Anime & Manga > D.Gray Man
Ricorda la storia  |      
Autore: _Syn    01/11/2010    3 recensioni
Partecipa all'Halloween Party con il prompt "Mistero"
[Kanda - Lavi Friendship - KandaxAlma] Spoiler Alma!Arc
“E non chiamarlo per nome, ti farebbe fuori prima di tu possa pentirti di averlo fatto.” l’aveva avvisato uno dei Finders che, probabilmente, doveva aver commesso quell’errore, o almeno aver visto qualcuno che l’aveva fatto.
“Perché? Ha un brutto nome?” aveva chiesto. L’altro si era stretto nelle spalle.
“No, ma odia essere chiamato per nome.”
“Per quale ragione?”
“Oh, è un mistero, nessuno lo sa. E nessuno chiede, perciò non chiedere neanche tu se vuoi sopravvivere.” lo disse con un tono così drammaticamente serio che a Lavi venne da ridere. Ma comunque restava la curiosità.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Rabi/Lavi, Yu Kanda
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questa shot è nata proprio da sola, non ho potuto controllarla neanche per un momento.

E Kanda è schifosamente OOC, lo so.

Buona lettura, spero,

Alexiel.

E ho terminato la mia tesserina *festeggia e stappa spumante* Waaaaah!!

Identità

[Lavi - Kanda Friendship - KandaAlma]

“Stai attento a Kanda, potrebbe affettarti in qualunque momento.”

“Scusa, chi?”

Quando Lavi era arrivato all’Ordine Oscuro, dopo il comitato d’accoglienza organizzato da Lenalee Lee – ci teneva a mettere tutti a proprio agio, a farli sentire a casa, gli avevano detto quelli che la conoscevano meglio – quella era stata la prima cosa che gli avevano detto.

Attento al tipo con la coda e lo sguardo torvo. Non gli piace la gente, men che meno la gente che parla. E’ acido, ti minaccia di morte e non è gentile con i nuovi arrivati.

“Non dipingetelo così male! Sa essere gentile a modo suo.” aveva ribattuto la ragazza, Lenalee, facendogli cenno con la testa di non credere a tutte le cattiverie che gli venivano propinate.

Lavi, che non dava gran peso alle voci, aveva deciso di giudicare da sé questo spaventoso ragazzo. Se l’era immaginato grosso, un grugno da maiale al posto del naso e capelli sporchi tenuti da una coda scombinata. Occhi iniettati di sangue e ascia da boia per concludere l’allegro e rassicurante quadretto. Almeno, stando alle descrizioni fatte da Finders e Esorcisti era quella l’immagine che era spontaneamente nata nella sua testa.

“E non chiamarlo per nome, ti farebbe fuori prima di tu possa pentirti di averlo fatto.” l’aveva avvisato uno dei Finders che, probabilmente, doveva aver commesso quell’errore, o almeno aver visto qualcuno che l’aveva fatto.

“Perché? Ha un brutto nome?” aveva chiesto. L’altro si era stretto nelle spalle.

“No, ma odia essere chiamato per nome.”

“Per quale ragione?”

“Oh, è un mistero, nessuno lo sa. E nessuno chiede, perciò non chiedere neanche tu se vuoi sopravvivere.” lo disse con un tono così drammaticamente serio che a Lavi venne da ridere. Ma comunque restava la curiosità.

“Sai, dovrei saperlo il suo nome, per il mio lavoro... Non mi hanno ancora consegnato nessuna lista, quindi non posso che chiedere.”

Il Finders si era guardato intorno, assicurandosi che non stesse guardando nessuno, e poi gli si era avvicinato il più possibile, sussurrando:

“Yuu. Si chiama così. Ma io non ho detto niente, dimentica la mia faccia.” aveva detto. Lavi aveva ridacchiato: figurarsi se lui si dimenticava qualcosa. Ricordava anche quante briciole erano cadute sul tovagliolo quella mattina a colazione. Sicuramente non avrebbe dimenticato la faccia di quel tipo.

“Yuu.” Breve, diretto, carino.

“Per carità! Non dirlo ad alta voce! Non lo pensare neanche se lui è nei paraggi.”

Peccato che lui non avesse idea di che faccia avesse questo Yuu Kanda, perciò sarebbe stato difficile. Ma non poteva chiedere al ragazzo di descrivergli fisicamente l’Esorcista assassino, l’avrebbe mandato in infermeria per esaurimento nervoso o shock. Perciò si limitò ad augurargli buona serata e se ne andò in camera.





Lavi si abituava presto ai luoghi nuovi. L’aveva fatto per tutta la vita, cambiava praticamente tutto, anche nome. Cambiare luogo – luogo, non casa – era abbastanza semplice. Era nato per cambiare e per vedere la storia cambiare; era cresciuto per scrivere e memorizzare la storia, ogni cambiamento, ogni guerra, ogni singolo istante era impresso nella sua mente e non aveva bisogno di rileggere quello che scriveva per assicurarsi che fosse giusto. Lo ricordava a memoria.

Tuttavia, quando cambiava, la prima notte gli veniva sempre una sete pazzesca e si alzava minimo cinque volte per bere, altrimenti non dormiva.

Per questo, più o meno verso le due del mattino, sgusciò fuori dal letto e indossò le pantofole per scendere in cucina. Aveva la gola completamente arsa. Premurandosi di fare meno rumore possibile, il ragazzo aprì piano la porta e uscì. Regnava il silenzio totale.

Forse per quel motivo, mentre si avviava verso le scale, non si accorse – non subito – dell’uomo che sostava sulla scalinata, nascosto nell’ombra. Se ne rese conto quando scese il settimo gradino, dopo aver contato la quindicesima crepa nel muro di pietra e dopo aver convenuto che avrebbe avuto bisogno di minimo quattro bicchieri colmi d’acqua per tornare a dormire. Sì. Solo dopo quelle constatazioni si accorse di una figura slanciata, longilinea e sottile scattare in piedi e raggiungerlo in un istante. Grazie ai riflessi pronti, riuscì a saltare all’indietro per evitarlo, senza rotolare giù per le scale.

“Ehi! Non sono un nemico, sono con voi.” disse, mentre l’altro restava in perfetto silenzio, il viso nascosto nel buio. Lo vide restare immobile, quasi morto, come se non respirasse. Probabilmente un altro avrebbe cominciato a tremare di paura, credendo fosse un pazzo assassino infiltrato nell’Ordine, ma Lavi nei pochi secondi che aveva avuto aveva visto distintamente la divisa e il simbolo degli Esorcisti. Ovvio, poteva essere un infiltrato che aveva rubato la divisa, ma Lavi si fidava delle sue intuizioni abbastanza da poter dire che quel tipo non era un nemico, nonostante avesse cercato di ammazzarlo. Aveva anche sentito il sibilo di una spada e, un attimo dopo, l’aveva sentita scivolare al suo posto. Per fortuna non sporca del suo sangue.

“Sono Lavi. Sono arrivato ieri insieme a Bookman.”

Che.” lo sentì dire. Era un verso abbastanza... aggressivo, infastidito, irritato. E sicuramente non significava “Benvenuto, amico, lieto di conoscerti!” No, più che altro significava “Avrei preferito fossi un nemico almeno avrei potuto spargere un po’ di sangue, invece no, sei solo un ragazzino con i capelli rossi che gironzola per l’Ordine.” Be’, sicuramente si era lasciato prendere la mano, non gli sembrava che il tipo fosse loquace e, ci scommetteva, neanche i suoi pensieri dovevano essere più lunghi di tre parole. Fu proprio facendo quella considerazione e collegandola a tutto il resto che ebbe l’illuminazione.

“Tu devi essere Kanda.” disse, senza pronunciare il suo nome. Non che volesse seguire il consiglio del Finder, ma per il momento era meglio tenerlo tranquillo per permettere agli altri di dormire in pace. Considerando che aveva cercato di ucciderlo pochi secondi prima...

Kanda, mano sull’elsa della spada, fece un passo in avanti ed entrò nel cerchio di luce emanato dalla luna, fuori dalla finestra.

Niente grugno. Naso dritto, perfetto.

Occhi sottili, scuri – niente sangue, per ora – e seri, dannatamente seri. Lo scrutavano senza dimostrare gentilezza.

Labbra altrettanto sottili, ma non eccessivamente.

E no, non era neanche un bestione di trecento chili. Aveva un fisico asciutto. Perfetto, come il naso e tutto il resto.

L’unica cosa che conosceva già era la coda, come accennato dagli altri. Coda di cavallo alta, capelli neri, lucidi, lunghi. Dopo averlo scannerizzato alla perfezione, Lavi si infilò le mani in tasca e sorrise, benevolo. Non si aspettò che Kanda ricambiasse. Rafforzò solo la presa sull’elsa della katana.

“Se mi fai a fette ora sveglierai Lenalee Lee, e... ci sgriderebbe entrambi. Non mi piace essere sgridato. A te?”

Ecco, ora il sangue cominciava a vederlo bene. Ma era stranamente divertito da quella situazione perciò, invece di mostrarsi terrorizzato a morte – come chiaramente succedeva a chiunque lì dentro – Lavi mise su un’espressione allegra. Kanda dovette prenderla come una presa per il naso – un naso perfetto, aveva, sì – perché strinse le labbra e sembrò cominciare un’opera di scannerizzazione vittima che avrebbe fatto invidia anche al vecchio Panda e alla sua mania dei particolari. Probabilmente cercava un punto abbastanza vitale da colpire, un punto in cui il dolore avrebbe fatto schizzare gli occhi fuori dalle orbite a chiunque se infilzato.

“Sai, possiamo continuare questa felice conversazione al piano di sotto. Muoio di sete. Scommetto anche tu, sei pallido. Io bevo sempre un sacco il primo giorno. Non è che sono disidrato, ma l’acqua è la prima cosa che ti viene in mente quando pensi a un posto. Almeno per me è così, perciò ne mando giù a litri quando mi trovo in un luogo nuovo. Non mi posso ambientare, sai, va contro le regole, però posso bere tutta l’acqua che voglio.”

Mentre diceva questo, Lavi cominciò a scendere le scale, raggiungendo Kanda e piazzandoglisi di fronte.

Nessuno gli parlava mai così, probabilmente. Anche se Lavi aveva immaginato che Lenalee Lee fosse capace di tenergli testa. No, non credeva che solo perché fosse una ragazza Kanda ci andasse giù leggero. Era solo una sensazione.

“Ah, ma sei stanco, sicuramente vorrai andare a riposare.” aggiunse, notando il mutismo estremo di Kanda. “Be’... ‘notte, Kanda.” questi seguì ogni suo passo, voltando lentamente il capo – aveva uno stile da killer senza scrupoli mentre lo faceva – e quando fu sicuro che non l’avrebbe fatto a fette mentre non guardava, Lavi smise di tenerlo d’occhio e aspettò di sentirlo andare via. Non avvertì un suono che fosse uno, probabilmente era ancora lì, ma non lo stava guardando – uno sguardo così lo senti. Tuttavia, quando girò l’angolo e guardò le scale, Kanda era sparito. Silenzioso come... il silenzio. Realizzò che quelle voci non erano semplicemente voci, ma a lui non aveva fatto così paura da gelarlo sul posto. Era buffo, anzi. Così serio, di pietra, con quello sguardo assassino e il nasino perfetto. Sì, aveva sviluppato in pochi secondi una fissa assurda per quel naso. Probabilmente l’avrebbe disegnato da qualche parte. Si domandò se subisse una deformazione quando qualcuno pronunciava il suo nome, se perdeva quell’aria perfetta e si trasformava in qualcosa di carino e adorabile, che non attira così tanto l’attenzione a tal punto da sviluppare una fissazione. L’avrebbe appurato il giorno dopo, a colazione. Sì, magari avrebbe aspettato che finisse di bere il latte.







La sala, quella mattina, era mezza piena, segno che parecchi Esorcisti erano tornati dalle loro missioni sani e salvi. Altri erano ancora fuori, si sperava vivi, alla ricerca dell’Innocence, insieme ai Generali.

Lavi individuò il tavolo di Bookman e vi si diresse, notando che c’era già un piatto pronto per lui. Guardandosi velocemente intorno e, contemporaneamente, dando il buongiorno al vecchio Panda, Lavi notò che Kanda non era lì. Non aveva l’aria di uno che dorme tanto, però. Infatti, prima che potesse addentare un biscotto dall’aria deliziosa, lo vide arrivare da un corridoio oltre il quale si trovava l’ufficio di Komui Lee, il loro capo. Un capo assurdamente poco capo aveva pensato la prima volta che l’aveva visto.

Nel momento in cui Kanda entrò in sala, un’espressione non tanto omicida – non come la notte prima – l’atmosfera divenne un po’ tesa. Nessuno si nascose sotto il tavolo, però Lavi ebbe come l’impressione che tutti avessero cominciato a respirare più piano.

Dopo aver dato un morso al biscotto – aveva anche la scaglie di cioccolato – Lavi lo fece. Se l’era detto il giorno prima e aveva anche sognato nasi quella notte, perciò doveva farlo. Oltretutto ne aveva voglia, non aveva paura e... sì, voleva vedere quel naso.

“Buongiorno, Yuu!” esclamò ad alta voce, con un’allegria che si schiantò sugli altri come una condanna a morte. Si alzò persino in piedi, agitando le braccia per farsi notare – qualcuno pensò a un tentativo di suicidio o a qualche forma di infermità mentale grave. “Ehi, Yuu, ci siamo conosciuti ieri!”

Il ragazzo si era fermato in mezzo alla sala, l’espressione ghiacciata nell’ombra di rilassatezza vaga che aveva mostrato appena entrato, e guardava Lavi. In mezzo secondo quell’espressione fu sostituita da qualcosa di decisamente spaventoso. Parecchi schizzarono via dalle sedie e uscirono urlando, altri si nascosero sotto i tavoli per non venire travolti e, in lontananza, Lavi vide Lenalee osservarlo con un’espressione divertita e anche leggermente preoccupata. Doveva essere matto se pensò che fosse proprio carina in quel momento, mentre una furia con tanto di coda di cavallo oscillante gli andava in contro, sguainando la katana e puntandogliela contro.

L’ultima cosa che sentì fu il sospiro rassegnato di Bookman e poi cominciò a correre.

“Me lo potevi dire che ti piace giocare a guardia e ladri, Yuu!”

Il suo naso, intanto, come si premurò di notare, non era cambiato di una virgola. Era ghiacciato nella rabbia cieca come tutto il resto del suo corpo. Nemmeno i capelli andavano fuori posto. Questo lo divertì enormemente e, mentre evitava un attacco, Lavi si disse che l’avrebbe chiamato sempre, sempre, Yuu.







Kanda odiava essere chiamato Yuu. Era il suo nome, ma non era questo che scatenava la rabbia.

Kanda sapeva di poter restare il Kanda che tutti non-conoscevano fintantoché lo chiamavano semplicemente Kanda. Sapeva di riuscire a dimenticare chi era stato finché era così. Di non dover sentire e nascondere ogni vecchio ricordo dove nessuno sarebbe stato capace di trovarlo. Era solo un nome, solo un suono, ma era una chiave che apriva fin troppe porte al passato.

“Yuu! Ma non hai fame?”

Certe volte il suono era lo stesso. Anche le frasi. Certe le ricordava ancora. Quando non avrebbe dovuto.

“Yuu! Ma sorridi un po’!”

Le stesse... era così macabro a volte che poteva solo uscire dalla stanza.

“Yuu! Ti voglio toccare i capelli!”

I fiori sembravano bruciare ai suoi piedi in quei momenti, ma non sparivano, non si incenerivano, restavano lì, a ricordargli ogni cosa. Emanavano un profumo ancora più forte, intossicante, mentre i raggi di sole lo accecavano e poi venivano coperti dalle nuvole, rendendo un filo più debole quel desiderio che lo tormentava da sempre. E, quando le nuvole arrivavano, il suo nome cominciava a risuonare ancora più chiaramente. Una voce irritante, infantile, esasperante... e poi una voce arrabbiata, frustrante, folle, disperata...

E poi arrivava Lavi.

“Yuu, Komui ti vuole nel suo ufficio.”

A volte era un mistero, ma c’erano pomeriggi in cui, quando Lavi diceva “Yuu”, lui riusciva a distinguere le due voci e diventava facile dimenticare, sotterrare, smettere di respirare e scacciare l’odore. Si diceva, uccidendo subito quel pensiero, che forse aveva bisogno di sentirlo pronunciato il suo nome per sradicare dalla mente quella voce, che lo cantava, lo amava, lo urlava, lo sussurrava e lo accarezzava. Ci faceva ogni cosa con il suo nome, a volte lo uccideva persino.

Poi arrivava Lavi.

“Yuu? Mi senti?”

Arrivava lui, che non gli chiedeva mai niente riguardo il suo nome, però lo pronunciava. Sempre.

Non sentiva quella domanda neanche nel silenzio, non era sottintesa. Non esisteva e basta.

“E non chiamarmi Yuu.” sbottò irritato, cercando di ignorare il silenzio che le intenzioni di Lavi mostravano.

Era un mistero come quello che girava intorno al suo nome. Ma nessuno chiedeva. Forse era quel particolare che li aveva resi così complici, complici nella maniera più bizzarra che esistesse, perché anche dopo tutti quei mesi passati insieme, Kanda cercava sempre di affettarlo.

Se fosse un modo per dimostrare affetto, Lavi non lo sapeva. Non poteva farsi domande sui sentimenti che avrebbero potuto legato a qualcuno. E, qualche volta, gli dispiaceva davvero non poter sapere se Kanda, almeno un po’, gli si fosse affezionato. Un altro mistero che non avrebbe risolto, perché lui era Bookman, poteva vivere solo tra le pagine della storia e restarsene nascosto, a registrare tutto.

Solo una cosa lo faceva sentire strano, qualche volta. Ovvero, che Kanda non poteva pronunciare il suo vero nome, ma solo “Lavi”. Buffo, perché lui che avrebbe davvero voluto sentirlo non poteva rivelarlo, pronunciarlo, lasciare che lo conoscesse.

Ma aveva scelto quella vita, come Kanda aveva accettato di restare “Kanda”, tenendo nascosta nella tenebre l’identità di “Yuu.” Probabilmente era stato destino incontrarlo al buio: due identità nascoste, misteriose, non potevano che incontrarsi così.





Kanda odiava sentire il suo nome.

Lavi voleva solo che dimenticasse di odiarlo.





Ti chiami Yuu, vero?”

Sì... in quel momento si chiamava Yuu e lo sarebbe stato per centonovantatré giorni.


  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > D.Gray Man / Vai alla pagina dell'autore: _Syn