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Autore: Antares    29/10/2010    5 recensioni
Shiori Rukawa ha appena lasciato il liceo Ryonan per trasferirsi allo Shohoku, il liceo di suo fratello. Un paio di occhi blu potranno forse farle dimenticare l'ormai ex ragazzo Akira Sendoh?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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15.

 

 

Yoko Mitsui si era accomodata ad una delle morbide poltroncine disposte nella hall del nuovo centro convention di Kanagawa.

Una giovane hostess le rivolse un sorriso che si ampliò quando notò il bimbo sorridente che stringeva tra le braccia.

“Ha bisogno di aiuto?”

“No, grazie. Aspetto mio marito.” Spiegò scostando con una mano i capelli dietro le spalle e sistemando meglio Ryoki nel nido delle proprie braccia.

Sorrise al suo piccolino. Non si lamentava mai e dormiva tutta la notte, un vero angioletto. E poi era esattamente come lei, ovvero sorrideva a chiunque.

Yoko sghignazzò ricordando la faccia allibita dell’algido Kaede Rukawa pochi minuti prima.

“Facevi ‘gugu’, amore? Ti piace Kaede? Eh?” Ryoki sorrise facendo brillare gli occhioni blu ammaliatori.

Erano bellissimi.

Avevano la stessa forma di quelli della madre ma il colore era assolutamente quello di Takeshi e Hisashi.

Hisashi, già. Come brillava il suo sguardo quella sera, mentre osservava Shiori e stringeva Ryoki. Lei stessa si era sentita leggera e felice per lui.

Com’era cambiato da quel giorno.

La prima volta che l’aveva guardato davvero.

 

Era scocciata come poche volte prima di allora, esasperata era la definizione più corretta.

Dannazione al medico rimbambito che dimenticava di timbrare i documenti, dannazione a Takeshi che era ad un convegno Dio solo sapeva dove, ma soprattutto dannazione a quel piccolo avanzo di galera!!

'Sei una brava ragazza, sei una brava e tollerante ragazza' si ripeteva come una mantra nella propria testa mentre procedeva con velocità nel corridoio che l'avrebbe gettata nell'incazzatura più totale.

Psichiatria.

Perfetto! Lasciate ogni speranza voi ch'entrate...

Proprio il posto adatto per quel diavolo di sedici anni. Forse era più indicato un esorcista per lui, ma per ora la psichiatria andava più che bene, l’importante che se ne restasse fuori dai piedi a vita!

Spinse con forza la porta metallica che si richiuse alle sue spalle senza il minimo rumore. Questo particolare per un attimo la sorprese, così come vedere la moquette grigia sostituire le mattonelle del pavimento, ed ancora di più quelle pareti chiare completamente spoglie.

Sembrava di camminare nell’ovatta.

'Oddio, sembra il tunnel bianco di cui parlano i miracolati...' pensò, si fermò titubante.

Quel posto non le piaceva per niente.

Attutiva i sensi, faceva perdere l'orientamento e la consapevolezza della realtà.

Avrebbe voluto mettersi a urlare o distruggere qualcosa solo per il gusto di sentire del rumore, della vita.

Sospirò dandosi mentalmente della stupida e passandosi una mano sulla fronte improvvisamente madida di sudore. Era meglio se si spicciava, timbrava quei maledetti documenti e si recava il più lontano possibile da lì!

"Ha bisogno?" un'infermiera, anch'essa vestita completamente di bianco, attirò la sua attenzione sbucando da una porta che lei nemmeno aveva notato.

"Ehm... dovrei vedere il dottor Yoshida, mi ha detto di recarmi direttamente qui per dei documenti."

"Oh, lei è la signora Mitsui?" Yoko annuì "Sì, mi ha detto che sarebbe passata. Ultima porta infondo al corridoio, si accomodi pure!"

"Grazie!" la donna sorrise gentilmente e l'infermiera tornò alle sue mansioni. Yoko percorse il corridoio con uno strano senso di agitazione, senza nemmeno alzare gli occhi dal pavimento. Le mancava l'aria, ma forse era solo soggezione.

La porta dell'ufficio era socchiusa e non appena alzò la mano per bussare il dottore la vide e le sorrise invitandola ad entrare.

"Venga, venga pure! Stavo finendo di scrivere le mie considerazioni su Hisashi!" mentre spiegava fece un gesto casuale indicando qualcosa alle proprie spalle.

Un incubo.

Non sapeva come altro definirlo, anche se a differenza degli incubi l'unico colore presente era il bianco. Bianco il pavimento, il soffitto, le pareti imbottite e addirittura il pigiama e le calze del ragazzo.

Hisashi era seduto a terra, lo sguardo basso, il volto cinereo e scavato, quasi mimetizzato nel chiarore assurdo della stanza. I capelli nerissimi raccolti in un codino erano l’unica nota di colore, quasi dolorosa per gli occhi.

Il medico non si mostrò più di tanto stupito. Era una reazione normale per i non addetti ai lavori anche se ciò che lo stupì fu il fatto che la donna non sembrava voler abbassare lo sguardo mentre tutti, inevitabilmente, scappavano. Anche lo stesso padre del ragazzo non si era soffermato un solo istante sulla figura del figlio. Poco male, un cliente di quella portata sarebbe stato un ottimo guadagno per la clinica e per la propria notorietà.

“L-l’avete sedato?” domandò un po’ incerta.

Ricordava bene l’ultimo incontro che aveva avuto con Hisashi, nonostante fossero in tre a tenerlo inchiodato ad una barella nessuno riusciva a placare la sua furia.

“No. Dopo i primi giorni di aggressività, tutti nella stanza di contenimento si tranquillizzano.”

Tranquillizzano?

A lei non sembrava affatto tranquillo, sfinito piuttosto.

Si avvicinò al vetro che divideva le due stanze. Sembrava una prigione, con la differenza che una prigione aveva almeno un letto, almeno una finestra.

Lì era il niente.

Un limbo e nient’altro.

Tranquillo.

No, non era per niente d’accordo.

Posò una mano sulla superficie liscia e fredda ma era consapevole che il ragazzo non potesse comunque vederla. A lui quel vetro doveva apparire come tutto il resto.

Tuttavia, il ragazzo alzò per un attimo lo sguardo e Yoko vacillò.

Tranquillo? Tranquillo?

Svuotato, annientato, anestetizzato, ma non tranquillo!

Le braccia inerti, le mani grandi aperte e vuote.

Gli occhi blu erano una voragine senza fondo, non brillava un briciolo di vita in quelle pozze scure, inghiottivano tutto senza assorbirlo.

Il suo volto di ragazzino sembrava un maschera inanimata.

“Che gli state facendo?” domandò dura al medico senza distogliere lo sguardo dal ragazzo che era tornato a fissare il vuoto.

Le stava salendo la nausea e non per via della gravidanza.

“Come, prego?”

“Ho chiesto che gli state facendo? Che razza di terapia è questa?” finalmente volse lo sguardo verso il medico che sembrava imbarazzato e confuso.

“Ovviamente cerchiamo di ristabilire l’equilibrio psichico nei ragazzi che hanno subito traumi che…”

Non sapeva cosa si era impadronito di lei. Il suo respiro si era fatto più veloce, la rabbia le montava in corpo da tutte le parti. Quel ragazzo le aveva rovinato la vita, almeno così pensava poco prima, ma ora aveva compreso che l’unica vera vittima di tutta quella situazione non era lei, ne suo marito ne tanto meno la madre morta.

Ma il ragazzo che in quel limbo aspettava solamente di morire.

Si sentiva un mostro.

Un dolore allo stomaco, una stilettata fin alla radice delle spalle.

“Ho capito, mi dia quei documenti.” Il dottore tirò un sospiro di sollievo ed estrasse dalla cartella i documenti su cui sarebbe stato apposto il timbro del signor Mitsui per ufficializzare il ricovero di Hisashi.

“Comprendo che sia difficile per i familiari ma… che sta facendo?!” Yoko aveva gettato uno sguardo sui fogli leggendo parole alla rinfusa, confusa, spaventata e schifata.

Senza una altro attimo di indecisione aveva fatto a pezzi ogni singolo foglio stupendo il medico.

Aveva poi estratto il cellulare e chiamato il marito “Takeshi torna subito, io porto a casa Hisashi. Non starà qui un secondo di più!”

 

“Ehi! Che ci fate voi qui?” una grande mano le si era posata sulla testa mentre l'altra era andata a stropicciare il visetto di Ryoki particolarmente felice per tutte le attenzioni ricevute quel giorno.

Yoko sorrise radiosa al marito, la stanchezza dell'uomo parve scomparire un poco dal viso serio "Siamo venuti a prenderti. Ho accompagnato Hisashi e i suoi amici al Toxic!"

"Quindi appena questo furfante si addormenta abbiamo casa libera?"

"Sì, perché? Che intenzioni ha presidente?" replicò lei alzandosi e fronteggiando il marito.

"Non so, credo che ci verrà in mente qualcosa..."

 

 

                                                                        ***

 

“Cavolo! Non credevo sareste venuti in così tanti!”

Aiko Narita, la giovane cugina di Sakuragi, li salutò con un enorme sorriso. Bisognava però ammettere che con una minigonna nera ed una maglietta verde a richiamare il colore degli occhi era impossibile scambiarla per un maschio, nonostante i capelli corti.

“Ma guarda, ci sei anche tu, volpino scorbutico!” sorrise ancora più ampiamente riconoscendo un certo fastidio negli occhi del numero 11.

“Lascialo perdere quello lì, cugina! Ma dimmi, quando canti? Il genio Sakuragi vuole assistere alla tua performance!!”

“Canto più tardi, in realtà solo un paio di canzoni, ma è il massimo a cui posso aspirare conoscendo il proprietario!” spiegò la moretta mentre faceva strada ai ragazzi scortandoli fino ad uno dei tavoli più ampi con tanto di divanetto sui due lati “Ecco, l’ho tenuto per voi!”

“Quanto hai speso per la prenotazione? Così ti rimborsiamo!” chiese Ayako inguainata in un paio di pantaloni di pelle nera e un bel top chiaro che metteva in risalto le sue forme prosperose.

“Ehm veramente… credo che per sbaglio un biglietto col vostro nome sia caduto nella giacca del proprietario… sapete com’è, sono cose che succedono!” sbatté gli occhi con fare innocente.

“Mitica!” scoppiò a ridere Miyagi assestando delle gomitate tra le costole all’amico “Hana, sei sicuro che sia cugina tua e non del volpino? Forse dovresti chiamare lei volpina!”

“Vogliamo muoverci??” ringhiò il Gori sedendosi malamente su una delle sedie “Giuro che aspetto con grazia domani così non vedrò i vostri musi per un giorno intero!”

“Mamma se sei acido, Akagi!” s’offese Ayako prendendo posto sul divanetto seguita da Shiori, Hisashi, Kogure e via dicendo tutti gli altri. Come da copione Kaede e Hanamichi si ritrovarono seduti accanto e grugnirono in contemporanea.

Fortunatamente o sfortunatamente, dipende dai punti di vista, Aiko si sedette proprio trai due.

“Il primo giro lo offro io!” esclamò Hisashi rendendo felici Ryota e Hana che si strapparono dalle mani la lista.

Ben presto la compagnia si ruppe per andare chi a salutare altri amici, chi al bagno, chi a ballare, altri ancora a sbronzarsi al bancone tipo il Gori che voleva affogare i dispiaceri e la pessima compagnia nell’alcol.

Aiko, che sveglia lo era davvero, notò immediatamente che era meglio distrarre Rukawa dalle mani di Mitsui che indugiavano sulla vita della propria ragazza.

“Ehi, addormentato del basket, mi fai ballare un po’?”

Add… addormentato di cosa?? Come osava quella piccola disgraziata chiamarlo così?

“Neanche per idea!” Shiori fissò stupita il fratello: non era da lui rispondere alle provocazioni, non verbalmente almeno. Stava impazzendo per via degli schiamazzi di quella terribile banda punk? Oppure per la prima volta qualcuno del sesso opposto l’aveva colpito?

“Eddai, Aiko, non dovresti stuzzicarlo così! Rukawa è un elemento indispensabile per la squadra?” rispose Ayako.

“Indispensabile? Farai mica il canestro?” mentre Mitsui e Miyagi si spalmavano sul tavolo a ridere, Shiori domandò alla moretta dove si trovasse il bagno e lei si offrì di accompagnarla.

Lontano dal casino e dalla ressa Shiori tirò un sospiro di sollievo. Il bagno pareva più uno di quelli delle stazioni metropolitane con i cubicoli grigi e i lavandini grandi come vasche. Sollevò un sopracciglio un po’ sorpresa e un po’ delusa, nello specchio captò lo sguardo di Aiko.

“Già, fa schifo ma almeno ti riposano le orecchie.”

“Nh!” commentò la volpina aprendo uno dei rubinetti beandosi della frescura dell’acqua sulle mani.

“Perché storci la bocca tutte le volte che parlo col volpino? Non stai con il bel ragazzo sexy?” domandò Aiko fissandola con sguardo serio. Shiori ne fu un po’ stupita ma anche soddisfatta. Aveva già intuito che la ragazzina che si ritrovava davanti non era per niente ingenua e nemmeno superficiale come voleva far credere. Sembrava molto più matura dei suoi quindici anni. In un certo senso le ricordava un po’ se stessa. Ecco perché Kaede ne era incuriosito.

Shiori si voltò verso di lei appoggiando la base della schiena al bordo del lavandino e la fissò con un leggero sorriso, gli occhi socchiusi le conferivano un’aria quasi pericolosa, come una tigre che studia affamata ed eccitata la propria preda. La differenza di altezza era parecchia tuttavia Aiko non sembrava per niente intimorita da lei.

E le piaceva.

“Kaede è mio fratello. Attenta a ciò che fai!”

Aiko sbatté le palpebre stupita, poi si aprì in un sorriso enorme e cominciò a parlare a raffica “Dai? E io che mi ero già fatta un film mentale su tradimenti, storie gay! Che delusione! In effetti era strano, non vedo perché dovresti tradire un ragazzo come quello… bla bla blabla, blabla…”

A Shiori cadde la classica goccia sulla testa mentre smetteva di ascoltare quel comizio di cazzate.

Ritirava tutto: era psicopatica esattamente come il cugino.

“Hai una sigaretta?” domandò ad un certo punto risvegliandola dal suo rifugio felice, quello dove si rintanava durante le lezioni, gli sproloqui di Ayako, i guaiti di Sakuragi… il luogo dove Hisashi la chiamava dolcemente tendendole le braccia, l’erba era verde, le pecore pascolavano e… si accorse dello sguardo preoccupato dell’altra e negò col capo “Pazienza. Comunque sappi che tuo fratello mi piace e che ci proverò con lui. Hana mi ha detto che non ha la ragazza sebbene sia il ragazzo più popolare della scuola.” Era tornata seria e Rukawa la studiò con attenzione.

Delle pecore, ormai non era rimasto che un vago bagliore biancastro stagliato nell’erba lontana.

“Non hai paura che io possa dirgli qualcosa?”

“Potresti e ciò mi renderebbe la cosa ancora più eccitante!” dichiarò sorridendo maliziosamente.

Le pecore stavano per fare una fine terribile.

“Attenta a ciò che fai, ti ho già avvisata!” lapidaria. Kaede non era un argomento su cui si poteva scherzare. Un errore, un solo errore e la piccola Narita avrebbe rimpianto per sempre l’invito di quella sera.

Sorprendentemente Aiko scoppiò a ridere “Eddai, ho detto che ci proverò con lui, mica che ho intenzione di violentarlo!” la prese sottobraccio cogliendola alla sprovvista e la trascinò nuovamente nel locale facendola tornare crudelmente alla rumorosa realtà. Appena libera si sarebbe barricata in bagno per l’intera serata! “Comunque stai tranquilla, tu pensa al tuo bel ragazzo che io ti distraggo il fratello o dubito potrete combinare qualcosa!!” continuò giuliva, gli occhi verdi scintillavano divertiti.

Ok, forse non era così male.

Dopotutto Kaede non era stupido, se voleva starci poteva starci, aveva la sua benedizione!

Vediamo… Cosa avrebbe potuto combinare con Hisashi? Com’era il sogno ad occhi aperti? Un prato verde, Hisashi, le pecorelle… perché pensava a guardare le pecore mentre Hisashi la teneva tra le braccia? Bah!

“Ehi, dov’era il bagno? A due isolati? Bisogna prendere la navetta?” frecciò Ayako scoccando a Shiori un’occhiataccia e prendendo immediatamente per mano Ryota trascinandolo in pista. Non che il povero playmaker avesse capito qualcosa ma trovarsi in pista con spalmata addosso Ayako tanto bastò a fermare le inutili domande nella sua testa.

Evidentemente Ayako si era sacrificata, per il bene della pace, a tenere sotto controllo Hisashi e Kaede per dieci minuti. Santa donna!

“Allora, Kitty, andiamo un po’ a ballare che così le ragazze del locale la smettono di sbavarti addosso!!” esordì Aiko schiacciando l’occhiolino a Shiori e trascinando via il povero numero 11 con insospettabile forza “Guarda che lo faccio per loro, si disidratano poverine! Pensa un po’ che danno per l’ecosistema del nostro pianeta, ai cambiamenti della fauna e la flora poi! Ma non sai che…” e prese a rimbambirlo di parole.

“Di che avete parlato voi due?” chiese sospettoso Hisashi avendo notato chiaramente l’occhiolino della Narita.

“Di pecore!”

 

                                                                        ***

 

L’imperativo della vita del Gorilla si era infine ridotto ad uno solo: non farsi domande.

Lui era un ragazzo dai solidi principi morali, era certo che ad ogni azione corrispondesse una reazione uguale e contraria.

Come era sempre stato, anche allo Shohoku.

Soprattutto allo Shohoku, dove ad un’occhiataccia, una battuta, un pugno corrispondeva sempre una rissa coi fiocchi. Com’era nell’ordine naturale delle cose.

Era ormai certo che se Miyagi avesse chiesto ad Ayako di ballare lei l’avrebbe preso a calci. Era sicuro che se Hanamichi si fosse messo a chiacchierare con Haruko un dardo divino sarebbe sceso a renderlo del tutto inoffensivo, facendolo arrossire, farfugliare, ribaltare e perché no, morire sul posto.

Era assodato che se una ragazza si fosse permessa di trascinare Rukawa da qualche parte la poverina avrebbe preso in pieno la sua furia demoniaca, decidendo da qual momento in poi di rivedere i propri gusti sessuali.

E allora che diamine stava succedendo quella sera???

Perché Ayako, la solida, incrollabile, inossidabile Ayako non aveva ancora picchiato il Bonsai dopo tre balli, no dico, tre balli di fila?

E perché il dardo divino non era ancora scoccato sulla testa di Sakuragi che invece conversava amabilmente facendo ridere la sua dolce sorellina?

E Rukawa, un nome una garanzia, perché l’algido, scorbutico, orso di Kaede Rukawa si faceva trascinare docilmente, come un volpacchiotto ammansito, dalla mano della Do’hao in gonnella?

E quegli altri due che facevano? Limonavano sul divanetto? No, non aveva la forza di guardare!

Alzò la mano a chiamare il barista affinché gli versasse l’ennesimo drink della serata, sotto lo sguardo preoccupato ed intimorito di Kogure. Oh, bene, almeno lui era sempre uguale a se stesso.

“Akagi, tutto bene?” chiese proprio il vicecapitano osservando il liquido ambrato scomparire con velocità impressionate giù per la gola dell’amico.

Akagi sospirò e sbatté il bicchiere sul bancone “No! Che diavolo fanno quegli idioti?”

Kogure si osservò attorno registrando solamente ragazzi e ragazze che per una volta si rilassavano e divertivano in compagnia.

Poi una scena insolita attirò la sua attenzione “Rukawa sta davvero parlando con Narita?”

“Non ne avevamo abbastanza di Sakuragi e Miyagi? Adesso pure i volpini e il teppista! E Ayako?” Akagi si portò una mano alla tempia destra “Sono certo che è un sogno, mi sveglierò urlando e sarò nel mio letto, sì è così!”

E mentre il capitano faceva training autogeno bevendo un cocktail dietro l’altro e Kogure osservava la scena sopraccitata pulendo di tanto in tanto le lenti degli occhiali come se anche la realtà potesse svanire, anche Hanamichi lanciava occhiate preoccupate alla cugina e al volpino.

“Sta tranquillo, Aiko mica è scema. Non si fa certo incantare da un visino d’angelo…” lo rassicurò Yohei avendo intuito in pieno ciò che impensieriva il proprio migliore amico.

“Infatti!” strepitò il rossino “È di quella stupida volpe che non mi fido!! Chissà cos’ha imparato a vedere la volpina e il teppista pervertito!!” Yohei scoppiò a ridere.

“Ma che cavolo spari? Non mi sembra che i due piccioncini diano scandalo, ne danno più Miyagi e Ayako che sono ancora appiccicati!”

Hanamichi incrociò le braccia al petto e mise il broncio “Sarà, ma io non mi fido di quel volpastro della malora!!”

E in effetti il volpastro, per la prima volta nella sua vita, non era annoiato da quello strano soggetto che, pur essendo la cugina scema del Do’hao, non sembrava lo stereotipo dell’oca svenevole.

“Ma tu non parli mai?” gli chiese infine dopo un monologo senza capo né coda sulla salvaguardia del pianeta “Anche tua sorella è di poche parole ma con lei riesco a comunicare!”

Kaede alzò le spalle però era curioso di sapere cosa si fossero dette quelle due in bagno.

“A te non interessa di nessuno, non è così?” il giovane rookie socchiuse gli occhi a quella singolare domanda. Aiko si guardò attorno, gli occhi verdi scuriti dalla mancanza di luce poi piegò la bocca in una smorfia schifata “Ma ti guardano sempre così quelle oche? Dev’essere una palla! Ora capisco perché eviti tutte!” Kaede non commentò.

Aiko prese al volo un cocktail sul bancone e trascinò il ragazzo verso un posto meno affollato e un po’ nascosto.

Sorseggiò per un momento in silenzio, ma non sembrava nel suo DNA riuscire a tenere la bocca chiusa per più di due minuti.

“Sai?” lo osservò e si stupì un poco di trovare gli occhi del ragazzo puntati sul suo viso. Da quanto la stava fissando? Si mosse un po’ a disagio sulla sedia e prese tra le mani il bicchiere, la frescura del liquido attraverso il vetro le diede sostegno “Mito mi ha detto che sei l’asso dello Shohoku, lasciando perdere i vaneggiamenti di Hana. È un bravo ragazzo, solo un po’ casinista!”

Anche questa volta Kaede non mosse un muscolo, continuò ad osservarla soddisfatto nel constatare che lei non abbassava lo sguardo. Solo due ragazze nella sua vita lo avevano sempre guardato negli occhi: Shiori e Ayako. Tutte le altre non appena intercettavano i suoi gelidi occhi scappavano via, come scottate.

E lui nemmeno le considerava. Come potevano affermare di essere innamorate di lui se nemmeno l’avevano mai guardato negli occhi o ascoltato la sua voce? A volte non capiva davvero i sentimenti umani. A volte non si sentiva per niente umano.

Ma in quel momento, davanti a quella ragazzina bassa e fragile all’apparenza indifesa, capì di essere lui la vittima, non il predatore.

“Tu hai un sogno.” esordì Aiko senza interrompere il contatto visivo con quelle iridi particolari, feline e sfuggenti “Lo comprendo dal tuo sguardo. Ti capisco sai? Anche ce l’ho. Voglio diventare un cantante famosa, non di quelle oche che si vedono sulle riviste e così via, io voglio cantare su palchi immensi e stadi gremiti di persone. Voglio che la mia voce arrivi al loro cuore. E non permetterò a nessuno di intralciare la mia strada. Tutto il resto non mi interessa.” Mentre parlava i suoi occhi brillavano, le mani stringevano convulsamente il bicchiere e le sue guance si erano tinte di un velo rosato.

Kaede alzò un sopracciglio e sorrise appena “Ed è questo il cammino del genio?”

Aiko scoppiò a ridere ricordando il loro primo, doloroso per il suo fondoschiena, incontro.

“Ovviamente! Perché io sono Aiko Narita, la Tensai del canto!!”

 

“Perché la Narita è salita con una gamba sul tavolo?” commentò allibita Shiori osservando la ragazzina con una gamba sulla sedia, l’altra sul tavolo e la mano destra per aria, in una pallida imitazione della Statua della Libertà. Sarebbe stato così da Ayako sgattaiolare fin là e origliare la conversazione trai due. Conversazione, non che si potesse chiamare così se uno dei due interlocutori era Kaede Rukawa. Ma, in effetti, nemmeno interlocutore andava bene, di ‘locutore’ non c’era nemmeno un grammo in lui.

Decise di lasciare perdere. Se era qualcosa di importante glielo avrebbe sicuramente riferito.

Si impose di staccare gli occhi dalla schiena del fratello, non è carino pensare così morbosamente a lui mentre stai seduta accanto al tuo ragazzo. Si voltò a fissarlo e, come spesso succedeva, si ritrovò ad ammirare il suo bel profilo, il naso dritto, la bocca non eccessivamente carnosa, il mento deciso, le ciglia folte e nerissime che gli adombravano appena gli zigomi. Era incantato a fissare chissà cosa, sorrise internamente soddisfatta nel riconoscere che quando era sovrappensiero tendeva a corrucciare le labbra, come un bimbo piccolo che mette il broncio. I suoi occhi erano persi ma guardando nella direzione del suo sguardo non capì cosa l’attirasse tanto.

E perché improvvisamente avesse paura.

“Hisashi?” lo chiamò senza ricevere alcuna risposa, nemmeno un battito di ciglia, nemmeno un sussulto “Hisashi!” gli tirò con forza una manica della camicia bianca e finalmente vide i suoi occhi rinvenire e prendere consapevolezza di dove era.

Shiori si accorse che il proprio cuore batteva come dopo una corsa.

“Eri… eri incantato a fissare un’altra ragazza?” lo stuzzicò lei fingendo che tutto andasse bene.

“No, non direi. Inizialmente guardavo Miyagi.” Hisashi sollevò le labbra in quel suo sorriso storto, sciolse le gambe accavallate e si voltò in modo da poterla guardare in viso.

“Stai bene? Sei un po’ pallido.” Alzò una mano a sfioragli il volto ma lui l’intercettò e la imprigionò tra le proprie.

“Sto bene. Ti va di ballare?” Shiori scosse la testa. No, decisamente non voleva tuffarsi in quel macello, ne sciogliere le loro mani.

“Ricordi com’è finita l’ultima volta che me l’hai chiesto?”

“La prima e l’ultima se devo distruggermi una spalla tutte le volte.” Ripose lui mentre con la mano sinistra era andato a giocare distrattamente con uno dei boccoli morbidi della ragazza. Shiori lo guardò confusa non comprendendo le sue parole “Non ti ricordi che il tuo ex mi ha scaraventato a terra?”

Oh, già. In effetti l’aveva dimenticato. Era molto brava a rimuovere gli episodi spiacevoli.

“Intendevo il dopo. Nel giardino, sai?” Hisashi l’osservò con una luce divertita negli occhi. La stava palesemente prendendo in giro.

“Nel giardino? È successo qualcosa nel giardino? Non ricordo…”

Shiori sogghignò “Boh, allora mi sono sbagliata. O forse non eri tu!” colpito e affondato, Hisashi scoppiò a ridere.

“Ok, forse ricordo qualcosa.” La mano che le accarezzava delicatamente i capelli era scesa sul suo braccio e le sfiorava appena la pelle disegnando figure lente ed immaginarie. Ma perché diavolo doveva essere così sensuale? Se andava avanti così gli sarebbe saltata addosso davanti a tutti. “Credi sia sconveniente se ora io ti trascinassi fuori da qui e confrontassi con te i miei ricordi confusi?” e la paralizzò con il magnetismo sconvolgente di quegli occhi blu ammaliatori.

Sono tua! Pensò la ragazza, le parole stavano ormai spiccando il volo dalla punta della sua lingua quando…

“Ok, ragazzi!” urlò il DJ al microfono “Ora abbiamo una gradita ospite che ci delizierà con alcune canzoni, la piccola Aiko!”

Shiori ringhiò letteralmente e Hisashi rise, spostandosi per fare posto ai compagni che tornavano dai loro pellegrinaggi in giro per il locale per assistere alla performance della ragazza, in effetti il motivo per cui erano tutti lì.

Sakuragi, mani sui fianchi, grugno spaventoso, si era piazzato davanti al palco nascondendo la visuale praticamente a tutto il locale e il pugno provvidenziale di Akagi gli risparmiò parecchi cocktails sulla nuca.

“Grazie a tutti!” trillò Aiko arrampicandosi sul piccolo palco che fungeva anche da piattaforma per il DJ “In particolare ringrazio il mio cuginetto preferito e i suoi amici e la squadra di basket dello Shohoku che sono venuti a farmi assistenza morale!!”

“Te l’avevo detto che erano atleti!” sussurrò una ragazza vicino al tavolo dei cestiti che si mangiava con gli occhi il povero Kaede “Con un fisico da paura così… chissà quanti bei muscoli là sotto!”

“Ma la volete piantare assatanate???” ringhiò Hanamichi con una ghigna spaventosa facendo sobbalzare di paura le malcapitate maniache e, per pura soddisfazione, tirò un pugno a Rukawa che rispose con una pedata mandandolo faccia a terra.

“E basta!!” urlò Ayako utilizzando la borsa come il suo fido ventaglio e placando il casino “Ma roba da matti! Vi ci vuole la museruola e la camicia di forza a voialtri!” subito gli uomini del locale le fischiarono in apprezzamento con il risultato che fu il turno di Ryota di mettere su una faccia spaventosa, fortunatamente il pugno del Gori colpì e pace fu.

“Grazie Capitan Gorilla!!” ringraziò la Narita finalmente libera di cantare.

Ed era davvero un maledetto genio, si ritrovò a pensare lo Shohoku mentre ascoltava rapito la voce della ragazzina; aveva una bellissima voce che da acuta e limpida scendeva fino alle tonalità più basse in un sussurro roco senza sbagliare minimamente di nota.

“Però…” fu il commento di Miyagi veramente colpito.

Il locale si era fatto silenzioso, presi com’erano ad ascoltare la voce incredibile di quella nanerottola che non si capiva bene da dove venisse, i piedi ben piantati a terra ed un’energia travolgente.

Tutti ascoltarono senza fiatare rendendosi a mala pena conto che le canzoni dalle due programmate aumentavano di numero inchiodando sulle sedie e sugli sgabelli gli avventori, i cocktails tra le mani restavano intatti, come se il più piccolo movimento potesse spezzare l’incantesimo.

“Beh, basta!” commentò la moretta terminata la sesta canzone “Non so più che cavolo cantarvi!!” ammise scendendo con un balzo dal palco a catapultandosi tra le braccia di Hana che l’aspettava tutto contento e orgoglioso. E, stranamente, Kaede Rukawa si ritrovò ad invidiarlo. Per un momento aveva desiderato che quel piccolo turbine andasse da lui, che lo guardasse, che notasse che le sua voce gli avevano fatto venire la pelle d’oca, che l’avevano emozionato come solo il basket prima d’ora aveva fatto.

“Complimenti, tu sì che sei un genio, altro che la capra!” commentò Ayako stringendo ammirata la spalla ad Aiko che la guardò felice e con gli occhioni scintillanti.

“Grazie! In realtà non credevo che qualcuno mi avrebbe ascoltata!” ammise abbassando un po’ lo sguardo come improvvisamente timida.

“Scherzi? Ci hai stesi!” la rassicurò Mitsui mentre Shiori annuiva concorde. Aiko sorrise enormemente, portò le mani ai fianchi, piegò la testa all’indietro e…

“BWAHAHAHAH!!! Poiché sono Aiko Narita, il Tensai!! Whahahah!!!” inutile dire che un goccia formato famiglia si formò sulla testa di tutti i presenti in ascolto. Ovviamente Hanamichi si unì ai vaneggiamenti sbandierando ai quattro venti la genialità della sua famiglia e la loro origine divina e altre boiate delle sue.

“Allora Kitty! Un pochino devo esserti piaciuta se non ti sei nemmeno addormentato!!”

Rukawa le lanciò la sua raggelante occhiata bieca “Per forza, con tutti quegli strilli! E non chiamarmi Kitty!”

Aiko scoppiò sorprendentemente a ridere e gli gettò le braccia al collo raggelando tutti i componenti della combriccola “Oh, volpino! Lo sai che sei proprio il mio tipo?”

Hanamichi sputò letteralmente tutto ciò che aveva appena bevuto, per la gioia di Takamiya che ritrovò completamente zuppo “Volpino bastardo! Giù le tue mani perverse dalla mia piccola ed innocente cuginetta!! Non ti ci devi nemmeno avvicinare a lei, brutto maniaco!!”

“Idiota!” rispose solamente Rukawa.

“Ahahah!! Hana, credo proprio che sia lui a doversi preoccupare delle mie manine, ahahahah!!” ammise Aiko facendo sganasciare gli altri alla faccia distrutta del Tensai, dopodiché schioccò un bacio sulla guancia al volpino confuso e raggelato e si alzò per raggiungere il padrone del locale che le faceva cenno di avvicinarsi.

“Psicotici!” commentò Kaede raggiungendo il bagno che, grazie a Dio, era precluso alle donne.

“Credo che la piccoletta farà una brutta fine…” considerò Mito osservando Rukawa rinchiudersi nel bagno.

“Io credo di no.” Intervenne Shiori catturando l’attenzione dei presenti “E ciò è anche peggio.”

Akagi crollò con i gomiti sul tavolo stupendo i compagni che pensarono ad un ictus, la testa ben salda tra le mani nervose e disperate “Voglio morire!!”

  
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