15.
Yoko Mitsui si era accomodata ad una delle morbide
poltroncine disposte nella hall del nuovo centro convention di Kanagawa.
Una giovane hostess le rivolse un sorriso che si
ampliò quando notò il bimbo sorridente che stringeva tra le braccia.
“Ha bisogno di aiuto?”
“No, grazie. Aspetto mio marito.” Spiegò scostando con
una mano i capelli dietro le spalle e sistemando meglio Ryoki nel nido delle
proprie braccia.
Sorrise al suo piccolino. Non si lamentava mai e
dormiva tutta la notte, un vero angioletto. E poi era esattamente come lei,
ovvero sorrideva a chiunque.
Yoko sghignazzò ricordando la faccia allibita
dell’algido Kaede Rukawa pochi minuti prima.
“Facevi ‘gugu’, amore? Ti piace Kaede? Eh?” Ryoki
sorrise facendo brillare gli occhioni blu ammaliatori.
Erano bellissimi.
Avevano la stessa forma di quelli della madre ma il
colore era assolutamente quello di Takeshi e Hisashi.
Hisashi, già. Come brillava il suo sguardo quella
sera, mentre osservava Shiori e stringeva Ryoki. Lei stessa si era sentita
leggera e felice per lui.
Com’era cambiato da quel giorno.
La prima volta che l’aveva guardato davvero.
Era scocciata come poche volte prima di allora, esasperata era la
definizione più corretta.
Dannazione al medico rimbambito che dimenticava di
timbrare i documenti, dannazione a Takeshi che era ad un convegno Dio solo
sapeva dove, ma soprattutto dannazione a quel piccolo avanzo di galera!!
'Sei una brava ragazza, sei una brava e tollerante ragazza'
si ripeteva come una mantra nella propria testa mentre procedeva con velocità
nel corridoio che l'avrebbe gettata nell'incazzatura più totale.
Psichiatria.
Perfetto! Lasciate ogni speranza voi ch'entrate...
Proprio il posto adatto per quel diavolo di sedici
anni. Forse era più indicato un esorcista per lui, ma per ora la psichiatria
andava più che bene, l’importante che se ne restasse fuori dai piedi a vita!
Spinse con forza la porta metallica che si richiuse
alle sue spalle senza il minimo rumore. Questo particolare per un attimo la
sorprese, così come vedere la moquette grigia sostituire le mattonelle del
pavimento, ed ancora di più quelle pareti chiare completamente spoglie.
Sembrava di camminare nell’ovatta.
'Oddio, sembra il tunnel bianco di cui parlano i
miracolati...' pensò, si fermò titubante.
Quel posto non le piaceva per niente.
Attutiva i sensi, faceva perdere l'orientamento e la
consapevolezza della realtà.
Avrebbe voluto mettersi a urlare o distruggere
qualcosa solo per il gusto di sentire del rumore, della vita.
Sospirò dandosi mentalmente della stupida e passandosi
una mano sulla fronte improvvisamente madida di sudore. Era meglio se si
spicciava, timbrava quei maledetti documenti e si recava il più lontano
possibile da lì!
"Ha bisogno?" un'infermiera, anch'essa
vestita completamente di bianco, attirò la sua attenzione sbucando da una porta
che lei nemmeno aveva notato.
"Ehm... dovrei vedere il dottor Yoshida, mi ha
detto di recarmi direttamente qui per dei documenti."
"Oh, lei è la signora Mitsui?" Yoko annuì
"Sì, mi ha detto che sarebbe passata. Ultima porta infondo al corridoio,
si accomodi pure!"
"Grazie!" la donna sorrise gentilmente e
l'infermiera tornò alle sue mansioni. Yoko percorse il corridoio con uno strano
senso di agitazione, senza nemmeno alzare gli occhi dal pavimento. Le mancava
l'aria, ma forse era solo soggezione.
La porta dell'ufficio era socchiusa e non appena alzò
la mano per bussare il dottore la vide e le sorrise invitandola ad entrare.
"Venga, venga pure! Stavo finendo di scrivere le
mie considerazioni su Hisashi!" mentre spiegava fece un gesto casuale
indicando qualcosa alle proprie spalle.
Un incubo.
Non sapeva come altro definirlo, anche se a differenza
degli incubi l'unico colore presente era il bianco. Bianco il pavimento, il
soffitto, le pareti imbottite e addirittura il pigiama e le calze del ragazzo.
Hisashi era seduto a terra, lo sguardo basso, il volto
cinereo e scavato, quasi mimetizzato nel chiarore assurdo della stanza. I
capelli nerissimi raccolti in un codino erano l’unica nota di colore, quasi
dolorosa per gli occhi.
Il medico non si mostrò più di tanto stupito. Era una
reazione normale per i non addetti ai lavori anche se ciò che lo stupì fu il
fatto che la donna non sembrava voler abbassare lo sguardo mentre tutti,
inevitabilmente, scappavano. Anche lo stesso padre del ragazzo non si era
soffermato un solo istante sulla figura del figlio. Poco male, un cliente di
quella portata sarebbe stato un ottimo guadagno per la clinica e per la propria
notorietà.
“L-l’avete sedato?” domandò un po’ incerta.
Ricordava bene l’ultimo incontro che aveva avuto con
Hisashi, nonostante fossero in tre a tenerlo inchiodato ad una barella nessuno
riusciva a placare la sua furia.
“No. Dopo i primi giorni di aggressività, tutti nella
stanza di contenimento si tranquillizzano.”
Tranquillizzano?
A lei non sembrava affatto tranquillo, sfinito
piuttosto.
Si avvicinò al vetro che divideva le due stanze.
Sembrava una prigione, con la differenza che una prigione aveva almeno un
letto, almeno una finestra.
Lì era il niente.
Un limbo e nient’altro.
Tranquillo.
No, non era per niente d’accordo.
Posò una mano sulla superficie liscia e fredda ma era
consapevole che il ragazzo non potesse comunque vederla. A lui quel vetro doveva
apparire come tutto il resto.
Tuttavia, il ragazzo alzò per un attimo lo sguardo e
Yoko vacillò.
Tranquillo? Tranquillo?
Svuotato, annientato, anestetizzato, ma non
tranquillo!
Le braccia inerti, le mani grandi aperte e vuote.
Gli occhi blu erano una voragine senza fondo, non
brillava un briciolo di vita in quelle pozze scure, inghiottivano tutto senza
assorbirlo.
Il suo volto di ragazzino sembrava un maschera
inanimata.
“Che gli state facendo?” domandò dura al medico senza
distogliere lo sguardo dal ragazzo che era tornato a fissare il vuoto.
Le stava salendo la nausea e non per via della
gravidanza.
“Come, prego?”
“Ho chiesto che gli state facendo? Che razza di
terapia è questa?” finalmente volse lo sguardo verso il medico che sembrava
imbarazzato e confuso.
“Ovviamente cerchiamo di ristabilire l’equilibrio
psichico nei ragazzi che hanno subito traumi che…”
Non sapeva cosa si era impadronito di lei. Il suo
respiro si era fatto più veloce, la rabbia le montava in corpo da tutte le
parti. Quel ragazzo le aveva rovinato la vita, almeno così pensava poco prima,
ma ora aveva compreso che l’unica vera vittima di tutta quella situazione non
era lei, ne suo marito ne tanto meno la madre morta.
Ma il ragazzo che in quel limbo aspettava solamente di
morire.
Si sentiva un mostro.
Un dolore allo stomaco, una stilettata fin alla radice
delle spalle.
“Ho capito, mi dia quei documenti.” Il dottore tirò un
sospiro di sollievo ed estrasse dalla cartella i documenti su cui sarebbe stato
apposto il timbro del signor Mitsui per ufficializzare il ricovero di Hisashi.
“Comprendo che sia difficile per i familiari ma… che
sta facendo?!” Yoko aveva gettato uno sguardo sui fogli leggendo parole alla
rinfusa, confusa, spaventata e schifata.
Senza una altro attimo di indecisione aveva fatto a
pezzi ogni singolo foglio stupendo il medico.
Aveva poi estratto il cellulare e chiamato il marito
“Takeshi torna subito, io porto a casa Hisashi. Non starà qui un secondo di
più!”
“Ehi! Che ci fate voi qui?” una grande mano le si era
posata sulla testa mentre l'altra era andata a stropicciare il visetto di Ryoki
particolarmente felice per tutte le attenzioni ricevute quel giorno.
Yoko sorrise radiosa al marito, la stanchezza
dell'uomo parve scomparire un poco dal viso serio "Siamo venuti a
prenderti. Ho accompagnato Hisashi e i suoi amici al Toxic!"
"Quindi appena questo furfante si addormenta
abbiamo casa libera?"
"Sì, perché? Che intenzioni ha presidente?"
replicò lei alzandosi e fronteggiando il marito.
"Non so, credo che ci verrà in mente
qualcosa..."
***
“Cavolo! Non credevo sareste
venuti in così tanti!”
Aiko Narita, la giovane cugina di Sakuragi, li salutò
con un enorme sorriso. Bisognava però ammettere che con una minigonna nera ed
una maglietta verde a richiamare il colore degli occhi era impossibile
scambiarla per un maschio, nonostante i capelli corti.
“Ma guarda, ci sei anche tu, volpino scorbutico!”
sorrise ancora più ampiamente riconoscendo un certo fastidio negli occhi del
numero 11.
“Lascialo perdere quello lì, cugina! Ma dimmi, quando
canti? Il genio Sakuragi vuole assistere alla tua performance!!”
“Canto più tardi, in realtà solo un paio di canzoni,
ma è il massimo a cui posso aspirare conoscendo il proprietario!” spiegò la
moretta mentre faceva strada ai ragazzi scortandoli fino ad uno dei tavoli più
ampi con tanto di divanetto sui due lati “Ecco, l’ho tenuto per voi!”
“Quanto hai speso per la prenotazione? Così ti
rimborsiamo!” chiese Ayako inguainata in un paio di pantaloni di pelle nera e
un bel top chiaro che metteva in risalto le sue forme prosperose.
“Ehm veramente… credo che per sbaglio un biglietto col
vostro nome sia caduto nella giacca del proprietario… sapete com’è, sono cose
che succedono!” sbatté gli occhi con fare innocente.
“Mitica!” scoppiò a ridere Miyagi assestando delle
gomitate tra le costole all’amico “Hana, sei sicuro che sia cugina tua e non del
volpino? Forse dovresti chiamare lei volpina!”
“Vogliamo muoverci??” ringhiò il Gori sedendosi
malamente su una delle sedie “Giuro che aspetto con grazia domani così non
vedrò i vostri musi per un giorno intero!”
“Mamma se sei acido, Akagi!” s’offese Ayako prendendo
posto sul divanetto seguita da Shiori, Hisashi, Kogure e via dicendo tutti gli
altri. Come da copione Kaede e Hanamichi si ritrovarono seduti accanto e
grugnirono in contemporanea.
Fortunatamente o sfortunatamente, dipende dai punti di
vista, Aiko si sedette proprio trai due.
“Il primo giro lo offro io!” esclamò Hisashi rendendo
felici Ryota e Hana che si strapparono dalle mani la lista.
Ben presto la compagnia si ruppe per andare chi a
salutare altri amici, chi al bagno, chi a ballare, altri ancora a sbronzarsi al
bancone tipo il Gori che voleva affogare i dispiaceri e la pessima compagnia
nell’alcol.
Aiko, che sveglia lo era davvero, notò immediatamente
che era meglio distrarre Rukawa dalle mani di Mitsui che indugiavano sulla vita
della propria ragazza.
“Ehi, addormentato del basket, mi fai ballare un po’?”
Add… addormentato di cosa?? Come osava quella piccola
disgraziata chiamarlo così?
“Neanche per idea!” Shiori fissò stupita il fratello:
non era da lui rispondere alle provocazioni, non verbalmente almeno. Stava
impazzendo per via degli schiamazzi di quella terribile banda punk? Oppure per
la prima volta qualcuno del sesso opposto l’aveva colpito?
“Eddai, Aiko, non dovresti stuzzicarlo così! Rukawa è
un elemento indispensabile per la squadra?” rispose Ayako.
“Indispensabile? Farai mica il canestro?” mentre
Mitsui e Miyagi si spalmavano sul tavolo a ridere, Shiori domandò alla moretta
dove si trovasse il bagno e lei si offrì di accompagnarla.
Lontano dal casino e dalla ressa Shiori tirò un
sospiro di sollievo. Il bagno pareva più uno di quelli delle stazioni metropolitane
con i cubicoli grigi e i lavandini grandi come vasche. Sollevò un sopracciglio
un po’ sorpresa e un po’ delusa, nello specchio captò lo sguardo di Aiko.
“Già, fa schifo ma almeno ti riposano le orecchie.”
“Nh!” commentò la volpina aprendo uno dei rubinetti
beandosi della frescura dell’acqua sulle mani.
“Perché storci la bocca tutte le volte che parlo col
volpino? Non stai con il bel ragazzo sexy?” domandò Aiko fissandola con sguardo
serio. Shiori ne fu un po’ stupita ma anche soddisfatta. Aveva già intuito che
la ragazzina che si ritrovava davanti non era per niente ingenua e nemmeno
superficiale come voleva far credere. Sembrava molto più matura dei suoi
quindici anni. In un certo senso le ricordava un po’ se stessa. Ecco perché
Kaede ne era incuriosito.
Shiori si voltò verso di lei appoggiando la base della
schiena al bordo del lavandino e la fissò con un leggero sorriso, gli occhi
socchiusi le conferivano un’aria quasi pericolosa, come una tigre che studia
affamata ed eccitata la propria preda. La differenza di altezza era parecchia
tuttavia Aiko non sembrava per niente intimorita da lei.
E le piaceva.
“Kaede è mio fratello. Attenta a ciò che fai!”
Aiko sbatté le palpebre stupita, poi si aprì in un
sorriso enorme e cominciò a parlare a raffica “Dai? E io che mi ero già fatta
un film mentale su tradimenti, storie gay! Che delusione! In effetti era
strano, non vedo perché dovresti tradire un ragazzo come quello… bla bla
blabla, blabla…”
A Shiori cadde la classica goccia sulla testa mentre
smetteva di ascoltare quel comizio di cazzate.
Ritirava tutto: era psicopatica esattamente come il
cugino.
“Hai una sigaretta?” domandò ad un certo punto
risvegliandola dal suo rifugio felice, quello dove si rintanava durante le
lezioni, gli sproloqui di Ayako, i guaiti di Sakuragi… il luogo dove Hisashi la
chiamava dolcemente tendendole le braccia, l’erba era verde, le pecore
pascolavano e… si accorse dello sguardo preoccupato dell’altra e negò col capo
“Pazienza. Comunque sappi che tuo fratello mi piace e che ci proverò con lui.
Hana mi ha detto che non ha la ragazza sebbene sia il ragazzo più popolare
della scuola.” Era tornata seria e Rukawa la studiò con attenzione.
Delle pecore, ormai non era rimasto che un vago
bagliore biancastro stagliato nell’erba lontana.
“Non hai paura che io possa dirgli qualcosa?”
“Potresti e ciò mi renderebbe la cosa ancora più
eccitante!” dichiarò sorridendo maliziosamente.
Le pecore stavano per fare una fine terribile.
“Attenta a ciò che fai, ti ho già avvisata!”
lapidaria. Kaede non era un argomento su cui si poteva scherzare. Un errore, un
solo errore e la piccola Narita avrebbe rimpianto per sempre l’invito di quella
sera.
Sorprendentemente Aiko scoppiò a ridere “Eddai, ho
detto che ci proverò con lui, mica che ho intenzione di violentarlo!” la prese
sottobraccio cogliendola alla sprovvista e la trascinò nuovamente nel locale
facendola tornare crudelmente alla rumorosa realtà. Appena libera si sarebbe barricata
in bagno per l’intera serata! “Comunque stai tranquilla, tu pensa al tuo bel
ragazzo che io ti distraggo il fratello o dubito potrete combinare qualcosa!!”
continuò giuliva, gli occhi verdi scintillavano divertiti.
Ok, forse non era così male.
Dopotutto Kaede non era stupido, se voleva starci
poteva starci, aveva la sua benedizione!
Vediamo… Cosa avrebbe potuto combinare con Hisashi?
Com’era il sogno ad occhi aperti? Un prato verde, Hisashi, le pecorelle… perché
pensava a guardare le pecore mentre Hisashi la teneva tra le braccia? Bah!
“Ehi, dov’era il bagno? A due isolati? Bisogna
prendere la navetta?” frecciò Ayako scoccando a Shiori un’occhiataccia e
prendendo immediatamente per mano Ryota trascinandolo in pista. Non che il
povero playmaker avesse capito qualcosa ma trovarsi in pista con spalmata
addosso Ayako tanto bastò a fermare le inutili domande nella sua testa.
Evidentemente Ayako si era sacrificata, per il bene
della pace, a tenere sotto controllo Hisashi e Kaede per dieci minuti. Santa
donna!
“Allora, Kitty, andiamo un po’ a ballare che così le
ragazze del locale la smettono di sbavarti addosso!!” esordì Aiko schiacciando
l’occhiolino a Shiori e trascinando via il povero numero 11 con insospettabile
forza “Guarda che lo faccio per loro, si disidratano poverine! Pensa un po’ che
danno per l’ecosistema del nostro pianeta, ai cambiamenti della fauna e la
flora poi! Ma non sai che…” e prese a rimbambirlo di parole.
“Di che avete parlato voi due?” chiese sospettoso
Hisashi avendo notato chiaramente l’occhiolino della Narita.
“Di pecore!”
***
L’imperativo della vita del Gorilla si era infine
ridotto ad uno solo: non farsi domande.
Lui era un ragazzo dai solidi principi morali, era
certo che ad ogni azione corrispondesse una reazione uguale e contraria.
Come era sempre stato, anche allo Shohoku.
Soprattutto allo Shohoku, dove ad un’occhiataccia, una
battuta, un pugno corrispondeva sempre una rissa coi fiocchi. Com’era
nell’ordine naturale delle cose.
Era ormai certo che se Miyagi avesse chiesto ad Ayako
di ballare lei l’avrebbe preso a calci. Era sicuro che se Hanamichi si fosse
messo a chiacchierare con Haruko un dardo divino sarebbe sceso a renderlo del
tutto inoffensivo, facendolo arrossire, farfugliare, ribaltare e perché no,
morire sul posto.
Era assodato che se una ragazza si fosse permessa di
trascinare Rukawa da qualche parte la poverina avrebbe preso in pieno la sua
furia demoniaca, decidendo da qual momento in poi di rivedere i propri gusti
sessuali.
E allora che diamine stava succedendo quella sera???
Perché Ayako, la solida, incrollabile, inossidabile
Ayako non aveva ancora picchiato il Bonsai dopo tre balli, no dico, tre balli
di fila?
E perché il dardo divino non era ancora scoccato sulla
testa di Sakuragi che invece conversava amabilmente facendo ridere la sua dolce
sorellina?
E Rukawa, un nome una garanzia, perché l’algido,
scorbutico, orso di Kaede Rukawa si faceva trascinare docilmente, come un
volpacchiotto ammansito, dalla mano della Do’hao in gonnella?
E quegli altri due che facevano? Limonavano sul
divanetto? No, non aveva la forza di guardare!
Alzò la mano a chiamare il barista affinché gli
versasse l’ennesimo drink della serata, sotto lo sguardo preoccupato ed
intimorito di Kogure. Oh, bene, almeno lui era sempre uguale a se stesso.
“Akagi, tutto bene?” chiese proprio il vicecapitano
osservando il liquido ambrato scomparire con velocità impressionate giù per la
gola dell’amico.
Akagi sospirò e sbatté il bicchiere sul bancone “No!
Che diavolo fanno quegli idioti?”
Kogure si osservò attorno registrando solamente
ragazzi e ragazze che per una volta si rilassavano e divertivano in compagnia.
Poi una scena insolita attirò la sua attenzione
“Rukawa sta davvero parlando con Narita?”
“Non ne avevamo abbastanza di Sakuragi e Miyagi?
Adesso pure i volpini e il teppista! E Ayako?” Akagi si portò una mano alla
tempia destra “Sono certo che è un sogno, mi sveglierò urlando e sarò nel mio
letto, sì è così!”
E mentre il capitano faceva training autogeno bevendo
un cocktail dietro l’altro e Kogure osservava la scena sopraccitata pulendo di
tanto in tanto le lenti degli occhiali come se anche la realtà potesse svanire,
anche Hanamichi lanciava occhiate preoccupate alla cugina e al volpino.
“Sta tranquillo, Aiko mica è scema. Non si fa certo
incantare da un visino d’angelo…” lo rassicurò Yohei avendo intuito in pieno
ciò che impensieriva il proprio migliore amico.
“Infatti!” strepitò il rossino “È di quella stupida
volpe che non mi fido!! Chissà cos’ha imparato a vedere la volpina e il
teppista pervertito!!” Yohei scoppiò a ridere.
“Ma che cavolo spari? Non mi sembra che i due
piccioncini diano scandalo, ne danno più Miyagi e Ayako che sono ancora
appiccicati!”
Hanamichi incrociò le braccia al petto e mise il
broncio “Sarà, ma io non mi fido di quel volpastro della malora!!”
E in effetti il volpastro, per la prima volta nella
sua vita, non era annoiato da quello strano soggetto che, pur essendo la cugina
scema del Do’hao, non sembrava lo stereotipo dell’oca svenevole.
“Ma tu non parli mai?” gli chiese infine dopo un
monologo senza capo né coda sulla salvaguardia del pianeta “Anche tua sorella è
di poche parole ma con lei riesco a comunicare!”
Kaede alzò le spalle però era curioso di sapere cosa
si fossero dette quelle due in bagno.
“A te non interessa di nessuno, non è così?” il
giovane rookie socchiuse gli occhi a quella singolare domanda. Aiko si guardò
attorno, gli occhi verdi scuriti dalla mancanza di luce poi piegò la bocca in
una smorfia schifata “Ma ti guardano sempre così quelle oche? Dev’essere una
palla! Ora capisco perché eviti tutte!” Kaede non commentò.
Aiko prese al volo un cocktail sul bancone e trascinò
il ragazzo verso un posto meno affollato e un po’ nascosto.
Sorseggiò per un momento in silenzio, ma non sembrava
nel suo DNA riuscire a tenere la bocca chiusa per più di due minuti.
“Sai?” lo osservò e si stupì un poco di trovare gli
occhi del ragazzo puntati sul suo viso. Da quanto la stava fissando? Si mosse
un po’ a disagio sulla sedia e prese tra le mani il bicchiere, la frescura del
liquido attraverso il vetro le diede sostegno “Mito mi ha detto che sei l’asso
dello Shohoku, lasciando perdere i vaneggiamenti di Hana. È un bravo ragazzo,
solo un po’ casinista!”
Anche questa volta Kaede non mosse un muscolo,
continuò ad osservarla soddisfatto nel constatare che lei non abbassava lo
sguardo. Solo due ragazze nella sua vita lo avevano sempre guardato negli
occhi: Shiori e Ayako. Tutte le altre non appena intercettavano i suoi gelidi
occhi scappavano via, come scottate.
E lui nemmeno le considerava. Come potevano affermare
di essere innamorate di lui se nemmeno l’avevano mai guardato negli occhi o
ascoltato la sua voce? A volte non capiva davvero i sentimenti umani. A volte
non si sentiva per niente umano.
Ma in quel momento, davanti a quella ragazzina bassa e
fragile all’apparenza indifesa, capì di essere lui la vittima, non il
predatore.
“Tu hai un sogno.” esordì Aiko senza interrompere il
contatto visivo con quelle iridi particolari, feline e sfuggenti “Lo comprendo
dal tuo sguardo. Ti capisco sai? Anche ce l’ho. Voglio diventare un cantante
famosa, non di quelle oche che si vedono sulle riviste e così via, io voglio
cantare su palchi immensi e stadi gremiti di persone. Voglio che la mia voce
arrivi al loro cuore. E non permetterò a nessuno di intralciare la mia strada.
Tutto il resto non mi interessa.” Mentre parlava i suoi occhi brillavano, le
mani stringevano convulsamente il bicchiere e le sue guance si erano tinte di
un velo rosato.
Kaede alzò un sopracciglio e sorrise appena “Ed è
questo il cammino del genio?”
Aiko scoppiò a ridere ricordando il loro primo,
doloroso per il suo fondoschiena, incontro.
“Ovviamente! Perché io sono Aiko Narita, la Tensai del
canto!!”
“Perché la Narita è salita con una gamba sul tavolo?”
commentò allibita Shiori osservando la ragazzina con una gamba sulla sedia,
l’altra sul tavolo e la mano destra per aria, in una pallida imitazione della
Statua della Libertà. Sarebbe stato così da Ayako sgattaiolare fin là e
origliare la conversazione trai due. Conversazione, non che si potesse chiamare
così se uno dei due interlocutori era Kaede Rukawa. Ma, in effetti, nemmeno
interlocutore andava bene, di ‘locutore’ non c’era nemmeno un grammo in lui.
Decise di lasciare perdere. Se era qualcosa di importante
glielo avrebbe sicuramente riferito.
Si impose di staccare gli occhi dalla schiena del
fratello, non è carino pensare così morbosamente a lui mentre stai seduta
accanto al tuo ragazzo. Si voltò a fissarlo e, come spesso succedeva, si
ritrovò ad ammirare il suo bel profilo, il naso dritto, la bocca non
eccessivamente carnosa, il mento deciso, le ciglia folte e nerissime che gli
adombravano appena gli zigomi. Era incantato a fissare chissà cosa, sorrise
internamente soddisfatta nel riconoscere che quando era sovrappensiero tendeva
a corrucciare le labbra, come un bimbo piccolo che mette il broncio. I suoi
occhi erano persi ma guardando nella direzione del suo sguardo non capì cosa
l’attirasse tanto.
E perché improvvisamente avesse paura.
“Hisashi?” lo chiamò senza ricevere alcuna risposa,
nemmeno un battito di ciglia, nemmeno un sussulto “Hisashi!” gli tirò con forza
una manica della camicia bianca e finalmente vide i suoi occhi rinvenire e
prendere consapevolezza di dove era.
Shiori si accorse che il proprio cuore batteva come
dopo una corsa.
“Eri… eri incantato a fissare un’altra ragazza?” lo
stuzzicò lei fingendo che tutto andasse bene.
“No, non direi. Inizialmente guardavo Miyagi.” Hisashi
sollevò le labbra in quel suo sorriso storto, sciolse le gambe accavallate e si
voltò in modo da poterla guardare in viso.
“Stai bene? Sei un po’ pallido.” Alzò una mano a
sfioragli il volto ma lui l’intercettò e la imprigionò tra le proprie.
“Sto bene. Ti va di ballare?” Shiori scosse la testa.
No, decisamente non voleva tuffarsi in quel macello, ne sciogliere le loro
mani.
“Ricordi com’è finita l’ultima volta che me l’hai
chiesto?”
“La prima e l’ultima se devo distruggermi una spalla
tutte le volte.” Ripose lui mentre con la mano sinistra era andato a giocare
distrattamente con uno dei boccoli morbidi della ragazza. Shiori lo guardò
confusa non comprendendo le sue parole “Non ti ricordi che il tuo ex mi ha
scaraventato a terra?”
Oh, già. In effetti l’aveva dimenticato. Era molto
brava a rimuovere gli episodi spiacevoli.
“Intendevo il dopo. Nel giardino, sai?” Hisashi
l’osservò con una luce divertita negli occhi. La stava palesemente prendendo in
giro.
“Nel giardino? È successo qualcosa nel giardino? Non
ricordo…”
Shiori sogghignò “Boh, allora mi sono sbagliata. O forse
non eri tu!” colpito e affondato, Hisashi scoppiò a ridere.
“Ok, forse ricordo qualcosa.” La mano che le
accarezzava delicatamente i capelli era scesa sul suo braccio e le sfiorava
appena la pelle disegnando figure lente ed immaginarie. Ma perché diavolo doveva
essere così sensuale? Se andava avanti così gli sarebbe saltata addosso davanti
a tutti. “Credi sia sconveniente se ora io ti trascinassi fuori da qui e
confrontassi con te i miei ricordi confusi?” e la paralizzò con il magnetismo
sconvolgente di quegli occhi blu ammaliatori.
Sono tua! Pensò la ragazza, le parole stavano ormai spiccando
il volo dalla punta della sua lingua quando…
“Ok, ragazzi!” urlò il DJ al microfono “Ora abbiamo
una gradita ospite che ci delizierà con alcune canzoni, la piccola Aiko!”
Shiori ringhiò letteralmente e Hisashi rise,
spostandosi per fare posto ai compagni che tornavano dai loro pellegrinaggi in
giro per il locale per assistere alla performance della ragazza, in effetti il
motivo per cui erano tutti lì.
Sakuragi, mani sui fianchi, grugno spaventoso, si era
piazzato davanti al palco nascondendo la visuale praticamente a tutto il locale
e il pugno provvidenziale di Akagi gli risparmiò parecchi cocktails sulla nuca.
“Grazie a tutti!” trillò Aiko arrampicandosi sul
piccolo palco che fungeva anche da piattaforma per il DJ “In particolare
ringrazio il mio cuginetto preferito e i suoi amici e la squadra di basket
dello Shohoku che sono venuti a farmi assistenza morale!!”
“Te l’avevo detto che erano atleti!” sussurrò una
ragazza vicino al tavolo dei cestiti che si mangiava con gli occhi il povero
Kaede “Con un fisico da paura così… chissà quanti bei muscoli là sotto!”
“Ma la volete piantare assatanate???” ringhiò
Hanamichi con una ghigna spaventosa facendo sobbalzare di paura le malcapitate
maniache e, per pura soddisfazione, tirò un pugno a Rukawa che rispose con una
pedata mandandolo faccia a terra.
“E basta!!” urlò Ayako utilizzando la borsa come il
suo fido ventaglio e placando il casino “Ma roba da matti! Vi ci vuole la
museruola e la camicia di forza a voialtri!” subito gli uomini del locale le
fischiarono in apprezzamento con il risultato che fu il turno di Ryota di
mettere su una faccia spaventosa, fortunatamente il pugno del Gori colpì e pace
fu.
“Grazie Capitan Gorilla!!” ringraziò la Narita
finalmente libera di cantare.
Ed era davvero un maledetto genio, si ritrovò a
pensare lo Shohoku mentre ascoltava rapito la voce della ragazzina; aveva una
bellissima voce che da acuta e limpida scendeva fino alle tonalità più basse in
un sussurro roco senza sbagliare minimamente di nota.
“Però…” fu il commento di Miyagi veramente colpito.
Il locale si era fatto silenzioso, presi com’erano ad
ascoltare la voce incredibile di quella nanerottola che non si capiva bene da
dove venisse, i piedi ben piantati a terra ed un’energia travolgente.
Tutti ascoltarono senza fiatare rendendosi a mala pena
conto che le canzoni dalle due programmate aumentavano di numero inchiodando
sulle sedie e sugli sgabelli gli avventori, i cocktails tra le mani restavano
intatti, come se il più piccolo movimento potesse spezzare l’incantesimo.
“Beh, basta!” commentò la moretta terminata la sesta
canzone “Non so più che cavolo cantarvi!!” ammise scendendo con un balzo dal
palco a catapultandosi tra le braccia di Hana che l’aspettava tutto contento e
orgoglioso. E, stranamente, Kaede Rukawa si ritrovò ad invidiarlo. Per un
momento aveva desiderato che quel piccolo turbine andasse da lui, che lo
guardasse, che notasse che le sua voce gli avevano fatto venire la pelle d’oca,
che l’avevano emozionato come solo il basket prima d’ora aveva fatto.
“Complimenti, tu sì che sei un genio, altro che la
capra!” commentò Ayako stringendo ammirata la spalla ad Aiko che la guardò
felice e con gli occhioni scintillanti.
“Grazie! In realtà non credevo che qualcuno mi avrebbe
ascoltata!” ammise abbassando un po’ lo sguardo come improvvisamente timida.
“Scherzi? Ci hai stesi!” la rassicurò Mitsui mentre
Shiori annuiva concorde. Aiko sorrise enormemente, portò le mani ai fianchi, piegò
la testa all’indietro e…
“BWAHAHAHAH!!! Poiché sono Aiko Narita, il Tensai!!
Whahahah!!!” inutile dire che un goccia formato famiglia si formò sulla testa
di tutti i presenti in ascolto. Ovviamente Hanamichi si unì ai vaneggiamenti
sbandierando ai quattro venti la genialità della sua famiglia e la loro origine
divina e altre boiate delle sue.
“Allora Kitty! Un pochino devo esserti piaciuta se non
ti sei nemmeno addormentato!!”
Rukawa le lanciò la sua raggelante occhiata bieca “Per
forza, con tutti quegli strilli! E non chiamarmi Kitty!”
Aiko scoppiò sorprendentemente a ridere e gli gettò le
braccia al collo raggelando tutti i componenti della combriccola “Oh, volpino!
Lo sai che sei proprio il mio tipo?”
Hanamichi sputò letteralmente tutto ciò che aveva
appena bevuto, per la gioia di Takamiya che ritrovò completamente zuppo
“Volpino bastardo! Giù le tue mani perverse dalla mia piccola ed innocente
cuginetta!! Non ti ci devi nemmeno avvicinare a lei, brutto maniaco!!”
“Idiota!” rispose solamente Rukawa.
“Ahahah!! Hana, credo proprio che sia lui a doversi
preoccupare delle mie manine, ahahahah!!” ammise Aiko facendo sganasciare gli
altri alla faccia distrutta del Tensai, dopodiché schioccò un bacio sulla
guancia al volpino confuso e raggelato e si alzò per raggiungere il padrone del
locale che le faceva cenno di avvicinarsi.
“Psicotici!” commentò Kaede raggiungendo il bagno che,
grazie a Dio, era precluso alle donne.
“Credo che la piccoletta farà una brutta fine…”
considerò Mito osservando Rukawa rinchiudersi nel bagno.
“Io credo di no.” Intervenne Shiori catturando
l’attenzione dei presenti “E ciò è anche peggio.”
Akagi crollò con i gomiti sul tavolo stupendo i
compagni che pensarono ad un ictus, la testa ben salda tra le mani nervose e
disperate “Voglio morire!!”