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Autore: Ranessa    11/11/2005    8 recensioni
Il nostro non è amore, Narcissa, ma consapevolezza che non potremo mai essere felici con chi davvero amiamo come lo siamo insieme.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Narcissa Malfoy, Rodolphus Lestrange | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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[ Calamity of touch ]


C'è qualcosa dentro di me
che è sbagliato
e non ha limiti
E c'è qualcosa dentro di te
che è sbagliato
e ci rende simili

"La vedova bianca", Afterhours


Lo fa ogni volta, sedersi con la schiena ancora nuda contro la testiera del letto e accendersi una sigaretta.
Fuma con il braccio sinistro abbandonato sul petto, pallido nella luce smorta delle candele.
Lo osservo sdraiata su un fianco accanto a lui, avvolta nella seta candida delle lenzuola, il braccio che regge il mento lievemente intorpidito.
«Rodolphus» comincio, disgustata all'istante dal tono eccessivamente patetico della mia stessa voce «questa era l'ultima volta»
E lui rimane immobile, lo sguardo perso davanti a sé per qualche lungo, interminabile istante, poi sospira, sbuffando nuvolette di fumo nell'aria tiepida della stanza e voltandosi a guardarmi solo dopo aver finito la sigaretta, spenta frettolosamente sul legno scuro del suo comodino. So cosa sta pensando, che lo dico ogni volta e sempre, immancabilmente, la mia già flebile volontà va a perdersi tra le iridi viola dei suoi occhi dal taglio affilato.
«Narcissa» dice accarezzandomi dolcemente il viso con una mano morbida e lo spirito con la sua voce dal retrogusto leggermente roco, ed io sento la pelle bruciare dove le sue dita sottili sfiorano la mia guancia «Lo dici ogni volta... e ogni volta ci ritroviamo nuovamente insieme»
Ho letto la sua mente.
O forse lui ha letto la mia.

Si alza lentamente dal letto, costringendomi a sedermi con le gambe incrociate per poter seguire con lo sguardo i suoi movimenti nella stanza. Ride ogni volta che copro pudicamente il mio corpo con le lenzuola, lui che ora si dirige verso la finestra completamente nudo, dandomi le spalle.
«Rodolphus...»
«Sai Narcissa» mi interrompe mentre recupera la vestaglia che aveva abbandonato sulla poltrona color vinaccia accanto alla finestra «Bellatrix dice che rovino sempre tutto.»
«Tutto cosa?»
«Tutto» si siede sul bracciolo, gioca con l'accendino d'argento e torna a guardarmi negli occhi «Sostiene che ho un'insana tendenza ad analizzare meticolosamente ogni singola cosa che avviene o mi sta intorno e che quindi rovino sempre tutto» parla con lo sguardo perso nel vuoto, quasi non fosse realmente nella stanza insieme a me «Come quando abbiamo appena fatto l'amore e invece che di addormentarmi sul suo seno ho voglia di parlare con lei. Capisci cosa voglio dire, Narcissa?»
Annuisco, rapita da come muove elegantemente le sue belle mani mentre parla.
Quando abbiamo appena fatto l'amore...
«Dice che è questione di atmosfera» conclude, lasciando il bracciolo per sprofondare nell'imbottitura scura della poltrona. Penso a mia sorella e mi chiedo se abbia realmente parlato in questo modo. Non credevo nemmeno potesse avere un concetto di atmosfera.
Lo guardo accendersi un'altra sigaretta, passarsi le dita sporche di nicotina tra i capelli.

+ + + + + + + + + +

E' curioso il gioco della luce sui suoi capelli.
Lo osservo mentre stuzzica con le dita affusolate una piccola fetta di pane tostato, senza però portarne nemmeno un boccone alle labbra. Lui si accorge del mio sguardo e distoglie il suo dalla pagina della Gazzetta del Profeta che stava leggendo.
«Qualcosa non va?» chiede mio marito, abbandonando il pane nel piatto.
«No, affatto» gli rispondo in un sussurro, vergognandomi del rossore che tinge di imbarazzo le mie guance come se fossi ancora una studentessa di Hogwarts, alle prese con quella che inizialmente sembrava essere una semplice cotta giovanile.
Intendi dire quando correvi dietro a Lucius come una piccola ochetta verde e argento, Narcissa? Commenterebbe Bellatrix, scoprendo i denti bianchi in uno dei suoi sorrisi feroci.
Ed io chinerei il capo.
Sconfitta.
Lucius mi osserva corrucciato ancora per qualche istante, per poi tornare all'articolo di giornale e alla sua fetta di pane tostato. È bello mio marito, ogni giorno di più. Ogni giorno in cui mi ritrovo a confrontare la sua figura con quella alta e smilza di Rodolphus. Il naso diritto e severo di Lucius e quello pronunciato di mio cognato, con la sua deliziosa e piccola gobba. Le labbra sottili di uno e quelle carnose e arcuate dell'altro. Le spalle larghe e forti di mio marito e quelle ossute di Rodolphus. Ogni piccolo gesto, ogni cosa che fa Lucius dall'altra parte del tavolo è come se la stesse facendo anche lui... voltare pagina, bere un sorso di tè... Nella mia mente li vedo entrambi, le loro immagini sfuocate e sovrapposte, Stai bene Narcissa? Chiede mio marito con la voce del mio amante e sono presa nel vortice di un incubo oscuro...
Adulterio.
Scuoto la testa, un'improvviso senso di nausea a stringermi dolorosamente lo stomaco.
«Narcissa... Narcissa sei sicura di star bene?» domanda ancora Lucius, con una crescente nota di preoccupazione nella voce, già pronto ad alzarsi per venirmi incontro. Lo fermo con un gesto della mano, rassicurandolo che non è nulla, *menzogna*, e terminiamo la nostra colazione.
«Devo andare al lavoro» annuncia poi mio marito, come se già non lo sapessi. Si alza, accompagnato dal fruscio dei suoi abiti blu oltremare e viene a posarmi un lieve bacio sulla fronte.
Esita, una mano ancora tra i miei capelli.
«Ti amo» lo dice accarezzandomi le labbra con il pollice, gli occhi colmi di apprensione.
Io annuisco.
Presa nel vortice di un incubo oscuro.
E poi lui mi volta le spalle e lascia la stanza con passo rapido.
Penso che avrebbe potuto smaterializzarsi mentre porto le braccia a stringere il mio ventre.
Tradimento.
Devo dirglielo.

+ + + + + + + + + +

«Questa era l'ultima volta»
Lo ripeto, nel tentativo di fargli comprendere la verità delle mie parole in altre occasioni vuote, pronunciate unicamente per lenire le ferite della mia coscienza sanguinante.
Rodolphus posa l'accendino sul bracciolo della poltrona.
Accavalla le gambe con aria tranquilla, *indifferenza*, uno dei pochissimi tratti che l'ha mai accomunato a sua moglie.
«Quel che facciamo è come uccidere, Narcissa» commenta pacato «Una volta è come mille, smettere o continuare non fa alcuna differenza» riprende in mano l'accendino e ci gioca, dando vita alla fiamma... uccidendo la fiamma... «Perchè abbandonare qualcosa che ci appaga, Narcissa? Qualcosa che... che ci riempie»
«Io sono felice con mio marito...» ribatto allora, cercando di infondere convinzione alla mia voce, cercando di ignorare quel doloroso è come uccidere.
«Per questo trascorri i tuoi pomeriggi nel mio letto?» sbotta Rodolphus, facendo scattare l'accendino e sporgendosi dalla poltrona.
«Credo solo che non sia giusto! Lucius e... Bellatrix, loro ci vogliono bene, Rodolphus, ci amano, non possiamo continuare a ferirli così alle spalle...» urlo quasi, sollevandomi in ginocchio al centro del letto disfatto.
«Non è forse perchè loro per primi ci hanno feriti che ora le cose... stanno così, Narcissa??»
«Stanno così perchè noi ci amiamo, Rodolphus!»
E questo era un grido vero, che non sono riuscita a trattenere, insieme alle lacrime.
Lo vedo trasalire, alzarsi velocemente dalla sua poltrona per voltarmi le spalle. Si dirige in un angolo della stanza, verso un piccolo mobiletto pacchiano di legno intarsiato. Apre lo sportello e prende una bottiglia trasparente e un bicchiere di vetro spesso. Vi versa il liquido ambrato, senza gustarlo finchè non è tornato a sedersi.
Stringendo ancora la bottiglia nella mano sinistra.
«Il nostro non è amore, Narcissa» decreta semplicemente «Ma consapevolezza che non potremo mai essere felici con chi davvero amiamo come lo siamo insieme.»
Rimango spiazzata, osservando i miei stessi occhi sbarrati riflessi nella finestra che mi sta di fronte.
Ha ragione.
Io non lo amo.
«Sono incinta Rodolphus. Di mio marito»
A lui. Per primo l'ho detto a lui, sprofondato nella poltrona vinaccia e schiavo della bottiglia.

+ + + + + + + + + +

Devo dirglielo.
Lucius, aspetto un bambino da te.
*Incredulità, gioia*
Da me? Direbbe stringendomi a lui, la pressione delle sue braccia già più lieve rispetto al solito intorno al mio ventre, Da quando è necessario specificarlo? riderebbe mio marito. Da cinque mesi e mezzo, quando una sera sono andata a trovare mia sorella e ho fatto l'amore con suo marito. Voi eravate stati convocati dall'Oscuro.
Noi no.
Sei felice Lucius?
Si steccherebbe un po' da me, per guardarmi negli occhi e sorridere radioso, mio marito che difficilmente esprime mai in maniera esplicita le sue emozioni.
Molto.
Poso la tazza di tè sul piattino ancora intatta, la mia colazione.
Questa sera, glielo dirò.
Lucius sono incinta di te.
Da due mesi, quando alla festa per il tuo compleanno, mentre tu prendevi il piccolo pacchetto che ti porgeva Rodolphus, io mi sono scusata e sono andata alla toilette.
Era nausea.
Per una torta di compleanno troppo farcita?
O per Bellatrix che passava le dita tra i capelli capricciosi di suo marito in un atteggiamento affettuoso che raramente gli ha mai riservato?
Non lo sapevo.
Da quando è necessario specificarlo?

+ + + + + + + + + +

«Come fai a dirlo?»
«Che sono incinta?»
«Che è di tuo marito»
«...»
«Narcissa...» è un sospiro il mio nome sulle sue labbra, una leggera brezza gelida che raggiunge e abbraccia il mio corpo.
«Lo so e basta, Rodolphus» non ho mai nemmeno pensato, mai per un solo istante, che il mio bambino potesse non essere figlio di mio marito, mai.
Rodolphus annuisce piano, guardando fuori dalla finestra e stringendo il bicchiere ancora una volta pieno tra le sue dita sottili.
«Da quanto lo sai?»
«Poco... Meno di due settimane»
«Per questo l'Oscuro non ti ha fatta andare a casa dei Prewett allora» la sua è un'affermazione fatta sovrappensiero, accompagnata da intenti assolutamente innocui e sconvolgente.
«L'Oscuro non si è mai servito molto di me» sottolineo cauta.
«Eppure sosteneva che presto ti avrebbe coinvolta maggiormente, Narcissa... Per tua stessa richiesta se non sbaglio» no, non sbaglia, gliel'ho chiesto io, per poter stare di più con mio marito, per non vederlo andar via quasi ogni sera verso destinazioni ignote, incaricato di portare a termine compiti dei quali non si sente libero di parlarmi, per non sdraiarmi a letto e fissare il soffitto bianco della nostra stanza aspettando che torni.
Mi lascio cadere sulle ginocchia per sedermi nuovamente, portando le gambe al petto e circondandole con le braccia con ferocia quasi animale, protettive contro il mio ventre.
«Credi davvero che Lui lo sappia Rodolphus?»
È il tono disperato della mia voce a farlo voltare nella mia direzione per guardarmi negli occhi, lasciando perdere per un momento accendino e bicchiere che ancora non si era deciso ad abbandonare, non prima di essersi acceso un'ultima sigaretta però.
«Lucius lo sa?»
Lo fisso senza rispondere.
Non ce n'è bisogno.
Il nostro non è amore, Narcissa, ma consapevolezza che non potremo mai essere felici con chi davvero amiamo come lo siamo insieme.
«Questa era l'ultima volta, Rodolphus»
E lui torna ad annuire, spegnendo l'ultima sigaretta sul bracciolo della poltrona.

   
 
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