamente e squarciare il silenzio di quella notte.

Lui però ancora non riusciva a muoversi, troppo terrorizzato anche solo per pensare a qualche sistema per nascondersi.

Che poi dove voleva nascondersi in quella buca?

Era sicuro, certo, che non avrebbe più rivisto la luce del Sole. Qualcuno era venuto a prenderlo, ma non sapeva chi.

Deglutì rumorosamente e sì portò nuovamente le mani alla bocca, poi vide buio.

I suoi occhi neri si spalancarono nella notte quando si sentì prendere per i capelli e venir trascinato fuori dalla fossa, all'aria aperta.

Fece per urlare ma cadde a terra.

 

Appena sentì le ginocchia posarsi a terra gli manco il fiato.

Sentiva un peso all'altezza del petto che gli impediva di respirare.

L' incubo era tornato.

Era tornato più forte di prima.

Sentì la testa iniziargli a pulsargli violentemente, come se dentro di essa ci fosse un grosso martello di ferro.

Sentì il freddo abbracciarlo in una morsa stritolante.

Sentì i ricordi riaffiorare nella sua mente.

Silente rise.

<< Te l'avevo detto che non ce l'avresti fatta. >>

<< Non ho ancora urlato. >>

<< Lo farai tra poco. >>

<< No. >>

<< Non hai nessuno questa volta che ti tirerà fuori. >>

<< Non voglio essere tirato fuori. >>

<< Non mi hai mai detto chi ti ha salvato quella volta da bambino. >>

<< Mio padre. >>

<< Tuo padre? Non farmi ridere. >>

<< E' stato un vecchio vicino di casa, va bene? >>

<< Speravi che credessi alla storia di tuo padre? Molto probabilmente neanche si è preoccupato di te quella sera. >>

<< Vattene, lasciami in pace. >>

<< Mi hai chiamato tu. >>

<< Non dovevo farlo! >>

<< Non resisterai ancora a lungo. >>

 

Il bambino guardò un'ultima volta il vecchio dietro di sé e corse via.

Gli tremavano le gambe, le mani, la testa gli doleva ancor più.

Arrivò all'uscio di casa sua e suonò. Sua madre gli aprì la porta.

Ora voleva solo essere rassicurato. Voleva solo sentirsi dire che andava tutto bene e che l'oscurità della notte era solo una maschera del Sole. Che niente si celava dietro quella Luna rossa e che un piatto caldo l'aspettava.

Ma solo uno schiaffo lo accolse.

Sua madre lo mandò in camera e lo chiuse dentro.

Nella camera il buio e il freddo lo riaccolsero e al bambino sembrò di essere tornato nella fossa.

Il bambino voleva solo qualcuno accanto a sé, ma nessuno venne.

Lì venne chiuso e lì rimase. Solo.

 

<< Un giorno mi spiegherai perché sei hai paura del buio indossi i suoi vestiti. >>

<< Non ho paura del buio. >>

<< E del perché ti fai del male da solo venendo qua. >>

<< Ho detto che devi finirla! >>

<< Manca poco e poi avrai vera paura >>

Silente volse lo sguardo alla Luna e rise ancora. Rise come una iena.

Gli lanciò un pezzo di tessuto che brillò nell'aria fino a quando non s'adagiò a terra. Lo raccolse.

<< Tu mi hai ucciso! >> fu un sibilo.

E mentre realizzava quello che Silente gli aveva detto la sentì.

Avvertì il suo peso calargli addosso violentemente: i suoi occhi lo circondarono, le sue braccia lo intrappolarono al suolo e la sua voce gli parlò rauca nell'orecchio.

<< Severus... Severus... ti prego...* >>

Vide Silente volare fuori dalla Torre di Astronomia e cadere al suolo pesantemente. Le pupille vitree, il corpo vuoto.

<< No, no, NO! Lasciami in pace! >>

<< E' tua la colpa! >>

E l'immagine di se stesso da bambino apparve dietro Silente improvvisamente, facendolo trasalire. Intrappolato come lui in una fossa: terrorizzato e senza via di scampo.

Si mangiucchiava le unghie.

Si girò verso di lui di scatto.

<< NO! >>

<< Guarda la tua mano. >> dissero il bambino e la sua voce.

Insieme al sangue che usciva dalle ferite fatte per scavare la fossa, vide il pezzo di stoffa di Silente.

Era rosso.

Severus Piton urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.

 

Fine

 

N/A

Buonasera a tutti, miei cari! :D
Ecco finalmente la storia che ha partecipato all' Horror Potter contest, indetto da Vogue sul forum di EFP, che si è classificata prima con mia graaaande Cioia! Inoltre ha ottenuto il premio Giuria e Caratterizzazione, cosa che mi ha reso ancora più felice!
*Sparge cuoricini in tutta la stanza, ripescando Mila da sotto una montagna di quest'ultimi*
Allora, prima di lasciarvi voglio precisare due cose. Nel contest era necessario scegliere un numero che corrispondeva a un personaggio, il mio era l'adorato Pitone,  e un film da cui trarre qualcosa. Il mio film era "The Village", da cui ho preso la fobia di Piton per il rosso, la fossa - nel film usata diversamente - e la frase "Fai del tuo meglio per non urlare".
Inutile dire che se ancora ripenso al Contest sono felice!
Perciò ringrazio come al solito - ormai - la mia tonnaH acetonata Vonica! **
Grazie mille di tutto, davvero
A presto, L.

   
 
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