.::The Phoenix Fly::.
Sempre in
diretta audio-fonica (naturalmente con un po’ di differita N.D. Angèle), siamo
qui pronte a farvi un piccolo prologo.
Dove
eravamo rimasti? Siamo state effettivamente un po’ bastardelle ( -hihihihi-
ghignetto malefico di entrambe le autrici) e, a dire il vero, ne siamo fiere.
We are proud of it! (scusate
l’inglese… ogni tanto prende il sopravvento N.D. A&P)
Comunque,
dopo lunghe e snervanti discussioni e riunioni ai vertici, siamo riuscite a
dare un filo logico agli avvenimenti che durante la notte ci venivano in sogno,
riuscendo a scrivere ( non avete idea della fatica N.D. Phoebe) (ehi N.D.
Angèle) questo primo, grande capitolo della nostra prima, incredibile (e qui
Phoebe chiede scusa per la megalomania di Angèle N.D. Phoebe) magnifica,
strabiliante, spumeggiante, strepitosa, toghissima (dal gergo angèlesco) fan-fiction
che non è altro che il seguito del nostro primo lavoro insieme.
Vorremmo
premettervi che lo stile e gli avvenimenti saranno totalmente differenti dalla
precedente fic. Speriamo saranno di vostro gradimento.
Questa
storia, infatti, richiede un livello di serietà e di impegno ( che Phoebe non
possiede .. N.D. Phoebe ),( Ma smettiamola N.D. Angèle) decisamente superiori a
“Nice shock” nata come un tentativo di svago e trasformatasi in qualcosa che ci
ha appassionato a tal punto da decidere di creare questo sequel.
Vorremmo ringraziare tutte le persone che
hanno commentato l’epilogo della fic precedente e che aspettavano questo
lavoro. ( anche Phoebe non avete idea di quanto lo aspettava N.D. Phoebe).
Un grandissimo grazie
a:
gina h
Kyomi89
AvaNa Kedavra
Nightmare
Clo87
Fede
Sunny ( le autrici si inchinano e sperano in una versione in
versione Misery/Mode OFF)
Non vogliamo più
tediarvi con chiacchiere inutili, quindi, vi lasciamo alla lettura!
Enjoy
the reading!!!
Angèle
& Phoebe ( A&P)
1
After All
I personaggi
di questa storia
appartengono tutti a J. K.
Rowling. Li abbiamo utilizzati solo
per divertirci e dilettare tutti quelli che leggeranno questo breve racconto. I
fatti narrati di seguito non sono mai accaduti nella saga di Harry Potter.
Questa storia
è stata scritta senza nessuna intenzione di lucro, si
ritiene, quindi, che nessun diritto di copyright sia stato infranto.
AngéleJ e Phoebe80
Il caldo opprimente che aveva caratterizzato quell’estate londinese
pareva aver finalmente deciso di prendersi una meritata pausa per lasciare il
posto ad una leggera brezza che, anche se di poco, rinfrescava l’aria della
sera.
Ronald Weasley aveva sofferto particolarmente la calura estiva in quei
mesi; da un po’ di tempo a quella parte, a dire il vero, era diventato
insofferente a molte cose.
Come ogni singola sera, in cui NON era di pattuglia notturna o in
missione, sentiva il bisogno di isolarsi, e dato che l’unico posto abbastanza
sicuro ed isolato in quel periodo era il tetto del quartier generale degli
Auror era proprio lì che anche quella sera si trovava.
Era quasi un rituale il suo oramai.
Uno scambio di battute tanto per smorzare la tensione accumulata dopo
una interminabile giornata di pattuglia, la lunga e calda doccia che riusciva
anche se di poco a attenuare oltre che quella dei muscoli, la sua tensione interiore
e poi con un asciugamano attorno alla vita raggiungeva i suoi compagni che,
come al solito, ansiosi di tornare a casa, avevano finito prima di lui e si
erano dileguati. Non che Ron non avesse una casa dove tornare, semplicemente
non era ansioso di tornarci.
Il lavoro di auror gli fruttava parecchio e insieme ad Harry, dopo poco
la loro nomina a capitano, presi da un momento di sicurezza e spavalderia
improvvisa, decisero che era giunta l’ora di smettere di gravare sulle spalle
di mamma Weasley. Avevano deciso che era il momento di cavarsela da soli.
Dopo una lunga e estenuante ricerca trovarono una grande casa appena
fuori Londra: 4 stanze da letto, due bagni, una cucina che la signora Weasley
adorava, un salotto con un grandissimo camino, un bel giardino e un laghetto.
Non fecero in tempo a farsi dire il
prezzo che già stavano firmando i documenti per l’acquisto. Si dissero che era
perfetta, magari un po’ troppo grande ma perfetta.
Quello con cui non avevano fatto i conti però oltre che le pulizie
domestiche, erano anche i 3 pasti giornalieri a cui erano stati abituati fin
troppo bene da mamma Weasley. Nessuno dei due aveva la minima idea di come si
facesse un semplice uovo strapazzato per la colazione. Fu dopo aver fatto
saltare il forno e fatto andare a fuoco quasi mezza cucina che Ginny la sorella
di Ron, mossa a pietà e compassione, oltre che una estrema voglia di avere una
piccola fetta di libertà si offrì di andare a vivere con loro e occuparsi
almeno dei loro pasti caldi.
Fu così che, anche la terza stanza della loro grande casa trovò un
occupante.
Ovviamente la vita a 3 aveva i suoi alti e bassi e non si sapeva bene
come, i momenti in cui erano solo loro tre erano più unici che rari. Tra
familiari e amici la casa in qualche modo era perennemente piena di gente anche
se a Ron ovviamente sembrava sempre vuota. Per questa ragione trovava sempre
una scusa per tornare a casa quanto tutti erano già andati a letto. In questo
modo non avrebbe dovuto dare spiegazioni di alcun genere a nessuno.
Uscito dalla doccia quindi, compiva ogni volta tutti i gesti successivi
con una lentezza così disarmante da far desistere anche un santo
dall’aspettarlo. In questo modo riusciva a dileguarsi senza problemi e ad
evitare le tante odiate spiegazioni e rifiuti a possibili inviti per andare a
bere qualcosa in compagnia. Strano a dirsi ma Ronald Weasley non amava più
stare in mezzo alle persone, preferiva di gran lunga la solitudine rotta solo
dalla compagnia di una bottiglia di firewhiskey.
Indossati un paio di pantaloni e una maglietta si diresse verso il
tetto, sicuro come al solito di non trovare nessuno sulla sua strada che lo
distogliesse dai suoi pensieri che, per quanto dolorosi fossero gli erano
necessari per andare avanti.
Si sedette sul tetto e li cominciò il suo rituale. Assaporò il silenzio
attorno a lui rotto solo dal sussurro della brezza estiva che, in quegli ultimi
anni, pareva proprio fosse l’unico sollievo concessogli da quel mondo al quale
sentiva di non appartenere più.
Si levò la maglietta in modo da concedersi maggiormente alle carezze del
vento sul suo corpo e il suo viso. Se chiudeva gli occhi riusciva ancora a
sentire la sua mano giocare con i suoi capelli e sfiorargli dolcemente l’addome
come solo lei sapeva fare, ma appena li riapriva si rendeva conto che era solo
il vento. E come ogni sera era solo.
In principio, oltre alla bottiglia, a fargli compagnia c’era anche
Harry. Non durò molto dato che alla prima vera sbronza fu beccato in pieno da Ginny. Forse anche per questo
spiacevole ricordo il loro rapporto non è proprio idilliaco ma nonostante tutto
Ginny con la sua tenacia e la sua tenerezza era riuscita a tenerlo fuori dai
guai. In qualche assurdo modo quei due stavano insieme. Né Ginny, né Harry aveva
mai negato quello che l’uno provava per l’altro ma non lo rendevano nemmeno
ufficiale. Non che non lo volessero, probabilmente era quello che più
desideravano per le loro vite, semplicemente quello non era il momento.
Semplicemente avevano deciso di aspettare che l’incubo finisse per poter vivere
senza riserve il loro sogno.
Anche per questa ragione per Ginny non fu difficile accorgersi
dell’orribile momento che passava il suo amato ed aiutarlo. Ron non fu così
fortunato.
Forse troppo occupata con Harry o forse perché Ron in quegli anni era
diventato un bravissimo attore, non si rese conto della gravità della
situazione del fratello. Solo Harry ne era al corrente e conoscendo bene Ron decise che non era il
caso di avvertire Ginny per due ragioni: primo Ron non avrebbe permesso a nessuno
di stargli vicino figuriamoci aiutarlo, secondo mantenendo in qualche modo il
segreto del suo amico riusciva, anche contro il parere del rosso, a stargli
accanto e a salvargli la pelle all’ultimo secondo.
Questa ultima motivazione ogni tanto, spingeva Harry a seguire Ron in
quei viaggi solitari sul tetto. Strano a dirsi ma Ron sapendolo li con lui
pareva quasi scordarsi della bottiglia. In qualche modo Harry gli teneva la
mente occupata. Harry ne era conoscente e sapeva anche che seguendolo in quel modo
sarebbe riuscito, senza il bisogno di parole, a ricordargli che non approvava
assolutamente quello che era diventato. Ron percepiva perfettamente i
sentimenti del suo miglior amico e proprio forse per questa ragione, o forse
anche per evitare inutili scenate si tratteneva dal finire le sue solite 2
bottiglie.
L’ultima volta che i due ebbero uno scontro verbale fu come ci si può
immaginare fu apocalittico. E Ron se lo ricordava bene. Fu proprio in una delle
sue serate “migliori” in cui Harry stufo di vederlo distruggersi, ebbe la
brillante idea di prenderlo per il colletto e urlandogli direttamente in faccia
quello che pensava del suo stato, nella speranza che servisse a farlo reagire.
- Dopotutto
cosa potevi aspettarti da me Harry eh? L’eroe, il coraggioso solitario
predestinato a salvare il mondo sei tu! Non io!-
Ancora una
volta rimbombarono nella testa di Ron le sue stesse urla contro il suo miglior
amico mentre la rabbia gli cresceva dentro inconsapevolmente.
- Cosa mi
aspettavo da te? Ron ma cosa hai nel cervello? Segatura! Vuoi sapere che mi
aspettavo da te? Beh una delle tue solite reazioni. Mi aspettavo di vedere in
azione quella gran testa di cazzo con i contro coglioni che diventi quando devi
lottare per qualcosa. Ron mi aspettavo una reazione qualsiasi NON la completa
apatia dietro la quale ti stai nascondendo- Harry prese per il colletto il suo
miglior amico. Era deciso a farlo ragionare.
- Ron NON
l’hai persa solo tu…-
Fu in quel momento
che Ron si rese conto realmente del cambiamento che stava avvenendo in lui.
- Lo so Harry,
capisco esattamente cosa vuoi dire. Ma tu hai perso un’amica e per quanto
doloroso possa essere non la sarà mai quanto perdere la propria anima-
Non ci furono altri scambi verbali del genere tra i due. Il tacito
accordo stipulato tra i due amici prevedeva un sostegno non richiesto ma
necessario che non prevedeva inutili parole. Erano già state dette tutte, non
serviva sprecarne ancora.
Voleva non pensare più a quella spiacevole conversazione eppure eccola
li che tornava a rimbombare nel suo cervello, eccola li che gli ricordava la
ragione del suo “malessere”.
Il suo respiro, come ogni volta che pensava a lei, si faceva sempre più
accelerato e le lacrime contro cui lottava ogni giorno avrebbero trovato una facile
via d’uscita se solo gliene fossero rimaste. Questo almeno era quello che
pensava Ronald Weasley.
Credeva di non avere più lacrime da versare, pensava che nulla avesse
più importanza dopo quel giorno.
All’inizio gli ci voleva molto più tempo per riprendere il totale
controllo delle sue facoltà, adesso gli bastavano solo pochi secondi.
Senza staccare gli occhi dal punto indefinito all’orizzonte bevve un
altro sorso della sua “fidata” bottiglia.
Un sorriso amaro si dipinse sul suo volto.
“ Se tutta quella gente là sotto sapesse che ogni singola sera, dopo
quella maledetta notte, mi sbronzo fino a non sapere nemmeno più chi sono …
beh, certamente mi darebbero un bel calcio in quel posto, creando una simpatica
scritta magica “GRAZIE MA NON ABBIAMO BISOGNO DI LEI IN QUESTO STATO”.
“Harry…” si ritrovò a pensare Ron “… stasera ha deciso di lasciarmi a me
stesso. Non posso certo biasimarlo.
Mia sorella gli ha chiesto di restare a casa per aiutarla a preparare la
festa per domani sera. Gentilmente gli ho concesso via libera… a dire il vero
non avevo voglia di tornarci.
E poi, diciamo che glielo devo. Mi sta coprendo, mettendo a repentaglio
anche la sua carriera. Sa benissimo, però, che se così non facesse e perdessi
il posto, la situazione che verrebbe a crearsi sarebbe molto pericolosa. Io
sarei molto pericoloso. Credo proprio che si sia ripromesso di tenermi
d’occhio. Anzi, sono proprio sicuro che l’ha promesso a mia sorella.
Sto combinando proprio un bel casino… e lui come sempre, in qualche modo,
mi è accanto. Devo sinceramente ricordarmi di ringraziarlo. “
Aveva ormai perso il conto delle volte in cui la mattina si svegliava
con un fastidiosissimo mal di testa. In quei momenti, non poteva che dar
ragione sia a Harry che a tutto il corpo Auror: quella non era la soluzione. Ma
poi tornava la sera, l’ora dio tornare a casa e lì, proprio in quel momento,
tutti i suoi possibili buoni propositi mattutini lasciavano spazio alla rabbia
e alla disperazione. In quei momenti, si convinceva che per tutti loro era
troppo facile parlare, non avevano la minima idea di quello che provava. In
quei momenti, non vedeva altra soluzione che la bottiglia.
Non riusciva a farne a meno. Non conosceva altro modo per permettere
alla sua mente di non pensare.
In altre parole, era distrutto.
Gli inutili discorsi di parenti e amici non servivano a nulla.
Il sostegno che non voleva, l’amore che rifiutava categoricamente non
servivano ad alleviare le sue pene.
Semplicemente perché loro non sapevano quello che stava provando.
Non avevano la minima idea dello sforzo immane che doveva fare, ogni
singolo giorno, per guardarsi allo specchio senza spaccarlo in mille pezzi.
Non si immaginavano nemmeno cosa dovesse sopportare ogni notte, non
appena provava a chiudere gli occhi.
Non avrebbero mai creduto che Ron non riuscisse a controllare la sua
paura o la sua voglia di vendetta che, ogni volta che si trovava su quel
maledetto campo di battaglia, ogni volta che si trovava davanti uno di quei
bastardi che dovevano combattere, sentiva crescere dentro di sé. Cresceva, la
sentiva prendere il sopravvento e nemmeno lui aveva la minima idea di come
ancora potesse trattenersi dall’ucciderli tutti senza pietà e non diventare
nient’altro che un assassino.
Loro non capivano, non potevano sapere cosa volesse
dire morire ed essere costretti a tornare ad una vita che ODI, che non ti
appartiene, che non desideri più perché non ti rimane più nulla per andare
avanti. Ronald Weasley non era sicuro nemmeno di possedere più un’anima.
-TUTTO, mi è stato portato via
tutto. – sussurrò al vento come se questi fosse stato l’unico spettatore dei
suoi pensieri.
* * * * * * * * * * * * *
La luna
brillava sicura nel suo regno di
tenebre.
I suoi raggi
bianchi e decisamente rassicuranti illuminavano appena la terra ai suoi
piedi. Lo scintillio della sua pallida
luce giocava elegantemente con le onde screziate d’argento del piccolo lago,
accanto alla villa.
Un’imponente
costruzione si ergeva massiccia sulla sponda sinistra dello specchio d’acqua.
Il parco infinito
era circondato a perdita d’occhio, da una corona di pini, salici e querce
secolari.
Una mano fresca ed
invisibile agitava le cime degli arbusti più alti e scrollava appena la chioma
dei più bassi.
Il prato verde
curato era pigmentato da chiazze di colori.
Fiori di ogni
genere erano presenti in quel giardino: rose, primule, tulipani, narcisi,
viole… Il loro profumo inebriava e rallegrava gli abitanti della villa: una
giovane coppia di sposi.
La spallina del
leggero abito primaverile, che la donna dai lunghi capelli bruni indossava,
scivolò senza rumore, lungo la linea morbida del suo braccio.
La pelle pallida e
gli occhi ambrati assumevano uno scintillio particolare alla luce della luna.
Era seduta sul
pavimento del balcone.
Le tende, di
leggerissima seta bianca, svolazzavano gioiose, sospinte dal vento dispettoso e
profumato di nontiscordardimé.
Spesso, dal loro
trasferimento lì, la donna si svegliava nel cuore della notte, senza una
ragione apparente; si alzava dal letto matrimoniale, che condivideva con la
ragione della sua vita, e silenziosa si recava a contemplare la luna.
In fondo, era
normale per lei non ricordare molto e soprattutto non sapere molto....
Aveva perso la
memoria a causa di uno strano incidente in un laboratorio di pozioni, a scuola.
Era caduta in coma e ci era rimasta per diversi mesi. Al suo risveglio,
sembrava che contemplasse ancora il bianco del sonno. Non sapeva più chi era,
né quali fossero i suoi cari, i suoi amici…
Un solo volto
l’aveva accolta con un sorriso radioso, quel giorno, in cui si era riaffacciata
sul mondo.
Quegli occhi di
ghiaccio duri e gentili, accompagnati dalla chioma bionda erano presto
diventati familiari.
Aveva imparato il
suo nome così in fretta: Draco.
Nonostante le
sembrasse spaventoso all’inizio, dopo si accorse che sulle sue labbra danzava
bene quella parola.
Era stato lui a
ridarle un’identità: nome, cognome e famiglia.
Però…
Non sapeva per
quale motivo, già il suo nome sembrava non essere suo.
Anastasia.
No, non le calzava
affatto.
Avrebbe preferito,
forse, qualcosa di più insolito e particolare, magari quel buffissimo nome che
di tanto in tanto sognava, Ginny.
Sorrise.
Decisamente non
era per lei nemmeno quello.
Magari Bilius…
“Quello è un nome
da maschio, scema!” si disse, ripescando la spallina dal suo braccio. Sospirò,
appoggiando la testa sulle ginocchia che teneva abbracciate.
Perché cercare una
risposta al suo passato doveva essere così stressante e soprattutto doloroso?
Si guardò il
tatuaggio che il giorno delle sue nozze le era stato marchiato a fuoco sul
braccio. Era un disegno molto grottesco che lei personalmente odiava. Guardarlo
le dava fastidio, la inquietava e preferiva tenerlo nascosto con l’incantesimo
che le aveva insegnato Draco.
-Amore mio, che
fai qui?-
Anastasia
sobbalzò, voltandosi. Incontrò gli occhi di Draco, grigi e freddi come al
solito, e per un solo intimo attimo aveva sperato che assomigliassero, almeno
nel colore, a quelli che sognava ogni notte: blue, buoni, passionali.
Arrossì
leggermente, quando suo marito s’inginocchiò
dietro di lei prima di baciarle la base del collo. Nonostante fossero
sposati da due anni ormai, non riusciva a sentirsi a suo agio con lui.
Quando Draco la
baciava le piaceva certo, ma aveva come l’impressione che lei non desiderasse
le labbra di suo marito in quel contatto. Ne era quasi certa che fosse alla
ricerca di quelle di qualcun altro.
Magari di quell’Harry.
-Stavo guardando
la luna…- gli rispose, scostandolo un po’. Lo fissò negli occhi, facendolo
sorridere.
-Come mai
Anya?-
Quando la chiamava
così odiava ancora di più quel nome che già non sopportava.
Sbuffò, voltando
la testa per non guardarlo.
Draco rise
leggermente , prima d’afferrarla per la vita e trascinarla sul suo petto forte.
Le accarezzò i capelli con dolcezza e, nonostante tutto, lei non poté fare a
meno di rilassarsi tra quelle braccia che tante volte l’avevano accolta per
consolarla.
Respirò
profondamente, lasciando che il profumo di suo marito le penetrasse
nell’essere, scacciando i pensieri più
sciocchi che aveva fatto.
Lei amava Draco e
si fidava di lui. Questo doveva bastarle.
Eppure…
-Amore?- lo
richiamò con una voce sottile e quasi
impercettibile se nella casa non avesse regnato il silenzio.
-Hm…- mugugnò
Draco in risposta, aprendo appena un occhio per essere più vigile.
-Sei proprio
sicuro, io non abbia mai conosciuto una ragazza di nome Ginny?-
Il biondo la
lasciò andare, sospirando rumorosamente. Era la centesima volta che gli poneva
questa domanda. Sapeva che l’altra
identità di Anastasia era molto intelligente ma non si sarebbe mai
aspettato questa tenacia.
-Amore, abbiamo
affrontato questo discorso milioni di volte. Da quello che so e credimi su di
te so molto, tu non hai mai conosciuto una ragazza che si chiamasse in quel
modo insulso…-
Anastasia vide
Draco serrare le labbra in una linea sottile. Si stava innervosendo ma lei
doveva continuare.
-Giurami che non
stai mentendo…-
L’uomo si voltò
per guardarla e, senza preavviso, si
avventò su di lei per baciarla. La fece rotolare sul pavimento
piastrellato, imponendosi su di lei con gentilezza. Cercò le sue labbra,
trovandole morbide e delicate , come sempre.
Erano state
proprio loro a tradirlo e farlo innamorare per davvero di Anastasia…
Approfondì il bacio
con trasporto, esplorando con calma e sensualità la bocca di lei. Le accarezzò
la base del collo con una mano, scendendo con troppa calma lungo la linea della
schiena, sui glutei, fino ad accarezzarle la coscia e poi il suo interno,
facendola sobbalzare.
Si distaccò giusto
il tempo per riprendere fiato e guardarla negli occhi che lei aveva riaperto
dopo poco. Draco tentennò alla vista della sincera voglia di sapere e di capire
che brillava in quelle iridi così calde e che ormai amava con tutto se stesso.
-Non sto mentendo,
amore mio…- e la baciò, di nuovo, con
trasporto e disperazione, con voglia di sentirla sua e di nessun altra ombra
che riemergeva con forza dal passato. –Fidati di me…-
Una lacrima solcò
fuggitiva il viso di Anastasia quando, nel buio dei suoi pensieri, quegli occhi
tornarono a farle visita.
*** *** *** ***
Le fiamme del caminetto del salotto scoppiettavano animatamente,
giocavano tra loro riscaldando la ragazza dai lunghi capelli rossi che sedeva
comodamente sulla sua poltrona preferita leggendo quello che a prima vista
poteva sembrare un libro molto antico.
Si passò una mano tra i capelli per riprendere una ciocca fuggitiva e
dopo aver riletto attentamente gli appunti che aveva tra le mani prese la
bacchetta e la puntò contro il fuoco.
- Ignis leo fit – una luce trasparente uscì dalla sua bacchetta e andò a
colpire le fiamme che cominciarono a cambiare forma senza però trasformarsi in
un leone come sarebbe dovuto accadere.
La ragazza fissò con poca convinzione il risultato del suo incantesimo, sospirò ma non si perse d’animo era pronta a
capire il suo errore e riprovare un’altra volta. Con la pratica si può fare
tutto no?
- Non puoi riuscirci Ginny – una voce calda alle sue spalle la fece
sobbalzare. Si voltò e vide che il famoso ragazzo con la cicatrice era
appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate e la fissava tra
il divertito e il rassegnato.
Non lo aveva sentito arrivare, dopotutto era uno dei migliori auror
impiegati dall’ordine della fenice. Era più che normale che le sue
materializzazioni e materializzazioni fossero silenziose. Era una delle prime
cose che gli avevano insegnato. Resta il fatto comunque che lei odiava queste
loro apparizioni improvvise. Potevano anche risultare sconvenienti no?
- Harry quante volte ti ho detto che almeno per materializzarti qui in
casa devi farti sentire? -
- Mmm a dire il vero credo di aver perso il conto… - le rispose lui
sarcasticamente – e poi devo essere sincero quella tua espressione terrorizzata
che hai ogni volta, te lo devo dire è impagabile! – finì lui stavolta ridendo a
crepapelle.
- Insensibili! Tra te e quell’idiota di mio fratello non mi farete
arrivare ai 30 anni! – gli urlò lei mentre gli tirava con tutta la forza che
aveva uno dei cuscini che aveva dietro la schiena.
Ovviamente, nonostante Ginny avesse una buona mira, Harry lo scansò
senza problemi.
- Dai Ginny non mettere il broncio! Lo sai che io e tuo fratello siamo
irrecuperabili per queste cose -
Fossero solo queste le cose per cui siete irrecuperabili.
- uffa, con te è impossibile avere una conversazione lo sai Potter? –
una domanda talmente retorica per lei che considerando chiusa la conversazione
tornò a leggere gli appunti precedentemente abbandonati
- Ignis leo fit – ripeté ancora una volta sperando vivamente di essere
più fortunata della volta precedente
- Ginny – Harry era alle sue spalle ora e le prese dolcemente dalla mano
la bacchetta – dove hai preso questo libro? -
- Era in camera di Ron -
- Sai vero che se scopre che lo hai preso senza il suo permesso si
arrabbierà moltissimo – gli disse lui con una dolcezza simile a quella che si
può usare per spiegare le cose ad un bambino
- Sì, lo so Harry, so che non vuole che nessuno tocchi questo libro ma
ne avevo bisogno per un incantesimo di trasfigurazione, il mio libro
dell’ultimo anno è a casa dei miei e non avevo voglia di passare a prenderlo -
- Capito.. e dimmi come hai fatto a leggere l’incantesimo che stai
provando? E soprattutto sai a cosa serve? -
- Beh … l’incantesimo è apparso non appena ho aperto il libro, non so è
come se mi avesse riconosciuto in qualche modo e si fosse mostrato. – spiegò
lei
- Vai avanti – la incoraggiò Harry mentre prendeva posto accanto a lei
sul bracciolo della poltrona
- E se ho ben capito dovrebbe far prendere la forma di un leone alla
fiamma del caminetto giusto? – concluse lei come se avesse appena risposto alla
domanda di un professore
- Più o meno Ginny… dimmi hai riconosciuto la scrittura vero? – le
chiese evitando di guardarla negli occhi
- Sì, è la sua scrittura, piccola e precisa. È inconfondibile e unica
come lo era lei -
- Inconfondibile e unica come è lei – ripeté Harry rimarcando il
presente della frase. Questa era una delle cose per cui il “nuovo trio” si
trovava spesso in disaccordo e per questo evitavano di parlarne apertamente.
Harry… perché usi il presente come se lei fosse ancora qui con noi? Si chiese nonostante conoscesse già la
risposta
- Comunque, credo sia venuto il momento che anche tu conosca e impari
questo incantesimo. Accio Libro – pronunciò Harry e il libro di trasfigurazione
del sesto anno di Ginny gli arrivò dritto nelle mani.
- Tieni. È da un bel po’ che non lo apri.. credo sia giunto il momento
che tu rilegga la prima pagina di questo libro -
Perplessa e stupita Ginny aprì il libro e non appena sfiorò la prima
pagina una serie di parole iniziarono a scriversi da sole.
Ignis vulpem fit
Non spaventarti Ginny, non è niente di strano o pericoloso! Ho solo pensato
di creare un semplice incantesimo che ci permetta di rimanere in contatto
mentre sarai ancora a scuola. Ron e Harry conoscono già il loro. Dato che
vorrei che per te fosse una sorpresa, ho fatto in modo che questa pagina possa
rivelarsi solo dopo il tuo primo giorno dell’ultimo anno. In questo modo spero
tu possa sentirti un po’ meno sola. Ti chiederai come funzioni questo
”incantesimo di comunicazione”. Beh ci ho lavorato tutto l’anno e alla fine il
risultato è complesso nella sua creazione ma semplice nella sua esecuzione.
Punta la bacchetta verso la fiamma e pronuncia l’incantesimo “Ignis fox fit “ e
vedrai che la fiamma prenderà la forma del tuo patronus (ho creduto che la cosa
migliore fosse farla trasformare in qualcosa che solo noi conoscessimo) e poi
ordinagli di contattare il “messaggero” della persona con cui vuoi stabilire il
contatto. Una fiammella della forma del tuo patronus si formerà ovunque io uno
di noi si trovi dandoci il tuo messaggio. Spero di dover usare questo metodo
solo in momenti di pace.
Ti auguro un anno meraviglioso a Hogwarts (già mi manca) e spero di
sentirti il prima possibile.
Non ci fu bisogno di leggere la firma perché Ginny riconoscesse il
mittente di quel messaggio. Lacrime amare e singhiozzi riempirono il silenzio
che si era creato nella stanza.
- I..o… io non immaginavo … non sapevo – balbettò Ginny
- Tu non dovevi sapere, era una sorpresa – Harry si accomodò più vicino
a lei sulla poltrona e le circondò le spalle con un braccio – lavorò tutto
l’anno su questi incantesimi perché fossero pronti in tempo. Ricordo ancora
quel giorno. Erano passati pochi giorni dalla fine degli esami del settimo
anno. Seamus, Neville e Dean erano già usciti per la colazione quando una furia
entrò nel dormitorio -
- Ron, Harry
svegliatevi!!! Devo dirvi una cosa importantissima!!! Ci sono riuscita!!! –
- Ahhh - urlò Harry che aveva già la bacchetta
puntata su di lei
- mmm – fu la
sola risposta di Ron che si rigirò pigramente su un fianco ignorando
completamente la nuova arrivata
- Pigroni che
non siete altro alzatevi! Sono le 8.00 e ho una bella notizia per tutti e due!
– disse mentre con un incantesimo scopriva i due belli addormentati
- Ma che
cavolo??? Yahannn – sbadigliò Ron, si stropicciò gli occhi e mise a fuoco il
colpevole dell’alzataccia – Ah… sei tu… ma ti pare il modo di svegliarci?-
- Ron
finiscila e vedi di svegliarti ho bisogno della vostra attenzione. – rispose
lei e non curandosi delle proteste dei poveri grifondoro prese la sua bacchetta
e pronunciò – Infamare! – un bel fuoco iniziò a scoppiettare tra i letti dei
due
- Ma ti pare
il caso di accendere un fuoco a Luglio? –
- Oh, silenzio
Ron e stai a guardare! Ignis luntram fit – una lontra di fuoco prese vita dalle
fiamme – Va da ron e digli che ho bisogno del suo aiuto – la piccola lontra di
fuoco si spense per riaccendersi in meno di un secondo di fronte e ron e
recapitarli il suo messaggio.
I due ragazzi
erano a dir poco senza parole. Erano abituati al suo genio, ma quello andava al
di la di ogni possibile immaginazione… almeno la loro
- Allora, che
ve ne pare? – chiese lei speranzosa che la cosa potesse fargli piacere
- io.. beh…
sono senza parole – Disse Harry mentre Ron fissava ancora incredulo il punto
del suo letto dove la piccola lontra era fino a pochi secondi prima – spiegaci
un po’ … tu sei riuscita a creare un incantesimo di comunicazione sotto i
nostri occhi senza farci sapere nulla? Ma quando lo hai preparato? La notte? –
dalla voce di Harry trapelavano allo stesso tempo note di ammirazione e
rimprovero
Le guance di
lei si colorarono di rosso e lusingata annuì con il capo – beh si… certo non
tutte… e non solo la notte, ci ho lavorato per tutte le vacanze di Natale
-
- Quindi, ogni
volta, che ci dicevi che andavi a letto presto ti rinchiudevi nella tua stanza
per creare questo? Ma ti rendi conto che non solo hai perso il tuo ultimo anno
a Hogwarts ma hai anche costretto te stessa a lavorare al di la dei limiti?
Perché non ce lo hai detto? Non che avessimo forse potuto fare qualcosa ma
almeno avremmo evitato di assillarti con i nostri compiti – Le disse Ron tra il
preoccupato e il premuroso
- Hai ragione
Ron, avete ragione tutti e due ma adesso che ho creato questo incantesimo
prometto solennemente che mi riposerò per almeno una settimana –
- 1 mese – la
guardò torvo Ron
- … sì, va bene
un mese… comunque torniamo a noi. Non ho ancora finito di spiegarvi bene come
funziona. Come avete visto la fiamma prende la forma del proprio patronus
quindi l’incantesimo che dovrete pronunciare sarà personale. Intento dire che
ho fatto in modo che solo il proprietario del Patronus potrà crearlo dalla
fiamma. Vi faccio un esempio. Harry quello che dovrai pronunciare tu sarà Ignis
cervum fit. E nessun altro al mondo anche se lo pronunciasse e eseguisse
correttamente potrebbe eseguirlo. Ho creato un sigillo per ogni incantesimo
come se l’incantesimo riconoscesse il suo “creatore” e non si mostrasse a
nessun altro che lui. Quindi non c’è pericolo di essere ingannati. Ron il tuo
sarà Ignis leo fit. E ne ho creato uno anche per Ginny. Per lei sarà la vera sorpresa.
Con questo potremmo restare sempre in contatto. Che ve ne pare? –
- Che ce ne
pare? – chiese sbigottito Ron – Harry ci chiede che ce ne pare… glielo dici tu
o glielo dico io… -
- Amico..
diglielo tu che io sto ancora tentando di capire cosa devo aver fatto di così
buono perché merlino abbia deciso di farla entrare nelle nostre vite – disse
ridendo e scendendo dal letto per andare ad abbracciare l’amica
- Sempre a me
l’arduo compito vero? – Disse sorridendo mentre stava alzandosi per andare a
contribuire all’abbraccio di gruppo – Te lo dissi primo anno … Terrificante ma
senza dubbio brillante! – le loro risate si potevano sentire fin dalla sala
comune
Dagli occhi tristi e incredibilmente verdi del ragazzo iniziarono a
scendere lacrime argentee che per troppo tempo erano state trattenute. Un tempo
si era ripromesso di non piangere più per lei. Averlo fatto avrebbe significato
perdere le speranze e né lui né Ron avevano anche la minima intenzione di
farlo.
Pensare a lei ai ricordi del magico trio gli faceva male. Dannatamente
male. Non sapere più nulla, quella sensazione di impotenza lo faceva impazzire.
E l’unica ragione per cui ancora aveva un barlume di lucidità lo doveva a
quella favolosa ragazza dalle lentiggini che aveva accanto.
Due dita gentili gli asciugarono le lacrime che scendevano incessanti
sul suo volto. I loro occhi si incrociarono per attimi che gli sembrarono un
eternità prima che lei parlasse.
- Non avevo idea di questo. È una cosa bellissima e geniale come solo
lei avrebbe potuto fare. Non volendo ci ha lasciato un favoloso ricordo di lei.
In questo modo è come se non se ne fosse mai andata –
Quelle parole pronunciate con tanta innocenza e leggerezza furono per
lui un pungo dritto allo stomaco. Come poteva lei che diceva di esserle stata
amica credere che lei se ne fosse andata per sempre.
- Cosa vorresti dire con questo Ginny? – le parole di Harry avevano un
che di accusatorio.
- Ah, – sospirò Ginny come per collezionare le forse necessarie ad
affrontare quella discussione senza via d’uscita. Sapeva per certo che
avrebbero finito per urlarsi contro e sapeva anche che probabilmente non si
sarebbero parlati per il resto della serata. – Harry per favore.. -
- No, Ginny non esistono per favore! Adesso tu mi dici esattamente cosa
vuoi dire con questa frase.-
- Harry… devi accettare la realtà … non c’è bisogno che te lo dica io..
lo sai benissimo cosa volevo dire! -
- NO GINNY NON LO SO! Guarda un po’ oggi sono stupido e voglio
sentirmelo dire da te! – urlò lui con un fare strafottente e battendo il pugno
sul tavolo
- HARRY TU E RON DOVETE ACCETTARLO LEI E’ MORTA e niente e nessuno potrà riportarla indietro
– disse lei tutto d’un fiato mentre calde lacrime continuavano a scenderle
dagli occhi oramai arrossati. Anche per lei era dura affrontare una cosa del
genere, come del resto lo era stato per tutta la famiglia ma con il passare del
tempo se ne era fatta una ragione. Erano già passati 3 anni ma per loro
sembrava che non fosse passato nemmeno un istante. Per loro era come se la cosa
non fosse mai accaduta o meglio erano coscienti del cambiamento ma non
riuscivano proprio ad affrontarlo. Si ostinavano a credere con tutte le loro
forze che un giorno, magicamente forse, lei sarebbe tornata nelle loro vite. Ma
Ginny sapeva che non sarebbe mai potuto accadere e questo forse le faceva più
male che sperare.
Era perfettamente cosciente dell’effetto che avrebbe avuto quella frase
in quel momento ma aveva pronunciato quelle parole con la disperazione di una
sorella e al tempo stesso di una donna innamorata che non poteva più sopportare
lo strazio di vedere le persone che amava non essere più quelle che erano una
volta solo per vivere nei ricordi.
Non fu quindi il silenzio insostenibile per chiunque che si propagò per
la stanza o il fuoco che si stava spengendo a farla raggelare e provare un
brivido. Non riusciva quasi a crederci ma quel brivido era di paura. Non
avrebbe mai creduto di poter guardare negli occhi Harry e non vedere quella
luce che questi emanavano e di cui si era innamorata. Non avrebbe mai creduto
che questa avrebbe mai potuto lasciare il posto al vuoto.
Harry non la stava guardando con il suo solito dolce sguardo sempre
pieno di comprensione e amore. Adesso ai suoi occhi lei era una traditrice e
sapeva che non ci sarebbe voluto molto prima che lui glielo spiattellasse senza
troppi complimenti in faccia.
- Sai che ti dico Ginny … - iniziò lui con tutta la calma di questo
mondo creando nella povera ragazza lo sconforto più completo – IO e credo
proprio di parlare anche per Ron, me ne frego altamente di quello che TU o
qualsiasi altra persona possa pensare. Ron ed IO siamo totalmente convinti che
lei non se ne sia andata per sempre. E sai perché? Vuoi sapere perché? – si
alzò di scatto sovrastando la sua minuta figura. A questo punto anche la sua
aurea si stava espandendo senza più freni. La rabbia, la disperazione e i sensi
di colpa stavano prendendo il sopravvento e lui non poteva fare nulla per
fermarli. Non riusciva più a controllarli e inevitabilmente si sarebbero riversati
da un momento all’altro su di lei.
Ginny non poté altro che alzare i suoi occhi fino ad incrociare quelli
di lui consapevole che quello che avrebbe sentito le avrebbe fatto male. Molto
male.
- Voi, te compresa che ipocritamente vi professate tanto suoi amici non
la conoscevate affatto. Voi NON eravate con noi tutte le volte che abbiamo
dovuto affrontare Voldemort e NON avete la minima idea di quello che ci lega.
Ci diedero anche quello stupido nomignolo “il magico trio” te lo ricordi vero?
E come si può dimenticarlo! Un soprannome idiota vero? Ma non avevano idea di
quanto fosse vero. Quello che ci lega è al di là di ogni possibile
comprensione. Se uno di noi, per una qualsiasi ragione al mondo, fosse morto lo
sapremmo… e proprio per questo ti posso
assicurare che lei è viva e vegeta. E non perché abbiamo paura di ammetterlo
ma semplicemente perché sia io che Ron
lo sentiamo. E tu cara Ginny come tutti gli altri, non dovete permettervi di
dirci nulla o di insinuare nulla. Se avete perso le speranze, NON potete certo
costringerci ad abbandonarle anche noi. Lo capisci questo, Ginny? NOI non la
abbandoneremo mai… lei non lo avrebbe mai fatto. Mi spiace dirtelo ma sapere
che anche tu non ci credi, è una cosa che fa male. È un colpo che non dovevi infliggerci.
Non avrei mai creduto che anche tu avresti mai potuto tradirci come stai
facendo adesso –
E, come previsto, quelle parole non la ferirono soltanto ma fu come se
avesse preso in pieno petto un cruciatus. Se Harry infatti avesse preso la
bacchetta e le avesse scagliato contro un cruciatus, avrebbe sicuramente avuto
effetti meno devastanti delle parole che aveva appena pronunciato. Come poteva
Harry, anche solo pensare che l’avesse dimenticata figuriamoci poi credere che
lei non le fosse mai stata amica. È vero non era mai stata con loro contro
Voldemort, non certo per sua volontà. Si sarebbe lanciata in mezzo al fuoco per
loro. Come poteva Harry trattarla così duramente? Anche lei aveva sofferto come loro, certo non
nello stesso modo ma anche lei ancora stava male per quello che era successo.
Magari non lo dava a vedere come Ron ma anche a lei mancava, in tutti quegli
anni se non se ne erano accorti era arrivata a considerarla la sorella che non
aveva mai avuto. E allora come poteva Harry anche solo essere sfiorato
dall’idea che a lei non gliene fosse mai importato?
Adesso anche la sua rabbia stentava a controllarsi, capiva il loro stato
d’animo e in quegli anni aveva fatto di tutto per stargli accanto lasciandogli
però i loro tempi e spazi. Ma a tutto c’era un limite sia Harry che suo
fratello lo avevano superato. L’unica differenza era che suo fratello lo aveva
superato molto tempo prima ed era talmente lontano tanto quasi da avene perso
le tracce mentre Harry aveva avuto la brillante idea di prendere un treno in
corsa e lanciarsi direttamente sulla pazienza di Ginny non pensando ovviamente
alle conseguenze terribili che ne sarebbero derivate.
Prese un lungo respiro come a raccogliere le forze che le sarebbero
servite per dire quello che Harry si meritava e si alzò dalla poltrona sulla
quale si era precedentemente seduta in posizione fetale come se in quel modo
avesse potuto in qualche modo difendersi dal fiume di affilate spade,
mascherate come parole, che Harry le aveva lanciato contro.
Era fermamente convinta che Harry avesse bisogno di una strigliata. Come
osava trattarla in quel modo? Come l’ultima delle insensibili senza cuore? Non
se lo meritava e tanto meno detto da lui. Prese un altro respiro prima di
alzare il suo sguardo per ritrovare ancora una volta il suo. Era convinta,
Harry non poteva passarla liscia. Dopo molti secondi si decise finalmente a
parargli fissandolo dritta negli occhi, se non fosse che quello che vide la
spiazzò totalmente.
Il verde degli occhi di Harry era diventato ancora più chiaro a causa delle
copiose lacrime che gli bagnavano il volto ma quello che lasciavano trapelare
adesso non era più rabbia o vendetta ma
semplicemente erano alla ricerca di comprensione. Quella che aveva perso lui
non era solo un’amica ma anche per lui una sorella. Lui che non aveva mai avuto
una famiglia aveva perso quella che per lui sia avvicinava di più a quello che
si può intendere per famiglia. Vedendolo in quella situazione tutti i propositi
guerriglieri di Ginny si sciolsero come neve al sole. Certo rimaneva della sua
idea ma non se la sentiva proprio di litigare ancora con lui, non se la sentiva
di fargli ancora più male di quanto non se ne stesse già facendo. Almeno per
quella sera lo avrebbe lasciato in pace. Ce ne sarebbero state molte altre per
farlo ragionare. L’unica cosa che quindi gli rimaneva da fare era quella di
restargli accanto senza pretendere nulla in cambio.
E così fu.
Dopo interminabili attimi fatti di lacrime, non poté fare altro che
alzarsi in punta di piedi e baciare le lacrime che ancora accarezzavano il
volto del suo amato. Non le rimase altro che stingerlo a se e dirgli cosa
veramente provava in quel momento.
- Ti amo – due semplici parole che lo spiazzarono, dette con una purezza
e semplicità così disarmante che ebbero il potere di spezzare anche l’ultima
difesa che il nostro guerriero aveva creato. – Ti amo Harry e lo sai. Non
voglio vederti star male. So che abbiamo deciso che fino a che Voldemort sarà
in circolazione la cosa migliore è non andare al di la dell’amicizia. Ma sai
anche che a me non importa e che odio vederti stare così e odio vedere stare
male anche Ron. Non vi meritate tutto questo dolore e vorrei solo poterlo
cancellare. Vorrei rivedere il sorriso sul volto di Ron ma so che fino a che
non si deciderà ad accettare la cosa non andrà mai vanti. Capisci cosa voglio
dire? – I loro visi oramai erano alla stessa altezza, la fronte dell’uno era
appoggiata a quella dell’altro. I loro respiri si erano uniti per formarne uno solo e le loro labbra
erano separate solo da un inesistente velo.
- Lo so, Ginny – quelle parole pareva gli costassero una fatica
tremenda. – capisco quello che vuoi dire ma rispondimi… dici di amarmi e non lo
metto in dubbio ma se fossi stata al posto di tuo fratello avresti smesso?
Avresti smesso di amarmi? – i loro volti erano sempre più vicini, solo la loro
volontà a tenerli distanti.
- No, Harry mai. Mai smetterei di amarti. – nello stesso istante in cui
finì la frase capì quello che Harry realmente intendeva. Quello che Harry le
disse dopo tecnicamente era quindi del tutto superfluo ma se non lo avesse
detto quella conversazione non avrebbe avuto la sua naturale conclusione.
- E allora Ginny perché pretendi che sia lui a smettere di amarla? – Non
la guardò negli occhi mentre pronunciava queste parole, semplicemente perché in
quel momento le lacrime di lei erano diventate tutt’uno con le sue e le loro
labbra si erano unite alla disperata ricerca del conforto che solo quelle
dell’altro avrebbe mai potuto dargli.
*** *** ***
Il sole caldo le accarezzava un lato del
viso. Sentiva il vento sulla sua pelle e
quel profumo di primavera scorrerle nelle vene. Aveva nel cuore la sensazione
più piacevole che avesse mai provato: sentiva di essere al sicuro, sentiva di
poter abbassare finalmente la guardia e lasciare che la tranquillità e l’amore
la invadessero totalmente.
Gli occhi, ambrati e grandi, si aprirono
sullo spettacolo naturale che le si
stagliava di fronte: un lago nero e leggermente increspato dal vento giocondo e
profumato, una valle verde ed un castello, maestoso ed antico, si contrapponeva
all’azzurro del cielo terso e primaverile.
Guardò in basso e ritrovò sulle sue gambe un
libro aperto. Sapeva che era vecchio, lo sentiva dal profumo di carta che le
s’intrufolava nel naso. Sfiorò con esitazione quelle parole che vedeva stampate
ma delle quali non riusciva a ricordare il significato.
Poi, all’improvviso, una voce conosciuta,
famigliare e tremendamente piacevole. Chiamava qualcuno, un nome che lei non
aveva mai sentito eppure era certa fosse suo una volta.
Tanto tempo addietro.
Il vento divenne più forte, tutto d’un
tratto.
Le fronde degli alberi si agitarono con
fermento ed alcune gocce di acqua del lago le bagnarono il viso.
Guardò il cielo con apprensione, notando
grandi nubi grigie e pesanti avvicinarsi a grandi passi verso il castello.
Un temporale era prossimo.
Si alzò veloce, chiudendo il libro con un
colpo. Fece appena in tempo ad allontanarsi dalla grande quercia sotto cui era
seduta, che una fortissima pioggia si abbatté sulla natura.
Correva come mai aveva fatto; il vento più
freddo e violento le frustava le gambe toniche e giovani, la gonna bagnata la
schizzava ad ogni passo. Con una
velocità impressionante, la terra aveva assorbito l’acqua piovana, assumendo la
forma di un piccolo pantano.
Le sue calze, ben presto, s’impregnarono di
fango e, quando riuscì ad arrivare all’entrata del castello, era ormai bagnata
e sporca di terra su tutto il corpo.
Rimase a riprendere fiato, lì, sotto il
cornicione dell’antico castello.
I capelli completamente fradici ed il fango
che le macchiava di striscio una guancia. Guardò l’orizzonte, osservando come
tutto il passaggio fosse cambiato: più scuro, più triste eppure ancora così
famigliare e rassicurante per lei.
Improvvisamente, intravide tra il fragore
della pioggia, una figura nera e sfuocata. Stava correndo nella sua direzione.
Non ebbe paura perché riconosceva quel modo di correre ed avvicinarsi con tanta
irruenza.
-Cosa fai qui?- quella voce la fece rabbrividire.
-Non sono affari che ti riguardano.- perché
rabbia nella sua esclamazione, perché paura e perché quel maledetto battito di
cuore così accelerato e piacevole?
-Ancora arrabbiata con me?-
Alzò lo sguardo che aveva tenuto basso fino
a quel momento e l’immagine sembrò sfuocata e senza senso. Poi, come in tutti i
suoi sogni, quegli occhi azzurri e passionali fecero capolino dal nulla,
facendola sobbalzare.
-Perdonami…-
Sentì il suo cuore arrestarsi e poi
riprendere a battere. Aveva udito una note dispiaciuta nella voce e questo
l’aveva quasi fatta commuovere.
-Non cercare di comprarmi con i tuoi occhi
dolci.- Fissò le sue iridi in quelle azzurro cielo dell’interlocutore e capì di
amare quello sguardo.
-Non dovevo spiare le tue lettere.-
Un tocco leggero, impalpabile, delicato le
sfiorò la guancia, proprio dove sapeva di aver lo schizzo di fango.
Il suo cuore pompò più sangue, facendola
arrossire.
-Promettimi di non farlo mai più.- sentì la
sua voce sottolineare il “mai”.
Vide quello sguardo blue accendersi di
sincera felicità, prima che si sentisse stringere e sollevare da terra. –Ti
voglio bene, ‘Mione.-
Finalmente un nome che non le dispiaceva
affatto.
*** *** *** ***
Si svegliò di soprassalto urlando. Il sudore gli imperlava la fronte e
il corpo, e il respiro era irregolare quasi quanto i battiti del suo cuore.
Proprio li si portò una mano come per accertarsi che vi fosse ancora e che non
gli sbalzasse senza preavviso fuori dal petto. Non che credesse che la perdita
improvvisa della metà che gli era rimasta potesse cambiarlo più di tanto.
Chiuse gli occhi e si chiese cosa ancora spingeva quel piccolo ma grande organo
ad andare avanti. La speranza forse di ritrovare quella metà che gli era stata
strappata via senza preavviso? Forse…
Ma di certo lui non ne aveva idea. L’unica cosa che conosceva dopo
quella maledetta notte era solo il vuoto, la perdita, la disperazione e il
dolore.
E come il corvo che continua a tormentare per il fegato dell’ignaro
peccatore consapevole dei suoi peccati gli orrori di quella notte tornavano a
fargli visita ogni volta che prendeva sonno sotto forma di incubi.
Anche quella volta era stato lo stesso.
Strinse tra i pugni il sottile lenzuolo come se il lacerarlo potesse far
calmare la sua rabbia e disperazione.
Tentò di regolare il suo respiro e tirò via con poca grazia quell’odiato
strato di cotone. Nonostante mancasse poco all’alba la sua stanza era peggio di
un forno e quel sottile oggetto era per lui una costrizione.
Ne avrebbe fatto volentieri a meno se non che, dopo l’arrivo della
sorella nella loro casa, questa aveva preso l’abitudine di andare a svegliarlo
ogni mattina e dopo la volta in cui scoprì che suo fratello in piena estate
adorava dormire senza nessuna “costrizione” lo pregò gentilmente tra gli urli
scioccati di coprire il copribile onde evitarle uno shock giornaliero.
L’accordo fu stipulato senza troppe lotte dato che senza “la sveglia” di
sua sorella nemmeno le cannonate sarebbero riuscite a svegliarlo.
Appoggiò i piedi nudi sul pavimento e un breve, ma inteso brivido gli percorse il corpo.
Brutto
presentimento ma non voglio dargli peso adesso.
Si avvicinò alla finestra aperta e stancamente si appoggiò al davanzale
pronto a godersi lo spettacolo dell’aurora.
Erano quasi le 5.00 e quella mattina avrebbe dovuto svegliarsi solo alle
6.00. Sapeva che non sarebbe mai riuscito a prendere sonno quindi che male
c’era nel restare li a godersi quel attimo di pace e silenzio.
I colori luminosi dell’alba stavano silenziosamente facendo capolino e
prendevano piede su quelli scuri della notte. Colori caldi, seppur tenui e
delicati, lentamente ma con decisione, quasi prepotentemente si facevano strada
prendendo il posto che gli spettava mentre i freddi colori notturni come un
perfetto soldato obbedivano agli ordini ritirandosi per il meritato riposo dopo
una lunga ed estenuante battaglia.
- Ciao, Ron
-
Un rumore di
passi e un lieve fruscio, forse di una camicia da notte, arrivarono alle sue
orecchie. Le sue labbra si piegarono in un sorriso involontario. Non avrebbe
avuto bisogno di girarsi per sapere a chi appartenevano.
- Come mai
così mattiniero? È strano vederti in piedi di domenica mattina prima di
mezzogiorno- lo canzonò amorevolmente lei.
Voleva
giocare… e lui non era il tipo certo che si tirava indietro.
- Ehi, non è
vero che non mi alzo mai la domenica mattina prima di mezzogiorno – rispose
fingendosi profondamente ferito nell’orgoglio
Lei inarcò un
sopracciglio - si certo Ron e io non ho
mai aperto un libro in vita mia! -
- Va bene,
forse qualche volta la domenica mi piace dormire! –
Con lei la
resa delle armi non era mai umiliante, a volte divertente, anche piacevole in
fondo.
- Lo sai vero
che sei una battaglia persa a volte? – disse incrociando le braccia al petto
- Diciamo di
sì! Ma so anche che mi adorate così come sono eheh –
Sorrise anche
lei e si avvicinò alla poltrona che aveva spostato davanti alla finestra, si
sedette sul bracciolo e sempre sorridendogli gli passò una mano tra i capelli
fino ad accarezzargli la guancia. – Ti va di dirmi seriamente perché sei
sveglio a quest’ora da te definita ”indecente” del mattino?-
Ron riaprì gli
occhi che aveva momentaneamente chiuso al tocco della ragazza. Adorava questo
loro scambio di effusioni privato. Non era nulla di che. Erano sempre molto
imbarazzati l’uno con l’altra ma spesso quando l’uno o l’altro era giù ed erano
lontani da sguardi indiscreti si concedevano questi brevi momenti di
complicità.
- Non riuscivo
più a prendere sonno. Ma tu invece? Non che ti svegli normalmente molto più
dardi ma anche per te questa è “un’ora indecente del mattino” –
- Avevo
bisogno di vedere l’alba. – spiegò lei con lo sguardo perso nell’orizzonte
l’aurora e i suoi colori la rendevano ancora più bella, se possibile, ai suoi occhi
-
Sai che riesci sempre a stupirmi… non avrei mai creduto che ti alzassi ogni
giorno all’alba solo per vederla – le rispose
- Ah, Ron.. – disse alzando lo sguardo al cielo – con te non è mai
possibile fare un discorso serio. -
-
Sì, scusa, scusa – la trattenne a se non voleva che se ne andasse. – torno
serio immediatamente! – lo sguardo di lei era scettico – visto… sono serio. Mi
stavi dicendo che hai bisogno di vedere l’alba. Posso sapere perché? -
- Beh… se non mi prendi in giro te lo dico. – confessò mentre le guance
le si coloravano di un adorabile color porpora.
- Ovvio che non ti prenderò in giro – pronunciò queste parole con tutta
la dolcezza di cui era capace. Prese il suo mento tra le dita e la costrinse a
guardarlo – sai che adoro parlare con te e che mai ti prenderei in giro. L’ho
fatto una volta e quasi rimanevi uccisa da un Troll… da chi li copio poi i
compiti io? – finì la frase con un sorriso furbo
Strabuzzò gli occhi e iniziò
dargli dei colpetti sul braccio – Brutto insensibile che non sei altro!
Ma guarda te! La prossima volta il tema di pozioni lo copi da Harry! -
- No, ti prego! Sarebbe la bocciatura a vita assicurata- la supplicò tra
le risate inginocchiandosi e abbracciandole le gambe.
- Ma guarda te cosa mi tocca vedere. Ronald Wasley alzati immediatamente
e finisci di fare il cretino! – la sua voce seppur spezzata dalle risate
trapelava un po’ di imbarazzo. Non era usuale un contatto simile tra loro.
- Ok, ok! Mi alzo ma tu vieni qui e spiegami seriamente cosa ti passa
per quella testolina e perché dovevi vedere necessariamente l’alba oggi. – le
porse la mano imbarazzato anche lui per l’estrema audacia avuta e non appena
ebbe la sua piccola e fragile mano in quella molto più forte di lui la avvicinò
a sé e la fece sedere sulle sue ginocchia.
Stupiti piacevolmente dall’inusuale situazione i due si guardarono negli
occhi per un istante per loro eterno prima che lei interrompesse il silenzio
con la sua voce.
Trasse un profondo respiro e cominciò a parlare – Devi sapere che quando
ero piccola, avevo circa 6 anni, tutte le estati andavamo con i miei genitori nella casa di
campagna dei miei nonni. Adoravo i miei nonni erano così buoni con me. Ogni
volta che andavo a trovarli avevano sempre un nuovo libro che parlava di fate o
gnomi o qualsiasi altra creatura del mondo magico. Diciamo quindi che mi
piaceva anche andare a trovarli. Il problema sorgeva la notte. Avevo una paura
matta della loro casa. Era molto vecchia ma nonostante questo era ancora molto
bella e elegante. I muri di ogni stanza avevano un colore diverso e ricordo che
quelli della mia cameretta li avevo scelti io. Azzurro con delle nuvolette che
facevano sembrare la stanza sempre in pieno giorno. Passavo intere giornate in
quella stanza. La notte però riuscivo proprio a dormirci. Passavo praticamente
sveglia tutta la notte a causa di strani rumori a cui, all’epoca, non riuscivo
a dare una spiegazione. Così passavo il tempo leggendo per tenere la mente
occupata e aspettavo con ansia l’alba. Per me l’alba non era solo un nuovo
giorno ma era la rinascita la vittoria della luce sulle tenebre che tanto
odiavo e di cui tanto avevo paura. Per questo ogni volta che mi sento
particolarmente giù ed impaurita anche adesso sento il bisogno di vedere
l’alba. Non so perché ma è come se mi desse speranza. So che è può sembrarti
stupido.. ma so anche che in qualche modo mi comprenderai giusto Ron? – finì
lei lasciando che il suo sguardo vagasse all’orizzonte
- Sì,. Anche
se potrà sembrarti strano lo comprendo benissimo ed effettivamente il tuo
ragionamento come al solito non fa una grinza. Non avrei potuto spiegarlo
meglio. -
Il sole ormai
era sorto e, anche se non era ancora talmente alto da riscaldare, illuminava la
stanza piacevolmente permettendo ai due giovani di avere una chiara visione del
volto dell’altro. Era un momento di assoluta pace e tranquillità che i due non
avrebbero mai voluto finisse. Fu solo un sussurro ma per lui fu
sufficiente.
- Ron, sono
felice di aver visto quest’alba con te. Grazie è il più bel regalo che tu mi
abbia mai fatto. – una piccola lacrima insistente ruppe le sue barriere e scese
ad accarezzarle il volto
Ron se ne
accorse immediatamente e il suo cuore fu come stretto in una morsa. Sapeva
benissimo cosa stava pensando e cosa volesse dire con quelle parole.
- Anche io ‘Mione
– le disse costringendola a guardarlo negli occhi e tentando di infonderle
tutto il suo amore con il suo sorriso – e al contrario di quello che pensi tu
ti prometto che ne vedremo molte altre insieme, ti prometto che di questi
regali ne avrai talmente tanti che forse un giorno arriverai anche a
stancartene -
Speranze, promesse di innamorati non totalmente coscienti di quello che
realmente provano ma che si ritrovano a confessarsi i loro sentimenti senza
nemmeno rendersene conto migliaia di volte al giorno attraverso i loro piccoli
gesti quotidiani.
Una frase che può celare milioni di significati ma che poi ne assume uno
soltanto. Quello che gli darà la persona che la ascolterà.
In quel momento, non avrebbe mai
immaginato che non avrebbe portato a termine la sua promessa.
*** *** *** ***
Anastasia si
guardò velocemente allo specchio, passandosi le mani tra i folti riccioli bruni
per ravvivarli. Aveva delle leggere occhiaie violacee sotto gli occhi ambrati
ed intelligenti. Picchiettò con la punta delle dita sulla pelle delle guance
per dare loro più colore: era così pallida!
Scese le scale di
marmo bianco senza emettere alcun rumore, ancora immersa nelle sue sensazioni e
nei suoi turbolenti ricordi della notte passata.
Riusciva appena ad
udire il leggerissimo rumore di stoviglie provenire dalle grandi cucine dove i
diligenti elfi domestici lavoravano senza sosta, per preparare la loro
colazione.
-Mia cara…- sentì
dire da una voce gentile e famigliare.
Alzò lo sguardo e
ritrovò l’elegante figura di Narcissa Malfoy a pochi passi dall’entrata. Doveva
essere appena arrivata; indossava il soprabito da viaggio blue ed il cappello
con la visiera larga, contornato da una brillante fascia verde.
Perfettamente
truccata, con i capelli impomatati non dimostrava affatto la sua età, ormai
importante. Magra e longilinea era ancora una donna piacevole sia per aspetto
che per compagnia.
Anastasia adorava
sua suocera. Le voleva bene, forse più che a sua madre. Pensandoci bene, non
era affatto strano, visto che di sua madre non ricordava nulla.
-Narcissa!-
esclamò con contenuta felicità come le aveva insegnato la donna bionda.
Le corse incontro
per salutarla con un breve ma sincero abbraccio d’affetto.
Narcissa sorrise
contenta; aveva sempre desiderato una figlia femmina e con Anastasia aveva
realizzato il suo sogno.
La ragazza era
deliziosa: gentile, sveglia ed affettuosa.
Senza eccedere o
strafare, la piccola Anya era riuscita a conquistarsi un posto di rilievo nel
semicongelato cuore della suocera.
-Ma come sei
pallida, mia cara. Cosa ti è successo?-
La bruna le
sorrise, accettando di buon grado la delicata carezza di Narcissa sulla
guancia.
-Nulla
d’importante.- gli occhi scuri di Anastasia saettarono in quelli color ghiaccio
di Narcissa che capì al volo. Sorrise con indulgenza, schiarendosi la voce
sottile.
-Cosa ne dici di
raccontarmi tutto davanti ad un’abbondante colazione?-
Anya annuì,
raccogliendo il soprabito ed il cappello della donna. Avrebbe dovuto chiamare
un elfo domestico ma, non sapeva bene il motivo, le dispiaceva sempre chiedere
il loro aiuto. Trovava che fossero già abbastanza sfruttati.
Li appese con cura
nell’armadio e, prendendo a braccetto Narcissa, entrò nella sala da pranzo dove
gli elfi domestici avevano già apparecchiato la tavola.
Un intenso profumo
di brioche le accolse, facendole sospirare di desiderio.
Si sedettero con
eleganza ai lati del tavolo e, in un batter d’occhio, il cibo ricoprì la
tovaglia bianca e ricamata.
Anastasia iniziò a
raccontare il sogno di quella notte e, come al solito, Narcissa immagazzinò
tutte le informazioni con avidità e passione.
Non l’avrebbe mai
ammesso ma, in fondo, anche lei si era invaghita di quello sguardo blue
cobalto.
Continua…
|
|
|Segui la freccia…
|
|
|
|
|
\/
Cliccate sulla
scritta celeste *___*