Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: scandros    22/12/2003    5 recensioni
Dedica a tutti coloro che come sogno sognano sulle ali della fantasia. buon Natale e buon Anno a tutti
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sweet Christmas

Sweet Christmas

 

Capitolo 2

 

 

 

Steso sul letto con le braccia incrociate sotto il capo, Holly rimirava il soffitto alla ricerca di una risposta. Le note jazz di Oh Holy Night interpretata da Christina Aguilera echeggiavano dolcemente nella stanza. Nel buio della sua stanza, cercava risposte ai suoi pensieri, rievoca immagini fin troppo nitide nella sua mente e nel suo cuore.

-         Sei proprio tu? Come sei cambiata! La mia piccola, dolce Anego. Il mio pulcino è diventato un bellissimo cigno. Sapevo che saresti diventata qualcuno. Tu hai sempre avuto un carattere vincente. Quanto vorrei che tu fossi qui, a trascorrere il Natale insieme a me…. proprio come facevamo una volta. Ci riunivamo per trascorrere insieme questi momenti in allegria, in maniera spensierata. Tu che litigavi bonariamente con Bruce ed io e gli altri ragazzi che cercavamo di sedare i vostri animi.

-         Quanto mi mancano quei tempi, quanto mi manchi tu! Vorrei tornare al passato per cercare di recuperare il tempo perduto, le occasioni in cui avrei potuto stare con te e invece pensavo solo ed esclusivamente al calcio. Desidererei tanto poterti vedere almeno per un attimo, ritrovare il tuo sorriso, la tua espressione quieta e rassicurante, l’amore che provavi per me e che in silenzio corrispondevo. Perché non ho mai avuto il coraggio di dirti nulla? Di quanto eri importante per me? Di quanto contasse per me la tua amicizia, il tuo affetto! Perché sono stato così stupido ed egoista da anteporre a tutto il calcio?

-         Adesso sei una donna in carriera, affermata diplomatica che ben presto ambirà a posizioni ben più importanti e prestigiose di quella attuale…sei bellissima, da mozzare il fiato. Cerco di immaginare, anche solo per un attimo, un nostro incontro, ma le distanze, due vite oramai diverse ci dividono ed io non riesco a vedere aldilà del mio palmo. Se potessi esprimere un desiderio, beh, vorrei rivedere te, avere ancora la possibilità di parlarti, di dirti quello che dieci anni fa non ho avuto il coraggio di dirti. Mi chiedo solo se mai un giorno ne avrò il coraggio! Dannazione, non riesco  a togliermi dalla testa il tuo volto e dal cuore il tuo nome. Ti vedo come…sì, come una ninfa greca che silenziosa gioca in una foresta incantata. Tu sei…la principessa del mio cuore. Hai incatenato il tuo sguardo al mio.

-         Ho avuto dieci anni di tempo per dirti quanto ti volevo bene…e cosa ho fatto? Ho trascorso questi lunghi anni a cercare di diventare famoso, importante, perché te lo avevo promesso. Ricordi Patty? Prima che tu partissi per Londra, mi facesti promettere che sarei diventato il numero uno. I tuoi occhi grandi, profondi, pieni di lacrime per me, per quello che volevamo fosse un arrivederci e che invece è diventato un addio. Abbiamo perso ogni contatto, vivendo solo nel ricordo della nostra bella amicizia, di quel sentimento nato segretamente nell’intimo dei nostri cuori, dei nostri silenzi, di quegli sguardi imbarazzati che celavano le nostre emozioni.

-         Io che parlo così! E’ assurdo. Io non ho mai pensato a queste cose, all’amore…e invece, come ogni anno, soprattutto a Natale, penso a te intensamente. Se lo sapesse Bruce mi prenderebbe in giro all’infinito. Lui e i ragazzi mi hanno sempre parlato di te. Ti prendevano in giro perché ti struggevi per me…ed io stupido che non ho mai capito niente, niente, assolutamente niente di quanto fossero belli e importanti i tuoi sentimenti. -. Mentre la radio ritrasmetteva un altro canto natalizio questa volta intonato da Mariah Carey, Holly cedette alla stanchezza e ai pensieri, chiudendo gli occhi e rimembrando il suo dolce amore.

 

Il taxi si fermò dinanzi il parterre dell’International Plaza Hotel. Un portiere in livrea rossa e dorata si accinse ad aprire lo sportello del passeggero. Patty uscì dall’auto, attese che il tassista avesse terminato di scaricare il suo bagaglio e che il facchino lo ritirasse, pagò la tratta automobilistica ed entrò scortata dal portiere. Era già stata in quell’albergo quando dieci anni prima, di ritorno dai mondiali under 16 disputati a Parigi, la squadra nipponica era stata l’ospite d’onore di un sontuoso ricevimento. In quell’occasione, avevano indossato tutti la divisa della squadra e lei, in qualità di manager vi aveva preso parte insieme alle amiche Amy e Jenny.

Senza mostrare troppo interesse per i maestosi lampadari di cristallo che ricadevano lucenti dai soffitti, o per gli interni della hall in marmi e stucchi italiani, si diresse verso la reception per prendere la chiave della sua stanza. Erano passate le sei. Avrebbe dovuto prepararsi entro le sette. Era certa che per quell’ora, se non prima, Ken avrebbe mandato l’autista di sua madre a prenderla per condurla a villa Sullivan.

-         Buonasera. Ci dovrebbe essere una prenotazione a nome di Patricia Gatsby! – disse in tono formale ma cordiale.

-         Un attimo che controllo al terminale. – rispose la signorina digitando sulla tastiera il nominativo dell’ospite.

-         Eccola qui. Suite 1512, signora. Dovrebbe lasciarmi un documento per favore. – chiese la giovane dietro il bancone. Patty aprì la borsa prelevando il passaporto del corpo consolare. – Benissimo. Attenda un attimo che registro le sue formalità. Nel frattempo le faccio portare le valigie in camera. – aggiunse richiamando il facchino con un campanello. Comunicò all’addetto il numero della stanza e poco dopo lo vide sparire all’interno dell’ascensore.

Patty attese qualche attimo che l’addetta alla registrazione degli ospiti le restituisse il passaporto; poco dopo, imitando il facchino, sparì all’interno dell’ascensore che velocemente la condusse al quindicesimo piano. Seguendo le indicazioni lungo i corridoi, camminando spedita sulle guide in moquette rossa, Patty arrivò dinanzi la porta della sua stanza. Inserì la tessera magnetica nella serratura e la porta si aprì.

Le luci, regolate dalle fotocellule, si accesero al suo passaggio.

-         Le sue solite manie di grandezza! – esclamò guardandosi intorno e disegnando sommariamente i tratti sfarzosi e pomposi della suite che le aveva prenotato Ken. Era in un ingresso molto grande, ammobiliato con due poltrone e un divano di fattura inglese sistemati dinanzi il camino. Antistante la finestra che dava al balcone, uno scrittoio in stile inglese e una poltroncina, sedevano leggermente su un tappeto tipico orientale. Sullo scrittoio, troneggiava quasi imperioso un vaso in alabastro contenente una composizione di rose color arancio. Posò la borsa, il computer e il cappotto su una poltrona e si avvicinò allo scrittoio attratta da un bigliettino bianco sistemato vicino il vaso.

-         Benarrivata tesoro. Ken. – lesse girando quell’anonimo biglietto bianco. – Poteva far scrivere almeno qualcosa di più affettuoso…o magari scriverlo lui personalmente. – polemizzò andando verso la porta che conduceva alla stanza da letto. Quando la aprì, vide subito delle grandi scatole poste sul letto a baldacchino. – Mi domando a cosa serva tutto questo sfarzo. Mi sembra eccessivo per qualche ora. – pensò passandosi una mano tra i capelli. Sospirò e andò in bagno. Un bagno caldo l’avrebbe rilassata. Girò il rubinetto dell’acqua calda e tappò la grande vasca angolare sul cui bordo erano stati sistemati oli e bagnoschiuma al profumo dei fiori. Li versò all’interno della vasca guardando l’acqua che velocemente formava la schiuma e le bollicine mentre le essenze fiorite profumavano l’aria. Si svestì velocemente e quando fu completamente nuda, si immerse nella grande vasca, avendo cura di non bagnarsi i capelli.

-         Ma che ci faccio io qui? Dovrei essere a Londra a trascorrere il Natale con i miei genitori. Ken…a volte penso di non meritarti. Ti aspetti troppo da me, pensi che io sia la donna giusta per te, colei che amerai e che ti amerà tutta la vita. Stiamo insieme da soli quattro mesi e mi fai venire in Giappone per festeggiare il Natale con la tua famiglia, una delle più in vista di Tokyo. Hai acconsentito ad un capriccio di tua madre, come sempre. Sei succube di lei, te l’ho già detto ma tu non mi credi. Come devo fare per farti capire che…che sto bene con te ma che non voglio un legame indelebile…non ora…io non sono sicura dei miei sentimenti per te. Ti voglio bene…ma…ma non ti amo…Tu sei sempre così preciso, perfetto, quasi noioso…ed io tremendamente stupida che non riesco a dirtelo. All’inizio, quando è successo, quando mi hai dato il primo bacio, la prima notte che abbiamo trascorso insieme, ho pensato che il mio futuro stava cambiando…stavo forse dimenticando il mio grande amore…invece no..lui è tornato puntualmente nella mia mente, la sua immagine sorridente si è materializzata dinanzi ai miei occhi. Mi è impossibile accantonare in fondo al mio cuore, una parte così importante della mia vita. Anche se lui è il tuo opposto, così imperfetto, timido, pigro nei sentimenti, è la migliore persona che io abbia mai conosciuto, l’unico che è entrato nel mio cuore e che non ne uscirà mai. – pensò giocando con la morbida schiuma profumata che la avvolgeva. Non riusciva a mentire a se stessa. Kenneth Sullivan, il fidanzato perfetto che tante donne le invidiavano. Il perfetto gentleman inglese, di padre nipponico e madre discendente dall’aristocrazia inglese. Era il vice presidente delle Sullivan Company, un’importante società finanziare a cui capo c’era il padre. Dal padre aveva ereditato non solo gli occhi castani, ma anche e soprattutto il fiuto per gli affari e la dedizione completa al lavoro. Della madre, invece, Ken aveva il colore biondo dei capelli, la perfetta educazione in ogni occasione, l’amore per il bello e per la perfezione. Più giorni trascorrevano insieme, e più Patty pensava che Ken fosse la copia di sua madre. Hanna Sullivan era una donna autoritaria ed accentratrice; profondamente legata al figlio, quasi da un affetto morboso, lo chiamava anche più di dieci volte al giorno per accertarsi sull’andamento della giornata. Patty era esasperata dal suo comportamento invadente, ma Ken sembrava non farci molto caso e non sgradire affatto le premure della genitrice.

Lo squillo del telefono la riportarono alla realtà.

-         Sarà mia madre. Non la vedo da due giorni e mi sono anche dimenticata di avvertirla che sono arrivata! – esclamò uscendo dall’acqua. Si avvolse nel morbido accappatoio di spugna e corse a rispondere al cellulare che aveva lasciato nell’ingresso della suite. Quando finalmente lo afferrò, aveva smesso di suonare. Guardò il numero sul display. Lo stesso dal quale aveva chiamato Ken al suo arrivo in Giappone. Istintivamente si voltò verso un orologio a pendolo posto vicino il caminetto scoppiettante.

-         E’ tardi. Sono le sei quasi e trenta. Mi sembrava strano che non mi avesse richiamata almeno altre cinque volte! – esclamò contrariata. – Devo vestirmi. Andiamo a vedere cosa ha preso per me. -. Portando con se il cellulare, Patty tornò in camera da letto e cominciò ad aprire le scatole una dopo l’altra. In quella più grande, circondata da un grande fiocco rosso di raso puro, trovò uno splendido abito laminato nei toni cangianti dal bianco all’argenteo.

-         Una cosa devo ammetterla: Ken ha davvero gusto. – disse ammirando il lungo abito dalla profonda scollatura e dall’ampio spacco. In un altro pacco trovò lingerie e calze di seta, in un altro ancora un paio di sandali alti ed una pochette argentati, e nell’ultimo, una stola di organza argentata con le code laminate come l’abito.

Poggiò tutto sul letto estasiata dalla luce meravigliosa emessa dai lustrini del suo abito da sera. Tornò nell’ingresso e aprì la valigia. Prese un borsello capiente dove portava sempre con sé tutto il necessario per l’igiene e il make-up quotidiano e per la messa in piega. Smise l’accappatoio e passò sulla pelle calda una crema profumata. Indossò la lingerie e andò a lavarsi i denti e a truccarsi. Quando ebbe terminato, indossò l’abito, raccolse i lunghi capelli con delle forcine, lasciando che alcune ciocche le cadessero lungo il volto niveo e si passò un velo di lucidalabbra rosa. Si specchiò cercando delle note stonate nella figure che si rifletteva nel grande specchio. Era stupenda, di una bellezza altera ed eterea.

-         Chissà cosa penserebbe Holly vedendomi così! – sibilò sorridente. L’immagine elegante e raffinata di una nuova Patricia sembrava aver preso definitivamente il posto di quello semplice e scanzonato di Patty. Lo squillo del telefono la  fece trasalire. Non era il cellulare ma l’apparecchio telefonico della suite. Sollevò la cornetta e rispose.

-         Sì. –

-         Signora Gatsby. Il suo autista è giunto. –

-         Gli dica pure che sto scendendo, per favore. –

-         Benissimo, grazie. -. Calzò i sandali, prese la stola, la borsetta e il cellulare e tornò nell’ingresso. Mise il portafoglio, i documenti e il cellulare nella borsa argentata e indossò il cappotto di cashmere e visone. Era pronta per andare a cena a Villa Sullivan. Respirò profondamente e aprì la porta per richiudersela poco dopo alle spalle.

 

L’ascensore arrestò la sua corsa nella hall dell’albergo. Nel ristorante al primo piano si sarebbe tenuto un importante ricevimento. Gli ospiti dell’albergo sembrano in preda ad una strana frenesia: era Natale. Al centro della hall troneggiava un alto abete decorato con sfere di cristallo, oro e argento. Piccole luci rosse lo illuminavano su ogni ramo. Qua e là, sui tavolini, sui banconi della reception, e ovunque ci fosse posto, c’erano grandi composizioni di agrifogli e vischi come nella più antica delle tradizioni. Un gruppo di giovani intenti a discorrere sorseggiando un aperitivo all’angolo bar, la notarono in tutta la sua bellezza. Tale era il suo splendore che sembrava quasi lasciare una scia luminosa al suo incedere. Sorrise consapevole di aver fatto nascere nuove sensazioni in quei giovani. Si avvicinò alle porte automatiche e il portiere si scostò per lasciarla passare.

-         Buon Natale. – gli disse intravedendo la figura imponente e scura di Jackson vicino la limousine.

-         Oh…Buon Natale anche a lei. – rispose colto di sorpresa, togliendosi il cappello della livrea in segno di educazione.

-         Patty….Patty Gatsby! – esclamò una voce femminile prima che lei potesse entrare nella sontuosa automobile. Patty si voltò in direzione della voce e vide, di fronte a se una bellissima donna. I capelli ramati lasciati sciolti sulle spalle coperte da una mantella con i bordi di pregiata pelliccia. Sotto la mantella si intravedeva un abito rosso scarlatto lungo fino alle caviglie.

-         Amy…sei proprio tu? – chiese incredula e sorridente a quella figura familiare. Il cuore le batteva forte. Sentì il sangue fluire nelle vene. Un improvviso tuffo nel passato, in quel periodo trascorso della sua vita, un cui allegra discorreva con l’amica sui dubbi e le incertezze d’amore.

-         Deve essere uno scherzo del destino…non posso crederci…sono dieci anni che non ti vedo più…Patty sei bellissima…sembri una dea…

-         Smettila Amy, mi fai arrossire. Tu sei bellissima…ma…ti sei sposata! – aggiunse Patty intravedendo la vera al dito mentre si abbracciavano.

-         L’anno scorso. -. Patty tacque emozionata da quell’inaspettata sorpresa. – Julian…Patty…io e Julian ci siamo sposati. –

-         Sono contenta per voi. Non poteva non andare così…non a voi. – ammise tristemente rimembrando gli anni felici trascorsi insieme a Holly. Allora, tutto sembrava così facile. Lei e Holly, Amy e Julian, Philip e Jenny, Evelyn e Bruce. Anche se non stavano insieme, era come se quelle coppie fossero predestinate a stare insieme, per sempre. Amy era riuscita a serbare il suo amore per il capitano della Mambo e Julian, dal canto suo, non aveva potuto che ricambiare il grande sentimento che le aveva sempre dimostrato la sua migliore amica.

-         E tu? – le chiese Amy comprendendo che l’amica si trovava in una situazione particolare. – Vedo che sei diventata importante. – continuò alludendo alla limousine.

-         Non è mia…è un obbligo per me girare oggi in limousine. Vado ad una festa a Villa Sullivan. –

-         Sei ospite di Hanna Sullivan? – le chiese curiosa.

-         Sì. Sinceramente avrei preferito festeggiare in un altro modo. La conosci? –

-         Non per fare delazione alle spalle altrui, comunque sì. Quella specie di megera è un’amica della madre di Julian. Frequentano gli stessi salotti altolocati. Mi è capitato di vederla a casa loro. Ma tu, quando sei tornata? –

-         Un paio d’ore fa. Vivo ancora  a Londra. Lavoro al consolato nipponico a Londra e sono il braccio destro del console. Sono stanca del viaggio, e mi tocca andare ad una festa in cui mi sentirò l’unica pedina fuori posto.–

-         Mi sembra tutto così irreale…tu che sembri una top model e che vai a cena a casa di una delle famiglia più in vista di Tokyo e di Londra. Aspetta un attimo…non sarai tu la fidanzata di Kenneth Sullivan! – constatò Amy non distogliendo lo sguardo dall’amica. Patty annuì col capo.

-         Stiamo insieme da circa quattro mesi. – ammise con tono sommesso. Amy continuò a rimirare gli occhi malinconici di Patty. Si trovava in una situazione a lei poco consona. L’aveva capito subito. Patty non era fatta per le serate mondane, i salotti altolocati e le chiacchiere di donne. Lei era una stata abituata ad essere uno spirito libero e non poteva sicuramente instaurare un rapporto con Hanna Sullivan.

-         Io…beh, sono meravigliata. –

-         Conosci Ken? – le chiese cercando di riprendere il discorso.

-         Come ti ho detto, sua madre Hanna è una donna molto in vista anche qui a Tokyo. Il padre di Ken e il padre di Julian si conoscono da anni e anche se all’epoca vivevano stabilmente a Londra, quando veniva per affari qui in Giappone, portava sempre Ken con se. Voleva che conoscesse le sue radici nipponiche. – aggiunse chinando il capo.

-         Non mi sembri molto contenta della mia scelta. – disse Patty in cerca di consensi. Amy la guardò con espressione cheta e amichevole. Le sorrise amabilmente.

-         E’ che…che mi sembrava così scontato che anche dopo la tua e la sua partenza, voi…insomma…voi eravate la coppia più bella. –

-         Amy, io e Holly…non siamo mai stati insieme. –

-         Questo lo so, ma è innegabile che i sentimenti che vi accomunavano erano forti e palesi. Lui ti voleva bene nella stessa tua misura. Anche se non te lo diceva, era evidente…perché Patty? Cos’è successo? Cosa vi ha diviso? Quando pensavo a voi, speravo che un giorno tu volassi in Brasile e lo raggiungessi. Ed ero certa che lui sarebbe stato lì ad aspettarti a braccia aperte. –

-         E’ proprio questo il problema Amy. Non è mai successo nulla…io sono andata via dieci anni fa…lui è partito poco dopo di me…abbiamo perso i contatti quasi subito…

-         Signorina, dobbiamo andare! – esclamò Jackson avvicinandosi e interrompendo la piacevole conversazione.

-         Mi dispiace Amy…sarei voluta rimanere volentieri. E’ stato molto bello rivederti. I miei più sinceri auguri a te e a Julian. Spero che il nuovo anno possa essere gioioso e sereno. – le disse abbracciandola prima di entrare nella limousine.

-         Patty…

-         Amy…nessuno potrà mai prendere il suo posto nel mio cuore. – aggiunse prima di richiudere lo sportello. Jackson inserì la prima e partì.

-         Mi dispiace aver interrotto la sua conversazione, signorina! – le disse educatamente l’autista di colore.

-         Non temere Jackson. E’ stato bello rivedere una vecchia amica. – aggiunse in tono flebile. Voltò lo sguardo al finestrino vedendo la sua immagine malinconica riflessa nel vetro.

-         E’ vero…nessuno potrà mai sostituire te nel mio cuore…-

 

Julian si avvicinò alla moglie impensierito dal suo ritardo.

-         Tesoro, tutto bene? Pensavo fossi dietro di me. Non ti ho vista e sono uscito a cercarti. -. Amy continuava a guardare la strada. – Stai bene? –

-         Scusami…è che ho incontrato una vecchia amica…Patty! –

-         Quella….Patty? – le chiese rimembrando la figura femminile sempre accanto al capitano della New Team e della nazionale.

-         Sì Julian, proprio lei. Andava ad una festa a Villa Sullivan. – aggiunse stringendosi al braccio del marito. Rientrarono in albergo, attesi per il ricevimento. 

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: scandros