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Autore: Espero    13/11/2005    2 recensioni
mi è venuto questo pensiero ieri sera tornato da una nottata surreale colmata di dialoghi nostalgici e vivisti. mi era iniziata a venire quest'idea in tardo pomeriggio dialogando con un mio amico che usò un'espressione che dipinse lo scenario su cui si muovono i sue personaggi
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Due personaggi siedono ad un bar, alcuni tavolini all’aperto, una terrazza che si slancia su una buia voragine nera, silenzios

Due personaggi siedono ad un bar, alcuni tavolini all’aperto, una terrazza che si slancia su una buia voragine nera, silenziosa, fredda spazzata incessantemente da una brezza invernale che porta l’odore a volte dell’acqua, a volte degli alberi, a volte di niente.

Siedono silenziosi ai tavolini, sorseggiano uno un cappuccino fumante, l’altro, da una grande coppa d’argento attinge champagne. Siedono e si guardano silenziosi, ogni tanto dirigono lo sguardo all’Abisso che li divora attorno, ogni tanto fissano il loro caffè o il loro champagne, oppure il posacenere ancora vuoto. Uno di loro vorrà rimanere sveglio tutta la notte e fissa il cappuccino pensoso avvolto in un cappotto anacronistico ma che da tutta l’aria di essere molto caldo. L’altro, in smoking, impeccabile, aderisce alla sedia con lo sguardo triste e con una mano che gli pende dalla sedia. Questo secondo personaggio nella notte vuole perdersi e sa che non accadrà prima che la bottiglia finisca, prima che qualcosa gli dia lo slancio di iniziare il discorso.

Riappoggiata la tazzina di cappuccino si lecca le labbra e scartato il pacchetto di sigarette se ne accende una con un vecchio accendino quasi scarico. Nell’aria il silenzio più assoluto. Un’atmosfera angosciante sibila tra i tavolini vuoti e le luci del bar spente. Si sentirebbero meno soli e fuori dal mondo se ora quel bar prendesse posto in fondo all’oceano, ma non sarebbe la stessa cosa se non si potesse accendere la prima sigaretta.

“Come iniziava pure quella storia?” Un lungo tiro alla sigaretta e lo sguardo poggiato sulla balaustra a fissare la notte.

Dai, non ti ricordi? Quella vecchia storia del dialogo tra il bambino e la stella?”

Un sorso di champagne e poi la coppa di nuovo sul ripiano.

“Per quanto ancora hai intenzione di tacere? Per quanto ancora sarò disposto a dare un senso ai tuoi silenzi ingannandomi e fingendo di non capire che mi stai solo sfuggendo?”

Cosa c’è di male nel mio silenzio? Un po’ di silenzio almeno ora che tutto sarà da decidere e che potrò finalmente perdermi finalmente e vagare idiota per i vicoli della grande città incontrando sconosciuti e porgendogli un sorriso, scontrando sguardi di disprezzo e pensieri di timore. Cosa ancora devo aggiungere oltre a questo mio destino?”

Un altro sorso di sigaretta.

Quando è iniziato questo viaggio? Riesci ancora a ricordarti il primo aereo, il primo treno o autobus, il primo addio, i primi volti sbiaditi su un uscio di qualcosa che chiamavamo ancora casa? Io, di tutto quello serbo ancora memoria, come piccoli aghi su una cartina che vanno sempre facendosi più sottili, con il loro farsi effimeri sparirà anche forse il dolore di tutto il tempo che abbiamo buttato via per arrivare qui”

“Quanti conati di parole malinconiche. Quanta falsa speranza di non perdersi mai e di poter continuare ancora a trascinarsi con le unghie per i vicoli della grande città a cui abbiamo tanto agognato e che ora ci culla chiedendoci di rispondere alla domanda.

Sono sempre le domande che ci hanno fatto muovere i piedi, risposte mai esaustive e ci dicevamo, “andiamo ancora avanti, là troveremo la risposta” ma erano domande che si infoltivano nei nostri zaini e nei nostri stomachi. Domande nelle notti bianche e in quelle bagnate dalla pioggia incessante e tu hai comunque voluto andare in cerca di altre risposte che quasi sempre non ci portavano che domande”

Un minuto di silenzio. Esaurito il piccolo contenitore di liquido marroncino e spenta la sigaretta, silenzioso si muove verso la balaustra.

“Infine siamo giunti qui compagno e invece dell’ultima risposta abbiamo trovato l’ultima domanda dalla quale non è possibile prescindere, sfuggire e della quale non possiamo fare oblio.

Vedi che ora anche tu hai capito che non è più il momento di parlare, non ci sono più passi da percorrere o vicoli da scoprire, c’è solo questo anfiteatro sull’abisso, due sedie, due bicchieri e le tue sigarette, nient’altro. Cosa ora ti fa così silenzioso?”

Con distesi passi muove verso il tavolino, prende due sigarette, una l’accende, l’altra la porge ad un rifiuto.

“Dalla mia bocca per anni è uscito tanto fumo, sigaretta dopo sigaretta, parola dopo parola entrata aria, usciva fumo sporco. Le domande, frasi interrogative, taglienti come lingue di fuoco, intricano il tuo cuore portandoti ad arrenderti quando ormai attorno a te, a noi, l’Abisso impera. Il tuo scrupolo è l’incapacità di colmare questo abisso, di riempirlo e dargli sfumatura con risposte che non hai mai trovato il coraggio di dare. Per me questo Abisso non è che un altro personaggio in cerca di risposte. Lui però non porgerà al mio orecchio la sua voce per darmi la mia e quindi io non cercherò la risposta alla sua domanda. Tu vuoi rispecchiare in te l’universo con una risposta che neanche egli stesso si sa dare. Pallido il ricordo, passati anni dal nostro primo incontro, io ancora credo noi saremo la nostra risposta, non a parole, non a gesti eroici né ad atti vili. Nel mio domandarmi troverò risposta se avrò fatto ciò che avrò potuto fare, senza cercar ora né in punto di morte, un si, un no, un perché o un arrivederci. L’abisso forse non troverà risposta perché egli è infinito, io troverò la mia nella mia fine.

Silenzio, le due maschere evanescenti sull’orlo dell’abisso continuano a sorseggiare champagne, secche foglie rotolano portato dal vento, reduci di chissà quale autunno, tutto ritorna come in principio, immobile etereo, due personaggi si fissano ancora silenziosi, ma torniamo a noi.

  
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