“Ehmm,
si?”, Jodie era
ancora assonnata mentre si svegliava e rispondeva al ricevitore sul
comodino di
fianco al letto.
“Buongiorno,
Maggiore.
Mi scusi se la disturbo a quest’ora, abbiamo quel regalo per lei”,
annunciò la voce maschile, “sono qui con Kincaid
alla
reception, possiamo salire?”
Jodie
cercò Szigi sul
letto di fianco al suo. Non c’era, ma sentì il
rumore dell’acqua che scrosciava
nella doccia.
“E
voi, sareste?”
domandò alla voce.
L’uomo
dall’altra
parte, restò in silenzio per un istante.
“Maggiore, non mi riconosce? Sono
Mitch… saliamo?”
Jodie sorrise
dentro di
sé, “Certo, salite pure, siamo al secondo piano,
alla 222”. Dopotutto non era
granché, ma poter vedere quella donna, che aveva sempre
tutto sotto controllo, almeno
una volta alle prese con una situazione imprevista, la divertiva.
Quando Jodie
attaccò il
telefono, il rumore della doccia era cessato. Non passò
molto che Mónika, coi
capelli che ancora grondavano acqua e coperta appena da un asciugamano
che si
era avvolta intorno ai fianchi, fece irruzione nella stanza.
“Allora,
con chi
diavolo stavi parlando?”
Non ci fu
bisogno di
risposte: Jodie era di spalle e stava aprendo la porta. Proprio in quel
momento,
due uomini entravano nella loro camera e osservavano intenti la scena
del loro
capo che li accoglieva seminuda.
Jodie
soffocò a stento
la risata, mentre Mónika lasciava trapelare per la prima
volta un’emozione e le
sue guance avvampavano.
“’Giorno,
boss…”, la
salutarono i due uomini con un sorriso un po’ ebete.
“Si
può sapere cosa accidenti
ci fate, qui?”
“Li ho
fatti salire io,
scusami. Dovevano consegnare qualcosa e sembrava
urgente…”, fece finta si
scusarsi Jodie.
“I
computer che
aspettavi da Cinthya”, si affrettò a dire Mitch,
senza distogliere lo sguardo dalle
gambe affusolate del suo superiore.
“Molto
bene”, replicò
freddamente la donna, ignorando le occhiate dei due militari.
“Torno subito,
devo andare ad asciugarmi i capelli” e mentre passava davanti
al letto, afferrò
distrattamente i vestiti distesi lì sopra.
Quando
sparì dietro la
porta del bagno, i due compagni si scambiarono uno sguardo
d’intesa e
un’espressione eloquente delle labbra.
“Uomini…”,
commentò Jodie,
ma anche lei non poté fare a meno di ammirare la perfetta
forma fisica del
Maggiore. Poi aggiunse mentalmente: quando
tutto sarà finito, mi iscriverò in palestra! Se
voglio tornare com’ero prima di
Alex…
Quando il
Maggiore
tornò, i volti dei tre ragazzi conservavano ancora
un’aria complice e
soddisfatta, che Mónika si preoccupò
immediatamente di raggelare con
un’occhiata. I suoi capelli adesso erano perfettamente
asciutti e pettinati,
indossava un paio di jeans aderenti e un sottile dolcevita nero senza
maniche.
Era a piedi nudi.
“I
computer, tenente,
avete già verificato che funzionano?” volle sapere
senza indugi, mentre afferrava
gli stivali scamosciati col tacco.
Mitch
farfugliò
qualcosa, poi giurò che avrebbero provveduto immediatamente.
“E
cosa diavolo
aspettavate?” lo interrogò la donna, mentre
s’infilava con difficoltà il primo
stivale, tirandolo con entrambe le mani.
“E
poi, per l’amor del
cielo”, sibilò roteando gli occhi verso
l’alto, “la smetta di fissarmi in quel
modo!”
“S-sì,
boss”, scattò Mitch, “sorry,
boss”.
Mitch e Kincaid
si
misero subito ad armeggiare con i computer, mentre Mónika
regolava sopra il
dolcevita la cinghia di cuoio della fondina ascellare e controllava
l’otturatore della sua Beretta 9 millimetri, prima di
introdurla nella sua
custodia.
Né
il primo portatile, né il secondo tuttavia
si riavviarono.
“La
batteria deve
essersi scaricata”, suppose Jodie.
“E non
c’è modo di
trovare rapidamente un alimentatore di corrente, compatibile con uno
dei due
modelli?
“Bé,
forse facciamo prima
a tornare al castello. Gli adattatori dei portatili dovrebbero essere
ancora
lì.”
“Ok,
mi sembra giusto proseguire
lì dove è iniziato tutto. Avverto il Generale che
torniamo a Chatel-Argent”.
Mónika
aprì l’armadio e
prelevò la giacca a vento.
Poi
guardò Jodie, che
era ancora nel suo pigiama Hello Kitty: “E tu? Hai intenzione
di venire vestita
così?”
Questa volta
oltre ai
due ragazzi, fu Mónika a sogghignare.
***
LeClercq
pagò il taxi e
camminò sul ghiaietto prima di raggiungere il moderno
cancello che delimitava
le proprietà di Chatel-Argent.
Al
videocitofono, annunciò il suo nome e tanto
bastò per accedere senza ulteriori spiegazioni. Mentre
percorreva la stradina
all’ingresso, si tastò la tasca destra del
cappotto di cachemire e trasse
conforto dal percepire il freddo acciaio della Smith&Wesson a
canna corta.
Oltrepassò
velocemente il
viale di platani e scorse l’amministratore del castello che
gli veniva incontro
a grandi passi, salutandolo con ampi cenni delle braccia.
Il Curatore
approntò sul
volto un sorriso amichevole e rispose prontamente al saluto, agitando a
sua
volta la mano.
Non
l’aveva ancora
raggiunto che l’altro uomo gli domandò:
“Novità dal comando di polizia?”
LeClercq
replicò con
uno sdegnato scrollare del capo. “Mi rincresce, Monsieur, non hanno fatto alcun
progresso.”
“Dite
sul serio? Ancora
nessuna notizia su dove possa trovarsi il codice?”, chiese
sconsolato l’altro.
“Nossignore”,
gli
confermò, tacendo volutamente che Jodie era stata liberata.
L’amministratore
lo
guardò smarrito. “Cosa possiamo fare,
adesso?”
“Non
si preoccupi, ci
penserà il mio istituto. Ci affidiamo ai migliori
specialisti sul mercato, in
casi come questo, senza badare a spese. Mi sono precipitato qui,
proprio per
condurre personalmente le ricerche”.
“Sono
a vostra completa
disposizione, Monsieur”,
si affrettò
ad aggiungere l’uomo, “il nostro personale
può esservi in qualche modo di aiuto?”
LeClercq assunse
un’espressione pensierosa, a beneficio del suo interlocutore,
ma restò in
silenzio, in modo che fosse l’altro a continuare.
“Ovviamente”,
proseguì
cautamente l’amministratore, prevedendo un lauto risparmio
nei suoi costi di
gestione, “dato che la signorina è in carcere e
gli altri ospiti risultano scomparsi,
forse lei crede, per non essere d’intralcio, che sia
opportuno…”
“Certamente
Monsieur, non si preoccupi, liberi
tutto
il personale interno.”
LeClercq attese,
rilassandosi nella spa, che tutto il personale ordinario del castello
abbandonasse l’immobile.
Quando fu certo
che
nessun altro lo avrebbe disturbato, entrò nel torrione,
compiacendosi che ogni
variabile, fino allora, si fosse comportata esattamente come aveva
previsto.
Tutto
in ordine, nessuna cosa fuori posto.
Il Curatore
sorrise
apertamente, traendo conforto dalla logica ineccepibile dei suoi
ragionamenti e
si addentrò dentro il castello medievale: ogni pietra
simboleggiava una pagina di
storia che lui conosceva alla perfezione, in ogni sua sfaccettatura.
Rassicurato di
essere
nel suo elemento, si sentì invincibile.
***
Guidava
Mónika. Mitch e
Kincaid erano rimasti a Lille e il viaggio si trasformò
presto in una nuova
occasione per porre a Jodie sempre nuove domande sulla prodigiosa
tecnologia
rinvenuta da Ian.
Quando le
domande
parvero esaurirsi e Jodie si sentiva pronta a chiedere al Maggiore di
mettere
su un po’ di musica, Mónika cominciò
invece una noiosissima descrizione delle teorie
di Seth Lloyd e del suo allegro gruppo di fisici quantistici al MIT.
Jodie
trovò divertente solo il fatto che lei, un ricercatore
esperto di tecnologie,
l’aveva persino sposato.
Da Lille,
presero la A1
in direzione Sud per Arras, e da qui proseguirono a sinistra,
imboccando lo
svincolo per la A26. Poi il navigatore li guidò per le
stradine provinciali
fino a Chatel-Argent.
Al videocitofono
non
rispose nessuno, così furono costretti ad abbandonare
davanti al cancello l’auto
di servizio del Maggiore. Poi Szigi aiutò il Generale e
Jodie a scavalcare la
ringhiera, che percorreva i confini degli ampi giardini che
circondavano il
castello.
“Dove
accidenti è tutto
il personale?”, volle sapere John, non appena oltrepassarono
la cancellata e si
avviarono verso il vialetto di platani, “Per la miseria, non
c’è nessuno!”
“Allora
niente sandwich
con paté de foie gras
marinato nel
cognac e tartufi, stasera!”, ti
sarebbe
piaciuto John, Daniel ne andava
matto,
si ricordò amaramente Jodie.
“Quasi
tutto il
personale è in servizio solo quando il castello è
prenotato da qualche ospite”,
cercò di spiegare la ragazza, “probabilmente
confidavano che mi avrebbero dato
l’ergastolo e li hanno mandati tutti a
casa…”
“Meglio
così, abbiamo
maggiore libertà per provare la tua
storiella…” bofonchiò Mónika.
“E
allora proviamola
subito!”, sperando che siamo ancora
in
tempo, si preoccupò subito dopo Jodie.