Overleven
Capitolo Tre-Gevaar Magie
Fay stava accucciato a terra in un'altra delle sue posizioni strane, con le
ginocchia al petto e le braccia in avanti, ma il naso, e tutta la faccia
ovviamente, erano rivoluti all'insù, verso il cielo in attesa dei fuochi
d'artificio che non accennavano ad iniziare ad esplodere.
Quella, e Kurogane
gliel'aveva fatto notare non una, non due, ma ben sette volte, non era affatto
una seratina calda, anzi, probabilmente, neppure gli abiti che indossavano a
Celes sarebbero stati abbastanza per proteggerli da tutto quel freddo. Il
pomeriggio aveva lasciato lentamente il posto alla sera, in un passaggio
graduale, scandito dal progressivo abbassarsi della luce e dall’allungarsi delle
ombre e un lieve raffreddamento dell‘aria. La neve, che si vociferava sarebbe
arrivata entro il tramonto, non cadde, ma le nubi continuarono ad accumularsi a
oriente.
Il ninja, stava seduto a gambe incrociate avvolto nel suo mantello
oltre che stretto nel cappotto, e ovviamente Mokona giovava di questa bella
cappa di calore. Anche Shaoran era bello bardato come se si prospettasse
un'altra era glaciale e stava pure lui seduto a terra con le ginocchia al petto,
il più possibile vicino al fuoco che un altro gruppo di spettatori aveva
acceso.
Il grosso della gente si era accalcata sui pendii brulli che
scendevano fino al canale. I fuochi artificiali partivano da lì, dalla riva dove
c’era un molo lungo e stretto.
Attraverso il pendio era stata stesa una corda
che avrebbe impedito agli spettatori di raggiungere l’area pericolosa, e lungo
di essa, ogni sette otto piedi c’era un volontario con una torcia e, insieme a
tutti gli altri, sorvegliava il perimetro.
Gli spettatori stavano lì seduti
su coperte stese a terra o seggiole di legno, ridevano e scherzavano in attesa
che lo spettacolo cominciasse. I bambini correvano ovunque con piccole girandole
di fuoco, lasciando dietro di sé una scia luminosa di scintille. Di tanto in
tanto un petardo esplodeva in mezzo agli alberi, facendo sobbalzare e brontolare
gli anziani.
A poco a poco, mano a mano che si faceva più buio le ombre si
addensavano e le sagome degli alberi e delle persone diventavano sempre più
indistinte.
L’aria fredda pungeva il naso e, Kurogane l’avrebbe giurato,
raggelava persino i capelli!
Inutile dire che grugniva, non gli andava
affatto bene stare lì fuori ad aspettare che quei dannati mastri focai
cominciassero la loro gara, almeno potevano guardarli al calduccio, davanti a
una bella tazza di saké fumante oppure anche il latte gli sarebbe andato bene.
Ma quell’idiota aveva tanto insistito, non dava nemmeno a vedere di avere un
minimo di freddo, dannato!
Dopo più di un‘ora - sì, aveva resistito fino ad un‘ora! - Kurogane grugnì
digrignando i denti come al suo solito. «Sarebbe ora di ripartire! Qui non
sembra abbiano intenzione di cominciare e si gela!» argomentò.
Il mago ci
pensò su e, sospirando, ma senza darlo a vedere, comprese che il giapponese non
aveva affatto torto, meglio ripartire piuttosto che morire assiderati lì.
«Bisogna trovare un posto appartato e andare via, ha ragione Kuro-rii».
«Ma
Fay, ci tenevi così tanto a vedere i fuochi d'artificio!» bofonchiò Mokona,
detto tra noi, non era solo il mago a voler vedere i fuochi, ma anche la
polpettina.
Il biondo balzò in piedi. «Beh, sarà per un'altra volta!» sorrise
porgendo la mano a Kurogane. «Su, andiamo, Kuro-rii!».
«Potremmo tornare a
casa, bere qualcosa di caldo e guardarli da lì, se ci tieni così tanto.» grugnì
il ninja.
«Non preoccuparti, Kuro-rii, possiamo ripartire.» sorrise il biondo
stiracchiando il suo corpo allampanato in una strana e quanto mai innaturale
posizione della schiena.
Non è che Kurogane si preoccupasse, o per lo meno,
non è che lo avrebbe ammesso facilmente, era, piuttosto, che gli dava fastidio
la sola idea che il mingherlino biondiccio potesse rinfacciargli qualche cosa, e
poi sì, non voleva vedere un'altra volta il suo volto abbuiarsi.
Ma comunque
non avrebbe insistito oltre, insomma, dopo averlo detto una volta, prese più che
per buono, per assodato, che all'idiota interessasse solo farlo congelare lì
fuori.
Shaoran balzò in piedi come una molla alle parole di Fay, l'idea di un
bel bicchiere o tazza con qualunque liquido caldo a ribollire lì dentro non era
proprio niente male.
Una volta tornati a casa, e ancora non si sentivano i fuochi piroettare in
cielo, o la polvere da sparo invadere e inumidire l'aria con quell'odore acre,
si sedettero tutti attorno al tavolo sgangherato sul quale c'erano ancora dei
residui della cena.
Il profumo di saké tiepido si gonfiò nella stanza, prima
ancora di sbuffare fiaccamente nei bicchierini di porcellana scadente che si
portavano appresso dal paese sereno e caldo nel quale erano stati tempo
addietro. Troppo tempo, pensava Kurogane mentre sorseggiava in silenzio la sua
buona dose di caldo alcool di riso.
«Potremmo partire direttamente da qui,
senza nemmeno cercare un posto appartato...» bofonchiò Shaoran.
«Non è
un'idea così malvagia...» convenne Mokona annuendo.
«Sì, andiamocene da
questo postaccio!» brontolò il moro per poi riempirsi di nuovo la gola di
liquore e tutto dava a vedere che avrebbe continuato finché il saké non fosse
completamente finito, solo per non farlo bere alla polpettina.
In fretta, effettivamente in assoluta lentezza, ma in fretta rispetto ai
tempi soliti che ci mettevano a ripartire, recuperarono una sacca piena di
chincaglierie destinate a Sakura che si trascinavano dietro da circa tredici
dimensioni, e si prepararono a sbrigare le manovre di rito.
Ma appena un solo
e unico briciolo di magia, un granello, saettò fuori dal corpo morbido e
tondeggiante di Mokona, in quell'esatto momento la finestra saletta dove si
trovarono si infranse.
Avvenne tutto all’improvviso, senza un vero motivo
apparente.
Qualcosa aveva attraversato il vetro rompendolo e in meno di un
secondo un lampo accecante avvolse ogni cosa, in una luce bianca, e sembrò che
un gigante avesse sferrato un pugno al centro della stanza rivoltando tutto.
Le orecchie di Fay fischiavano impudentemente, tanto da precludergli la
possibilità di udire il suo stesso respiro. Tutti i suoni, quei pochi che
riusciva a carpire, giungevano ovattati e anche abbastanza ritardati.
Cercò
di far giungere la mano al suo volto, ma con scarso successo. Ogni osso sembrava
improvvisamente divenuto pesante e molle insieme.
Strinse forte le palpebre
prima di aprire gli occhi e inquadrare minimamente la scena.
Era come se in
quella stanza fosse scoppiato un devastante fuoco d'artificio, e avesse messo a
soqquadro tutto.
Un tubo di rame spezzato gocciava acqua in una piccola
pozza, il tavolo era rovesciato e spaccato in due, con tanto di schegge di legno
scadente sparse in giro, più o meno ovunque, sarebbe stato anche abbastanza
normale trovarsele addosso.
Dopo circa due tentativi di portarsi almeno a
pancia in sotto, il mago riuscì a girarsi prono facendo scrocchiare tutte le
ossa, dalla più piccola falange del piede, alle vertebre del collo,
riacquistando definitivamente la mobilità.
Con le mani, poi, cercò di alzarsi
in piedi, nella direzione di un'enorme ombra nera tutta accartocciata poco più
in là.
Forse non aveva voce, o non si sentiva per colpa di quel maledetto
fischio, eppure provava a chiamare i suoi compagni in quell'orribile marasma nel
quale si era trasformato quell'appartamento.
Avanzava strusciando i piedi e
le ginocchia a terra, facendo forza sulle mani, ferendosi in profondità con
quelle schegge e quei detriti, abbastanza da farle sanguinare.
Finché non
raggiunse quello che aveva tutta l'aria di essere il mantellone nero di
Kurogane.
«Ngh... Kuro-rii?» sussurrò o più probabilmente urlò visto e
considerato che aveva superato il fischio che inibiva il suo udito.
Spostò il
mantello con cautela e vide che non doveva preoccuparsi di niente, sembrava
abbastanza integro, anche se privo di conoscenza, forse anche lui non riusciva a
sentirlo per quel maledetto rumore nelle orecchie che copriva tutto il resto.
Posta questa eventualità, decise che era davvero meglio scoterlo con tutte le
forze che aveva, ma prima si tirò su a sedere.
Gli sferrò un ceffone che
probabilmente aveva fatto più male a lui e alla sua mano ferita più che al ninja
che non sembrò molto propenso a svegliarsi, così provò con un ormai collaudato
pugno sulla testa.
A quel punto Kurogane gli afferrò il polso poco dopo il
colpo e ringhiò qualcosa che solamente chi aveva un buon udito poteva
cogliere.
«Non ti sento Kuro-rii, il botto è stato troppo forte!» urlò il
biondo.
«Che diavolo è successo?!» brontolò il giapponese digrignando i
denti.
«Sei ferito, Kuro-rii?» Fay continuava ad urlare.
«Guarda che ci
sento anche se non urli!» gli fece presente a tono.
Il mago inalò a fondo e
stavolta riuscì a sentire anche il suo stesso respiro, il fischio era sparito,
all'improvviso. «Non mi hai risposto, sei ferito?».
Oltre ad una sommaria
aria malconcia, sembrava integro: qualche taglio qui e là ma nulla di profondo,
un paio di lividi e un lieve gonfiore sul lato sinistro del labbro, niente di
troppo grave. «Tu sanguini, idiota.» replicò.
L'espressione del biondo fu
esplicativa di ciò che pensava: gliene fregava meno di niente. «Io l'ho chiesto
a te. Sei ferito?».
«Nah, niente di incurabile. Il ragazzo e la polpettina?»
fece.
«Riesci a muoverti? Più agilmente di me, almeno...» sussurrò il biondo.
«Saranno qui intorno, io non sto usando i miei poteri, quindi, ipoteticamente,
Mokona dovrebbe essere nelle vicinanze...».
«Li cerco io.» borbottò il ninja
tirandosi su a sedere. «Cosa diavolo è successo, secondo te?».
«Non lo so...
Forse c'è un blocco magico, eppure non lo percepisco...» farfugliò il
mago.
«Tipo a Lecolt?» bofonchiò Mokona decisamente indenne, apparendo dal
nulla, che potremmo identificare come da dentro la cappa indossata da
Kurogane.
«Più violento, ma sì.» annuì il biondo.
«Voi due, pensate subito
ad un modo per risolvere la cosa, io cerco il ragazzo e ce ne andiamo!» ringhiò
il giapponese alzandosi in piedi e battendo rovinosamente la testa contro una
trave che sporgeva dal soffitto crollato e costringendolo a ringhiare una specie
di imprecazione.
Fay rivolse le sue attenzioni alla polpettina. «Hai presente
quello che è successo oggi in quel negozio?».
«Quando la bambina si è
spaventata per Mokona?» fece lei.
«Sì, non credo che qui sia proibita la
magia, piuttosto è controllata... penso che abbiano sigillato tutto, cioè se
qualcuno oltre alle solite persone designate usa un determinato tipo di magia
succede qualcosa di simile... Io non mi stupirei se ora ci attaccasse una specie
di squadra antimagia...» congetturò il mago. «Venendo qui ho visto dei fuochi
accesi con uno schiocco di dita, oppure delle persone slitte che fluttuavano e
prima dell'esplosione un lampo d'energia magica...».
«E se usassimo la magia
che sfrutta il suono?» domandò la polpettina.
«È più difficile da
intercettare... Ma forse basterebbe allontanarsi dal centro abitato... Magari
lontano dalla città essendo minori i rischi, il sigillo non si attiva...»
ipotizzò. «Preferirei evitare di farvi correre altri rischi tipo questo...»
mugugnò mentre guardava Kurogane che ciondolava in giro a cercare Shaoran. «Non
sono tutti indistruttibili come te e me, sai?» sorrise.
Mokona non sembrò poi
tanto convinta di quanto il biondo stesse dicendo ma lasciò correre.
Kurogane
sollevò un pezzo di tavolo e lì sotto trovò Shaoran, incolume e mezzo
rintronato.
«Tutto intero ragazzo?» borbottò tirandolo su.
Quell‘altro
annuì stropicciandosi gli occhi. «Andiamo via».
Fay si aggrappò allo
scheletro che rimaneva della credenza.
«Ce la fai a camminare?» gli domandò
il moro.
Il mago si stiracchiò facendo scrocchiare tutte le ossa, di nuovo.
«Certo, per chi mi hai preso, Kuro-rii?» sorrise scrollandosi di dosso le
schegge di legno e la polvere.
Forse un po' troppo indisturbati si allontanarono -inspiegabilmente- da quel
poco che rimaneva della stanza nella quale avevano alloggiato fino ad
allora.
Intanto il cielo buio aveva ricominciato a minacciare neve ed il
freddo pungente gelava le orecchie.
Kurogane si era nuovamente avvolto nel
mantello con la polpettina, ma con la mano destra stringeva l'impugnatura della
sua adorata Ginryu e i suoi occhi scarlatti puntavano a destra e a sinistra
qualcosa celato nell'ombra.
Aveva la certezza che qualcuno li stesse
seguendo, ma chi?
Certo, anche Fay si era accorto che qualcuno, chissà quanto
potente o minaccioso, li stava piantonando da più di venti minuti e di un'altra
cosa era più che sicuro: si trattava di più di cinque paia di scarpe
differenti.
Il ninja affiancò il mago. «Dividiamoci».
«Tu non vedevi l'ora
di menare le mani, eh?» sussurrò l'altro senza fermarsi.
Mokona in quel
momento sbucò fuori dal mantello nero per nascondersi nel cappuccio di pelo del
mago.
«Vi raggiungo fuori dalle porte della città. Polpettina, ti affido
l'idiota e il ragazzo. Sei sicuramente più affidabile di questo qui, tu.»
brontolò.
«Va bene, paparino!» annuì quella ben mimetizzata tra i peli
bianchi.
Proprio in quel momento, mentre Fay e Shaoran continuavano a
proseguire nel fitto degli alberi, il giapponese si arrestò sguainando la sua
enorme e minacciosa katana.
I nove avversari si mostrarono per ciò che
realmente erano. Nove ombre incatramate in un mantello nero di fattura
decisamente più scadente rispetto a quello del moro.
In neppure un secondo le
loro armi sfavillarono in aria alla luce del primo fuoco artificiale che
rischiarò il buio della notte ormai fatta.
Fay aveva continuato a sentire dei passi alle sue spalle che procedevano
comunque a una decina di piedi di distanza. E non era il solito passo
strascinato di Kurogane: le falcate erano meno ampie e la pianta del piede
sembrava più piccola e meno goffa.
«Ci seguono ancora, Fay?» bofonchiò
Shaoran.
«Mh, temo di sì.» sospirò. «Questo tizio non sembra voler
demordere».
«Ci penso io!» fece il ragazzo, senza nemmeno dare il tempo al
mago di rispondere e si voltò verso il buio.
«Shaoran, no. Precediamo il
paparino, non è il caso di dividerci ulteriormente.» replicò Mokona.
Kurogane si muoveva come uno spettro, pericoloso e silenzioso.
Il filo
lucente e temibile di Ginryu solcava l'aria nera e fredda,
affettandola.
Aveva eliminato più della metà dei suoi avversari con una
velocità impressionante, aveva migliorato grandemente il suo record, e come al
solito, aveva solamente reso inoffensive queste ombre senza ucciderne
alcuna.
Ora ne restavano solamente due.
Esplosioni sorde e fischi
assordanti accompagnavano la detonazione di un razzo dopo l’altro, lo spettacolo
era finalmente entrato nel vivo.
Sollevò l'arma ma una sorta di flash di
qualche genere lo accecò. Così agitò la spada ad occhi chiusi.
Per cui non si
accorse, se non quando il sangue del suo avversario zampillò sul suo viso, che
aveva ucciso.
Nemmeno un istante dopo Ginryu cadde dalle sue mani. Si era
indebolito, la maledizione della sua principessa era sciolta 1- anzi non c‘era
proprio mai stata -, pertanto doveva esserci una specie di incantesimo su chi
uccideva, che lo aveva piegato con una facilità paurosa.
Spalancò gli occhi
solo in quel preciso momento, un istante prima che l'ultimo dei suoi avversari
fischiasse una specie di olifante dalle minute dimensioni.
Il ninja recuperò
in fretta e saldamente l'impugnatura della sua katana e colpì quell'uomo con un
decimo della forza che gli restava. Questo bastò ad atterrarlo,
disarmandolo.
A quel punto, una volta liberatosi di tutte le minacce
immediate, seguì per la strada che aveva lasciato che si snodava nel folto bosco
di conifere.
«Cos'era quel suono?» bofonchiò Mokona portandosi sulla spalla di
Fay.
«Sembrava un corno da battaglia.» chiosò Shaoran.
Il mago non
sembrava ascoltarli semplicemente perché, convulsamente, cercava un punto ben
preciso della periferia più remota di quella città dove il sigillo magico non
fosse presente o, per lo meno, fosse un po’ più debole.
«Sarà successo
qualcosa a Kurogane?» domandò allora il ragazzo.
Fay scosse il capo. «Il tale
che ci seguiva è tornato indietro, credo sia perché Kurogane ha sbaragliato gli
altri».
«Il paparino è formidabile, Shaoran! Non devi certo preoccuparti per
lui.» replicò la polpettina.
Il suono aspro e profondo dell'olifante vibrò nuovamente tra gli aghi di
pino.
Kurogane camminava in silenzio facendo il minor rumore possibile, o per
lo meno cercando di farlo.
Si accorse quasi subito che qualcosa non andava
affatto come nei suoi piani, e se ne accorse proprio quando un fruscio ben
diverso da quello del vento ghiacciato aveva curvato i rami degli alberi.
Un
altro fruscio, più simile a un fischio si mescolò col boato roco dei fuochi
artificiali, titillò il suo udito, provocandogli un leggero brivido.
Era un
dardo, vibrato dal folto della foresta, e lo schivò senza alcun
problema.
Ecco, aveva compagnia, di nuovo.
«Tsk, vigliacco!» commentò a
denti stretti.
Non ebbe nemmeno il tempo di dire così che si ritrovò
accerchiato, stavolta da troppi avversari, troppi per una persona normale, mica
per un ninja!
«Questo posto non è tanto male.» decise Fay soddisfatto delle pendici di
un'inquietante collina coperta di ombre di rachitici alberi ormai secchi, in
effetti l‘aria gli pareva più leggera lì, evidentemente era sparita la cappa
operata dal sigillo magico. «Voi due restate qui, cerco di recuperare Kuro-rii.»
sussurrò.
In effetti la sanità di Kurogane era rimasta un chiodo fisso nella
sua testa, il ninja non era certo uno sprovveduto, ma non potevano fidarsi di
quei tizi che li seguivano, inoltre non era da Kurogane attardarsi così tanto
coi suoi avversari, ragion per cui l'ideale era andargli incontro.
Il possente metallo temprato ed affilato, squarciava l’aria e si librava
agilmente a dissolvere gli avversari che però si moltiplicavano ogni volta e
raddoppiavano, triplicavano e quelli a terra si rialzavano e tornavano sotto.
Inavvertitamente la guancia della sua lama sfibrò il collo di uno di quei
guerrieri uccidendolo in pochi secondi.
Nuovamente quella specie di
incantesimo sfiancò Kurogane. Ne aveva la certezza, per riuscire a cavarsela
contro tutti quegli avversari doveva lasciarli in vita, tramortendoli magari: se
c’era un sigillo magico anche sugli omicidi e avesse seguitato ad attaccare
mortalmente, avrebbe rischiato di farsi ammazzare.
Abbassò un momento la
guardia per poi sferrare un attacco abbastanza potente da spazzare via i suoi
avversari.
Kurogane si scagliò contro l’ultimo avversario con un affondo
straordinariamente rapido, ma quello si scansò con facilità, e con una bastonata
lucente lo colpì ad un fianco.
Il sangue gli montò in gola, ringhiò con voce
acuta, lacerante, inarcando il collo, ogni cellula del corpo squassata da un
brivido. Mentre veniva ferito, il ninja girò su sé stesso, e con Ginryu sferrò
un fendente che quello non fu abbastanza svelto da evitare.
Forse per uno
strano sortilegio o per una specie di scudo magico - si ripromise di chiedere
delucidazioni al mago - venne scagliato all’indietro e venne gettato in fondo
alla radura sbattendo contro un grosso rovo aggrovigliato.
L’urto gli procurò
un altro brivido che si propagava ora per tutto il corpo.
Ma il dolore vero
arrivò solo dopo.
Aveva battuto la testa con forza, il che ora la faceva
pulsare violentemente, oltre a provocargli un certo senso di nausea e
disorientamento, c’era anche un ronzio potente che brontolava nei suoi timpani,
e somigliava a un ruggito sordo come lo scrosciare di una cascata.
Con quel
rumore nelle orecchie non poteva nemmeno percepire se qualcuno fosse o meno
nelle vicinanze. Doveva cercare un modo di eliminare ogni pericolo e di portarsi
alle porte della città, magari arrivandoci almeno parzialmente
incolume.
Riuscì a tirarsi su, scrollando per quanto possibile i rovi
rattrappiti dal mantello e dai capelli, pulendosi col dorso della mano
inguantata il volto.
Gli ronzavano le orecchie e la testa gli martellava e
solo allora, in piedi, cominciò a sentire dolore.
Non capì in che modo, forse
era troppo spaesato, ma intorno a lui era come se ci fossero dei fuochi
artificiali che esplodevano, razzi che uscivano dai cilindri di lancio e
roteavano follemente nell’oscurità mandando scie di scintille verso gli alberi o
il fiume. Doveva essere finito in una trappola, l’ennesima di quei maledetti
avversari. Ma stranamente non sentiva calore, né l’odore acre della polvere da
sparo, era come un altro, ennesimo, sortilegio.
Esplosioni sorde e fischi
assordanti accompagnavano la detonazione di un razzo dopo l’altro,
nell’abbagliante inferno che si era scatenato lì intorno, Kurogane non riusciva
più ad agire lucidamente.
L’ennesimo abbacinante fuoco s’incendiò a meno di
due piedi da lui, e fu tanto potente da destabilizzarlo.
Fay si girò di scatto vedendo il buio della foresta rischiararsi alla luce di
quelli che avevano tutta l’aria di essere dei fuochi d’artificio, eppure lo
spettacolo pirotecnico si teneva più a ovest, non nel fitto degli
alberi.
Allungò il passo, sapeva che il giapponese era lì, da qualche parte,
proprio da dove lampeggiava quella luce.
Lo sapeva, doveva essere lì.
Quando gli occhi di Kurogane si abituarono al buio profondo che aveva seguito
la luce abbagliante dell’ultimo razzo che era rimasto lì, riuscì a distinguere
qualcosa in mezzo ai tronchi degli alberi abbattuti.
L’essere che emerse dai
resti di una grande quercia era così ripugnante da non poter essere paragonato a
nulla di quello che Kurogane aveva visto fino ad allora. Uscì barcollando dal
fumo e dalle schegge. Camminava su due gambe, ma stava curvo e aveva la schiena
gobba, come se il peso di quelle enormi spalle non gli permettessero di stare
dritto. La pelle, che baluginava ogni volta che un razzo rischiarava il cielo,
era squamosa e qui e là spuntavano ciuffi di pelo ispido e nero; gli occhi erano
gialli, come quelli dei gatti, e il muso era lungo, sottile, privo di connotati
apparte gli occhi e la bocca dalla quale guizzava la lingua
maligna.
Aguzzando di più la vista, il ninja poté distinguere un essere a
cavallo di quella bestia orribile, alta almeno tre metri seppure curva, e
impugnava una balestra.
Kurogane si avventò contro la bestia, cercando di
trafiggerle il collo. Con molta riluttanza, convenne che non c’era nulla da
fare, neppure i suoi attacchi più potenti sarebbero stati in grado di eliminare
quella bestia in fretta e, soprattutto, senza procurarsi ferite troppo
serie.
Ma poi concentrò tutte le forze che gli restavano nella possente lama
temprata della Ginryu, forze che, malgrado tutto, erano molte, e colpì con la
più perfetta e potente Hama Ryu-o-jin mai vista, tanto che suo padre in persona
sarebbe stato davvero molto fiero di lui.
La bestia inciampò e cadde, giacque
a terra, contorcendosi, cercando freneticamente di alzarsi, di liberarsi dalla
lama che gli bruciava nel collo.
Mentre Kurogane estrasse la kissaki dal
collo della bestia per piantarla in uno degli occhi, qualcosa lo colpì sulla
spalla destra, trapassando il muscolo grande pettorale e squarciando l’arteria
ascellare piantandosi nella scapola. Un dardo affilato l’aveva colpito e
disarmato.
Aprì la bocca per prendere fiato e rivolse gli occhi al cielo,
sentì sul suo viso i primi fiocchi di neve, proprio mentre il sangue caldo
usciva lentamente, bloccato dalla punta di acciaio spinata.
Crollò in
ginocchio, recuperò in fretta la spada e la piantò violentemente nel petto
dell’arciere che gli si stava avventando contro con un coltellaccio tra le
mani.
Sentì il sangue colargli sul petto dalla ferita, montargli in gola e
con fatica riuscì a buttarlo fuori, sfilò Ginryu dal corpo esanime dell’arciere
e cercò di tirarsi su.
I botti erano cessati, ora Fay aveva una certa difficoltà ad orientarsi nella
foresta buia e fitta, non riusciva a sentire nulla, solo qualche suono ovattato
e fruscio indistinto che si poteva facilmente ricondurre al vento.
Continuava
a guardarsi intorno, pensando che magari un paio di occhi in più non sarebbero
guastati in questa situazione.
Girava la testa in continuazione, aguzzava la
vista e cercava, cercava insistentemente il ninja nel fitto della foresta.
Kurogane continuò a strascinare i piedi scivolando ogniqualvolta trovava un
po' di neve che, già mezza sciolta, si mescolava alla terra e alle foglie
secche, in una strana poltiglia grumosa.
Cercava, con le poche forze che
aveva, di raggiungere il resto del gruppo, il più velocemente possibile,
muovendosi in maniera tale da non farsi troppo male, del resto le due ferite che
si era procurato in quel combattimento dannatamente impari, pulsavano in modo
decisamente eccessivo, quasi innaturale.
All'improvviso, proprio a causa di
uno di questi pantani di fango gelido, si sbilanciò in avanti, cercò in fretta
di ritrovare il baricentro, ma senza successo, crollò a terra, gravando col peso
non indifferente sulle ferite, o meglio sui mozziconi di dardo.
Imprecò a
denti stretti, mascherando un gemito di stanchezza e dolore.
E la neve
continuava a cadere, impigliandosi sui suoi capelli, bagnandogli il viso,
impudente.
Con la forza del solo braccio sinistro cercò di rialzarsi,
collaborando, per quanto possibile, anche con le ginocchia.
Di certo non
sarebbe morto lì, chissà quanto l'avrebbe canzonato quel dannato mago.
Il
mago.
Gli sembrava di sentire quella vocina fastidiosa proprio ora, o forse
era il rumore di un fiocco di neve che si era infilato proprio nel padiglione
auricolare.
Fay camminava in fretta a passi più piccoli del solito, chinato leggermente
in avanti e con la testa bassa a guardare in terra.
Prestava attenzione al
rumore del buio, ai passi sordi che sperava di sentire avvicinarsi da un momento
all'altro. Ogni tanto chiamava il ninja, ma non troppo spesso, soprattutto
perché qualcuno poteva trovarlo, sentirlo, attaccarlo.
Poi, avvolto nel buio
che ogni tanto veniva rischiarato da un petardo, lo vide.
Una specie di
enorme animale ferito che cercava di portarsi sulle zampe, che arrancava ed
annaspava.
«Kuro-rii!» guaì abbreviando, stavolta in un rapido scatto, la
distanza tra loro. «Kuro-» s'interruppe.
Era proprio come un animale ferito,
era ferito, e smaniava, gemeva, non riusciva a tirarsi su.
«Kuro-gane?»
sussurrò chinandosi per tirarlo su.
Quando Kurogane sentì qualcuno avvicinarsi di tutta fretta facendo vibrare il
terreno morbido sul quale la sua faccia si era rovinosamente posata, aveva
impugnato con la poca forza che risiedeva ancora nella mano destra la
spada.
Però riconobbe subito la voce del biondo -allora non se l'era
sognata! - e lasciò la presa.
«Kurogane?» ripeté Fay una seconda volta. «Non
ti posso proprio lasciare solo, sei un vero disastro!» bofonchiò.
«Tsk!»
sibilò il ninja cercando in qualche modo di avere una parvenza più vigorosa di
quella che al momento mostrava.
Sentì entrambe le mani del mago arrivare alle
sue spalle. «Ce la fai a tirarti su?».
Avrebbe voluto rispondere "Certo
idiota che credi?" ma in certi momenti l'orgoglio serve solo a pulirsi le
scarpe, quindi sbuffò e scosse piano la testa.
«Mi permetti di aiutarti?»
domandò l'altro tirandolo su con un movimento stranamente fluido.
Gliel'aveva
chiesto solo per cortesia, in effetti sapeva che questo non poteva che essere
uno smacco per un ninja, per quella storia dell'onore, del coraggio e del
vigore, eppure, non aveva nemmeno atteso una risposta.
«Riesci a camminare,
se ti aiuto? Non preoccuparti, non farai la figura del debole se ti appoggi a me
per camminare.» aggiunse. «Ti va di rispondermi?».
«Va bene.» accettò il
moro, annaspando con le pinne nasali dilatate e la gola riarsa dalla
sete.
«Okay, io mi alzo e tu punti i piedi a terra.» sussurrò il biondo
passandosi il braccio artificiale del ninja attorno al collo e cingendogli le
spalle con entrambe le braccia, sorreggendolo dalla fascia ascellare.
Si tirò
su e in quel momento Kurogane piantò i piedi in terra, scivolando ma,
sommariamente riuscendo a stare in una posizione vagamente eretta.
«Non siamo
tanto lontani, bisogna camminare due miglia, pensi di riuscirci?» domandò
Fay.
Kurogane per un momento non rispose.
«Lo so che ce la puoi fare, ma
preferirei evitare di trascinarti mezzo dissanguato in giro, quindi ora se vuoi
ci fermiamo, e cerco di almeno capire dove sei ferito.» bofonchiò cominciando a
perdersi in certi ragionamenti astrusi che al ninja interessavano davvero molto
poco, visto e considerato che, soprattutto, non avrebbero certo contribuito a
migliorare la sua condizione fisica e mentale.
«Zitto, idio-» farfugliò il
moro accasciandosi definitivamente con la testa sulla spalla del mago.
Fay lo
scosse per un momento, più volte, preparandosi a schiaffeggiarlo quasi, ma non
ci fu verso, aveva semplicemente perso i sensi.
Prima delle note dell'autore una nota a margine inerente al testo:
1. Mi serviva creare un diversivo che permettesse ai miei adorati cattivoni *blink* di attaccare facilmente Kurogane, insomma è sempre un omone forte e vigoroso, e visto e considerato che la maledizione di Tomoyo non c'è mai stata, soprattutto per il fatto che effettivamente non è una maledizione, ma piuttosto un monito, il sigillo protettivo sugli avversari era la cosa più plausibile, perdonatemi se i passaggi del combattimento non sono proprio molto puntuali, non sono abituato a scrivere combattimenti xD
Okay, passiamo alle note dell'autore. Julia_Urahara, su, in realtà non me la sono mica presa, era per mettere le cose in chiaro, almeno sai che si tratta di un uomo a scrivere queste schifezze qui xD, grazie per aver recensito spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto.
harinezumi, grazie mille per entrambe le tue recensioni, è stato molto gentile da parte tua e sono lieto che la storia ti piaccia, inoltre grazie mille di avermi fatto notare gli errori e spero che (sicuramente ci saranno anche qui visto e considerato che non è che stia tanto in me in questi giorni xD) continuerai a farmi notare gli orrori/errori che incontrerai in questo e nei prossimi capitoli, ancora ho un po' di problemi con la vostra lingua xD ad esempio punteggiatura ed ausiliari. Comunque grazie mille ancora.
yua, oddio mi si è ammattita una lettrice *scappa*, su sai che io sono un tipo cattivo -anche le mie altre storie dovrebbero averti dato una vaga idea di dove può arrivare la mia malvagità- però sarò ancora più cattivo! perfido! maligno! Mi piace un sacco essere perfido xD. Grazie mille per la tua recensione, mi fanno impazzire le recensioni folli v__v anche più folli di questa xD.
Shyray, beh, oltre a non piacergli non lo può bere proprio xD ed è motivo di scherno da parte di Mokona, è molto divertente quell'omake, se ti capita di avere un po' di tempo leggilo. Sì, è anche vero che le CLAMP non dicono esplicitamente come si svolgono le cose xD ma io sono un tipo un po' puntuale e puntiglioso quindi meglio pararsi la testa e fasciarla bene prima di scrivere scempiaggini, no? xD Grazie mille della recensione.
mago666, purtroppo non posso dirti se Kurogane ha o meno scampato la cena a base di latte, come hai potuto notare la cena è stata allegramente skipata. Però, mi spiace, la storia è divertente fino all'inizio di questo capitolo, non di più xD mi spiace. Ti ringrazio di aver recensito.
Ho tenuto a postare oggi visto e considerato che domani forse sarà una giornata molto lunga per me xD, se non avrete mie notizie nelle prossime settimane (oddio spero di no xD), vorrà dire che la storia resterà incompiuta, purtroppo la mia salute non mi sta aiutando in questo periodo, ma le cose sembrano andare per il meglio.
Inoltre oggi è il giorno in cui si conclude il Lucca Comics & Games, al quale avrei davvero voluto prendere parte ma non c'è stato verso xD quest'ospedale di Ginevra dove mi trovo ora non è poi così male come pensavo, alcuni amici mi hanno inviato foto (orripilanti alcune) della manifestazione e mi dovrò accontentare di questo xD.
Beh, oltre a questa prolissità in conclusione mi scuso se il capitolo è discontinuo xD ma ho scritto la storia in differenti stati umorali e di salute, quindi per favore non me ne vogliate se sto sporcando questa storia xD.
Uh, s'è fatto tardi l'infermiera cattiva tra poco mi passa a bastonare xD buonanotte e buon inizio di novembre, signori e signore, sentitevi liberi di leggere o di chiudere la storia qui se non vi piace, oppure di commentare se volete.
D.