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Autore: Angele87 e Phoebe80    12/11/2005    11 recensioni
Ron, Harry, Ginny condividono la stessa casa, la stessa vita e gli stessi interessi. Qualcuno, però, manca all'appello, qualcuno creduto morto deve essere ritrovato. Tra ricordi, sogni e incantesimi due anime inseparabili cercheranno di ritrovarsi.
Ecco, il sequel della prima ffc "Nice Shock". Cliccate e ritroverete i personaggi che tanto avete amato nell'altra storia.
Angèle&Phoebe
Genere: Avventura, Azione, Drammatico, Generale, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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.::The Phoenix Fly::.

 

Sempre in diretta audio-fonica (naturalmente con un po’ di differita N.D. Angèle), siamo qui pronte a farvi un piccolo prologo.

Dove eravamo rimasti? Siamo state effettivamente un po’ bastardelle ( -hihihihi- ghignetto malefico di entrambe le autrici) e, a dire il vero, ne siamo fiere.

 

We are proud of it! (scusate l’inglese… ogni tanto prende il sopravvento N.D. A&P)

 

Comunque, dopo lunghe e snervanti discussioni e riunioni ai vertici, siamo riuscite a dare un filo logico agli avvenimenti che durante la notte ci venivano in sogno, riuscendo a scrivere ( non avete idea della fatica N.D. Phoebe) (ehi N.D. Angèle) questo primo, grande capitolo della nostra prima, incredibile (e qui Phoebe chiede scusa per la megalomania di Angèle N.D. Phoebe) magnifica, strabiliante, spumeggiante, strepitosa, toghissima (dal gergo angèlesco) fan-fiction che non è altro che il seguito del nostro primo lavoro insieme.

 

Vorremmo premettervi che lo stile e gli avvenimenti saranno totalmente differenti dalla precedente fic. Speriamo saranno di vostro gradimento.

 

Questa storia, infatti, richiede un livello di serietà e di impegno ( che Phoebe non possiede .. N.D. Phoebe ),( Ma smettiamola N.D. Angèle) decisamente superiori a “Nice shock” nata come un tentativo di svago e trasformatasi in qualcosa che ci ha appassionato a tal punto da decidere di creare questo sequel.

 Vorremmo ringraziare tutte le persone che hanno commentato l’epilogo della fic precedente e che aspettavano questo lavoro. ( anche Phoebe non avete idea di quanto lo aspettava N.D. Phoebe).

Un grandissimo grazie a:

gina h

Kyomi89

AvaNa Kedavra

Nightmare

Clo87

Fede

Sunny ( le autrici si inchinano e sperano in una versione in versione Misery/Mode OFF)

cloe sullivan

 

Non vogliamo più tediarvi con chiacchiere inutili, quindi, vi lasciamo alla lettura!

Enjoy the reading!!!

 

Angèle & Phoebe ( A&P)

 

 

 

 

1

After All

 

I personaggi di questa storia  appartengono tutti a J. K. Rowling. Li abbiamo  utilizzati solo per divertirci e dilettare tutti quelli che leggeranno questo breve racconto. I fatti narrati di seguito non sono mai accaduti nella saga di Harry Potter.

Questa storia è stata scritta senza nessuna intenzione di lucro, si ritiene, quindi, che nessun diritto di copyright sia stato infranto.

 

AngéleJ e Phoebe80

 

 

 

Il caldo opprimente che aveva caratterizzato quell’estate londinese pareva aver finalmente deciso di prendersi una meritata pausa per lasciare il posto ad una leggera brezza che, anche se di poco, rinfrescava l’aria della sera.

 

Ronald Weasley aveva sofferto particolarmente la calura estiva in quei mesi; da un po’ di tempo a quella parte, a dire il vero, era diventato insofferente  a molte cose.

 

Come ogni singola sera, in cui NON era di pattuglia notturna o in missione, sentiva il bisogno di isolarsi, e dato che l’unico posto abbastanza sicuro ed isolato in quel periodo era il tetto del quartier generale degli Auror era proprio lì che anche quella sera si trovava.

 

Era quasi un rituale il suo oramai.

 

Uno scambio di battute tanto per smorzare la tensione accumulata dopo una interminabile giornata di pattuglia, la lunga e calda doccia che riusciva anche se di poco a attenuare oltre che quella dei muscoli, la sua tensione interiore e poi con un asciugamano attorno alla vita raggiungeva i suoi compagni che, come al solito, ansiosi di tornare a casa, avevano finito prima di lui e si erano dileguati. Non che Ron non avesse una casa dove tornare, semplicemente non era ansioso di tornarci.

 

Il lavoro di auror gli fruttava parecchio e insieme ad Harry, dopo poco la loro nomina a capitano, presi da un momento di sicurezza e spavalderia improvvisa, decisero che era giunta l’ora di smettere di gravare sulle spalle di mamma Weasley. Avevano deciso che era il momento di cavarsela da soli.

 

Dopo una lunga e estenuante ricerca trovarono una grande casa appena fuori Londra: 4 stanze da letto, due bagni, una cucina che la signora Weasley adorava, un salotto con un grandissimo camino, un bel giardino e un laghetto. Non  fecero in tempo a farsi dire il prezzo che già stavano firmando i documenti per l’acquisto. Si dissero che era perfetta, magari un po’ troppo grande ma perfetta.

 

Quello con cui non avevano fatto i conti però oltre che le pulizie domestiche, erano anche i 3 pasti giornalieri a cui erano stati abituati fin troppo bene da mamma Weasley. Nessuno dei due aveva la minima idea di come si facesse un semplice uovo strapazzato per la colazione. Fu dopo aver fatto saltare il forno e fatto andare a fuoco quasi mezza cucina che Ginny la sorella di Ron, mossa a pietà e compassione, oltre che una estrema voglia di avere una piccola fetta di libertà si offrì di andare a vivere con loro e occuparsi almeno dei loro pasti caldi.

 

Fu così che, anche la terza stanza della loro grande casa trovò un occupante.

 

Ovviamente la vita a 3 aveva i suoi alti e bassi e non si sapeva bene come, i momenti in cui erano solo loro tre erano più unici che rari. Tra familiari e amici la casa in qualche modo era perennemente piena di gente anche se a Ron ovviamente sembrava sempre vuota. Per questa ragione trovava sempre una scusa per tornare a casa quanto tutti erano già andati a letto. In questo modo non avrebbe dovuto dare spiegazioni di alcun genere a nessuno.

 

Uscito dalla doccia quindi, compiva ogni volta tutti i gesti successivi con una lentezza così disarmante da far desistere anche un santo dall’aspettarlo. In questo modo riusciva a dileguarsi senza problemi e ad evitare le tante odiate spiegazioni e rifiuti a possibili inviti per andare a bere qualcosa in compagnia. Strano a dirsi ma Ronald Weasley non amava più stare in mezzo alle persone, preferiva di gran lunga la solitudine rotta solo dalla compagnia di una bottiglia di firewhiskey.

 

Indossati un paio di pantaloni e una maglietta si diresse verso il tetto, sicuro come al solito di non trovare nessuno sulla sua strada che lo distogliesse dai suoi pensieri che, per quanto dolorosi fossero gli erano necessari per andare avanti.

 

Si sedette sul tetto e li cominciò il suo rituale. Assaporò il silenzio attorno a lui rotto solo dal sussurro della brezza estiva che, in quegli ultimi anni, pareva proprio fosse l’unico sollievo concessogli da quel mondo al quale sentiva di non appartenere più.

 

Si levò la maglietta in modo da concedersi maggiormente alle carezze del vento sul suo corpo e il suo viso. Se chiudeva gli occhi riusciva ancora a sentire la sua mano giocare con i suoi capelli e sfiorargli dolcemente l’addome come solo lei sapeva fare, ma appena li riapriva si rendeva conto che era solo il vento. E come ogni sera era solo.

 

In principio, oltre alla bottiglia, a fargli compagnia c’era anche Harry. Non durò molto dato che alla prima vera sbronza fu beccato in  pieno da Ginny. Forse anche per questo spiacevole ricordo il loro rapporto non è proprio idilliaco ma nonostante tutto Ginny con la sua tenacia e la sua tenerezza era riuscita a tenerlo fuori dai guai. In qualche assurdo modo quei due stavano insieme. Né Ginny, né Harry aveva mai negato quello che l’uno provava per l’altro ma non lo rendevano nemmeno ufficiale. Non che non lo volessero, probabilmente era quello che più desideravano per le loro vite, semplicemente quello non era il momento. Semplicemente avevano deciso di aspettare che l’incubo finisse per poter vivere senza riserve il loro sogno.

 

Anche per questa ragione per Ginny non fu difficile accorgersi dell’orribile momento che passava il suo amato ed aiutarlo. Ron non fu così fortunato.

 

Forse troppo occupata con Harry o forse perché Ron in quegli anni era diventato un bravissimo attore, non si rese conto della gravità della situazione del fratello. Solo Harry ne era al corrente e  conoscendo bene Ron decise che non era il caso di avvertire Ginny per due ragioni: primo Ron non avrebbe permesso a nessuno di stargli vicino figuriamoci aiutarlo, secondo mantenendo in qualche modo il segreto del suo amico riusciva, anche contro il parere del rosso, a stargli accanto e a salvargli la pelle all’ultimo secondo.

 

Questa ultima motivazione ogni tanto, spingeva Harry a seguire Ron in quei viaggi solitari sul tetto. Strano a dirsi ma Ron sapendolo li con lui pareva quasi scordarsi della bottiglia. In qualche modo Harry gli teneva la mente occupata. Harry ne era conoscente e sapeva anche che seguendolo in quel modo sarebbe riuscito, senza il bisogno di parole, a ricordargli che non approvava assolutamente quello che era diventato. Ron percepiva perfettamente i sentimenti del suo miglior amico e proprio forse per questa ragione, o forse anche per evitare inutili scenate si tratteneva dal finire le sue solite 2 bottiglie.

 

L’ultima volta che i due ebbero uno scontro verbale fu come ci si può immaginare fu apocalittico. E Ron se lo ricordava bene. Fu proprio in una delle sue serate “migliori” in cui Harry stufo di vederlo distruggersi, ebbe la brillante idea di prenderlo per il colletto e urlandogli direttamente in faccia quello che pensava del suo stato, nella speranza che servisse a farlo reagire.

 

- Dopotutto cosa potevi aspettarti da me Harry eh? L’eroe, il coraggioso solitario predestinato a salvare il mondo sei tu! Non io!-

 

Ancora una volta rimbombarono nella testa di Ron le sue stesse urla contro il suo miglior amico mentre la rabbia gli cresceva dentro inconsapevolmente.

 

- Cosa mi aspettavo da te? Ron ma cosa hai nel cervello? Segatura! Vuoi sapere che mi aspettavo da te? Beh una delle tue solite reazioni. Mi aspettavo di vedere in azione quella gran testa di cazzo con i contro coglioni che diventi quando devi lottare per qualcosa. Ron mi aspettavo una reazione qualsiasi NON la completa apatia dietro la quale ti stai nascondendo- Harry prese per il colletto il suo miglior amico. Era deciso a farlo ragionare.

 

- Ron NON l’hai persa solo tu…-

 

Fu in quel momento che Ron si rese conto realmente del cambiamento che stava avvenendo in lui.

 

- Lo so Harry, capisco esattamente cosa vuoi dire. Ma tu hai perso un’amica e per quanto doloroso possa essere non la sarà mai quanto perdere la propria anima-

 

Non ci furono altri scambi verbali del genere tra i due. Il tacito accordo stipulato tra i due amici prevedeva un sostegno non richiesto ma necessario che non prevedeva inutili parole. Erano già state dette tutte, non serviva sprecarne ancora.

 

Voleva non pensare più a quella spiacevole conversazione eppure eccola li che tornava a rimbombare nel suo cervello, eccola li che gli ricordava la ragione del suo “malessere”.

 

 

Il suo respiro, come ogni volta che pensava a lei, si faceva sempre più accelerato e le lacrime contro cui lottava ogni giorno avrebbero trovato una facile via d’uscita se solo gliene fossero rimaste. Questo almeno era quello che pensava Ronald Weasley.

 

Credeva di non avere più lacrime da versare, pensava che nulla avesse più importanza dopo quel giorno.

 

All’inizio gli ci voleva molto più tempo per riprendere il totale controllo delle sue facoltà, adesso gli bastavano solo pochi secondi.

 

Senza staccare gli occhi dal punto indefinito all’orizzonte bevve un altro sorso della sua “fidata” bottiglia.

 

Un sorriso amaro si dipinse sul suo volto.

 

“ Se tutta quella gente là sotto sapesse che ogni singola sera, dopo quella maledetta notte, mi sbronzo fino a non sapere nemmeno più chi sono … beh, certamente mi darebbero un bel calcio in quel posto, creando una simpatica scritta magica “GRAZIE MA NON ABBIAMO BISOGNO DI LEI IN QUESTO STATO”.

 

“Harry…” si ritrovò a pensare Ron “… stasera ha deciso di lasciarmi a me stesso. Non posso certo biasimarlo.

 

Mia sorella gli ha chiesto di restare a casa per aiutarla a preparare la festa per domani sera. Gentilmente gli ho concesso via libera… a dire il vero non avevo voglia di tornarci.

 

E poi, diciamo che glielo devo. Mi sta coprendo, mettendo a repentaglio anche la sua carriera. Sa benissimo, però, che se così non facesse e perdessi il posto, la situazione che verrebbe a crearsi sarebbe molto pericolosa. Io sarei molto pericoloso. Credo proprio che si sia ripromesso di tenermi d’occhio. Anzi, sono proprio sicuro che l’ha promesso a mia sorella.

 

Sto combinando proprio un bel casino… e lui come sempre, in qualche modo, mi è accanto. Devo sinceramente ricordarmi di ringraziarlo. “

 

Aveva ormai perso il conto delle volte in cui la mattina si svegliava con un fastidiosissimo mal di testa. In quei momenti, non poteva che dar ragione sia a Harry che a tutto il corpo Auror: quella non era la soluzione. Ma poi tornava la sera, l’ora dio tornare a casa e lì, proprio in quel momento, tutti i suoi possibili buoni propositi mattutini lasciavano spazio alla rabbia e alla disperazione. In quei momenti, si convinceva che per tutti loro era troppo facile parlare, non avevano la minima idea di quello che provava. In quei momenti, non vedeva altra soluzione che la bottiglia.

 

Non riusciva a farne a meno. Non conosceva altro modo per permettere alla sua mente di non pensare.

 

In altre parole, era distrutto.

 

Gli inutili discorsi di parenti e amici non servivano a nulla.

 

Il sostegno che non voleva, l’amore che rifiutava categoricamente non servivano ad alleviare le sue pene.  Semplicemente perché loro non sapevano quello che stava provando.

 

Non avevano la minima idea dello sforzo immane che doveva fare, ogni singolo giorno, per guardarsi allo specchio senza spaccarlo in mille pezzi.

 

Non si immaginavano nemmeno cosa dovesse sopportare ogni notte, non appena provava a chiudere gli occhi.

 

Non avrebbero mai creduto che Ron non riuscisse a controllare la sua paura o la sua voglia di vendetta che, ogni volta che si trovava su quel maledetto campo di battaglia, ogni volta che si trovava davanti uno di quei bastardi che dovevano combattere, sentiva crescere dentro di sé. Cresceva, la sentiva prendere il sopravvento e nemmeno lui aveva la minima idea di come ancora potesse trattenersi dall’ucciderli tutti senza pietà e non diventare nient’altro che un assassino.

 

Loro non capivano, non potevano sapere cosa volesse dire morire ed essere costretti a tornare ad una vita che ODI, che non ti appartiene, che non desideri più perché non ti rimane più nulla per andare avanti. Ronald Weasley non era sicuro nemmeno di possedere più un’anima.

 

 -TUTTO, mi è stato portato via tutto. – sussurrò al vento come se questi fosse stato l’unico spettatore dei suoi pensieri.

 

* * * * * * * * * * * * *

 

La luna brillava  sicura nel suo regno di tenebre.

 

I suoi raggi bianchi e decisamente rassicuranti illuminavano appena la terra ai suoi piedi.  Lo scintillio della sua pallida luce giocava elegantemente con le onde screziate d’argento del piccolo lago, accanto alla villa.

 

Un’imponente costruzione si ergeva massiccia sulla sponda sinistra dello specchio d’acqua.

 

Il parco infinito era circondato a perdita d’occhio, da una corona di pini, salici e querce secolari.

 

Una mano fresca ed invisibile agitava le cime degli arbusti più alti e scrollava appena la chioma dei più bassi.

 

Il prato verde curato era pigmentato da chiazze di colori.

 

Fiori di ogni genere erano presenti in quel giardino: rose, primule, tulipani, narcisi, viole… Il loro profumo inebriava e rallegrava gli abitanti della villa: una giovane coppia di sposi.

 

La spallina del leggero abito primaverile, che la donna dai lunghi capelli bruni indossava, scivolò senza rumore, lungo la linea morbida del suo braccio.

La pelle pallida e gli occhi ambrati assumevano uno scintillio particolare alla luce della luna.

 

Era seduta sul pavimento del balcone.

 

Le tende, di leggerissima seta bianca, svolazzavano gioiose, sospinte dal vento dispettoso e profumato di nontiscordardimé.

 

Spesso, dal loro trasferimento lì, la donna si svegliava nel cuore della notte, senza una ragione apparente; si alzava dal letto matrimoniale, che condivideva con la ragione della sua vita, e silenziosa si recava a contemplare la luna.

 

In fondo, era normale per lei non ricordare molto e soprattutto non sapere molto....

 

Aveva perso la memoria a causa di uno strano incidente in un laboratorio di pozioni, a scuola. Era caduta in coma e ci era rimasta per diversi mesi. Al suo risveglio, sembrava che contemplasse ancora il bianco del sonno. Non sapeva più chi era, né quali fossero i suoi cari, i suoi amici…

 

Un solo volto l’aveva accolta con un sorriso radioso, quel giorno, in cui si era riaffacciata sul mondo.

Quegli occhi di ghiaccio duri e gentili, accompagnati dalla chioma bionda erano presto diventati familiari.

 

Aveva imparato il suo nome così in fretta: Draco.

 

Nonostante le sembrasse spaventoso all’inizio, dopo si accorse che sulle sue labbra danzava bene quella parola.

 

Era stato lui a ridarle un’identità: nome, cognome e famiglia.

 

Però…

 

Non sapeva per quale motivo, già il suo nome sembrava non essere suo.

 

Anastasia.

 

No, non le calzava affatto.

 

Avrebbe preferito, forse, qualcosa di più insolito e particolare, magari quel buffissimo nome che di tanto in tanto sognava, Ginny.

 

Sorrise.

 

Decisamente non era per lei nemmeno quello.

 

Magari Bilius…

 

“Quello è un nome da maschio, scema!” si disse, ripescando la spallina dal suo braccio. Sospirò, appoggiando la testa sulle ginocchia che teneva abbracciate.

 

Perché cercare una risposta al suo passato doveva essere così stressante e soprattutto doloroso?

 

Si guardò il tatuaggio che il giorno delle sue nozze le era stato marchiato a fuoco sul braccio. Era un disegno molto grottesco che lei personalmente odiava. Guardarlo le dava fastidio, la inquietava e preferiva tenerlo nascosto con l’incantesimo che le aveva insegnato Draco.

 

-Amore mio, che fai qui?-

 

Anastasia sobbalzò, voltandosi. Incontrò gli occhi di Draco, grigi e freddi come al solito, e per un solo intimo attimo aveva sperato che assomigliassero, almeno nel colore, a quelli che sognava ogni notte: blue, buoni, passionali.

 

Arrossì leggermente, quando suo marito s’inginocchiò  dietro di lei prima di baciarle la base del collo. Nonostante fossero sposati da due anni ormai, non riusciva a sentirsi a suo agio con lui.

 

Quando Draco la baciava le piaceva certo, ma aveva come l’impressione che lei non desiderasse le labbra di suo marito in quel contatto. Ne era quasi certa che fosse alla ricerca di quelle di qualcun altro.

 

Magari di quell’Harry.

 

-Stavo guardando la luna…- gli rispose, scostandolo un po’. Lo fissò negli occhi, facendolo sorridere.

 

-Come mai Anya?- 

 

Quando la chiamava così odiava ancora di più quel nome che già non sopportava.

Sbuffò, voltando la testa per non guardarlo.

 

Draco rise leggermente , prima d’afferrarla per la vita e trascinarla sul suo petto forte. Le accarezzò i capelli con dolcezza e, nonostante tutto, lei non poté fare a meno di rilassarsi tra quelle braccia che tante volte l’avevano accolta per consolarla.

 

Respirò profondamente, lasciando che il profumo di suo marito le penetrasse nell’essere, scacciando i pensieri  più sciocchi che aveva fatto.

 

Lei amava Draco e si fidava di lui. Questo doveva bastarle.

 

Eppure…

 

-Amore?- lo richiamò con una voce  sottile e quasi impercettibile se nella casa non avesse regnato il silenzio.

 

-Hm…- mugugnò Draco in risposta, aprendo appena un occhio per essere più vigile.

 

-Sei proprio sicuro, io non abbia mai conosciuto una ragazza di nome Ginny?-

 

Il biondo la lasciò andare, sospirando rumorosamente. Era la centesima volta che gli poneva questa domanda. Sapeva che l’altra identità di Anastasia era molto intelligente ma non si sarebbe mai aspettato questa tenacia.

 

-Amore, abbiamo affrontato questo discorso milioni di volte. Da quello che so e credimi su di te so molto, tu non hai mai conosciuto una ragazza che si chiamasse in quel modo insulso…-

 

Anastasia vide Draco serrare le labbra in una linea sottile. Si stava innervosendo ma lei doveva continuare.

 

-Giurami che non stai mentendo…-

 

L’uomo si voltò per guardarla e, senza preavviso, si  avventò su di lei per baciarla. La fece rotolare sul pavimento piastrellato, imponendosi su di lei con gentilezza. Cercò le sue labbra, trovandole morbide e delicate , come sempre.

 

Erano state proprio loro a tradirlo e farlo innamorare per davvero di Anastasia

 

Approfondì il bacio con trasporto, esplorando con calma e sensualità la bocca di lei. Le accarezzò la base del collo con una mano, scendendo con troppa calma lungo la linea della schiena, sui glutei, fino ad accarezzarle la coscia e poi il suo interno, facendola sobbalzare.

 

Si distaccò giusto il tempo per riprendere fiato e guardarla negli occhi che lei aveva riaperto dopo poco. Draco tentennò alla vista della sincera voglia di sapere e di capire che brillava in quelle iridi così calde e che ormai amava con tutto se stesso.

 

-Non sto mentendo, amore mio…- e la  baciò, di nuovo, con trasporto e disperazione, con voglia di sentirla sua e di nessun altra ombra che riemergeva con forza dal passato. –Fidati di me…-

 

Una lacrima solcò fuggitiva il viso di Anastasia quando, nel buio dei suoi pensieri, quegli occhi tornarono a farle visita.

 

*** *** *** ***

 

Le fiamme del caminetto del salotto scoppiettavano animatamente, giocavano tra loro riscaldando la ragazza dai lunghi capelli rossi che sedeva comodamente sulla sua poltrona preferita leggendo quello che a prima vista poteva sembrare un libro molto antico.

 

Si passò una mano tra i capelli per riprendere una ciocca fuggitiva e dopo aver riletto attentamente gli appunti che aveva tra le mani prese la bacchetta e la puntò contro il fuoco.

 

- Ignis leo fit – una luce trasparente uscì dalla sua bacchetta e andò a colpire le fiamme che cominciarono a cambiare forma senza però trasformarsi in un leone come sarebbe dovuto accadere.  La ragazza fissò con poca convinzione il risultato del suo incantesimo,  sospirò ma non si perse d’animo era pronta a capire il suo errore e riprovare un’altra volta. Con la pratica si può fare tutto no?

 

- Non puoi riuscirci Ginny – una voce calda alle sue spalle la fece sobbalzare. Si voltò e vide che il famoso ragazzo con la cicatrice era appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate e la fissava tra il divertito e il rassegnato.

 

Non lo aveva sentito arrivare, dopotutto era uno dei migliori auror impiegati dall’ordine della fenice. Era più che normale che le sue materializzazioni e materializzazioni fossero silenziose. Era una delle prime cose che gli avevano insegnato. Resta il fatto comunque che lei odiava queste loro apparizioni improvvise. Potevano anche risultare sconvenienti no?

 

- Harry quante volte ti ho detto che almeno per materializzarti qui in casa devi farti sentire? -

 

- Mmm a dire il vero credo di aver perso il conto… - le rispose lui sarcasticamente – e poi devo essere sincero quella tua espressione terrorizzata che hai ogni volta, te lo devo dire è impagabile! – finì lui stavolta ridendo a crepapelle.

 

- Insensibili! Tra te e quell’idiota di mio fratello non mi farete arrivare ai 30 anni! – gli urlò lei mentre gli tirava con tutta la forza che aveva uno dei cuscini che aveva dietro la schiena.

 

Ovviamente, nonostante Ginny avesse una buona mira, Harry lo scansò senza problemi.

- Dai Ginny non mettere il broncio! Lo sai che io e tuo fratello siamo irrecuperabili per queste cose -

 

Fossero solo queste le cose per cui siete irrecuperabili.

- uffa, con te è impossibile avere una conversazione lo sai Potter? – una domanda talmente retorica per lei che considerando chiusa la conversazione tornò a leggere gli appunti precedentemente abbandonati

 

- Ignis leo fit – ripeté ancora una volta sperando vivamente di essere più fortunata della volta precedente

 

- Ginny – Harry era alle sue spalle ora e le prese dolcemente dalla mano la bacchetta – dove hai preso questo libro? -

 

- Era in camera di Ron -

 

- Sai vero che se scopre che lo hai preso senza il suo permesso si arrabbierà moltissimo – gli disse lui con una dolcezza simile a quella che si può usare per spiegare le cose ad un bambino

 

- Sì, lo so Harry, so che non vuole che nessuno tocchi questo libro ma ne avevo bisogno per un incantesimo di trasfigurazione, il mio libro dell’ultimo anno è a casa dei miei e non avevo voglia di passare a prenderlo -

 

- Capito.. e dimmi come hai fatto a leggere l’incantesimo che stai provando? E soprattutto sai a cosa serve? -

 

- Beh … l’incantesimo è apparso non appena ho aperto il libro, non so è come se mi avesse riconosciuto in qualche modo e si fosse mostrato. – spiegò lei

 

- Vai avanti – la incoraggiò Harry mentre prendeva posto accanto a lei sul bracciolo della poltrona

 

- E se ho ben capito dovrebbe far prendere la forma di un leone alla fiamma del caminetto giusto? – concluse lei come se avesse appena risposto alla domanda di un professore

 

- Più o meno Ginny… dimmi hai riconosciuto la scrittura vero? – le chiese evitando di guardarla negli occhi

 

- Sì, è la sua scrittura, piccola e precisa. È inconfondibile e unica come lo era lei -

 

- Inconfondibile e unica come è lei – ripeté Harry rimarcando il presente della frase. Questa era una delle cose per cui il “nuovo trio” si trovava spesso in disaccordo e per questo evitavano di parlarne apertamente.

 

Harry… perché usi il presente come se lei fosse ancora qui con noi?  Si chiese nonostante conoscesse già la risposta

 

- Comunque, credo sia venuto il momento che anche tu conosca e impari questo incantesimo. Accio Libro – pronunciò Harry e il libro di trasfigurazione del sesto anno di Ginny gli arrivò dritto nelle mani.

 

- Tieni. È da un bel po’ che non lo apri.. credo sia giunto il momento che tu rilegga la prima pagina di questo libro -

 

Perplessa e stupita Ginny aprì il libro e non appena sfiorò la prima pagina una serie di parole iniziarono a scriversi da sole.

 

Ignis vulpem fit

 

Non spaventarti Ginny, non è niente di strano o pericoloso! Ho solo pensato di creare un semplice incantesimo che ci permetta di rimanere in contatto mentre sarai ancora a scuola. Ron e Harry conoscono già il loro. Dato che vorrei che per te fosse una sorpresa, ho fatto in modo che questa pagina possa rivelarsi solo dopo il tuo primo giorno dell’ultimo anno. In questo modo spero tu possa sentirti un po’ meno sola. Ti chiederai come funzioni questo ”incantesimo di comunicazione”. Beh ci ho lavorato tutto l’anno e alla fine il risultato è complesso nella sua creazione ma semplice nella sua esecuzione. Punta la bacchetta verso la fiamma e pronuncia l’incantesimo “Ignis fox fit “ e vedrai che la fiamma prenderà la forma del tuo patronus (ho creduto che la cosa migliore fosse farla trasformare in qualcosa che solo noi conoscessimo) e poi ordinagli di contattare il “messaggero” della persona con cui vuoi stabilire il contatto. Una fiammella della forma del tuo patronus si formerà ovunque io uno di noi si trovi dandoci il tuo messaggio. Spero di dover usare questo metodo solo in momenti di pace.

 

Ti auguro un anno meraviglioso a Hogwarts (già mi manca) e spero di sentirti il prima possibile.

 

Non ci fu bisogno di leggere la firma perché Ginny riconoscesse il mittente di quel messaggio. Lacrime amare e singhiozzi riempirono il silenzio che si era creato nella stanza.

 

 

- I..o… io non immaginavo … non sapevo – balbettò Ginny

 

- Tu non dovevi sapere, era una sorpresa – Harry si accomodò più vicino a lei sulla poltrona e le circondò le spalle con un braccio – lavorò tutto l’anno su questi incantesimi perché fossero pronti in tempo. Ricordo ancora quel giorno. Erano passati pochi giorni dalla fine degli esami del settimo anno. Seamus, Neville e Dean erano già usciti per la colazione quando una furia entrò nel dormitorio -

 

 

- Ron, Harry svegliatevi!!! Devo dirvi una cosa importantissima!!! Ci sono riuscita!!! –

 

- Ahhh  - urlò Harry che aveva già la bacchetta puntata su di lei

 

- mmm – fu la sola risposta di Ron che si rigirò pigramente su un fianco ignorando completamente la nuova arrivata

 

- Pigroni che non siete altro alzatevi! Sono le 8.00 e ho una bella notizia per tutti e due! – disse mentre con un incantesimo scopriva i due belli addormentati

 

- Ma che cavolo??? Yahannn – sbadigliò Ron, si stropicciò gli occhi e mise a fuoco il colpevole dell’alzataccia – Ah… sei tu… ma ti pare il modo di svegliarci?-

 

- Ron finiscila e vedi di svegliarti ho bisogno della vostra attenzione. – rispose lei e non curandosi delle proteste dei poveri grifondoro prese la sua bacchetta e pronunciò – Infamare! – un bel fuoco iniziò a scoppiettare tra i letti dei due

 

- Ma ti pare il caso di accendere un fuoco a Luglio? –

 

- Oh, silenzio Ron e stai a guardare! Ignis luntram fit – una lontra di fuoco prese vita dalle fiamme – Va da ron e digli che ho bisogno del suo aiuto – la piccola lontra di fuoco si spense per riaccendersi in meno di un secondo di fronte e ron e recapitarli il suo messaggio.

 

I due ragazzi erano a dir poco senza parole. Erano abituati al suo genio, ma quello andava al di la di ogni possibile immaginazione… almeno la loro

 

- Allora, che ve ne pare? – chiese lei speranzosa che la cosa potesse fargli piacere

 

- io.. beh… sono senza parole – Disse Harry mentre Ron fissava ancora incredulo il punto del suo letto dove la piccola lontra era fino a pochi secondi prima – spiegaci un po’ … tu sei riuscita a creare un incantesimo di comunicazione sotto i nostri occhi senza farci sapere nulla? Ma quando lo hai preparato? La notte? – dalla voce di Harry trapelavano allo stesso tempo note di ammirazione e rimprovero

 

Le guance di lei si colorarono di rosso e lusingata annuì con il capo – beh si… certo non tutte… e non solo la notte, ci ho lavorato per tutte le vacanze di Natale - 

- Quindi, ogni volta, che ci dicevi che andavi a letto presto ti rinchiudevi nella tua stanza per creare questo? Ma ti rendi conto che non solo hai perso il tuo ultimo anno a Hogwarts ma hai anche costretto te stessa a lavorare al di la dei limiti? Perché non ce lo hai detto? Non che avessimo forse potuto fare qualcosa ma almeno avremmo evitato di assillarti con i nostri compiti – Le disse Ron tra il preoccupato e il premuroso

 

- Hai ragione Ron, avete ragione tutti e due ma adesso che ho creato questo incantesimo prometto solennemente che mi riposerò per almeno una settimana –

 

- 1 mese – la guardò torvo Ron

 

- … sì, va bene un mese… comunque torniamo a noi. Non ho ancora finito di spiegarvi bene come funziona. Come avete visto la fiamma prende la forma del proprio patronus quindi l’incantesimo che dovrete pronunciare sarà personale. Intento dire che ho fatto in modo che solo il proprietario del Patronus potrà crearlo dalla fiamma. Vi faccio un esempio. Harry quello che dovrai pronunciare tu sarà Ignis cervum fit. E nessun altro al mondo anche se lo pronunciasse e eseguisse correttamente potrebbe eseguirlo. Ho creato un sigillo per ogni incantesimo come se l’incantesimo riconoscesse il suo “creatore” e non si mostrasse a nessun altro che lui. Quindi non c’è pericolo di essere ingannati. Ron il tuo sarà Ignis leo fit. E ne ho creato uno anche per Ginny. Per lei sarà la vera sorpresa. Con questo potremmo restare sempre in contatto. Che ve ne pare? –

 

- Che ce ne pare? – chiese sbigottito Ron – Harry ci chiede che ce ne pare… glielo dici tu o glielo dico io… -

 

- Amico.. diglielo tu che io sto ancora tentando di capire cosa devo aver fatto di così buono perché merlino abbia deciso di farla entrare nelle nostre vite – disse ridendo e scendendo dal letto per andare ad abbracciare l’amica

 

- Sempre a me l’arduo compito vero? – Disse sorridendo mentre stava alzandosi per andare a contribuire all’abbraccio di gruppo – Te lo dissi primo anno … Terrificante ma senza dubbio brillante! – le loro risate si potevano sentire fin dalla sala comune

 

Dagli occhi tristi e incredibilmente verdi del ragazzo iniziarono a scendere lacrime argentee che per troppo tempo erano state trattenute. Un tempo si era ripromesso di non piangere più per lei. Averlo fatto avrebbe significato perdere le speranze e né lui né Ron avevano anche la minima intenzione di farlo.

 

Pensare a lei ai ricordi del magico trio gli faceva male. Dannatamente male. Non sapere più nulla, quella sensazione di impotenza lo faceva impazzire. E l’unica ragione per cui ancora aveva un barlume di lucidità lo doveva a quella favolosa ragazza dalle lentiggini che aveva accanto.

 

Due dita gentili gli asciugarono le lacrime che scendevano incessanti sul suo volto. I loro occhi si incrociarono per attimi che gli sembrarono un eternità prima che lei parlasse.

 

- Non avevo idea di questo. È una cosa bellissima e geniale come solo lei avrebbe potuto fare. Non volendo ci ha lasciato un favoloso ricordo di lei. In questo modo è come se non se ne fosse mai andata –

 

Quelle parole pronunciate con tanta innocenza e leggerezza furono per lui un pungo dritto allo stomaco. Come poteva lei che diceva di esserle stata amica credere che lei se ne fosse andata per sempre.

 

- Cosa vorresti dire con questo Ginny? – le parole di Harry avevano un che di accusatorio.

 

- Ah, – sospirò Ginny come per collezionare le forse necessarie ad affrontare quella discussione senza via d’uscita. Sapeva per certo che avrebbero finito per urlarsi contro e sapeva anche che probabilmente non si sarebbero parlati per il resto della serata. – Harry per favore.. -

 

- No, Ginny non esistono per favore! Adesso tu mi dici esattamente cosa vuoi dire con questa frase.-

 

- Harry… devi accettare la realtà … non c’è bisogno che te lo dica io.. lo sai benissimo cosa volevo dire! -

 

- NO GINNY NON LO SO! Guarda un po’ oggi sono stupido e voglio sentirmelo dire da te! – urlò lui con un fare strafottente e battendo il pugno sul tavolo

 

- HARRY TU E RON DOVETE ACCETTARLO LEI E’ MORTA  e niente e nessuno potrà riportarla indietro – disse lei tutto d’un fiato mentre calde lacrime continuavano a scenderle dagli occhi oramai arrossati. Anche per lei era dura affrontare una cosa del genere, come del resto lo era stato per tutta la famiglia ma con il passare del tempo se ne era fatta una ragione. Erano già passati 3 anni ma per loro sembrava che non fosse passato nemmeno un istante. Per loro era come se la cosa non fosse mai accaduta o meglio erano coscienti del cambiamento ma non riuscivano proprio ad affrontarlo. Si ostinavano a credere con tutte le loro forze che un giorno, magicamente forse, lei sarebbe tornata nelle loro vite. Ma Ginny sapeva che non sarebbe mai potuto accadere e questo forse le faceva più male che sperare.

 

Era perfettamente cosciente dell’effetto che avrebbe avuto quella frase in quel momento ma aveva pronunciato quelle parole con la disperazione di una sorella e al tempo stesso di una donna innamorata che non poteva più sopportare lo strazio di vedere le persone che amava non essere più quelle che erano una volta solo per vivere nei ricordi.

 

Non fu quindi il silenzio insostenibile per chiunque che si propagò per la stanza o il fuoco che si stava spengendo a farla raggelare e provare un brivido. Non riusciva quasi a crederci ma quel brivido era di paura. Non avrebbe mai creduto di poter guardare negli occhi Harry e non vedere quella luce che questi emanavano e di cui si era innamorata. Non avrebbe mai creduto che questa avrebbe mai potuto lasciare il posto al vuoto.

 

Harry non la stava guardando con il suo solito dolce sguardo sempre pieno di comprensione e amore. Adesso ai suoi occhi lei era una traditrice e sapeva che non ci sarebbe voluto molto prima che lui glielo spiattellasse senza troppi complimenti in faccia.

- Sai che ti dico Ginny … - iniziò lui con tutta la calma di questo mondo creando nella povera ragazza lo sconforto più completo – IO e credo proprio di parlare anche per Ron, me ne frego altamente di quello che TU o qualsiasi altra persona possa pensare. Ron ed IO siamo totalmente convinti che lei non se ne sia andata per sempre. E sai perché? Vuoi sapere perché? – si alzò di scatto sovrastando la sua minuta figura. A questo punto anche la sua aurea si stava espandendo senza più freni. La rabbia, la disperazione e i sensi di colpa stavano prendendo il sopravvento e lui non poteva fare nulla per fermarli. Non riusciva più a controllarli e inevitabilmente si sarebbero riversati da un momento all’altro su di lei.

 

Ginny non poté altro che alzare i suoi occhi fino ad incrociare quelli di lui consapevole che quello che avrebbe sentito le avrebbe fatto male. Molto male.

 

- Voi, te compresa che ipocritamente vi professate tanto suoi amici non la conoscevate affatto. Voi NON eravate con noi tutte le volte che abbiamo dovuto affrontare Voldemort e NON avete la minima idea di quello che ci lega. Ci diedero anche quello stupido nomignolo “il magico trio” te lo ricordi vero? E come si può dimenticarlo! Un soprannome idiota vero? Ma non avevano idea di quanto fosse vero. Quello che ci lega è al di là di ogni possibile comprensione. Se uno di noi, per una qualsiasi ragione al mondo, fosse morto lo sapremmo…  e proprio per questo ti posso assicurare che lei è viva e vegeta. E non perché abbiamo paura di ammetterlo ma  semplicemente perché sia io che Ron lo sentiamo. E tu cara Ginny come tutti gli altri, non dovete permettervi di dirci nulla o di insinuare nulla. Se avete perso le speranze, NON potete certo costringerci ad abbandonarle anche noi. Lo capisci questo, Ginny? NOI non la abbandoneremo mai… lei non lo avrebbe mai fatto. Mi spiace dirtelo ma sapere che anche tu non ci credi, è una cosa che fa male. È un colpo che non dovevi infliggerci. Non avrei mai creduto che anche tu avresti mai potuto tradirci come stai facendo adesso –

 

E, come previsto, quelle parole non la ferirono soltanto ma fu come se avesse preso in pieno petto un cruciatus. Se Harry infatti avesse preso la bacchetta e le avesse scagliato contro un cruciatus, avrebbe sicuramente avuto effetti meno devastanti delle parole che aveva appena pronunciato. Come poteva Harry, anche solo pensare che l’avesse dimenticata figuriamoci poi credere che lei non le fosse mai stata amica. È vero non era mai stata con loro contro Voldemort, non certo per sua volontà. Si sarebbe lanciata in mezzo al fuoco per loro. Come poteva Harry trattarla così duramente?  Anche lei aveva sofferto come loro, certo non nello stesso modo ma anche lei ancora stava male per quello che era successo. Magari non lo dava a vedere come Ron ma anche a lei mancava, in tutti quegli anni se non se ne erano accorti era arrivata a considerarla la sorella che non aveva mai avuto. E allora come poteva Harry anche solo essere sfiorato dall’idea che a lei non gliene fosse mai importato?

Adesso anche la sua rabbia stentava a controllarsi, capiva il loro stato d’animo e in quegli anni aveva fatto di tutto per stargli accanto lasciandogli però i loro tempi e spazi. Ma a tutto c’era un limite sia Harry che suo fratello lo avevano superato. L’unica differenza era che suo fratello lo aveva superato molto tempo prima ed era talmente lontano tanto quasi da avene perso le tracce mentre Harry aveva avuto la brillante idea di prendere un treno in corsa e lanciarsi direttamente sulla pazienza di Ginny non pensando ovviamente alle conseguenze terribili che ne sarebbero derivate.

 

Prese un lungo respiro come a raccogliere le forze che le sarebbero servite per dire quello che Harry si meritava e si alzò dalla poltrona sulla quale si era precedentemente seduta in posizione fetale come se in quel modo avesse potuto in qualche modo difendersi dal fiume di affilate spade, mascherate come parole, che Harry le aveva lanciato contro.

 

Era fermamente convinta che Harry avesse bisogno di una strigliata. Come osava trattarla in quel modo? Come l’ultima delle insensibili senza cuore? Non se lo meritava e tanto meno detto da lui. Prese un altro respiro prima di alzare il suo sguardo per ritrovare ancora una volta il suo. Era convinta, Harry non poteva passarla liscia. Dopo molti secondi si decise finalmente a parargli fissandolo dritta negli occhi, se non fosse che quello che vide la spiazzò totalmente.

 

Il verde degli occhi di Harry era diventato ancora più chiaro a causa delle copiose lacrime che gli bagnavano il volto ma quello che lasciavano trapelare adesso non era più rabbia o  vendetta ma semplicemente erano alla ricerca di comprensione. Quella che aveva perso lui non era solo un’amica ma anche per lui una sorella. Lui che non aveva mai avuto una famiglia aveva perso quella che per lui sia avvicinava di più a quello che si può intendere per famiglia. Vedendolo in quella situazione tutti i propositi guerriglieri di Ginny si sciolsero come neve al sole. Certo rimaneva della sua idea ma non se la sentiva proprio di litigare ancora con lui, non se la sentiva di fargli ancora più male di quanto non se ne stesse già facendo. Almeno per quella sera lo avrebbe lasciato in pace. Ce ne sarebbero state molte altre per farlo ragionare. L’unica cosa che quindi gli rimaneva da fare era quella di restargli accanto senza pretendere nulla in cambio.

 

E così fu.

Dopo interminabili attimi fatti di lacrime, non poté fare altro che alzarsi in punta di piedi e baciare le lacrime che ancora accarezzavano il volto del suo amato. Non le rimase altro che stingerlo a se e dirgli cosa veramente provava in quel momento.

- Ti amo – due semplici parole che lo spiazzarono, dette con una purezza e semplicità così disarmante che ebbero il potere di spezzare anche l’ultima difesa che il nostro guerriero aveva creato. – Ti amo Harry e lo sai. Non voglio vederti star male. So che abbiamo deciso che fino a che Voldemort sarà in circolazione la cosa migliore è non andare al di la dell’amicizia. Ma sai anche che a me non importa e che odio vederti stare così e odio vedere stare male anche Ron. Non vi meritate tutto questo dolore e vorrei solo poterlo cancellare. Vorrei rivedere il sorriso sul volto di Ron ma so che fino a che non si deciderà ad accettare la cosa non andrà mai vanti. Capisci cosa voglio dire? – I loro visi oramai erano alla stessa altezza, la fronte dell’uno era appoggiata a quella dell’altro. I loro respiri si erano  uniti per formarne uno solo e le loro labbra erano separate solo da un inesistente velo.

- Lo so, Ginny – quelle parole pareva gli costassero una fatica tremenda. – capisco quello che vuoi dire ma rispondimi… dici di amarmi e non lo metto in dubbio ma se fossi stata al posto di tuo fratello avresti smesso? Avresti smesso di amarmi? – i loro volti erano sempre più vicini, solo la loro volontà a tenerli distanti.

 

- No, Harry mai. Mai smetterei di amarti. – nello stesso istante in cui finì la frase capì quello che Harry realmente intendeva. Quello che Harry le disse dopo tecnicamente era quindi del tutto superfluo ma se non lo avesse detto quella conversazione non avrebbe avuto la sua naturale conclusione. 

 

- E allora Ginny perché pretendi che sia lui a smettere di amarla? – Non la guardò negli occhi mentre pronunciava queste parole, semplicemente perché in quel momento le lacrime di lei erano diventate tutt’uno con le sue e le loro labbra si erano unite alla disperata ricerca del conforto che solo quelle dell’altro avrebbe mai potuto dargli.

 

*** *** ***

 

Il sole caldo le accarezzava un lato del viso.  Sentiva il vento sulla sua pelle e quel profumo di primavera scorrerle nelle vene. Aveva nel cuore la sensazione più piacevole che avesse mai provato: sentiva di essere al sicuro, sentiva di poter abbassare finalmente la guardia e lasciare che la tranquillità e l’amore la invadessero totalmente.

 

Gli occhi, ambrati e grandi, si aprirono sullo spettacolo naturale che le  si stagliava di fronte: un lago nero e leggermente increspato dal vento giocondo e profumato, una valle verde ed un castello, maestoso ed antico, si contrapponeva all’azzurro del cielo terso e primaverile.

 

Guardò in basso e ritrovò sulle sue gambe un libro aperto. Sapeva che era vecchio, lo sentiva dal profumo di carta che le s’intrufolava nel naso. Sfiorò con esitazione quelle parole che vedeva stampate ma delle quali non riusciva a ricordare il significato.

 

Poi, all’improvviso, una voce conosciuta, famigliare e tremendamente piacevole. Chiamava qualcuno, un nome che lei non aveva mai sentito eppure era certa fosse suo una volta.

 

Tanto tempo addietro.

 

Il vento divenne più forte, tutto d’un tratto.

 

Le fronde degli alberi si agitarono con fermento ed alcune gocce di acqua del lago le bagnarono il viso.

 

Guardò il cielo con apprensione, notando grandi nubi grigie e pesanti avvicinarsi a grandi passi verso il castello.

 

Un temporale era prossimo.

 

Si alzò veloce, chiudendo il libro con un colpo. Fece appena in tempo ad allontanarsi dalla grande quercia sotto cui era seduta, che una fortissima pioggia si abbatté sulla natura.

 

Correva come mai aveva fatto; il vento più freddo e violento le frustava le gambe toniche e giovani, la gonna bagnata la schizzava ad ogni passo.  Con una velocità impressionante, la terra aveva assorbito l’acqua piovana, assumendo la forma di un piccolo pantano.

 

Le sue calze, ben presto, s’impregnarono di fango e, quando riuscì ad arrivare all’entrata del castello, era ormai bagnata e sporca di terra su tutto il corpo.

 

Rimase a riprendere fiato, lì, sotto il cornicione dell’antico castello.

 

I capelli completamente fradici ed il fango che le macchiava di striscio una guancia. Guardò l’orizzonte, osservando come tutto il passaggio fosse cambiato: più scuro, più triste eppure ancora così famigliare e rassicurante per lei.

 

Improvvisamente, intravide tra il fragore della pioggia, una figura nera e sfuocata. Stava correndo nella sua direzione.

 

Non ebbe paura perché riconosceva  quel modo di correre ed avvicinarsi con tanta irruenza.

 

-Cosa fai qui?- quella voce la fece rabbrividire.

 

-Non sono affari che ti riguardano.- perché rabbia nella sua esclamazione, perché paura e perché quel maledetto battito di cuore così accelerato e piacevole?

 

-Ancora arrabbiata con me?-

 

Alzò lo sguardo che aveva tenuto basso fino a quel momento e l’immagine sembrò sfuocata e senza senso. Poi, come in tutti i suoi sogni, quegli occhi azzurri e passionali fecero capolino dal nulla, facendola sobbalzare.

 

-Perdonami…-

 

Sentì il suo cuore arrestarsi e poi riprendere a battere. Aveva udito una note dispiaciuta nella voce e questo l’aveva quasi fatta commuovere.

 

-Non cercare di comprarmi con i tuoi occhi dolci.- Fissò le sue iridi in quelle azzurro cielo dell’interlocutore e capì di amare quello sguardo.

 

-Non dovevo spiare le tue lettere.-

 

Un tocco leggero, impalpabile, delicato le sfiorò la guancia, proprio dove sapeva di aver lo schizzo di fango.

 

Il suo cuore pompò più sangue, facendola arrossire.

 

-Promettimi di non farlo mai più.- sentì la sua voce sottolineare il “mai”.

 

Vide quello sguardo blue accendersi di sincera felicità, prima che si sentisse stringere e sollevare da terra. –Ti voglio bene, ‘Mione.-

 

Finalmente un nome che non le dispiaceva affatto.

 

 

*** *** *** ***

 

Si svegliò di soprassalto urlando. Il sudore gli imperlava la fronte e il corpo, e il respiro era irregolare quasi quanto i battiti del suo cuore. Proprio li si portò una mano come per accertarsi che vi fosse ancora e che non gli sbalzasse senza preavviso fuori dal petto. Non che credesse che la perdita improvvisa della metà che gli era rimasta potesse cambiarlo più di tanto. Chiuse gli occhi e si chiese cosa ancora spingeva quel piccolo ma grande organo ad andare avanti. La speranza forse di ritrovare quella metà che gli era stata strappata via senza preavviso? Forse…

 

Ma di certo lui non ne aveva idea. L’unica cosa che conosceva dopo quella maledetta notte era solo il vuoto, la perdita, la disperazione e il dolore.

 

E come il corvo che continua a tormentare per il fegato dell’ignaro peccatore consapevole dei suoi peccati gli orrori di quella notte tornavano a fargli visita ogni volta che prendeva sonno sotto forma di incubi.

 

Anche quella volta era stato lo stesso.

 

Strinse tra i pugni il sottile lenzuolo come se il lacerarlo potesse far calmare la sua rabbia e disperazione.  Tentò di regolare il suo respiro e tirò via con poca grazia quell’odiato strato di cotone. Nonostante mancasse poco all’alba la sua stanza era peggio di un forno e quel sottile oggetto era per lui una costrizione.

 

Ne avrebbe fatto volentieri a meno se non che, dopo l’arrivo della sorella nella loro casa, questa aveva preso l’abitudine di andare a svegliarlo ogni mattina e dopo la volta in cui scoprì che suo fratello in piena estate adorava dormire senza nessuna “costrizione” lo pregò gentilmente tra gli urli scioccati di coprire il copribile onde evitarle uno shock giornaliero.

 

L’accordo fu stipulato senza troppe lotte dato che senza “la sveglia” di sua sorella nemmeno le cannonate sarebbero riuscite a svegliarlo.

 

Appoggiò i piedi nudi sul pavimento e un breve, ma inteso  brivido gli percorse il corpo.

 

Brutto presentimento ma non voglio dargli peso adesso.

 

Si avvicinò alla finestra aperta e stancamente si appoggiò al davanzale pronto a godersi lo spettacolo dell’aurora.

Erano quasi le 5.00 e quella mattina avrebbe dovuto svegliarsi solo alle 6.00. Sapeva che non sarebbe mai riuscito a prendere sonno quindi che male c’era nel restare li a godersi quel attimo di pace e silenzio.

 

 

I colori luminosi dell’alba stavano silenziosamente facendo capolino e prendevano piede su quelli scuri della notte. Colori caldi, seppur tenui e delicati, lentamente ma con decisione, quasi prepotentemente si facevano strada prendendo il posto che gli spettava mentre i freddi colori notturni come un perfetto soldato obbedivano agli ordini ritirandosi per il meritato riposo dopo una lunga ed estenuante battaglia.

 

 

- Ciao, Ron - 

 

Un rumore di passi e un lieve fruscio, forse di una camicia da notte, arrivarono alle sue orecchie. Le sue labbra si piegarono in un sorriso involontario. Non avrebbe avuto bisogno di girarsi per sapere a chi appartenevano. 

 

- Come mai così mattiniero? È strano vederti in piedi di domenica mattina prima di mezzogiorno- lo canzonò amorevolmente lei.

 

Voleva giocare… e lui non era il tipo certo che si tirava indietro.

 

- Ehi, non è vero che non mi alzo mai la domenica mattina prima di mezzogiorno – rispose fingendosi profondamente ferito nell’orgoglio

 

Lei inarcò un sopracciglio  - si certo Ron e io non ho mai aperto un libro in vita mia! -

 

- Va bene, forse qualche volta la domenica mi piace dormire! –

 

Con lei la resa delle armi non era mai umiliante, a volte divertente, anche piacevole in fondo.

 

- Lo sai vero che sei una battaglia persa a volte? – disse incrociando le braccia al petto

 

- Diciamo di sì! Ma so anche che mi adorate così come sono eheh –

 

Sorrise anche lei e si avvicinò alla poltrona che aveva spostato davanti alla finestra, si sedette sul bracciolo e sempre sorridendogli gli passò una mano tra i capelli fino ad accarezzargli la guancia. – Ti va di dirmi seriamente perché sei sveglio a quest’ora da te definita ”indecente” del mattino?-

 

Ron riaprì gli occhi che aveva momentaneamente chiuso al tocco della ragazza. Adorava questo loro scambio di effusioni privato. Non era nulla di che. Erano sempre molto imbarazzati l’uno con l’altra ma spesso quando l’uno o l’altro era giù ed erano lontani da sguardi indiscreti si concedevano questi brevi momenti di complicità.

 

- Non riuscivo più a prendere sonno. Ma tu invece? Non che ti svegli normalmente molto più dardi ma anche per te questa è “un’ora indecente del mattino” –

 

- Avevo bisogno di vedere l’alba. – spiegò lei con lo sguardo perso nell’orizzonte l’aurora e i suoi colori la rendevano ancora più bella, se possibile, ai suoi occhi

 

- Sai che riesci sempre a stupirmi… non avrei mai creduto che ti alzassi ogni giorno all’alba solo per vederla – le rispose

 

- Ah, Ron.. – disse alzando lo sguardo al cielo – con te non è mai possibile fare un discorso serio. -

 

- Sì, scusa, scusa – la trattenne a se non voleva che se ne andasse. – torno serio immediatamente! – lo sguardo di lei era scettico – visto… sono serio. Mi stavi dicendo che hai bisogno di vedere l’alba. Posso sapere perché? - 

 

- Beh… se non mi prendi in giro te lo dico. – confessò mentre le guance le si coloravano di un adorabile color porpora.

 

- Ovvio che non ti prenderò in giro – pronunciò queste parole con tutta la dolcezza di cui era capace. Prese il suo mento tra le dita e la costrinse a guardarlo – sai che adoro parlare con te e che mai ti prenderei in giro. L’ho fatto una volta e quasi rimanevi uccisa da un Troll… da chi li copio poi i compiti io? – finì la frase con un sorriso furbo

 

Strabuzzò gli occhi e iniziò  dargli dei colpetti sul braccio – Brutto insensibile che non sei altro! Ma guarda te! La prossima volta il tema di pozioni lo copi da Harry! -

 

- No, ti prego! Sarebbe la bocciatura a vita assicurata- la supplicò tra le risate inginocchiandosi e abbracciandole le gambe.

 

- Ma guarda te cosa mi tocca vedere. Ronald Wasley alzati immediatamente e finisci di fare il cretino! – la sua voce seppur spezzata dalle risate trapelava un po’ di imbarazzo. Non era usuale un contatto simile tra loro.

 

- Ok, ok! Mi alzo ma tu vieni qui e spiegami seriamente cosa ti passa per quella testolina e perché dovevi vedere necessariamente l’alba oggi. – le porse la mano imbarazzato anche lui per l’estrema audacia avuta e non appena ebbe la sua piccola e fragile mano in quella molto più forte di lui la avvicinò a sé e la fece sedere sulle sue ginocchia.

 

Stupiti piacevolmente dall’inusuale situazione i due si guardarono negli occhi per un istante per loro eterno prima che lei interrompesse il silenzio con la sua voce.

 

Trasse un profondo respiro e cominciò a parlare – Devi sapere che quando ero piccola, avevo circa 6 anni, tutte le estati  andavamo con i miei genitori nella casa di campagna dei miei nonni. Adoravo i miei nonni erano così buoni con me. Ogni volta che andavo a trovarli avevano sempre un nuovo libro che parlava di fate o gnomi o qualsiasi altra creatura del mondo magico. Diciamo quindi che mi piaceva anche andare a trovarli. Il problema sorgeva la notte. Avevo una paura matta della loro casa. Era molto vecchia ma nonostante questo era ancora molto bella e elegante. I muri di ogni stanza avevano un colore diverso e ricordo che quelli della mia cameretta li avevo scelti io. Azzurro con delle nuvolette che facevano sembrare la stanza sempre in pieno giorno. Passavo intere giornate in quella stanza. La notte però riuscivo proprio a dormirci. Passavo praticamente sveglia tutta la notte a causa di strani rumori a cui, all’epoca, non riuscivo a dare una spiegazione. Così passavo il tempo leggendo per tenere la mente occupata e aspettavo con ansia l’alba. Per me l’alba non era solo un nuovo giorno ma era la rinascita la vittoria della luce sulle tenebre che tanto odiavo e di cui tanto avevo paura. Per questo ogni volta che mi sento particolarmente giù ed impaurita anche adesso sento il bisogno di vedere l’alba. Non so perché ma è come se mi desse speranza. So che è può sembrarti stupido.. ma so anche che in qualche modo mi comprenderai giusto Ron? – finì lei lasciando che il suo sguardo vagasse all’orizzonte

 

- Sì,. Anche se potrà sembrarti strano lo comprendo benissimo ed effettivamente il tuo ragionamento come al solito non fa una grinza. Non avrei potuto spiegarlo meglio. -

Il sole ormai era sorto e, anche se non era ancora talmente alto da riscaldare, illuminava la stanza piacevolmente permettendo ai due giovani di avere una chiara visione del volto dell’altro. Era un momento di assoluta pace e tranquillità che i due non avrebbero mai voluto finisse. Fu solo un sussurro ma per lui fu sufficiente. 

 

- Ron, sono felice di aver visto quest’alba con te. Grazie è il più bel regalo che tu mi abbia mai fatto. – una piccola lacrima insistente ruppe le sue barriere e scese ad accarezzarle il volto

Ron se ne accorse immediatamente e il suo cuore fu come stretto in una morsa. Sapeva benissimo cosa stava pensando e cosa volesse dire con quelle parole.

 

- Anche io ‘Mione – le disse costringendola a guardarlo negli occhi e tentando di infonderle tutto il suo amore con il suo sorriso – e al contrario di quello che pensi tu ti prometto che ne vedremo molte altre insieme, ti prometto che di questi regali ne avrai talmente tanti che forse un giorno arriverai anche a stancartene -

 

Speranze, promesse di innamorati non totalmente coscienti di quello che realmente provano ma che si ritrovano a confessarsi i loro sentimenti senza nemmeno rendersene conto migliaia di volte al giorno attraverso i loro piccoli gesti quotidiani.

 

Una frase che può celare milioni di significati ma che poi ne assume uno soltanto. Quello che gli darà la persona che la ascolterà.

 

 In quel momento, non avrebbe mai immaginato che non avrebbe portato a termine la sua promessa.

 

*** *** *** ***

 

Anastasia si guardò velocemente allo specchio, passandosi le mani tra i folti riccioli bruni per ravvivarli. Aveva delle leggere occhiaie violacee sotto gli occhi ambrati ed intelligenti. Picchiettò con la punta delle dita sulla pelle delle guance per dare loro più colore: era così pallida!

 

Scese le scale di marmo bianco senza emettere alcun rumore, ancora immersa nelle sue sensazioni e nei suoi turbolenti ricordi della notte passata.

 

Riusciva appena ad udire il leggerissimo rumore di stoviglie provenire dalle grandi cucine dove i diligenti elfi domestici lavoravano senza sosta, per preparare la loro colazione.

 

-Mia cara…- sentì dire da una voce gentile e famigliare.

 

Alzò lo sguardo e ritrovò l’elegante figura di Narcissa Malfoy a pochi passi dall’entrata. Doveva essere appena arrivata; indossava il soprabito da viaggio blue ed il cappello con la visiera larga, contornato da una brillante fascia verde.

 

Perfettamente truccata, con i capelli impomatati non dimostrava affatto la sua età, ormai importante. Magra e longilinea era ancora una donna piacevole sia per aspetto che per compagnia.

 

 

Anastasia adorava sua suocera. Le voleva bene, forse più che a sua madre. Pensandoci bene, non era affatto strano, visto che di sua madre non ricordava nulla.

-Narcissa!- esclamò con contenuta felicità come le aveva insegnato la donna bionda.

 

Le corse incontro per salutarla con un breve ma sincero abbraccio d’affetto.

 

Narcissa sorrise contenta; aveva sempre desiderato una figlia femmina e con Anastasia aveva realizzato il suo sogno.

 

La ragazza era deliziosa: gentile, sveglia ed affettuosa.

 

Senza eccedere o strafare, la piccola Anya era riuscita a conquistarsi un posto di rilievo nel semicongelato cuore della suocera.

 

-Ma come sei pallida, mia cara. Cosa ti è successo?-

 

La bruna le sorrise, accettando di buon grado la delicata carezza di Narcissa sulla guancia.

 

-Nulla d’importante.- gli occhi scuri di Anastasia saettarono in quelli color ghiaccio di Narcissa che capì al volo. Sorrise con indulgenza, schiarendosi la voce sottile.

 

-Cosa ne dici di raccontarmi tutto davanti ad un’abbondante colazione?-

 

Anya annuì, raccogliendo il soprabito ed il cappello della donna. Avrebbe dovuto chiamare un elfo domestico ma, non sapeva bene il motivo, le dispiaceva sempre chiedere il loro aiuto. Trovava che fossero già abbastanza sfruttati.

 

Li appese con cura nell’armadio e, prendendo a braccetto Narcissa, entrò nella sala da pranzo dove gli elfi domestici avevano già apparecchiato la tavola.

 

Un intenso profumo di brioche le accolse, facendole sospirare di desiderio.

 

Si sedettero con eleganza ai lati del tavolo e, in un batter d’occhio, il cibo ricoprì la tovaglia bianca e ricamata.

 

Anastasia iniziò a raccontare il sogno di quella notte e, come al solito, Narcissa immagazzinò tutte le informazioni con avidità e passione.

 

Non l’avrebbe mai ammesso ma, in fondo, anche lei si era invaghita di quello sguardo blue cobalto.

 

 

Continua…

 

 

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