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Autore: scandros    18/12/2003    9 recensioni
Dedica a tutti coloro che come sogno sognano sulle ali della fantasia. buon Natale e buon Anno a tutti
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sweet Christmas

Sweet Christmas

 

 

Al popolo della rete, a coloro che con la penna hanno realizzato sogni tra le righe

 

 

 

Questa fanfic è nata come una one piece. Doveva essere tale ma poi ho pensato che non potevo trascurare i monologhi dei protagonisti  per realizzare un unico brano, andando così a discapito dei loro sentimenti.

 

E’ una fanfic ambientata il giorno della Vigilia di Natale, il giorno in cui ognuno di noi spera che si possa realizzare un desiderio speciale. Ed è questo l’augurio che faccio a tutti voi.

Questo è stato un anno speciale per me perché ho scoperto l’universo delle fanfic ed ho conosciuto tante persone così diverse e speciali.

 

Dedico questa fanfic a tutti voi, augurandovi che possa brillare anche per voi una stella e che nella notte più lunga dell’anno, nascano dei nuovi sentimenti sotto l’intensa luce dell’amore.

 

Buon Natale e Buon Anno a tutti voi

 

 

scandros

Sweet Christmas

Capitolo 1

Il boeing partito dall’aeroporto internazionale di Heathrow si apprestava alla fase di atterraggio sulla pista numero 10 dell’aeroporto di Narita. Guardò fuori dall’oblò mentre le assistenti di volo si accertavano che tutti i passeggeri avessero allacciato le cinture di sicurezza, riposto il tavolinetto e chiusi i portaoggetti.

Per quanto il viaggio fosse stato lungo e il fuso orario l’avesse catapultata in avanti di diverse ore, la cima innevata del monte Fuji non le fece rimpiangere di essere salita su quell’aereo. I colori del tramonto si stavano lentamente spegnendo negli azzurri della sera.

Dieci anni la separavano da quel paese, dal suo paese d’origine, quello in cui era nata, in cui aveva mosso i suoi primi passi, era divenuta prima bambina e poi adolescente, i luoghi in cui aveva stretto le prime vere amicizie, in cui si era innamorata per la prima volta.

Immersa nei suoi pensieri, non avvertì quasi per nulla la manovra di atterraggio. Il cielo prima colorato dei toni del crepuscolo, era adesso coperto da basse nubi bianche e compatte. La temperatura a terra sfiorava lo zero e sicuramente sarebbe nevicato.

- Il comandante vi augura buona permanenza a Tokyo e buon Natale. – disse la hostess al microfono mentre la gente cominciava a prepararsi per lasciare l’aeromobile. Centinaia di persone si levarono dai sedili e sorridenti e indaffarati si incappottarono e prelevarono gli effetti personali dai portaoggetti. Attese che il tunnel fosse collegato al portellone di uscita e che la maggior parte dei passeggeri avessero lasciato l’aereo defluendo in una lenta ma sorridente calca. Poi, si alzò, indossò il cappotto in cashmere con il collo e i polsi in visone, afferrò la borsa e il computer portatile e si diresse verso l’uscita. Prese il telefono cellulare dalla borsa e lo accese. Fece un profondo sospiro e chiuse gli occhi quasi a voler imprimere nella sua mente il momento del ritorno.

Con passo sicuro ma elegante, incedette verso il tunnel d’uscita e dopo aver recuperato i bagagli, si avviò verso il gate degli arrivi internazionali. Riprese il cellulare dalla tasca del cappotto sicura che entro pochi secondi avrebbe cominciato a squillare. La sua attesa fu breve.

- Sì, pronto? – rispose riconoscendo un numero di telefono di Tokyo.

- Tesoro, finalmente! ma dove sei? Ti ho cercata dappertutto. Il tuo cellulare era sempre spento. -

- Era spento perché ero in volo. L’aereo è appena atterrato a Tokyo. Ha portato due ore di ritardo per problemi di rifornimento a Heathrow. –

- Ma io pensavo arrivasse tra un’ora. –

- La mia segretaria avrà sbagliato a comunicarti l’orario di arrivo. – rispose tediata da quella conversazione. Guardò l’orologio al suo polso. Erano le cinque del pomeriggio.

- Vengo a prenderti! –

- Non ti disturbare. Prendo un taxi e ti raggiungo. –

- Non se ne parla. Ti mando a prendere da Jackson. –

- Ken, ti assicuro che non c’è bisogno che mi mandi a prendere dall’autista di tua madre! Posso benissimo prendere un taxi. –

- Non avresti dovuto aspettare un taxi o il mio autista, se la tua segretaria mi avesse comunicato l’orario esatto o se avessi preso il volo di ieri. –

- Ero abbastanza occupata per poter lasciare l’ufficio ieri. E la mia segretaria non ha colpe. Sicuramente è stato un mio errore. Le avrò comunicato male l’orario del volo. Vogliamo continuare a polemizzare sul mio ritardo oppure posso cercarmi un taxi? – chiese seccata dal comportamento alquanto infantile del fidanzato. Ken tacque. Come sempre, doveva chinarsi al suo volere. Patricia riusciva sempre a metterlo in difficoltà. La sua intelligenza, la loquacità, il suo savoir faire in tutte le occasioni, l’avevano più volte messo in imbarazzo facendolo sentire inferiore a lei. Agli occhi apparve l’immagine di una donna molto bella. Stagista presso il consolato nipponico a Londra, dopo la laurea in legge conseguita a Oxford, Patty era stata assunta presso il corpo consolare dove grazie alla sua intraprendenza era ben presto divenuta il braccio destro del console. In uno dei viaggi in cui aveva accompagnato il console, aveva conosciuto Kenneth Sullivan, rampollo della finanza inglese, di ottima famiglia di origine nipponica.

- D’accordo. Hai vinto tu. Ti aspetto alla villa dei miei genitori. Ti ricordo che alle sette e trenta inizierà il pranzo della vigilia. Ti prego di non farci attendere perché mia madre è molto fiscale per quanto concerne l’etichetta. Dato che non hai voluto alloggiare qui, ti ho prenotato una camera all’International Plaza. Ho provveduto anche all’abito e a quanto necessario per la serata. Troverai tutto in camera. –

- Hai provveduto a tutto, come sempre! – esclamò annoiata dalla sua perfezione quasi maniacale. - Cercherò di non mancare e ti prego di porgere i miei ossequi a tua madre. – concluse ironica. Sospirò esasperata dal circolo vizioso in cui era caduta. Trascinò il trolley dietro di se e attese un taxi libero.

- Prego signora. Dove la porto? – chiese l’autista sfregandosi le mani per riscaldarsi.

- International Plaza Hotel. –. Il tassista, un uomo di mezza età, guardò attentamente la sua passeggera disegnando I tratti leggeri ed eleganti della donna. Sotto il cappotto di pregiata fattura italiana, indossava un tailleur nero con i pantaloni larghi e stivali neri a punta.

- Benissimo signora. – rispose sorridente caricando il bagaglio della passeggera. Patty sedette sul sedile posteriore e attese che il tassista avviasse l’auto verso il centro della città..

Ben presto furono fuori dall’aeroporto e si imbottigliarono nel traffico dell’anulare della capitale. Centinaia di macchine si affrettavano a raggiungere le proprie case per festeggiare l’avvenimento più importante dell’anno.

Aprì la borsa e prese lo specchietto del portacipria. Vi si specchiò. Il viso era stanco e malinconico. Nulla avrebbe potuto intristirla di più se non tornare dopo dieci anni in Giappone, il giorno della vigilia di Natale.

Richiuse lo specchietto e si voltò al finestrino. Aveva percorso altre volte quella strada, di ritorno dai raduni internazionali della New Team o della rappresentativa nazionale giovanile, o quel giorno i cui lei era partita prima di lui, anticipando il trasferimento del suo amato capitano in Brasile. Erano trascorsi dieci lunghi anni da allora.

Chiuse gli occhi ripensando al momento in cui il mondo le era crollato addosso. Quel giorno in cui, a fine campionato scolastico, suo padre le aveva detto che dovevano trasferirsi a Londra. Noto ingegnere in campo navale, William Gatsby aveva avuto l’occasione di realizzare i progetti e poi dirigere i lavori di importanti cantieri navali inglesi. La Corromandel Corporation, la multinazionale presso cui lavorava, l’aveva voluto premiare con questa importante occasione, chiedendogli di portare avanti i progetti per almeno cinque anni.

Fuggì via. In quel momento, Patty comprese che quello che tanto aveva temuto, si stava avverando. La sua famiglia la stava allontanando dai suoi interessi e soprattutto da colui che oramai da qualche anno seguiva e amava nel silenzio dell’amicizia.

Trasferitisi a Londra, si erano stabiliti in pianta stabile nella capitale britannica da oramai dieci anni, vendendo anche la casa che avevano a Fujisawa e adottando completamente lo stile di vita europeo.

Patty prese il computer portatile, lo privò della custodia e lo accese usufruendo della batteria che aveva caricato prima di partire per il Giappone. Sorrise quando si materializzò l’immagine del desktop sullo schermo piatto. Lei e i ragazzi della New Team. La fotografia di gruppo scattata alla fine del campionato scolastico, qualche tempo prima della sua partenza.

Lei, la manager della squadra, la loro prima tifosa e amica. Lievemente passò il dito sul profilo del suo capitano che nella foto la guardava sorridente. Gli occhi scintillanti per la vittoria, lo sguardo emozionato, la consapevolezza di un’imminente partenza che l’avrebbe preparato al mondo professionistico. E lei, i capelli più corti, una t-shirt rossa e un paio di jeans. Un’adolescente allegra e spensierata, premurosa verso i suoi amici e soprattutto nei confronti di quel ragazzo che era rimasto sempre nel suo cuore.

- Piccola Patty. – mormorò ricordando quel tempo della sua vita trascorso piacevolmente con i ragazzi della squadra di calcio.

Maggie guardò il figlio maggiore con ammirazione. Alto, il fisico una volta mingherlino, ora tonico e scolpito da anni di allenamenti. I capelli neri e lucenti come la notte, gli occhi sempre vigili ed emozionati. Era fermo dinanzi la finestra che dava alla strada. Le luci dell’albero di natale riflesse sui vetri. Guardava verso il cancello sperando forse che qualcuno lo varcasse e facesse loro una sorpresa.

- Oliver, tesoro, tutto bene? – gli chiese andandogli vicino. Poggiò una mano sul morbido maglione di cashmere che lo avvolgeva. Guardò la donna affettuosamente e le sorrise.

- No mamma, va tutto bene, non preoccuparti. Sono solo un po’ stanco. Ho dormito un paio d’ore ed ho sulle spalle un volo continentale. –

- Mi dispiace. E’ che ti vedo così silenzioso. Insolito da parte tua. –

- Non temere mamma, ti ripeto che è solo stanchezza. – ribadì dandole una pacca sulla spalla e incedendo con passo spedito verso la scala che portava al piano di sopra.

- Forse è meglio che tu vada a riposare. Tra un po’ arriverà Adam Smith, il collega inglese di tuo padre con la moglie e la figlia Samantha. Ti ricordi di lei vero? E’ una ragazza davvero graziosa e simpatica. E’ una tua ammiratrice. Penso che sarà contenta di trovarti qui. –

- Capisco! Vado a riposare. Chiamami quando arrivano ed è pronto per la cena. – le disse schioccandole un bacio sulla guancia.

- Oliver! – esclamò arrestando la sua corsa, - Aspetti qualcuno? – gli chiese sempre più incuriosita dall’atteggiamento strano del figlio, oramai già a metà scala.

- Ehm…no, nessuno. I miei amici sono con le loro famiglie. Avrò modo di rivederli nei prossimi giorni. Non preoccuparti! – concluse salendo la scala. Dopo poco, Maggie udì la porta della sua stanza richiudersi. Rimase a fissare la scala vuota cercando forse l’ombra del figlio. Lo conosceva fin troppo bene per comprendere che qualcosa lo tormentava.

- Tutto bene cara? – chiese Michael sopraggiungendo nel soggiorno.

- Ehm…non saprei. Oliver mi sembra un po’ strano. –

- Perché? –

- Da quando è tornato non l’ho sentito per nulla parlare di calcio. Non ti ha detto nulla nel tragitto dall’aeroporto a Fujisawa? – chiese timorosa.

- Mi ha parlato brevemente del campionato spagnolo e della loro leadership a livello europeo. Di Tom e Benji che militano in Francia e Germania. Poi, assorto nei pensieri, mi è sembrato che abbia detto qualcosa tipo…”è giunto il momento di voltare pagina, forse…”

- Cosa avrà voluto dire? –

- Non saprei! Non sono certo che si tratti di problemi con il suo club. Ha da poco rinnovato il contratto per altri tre anni. Forse c’è qualcosa a livello emotivo, personale che lo affligge. –

- Non mi piace vederlo così. – disse preoccupata.

- Maggie, Holly è un uomo oramai. Non è più il ragazzino sprovveduto per il quale il calcio era tutta la vita. Oramai ha realizzato il suo sogno. Gli anni trascorsi in Brasile l’hanno reso il miglior calciatore del momento a livello internazionale. Ha portato la squadra nazionale giovanile alla vittoria e l’anno prossimo parteciperà sicuramente ai mondiali che si disputeranno tra Corea e Giappone. Probabilmente per lui è giunto il momento di pensare anche all’amore, ad una compagna….-

- Ma….non sarà innamorato? –

- Non saprei! E’ una risposta che solo lui potrebbe darci. –

- Samantha Smith rimarrà delusa se non è lei la prescelta. –

- Holly è un ragazzo troppo passionale per poter amare a distanza qualcuno e se conosco bene mio figlio, sono certo che il suo cuore non batte per la figlia di Adam. L’ha vista poche volte e non mi è sembrata tanto bella o intelligente da poter fulminare nostro figlio. –

- A volte può bastare anche uno sguardo! –

- Sì, forse è così ma temo che non sia il caso nostro. Holly può permettersi tutto quello che vuole. Oltre che ottimo calciatore è anche molto ben pagato. Avrà stuoli di fans che gli cadono i piedi. –

- E sicuramente la prescelta non è tra queste. – continuò Maggie anticipando il marito.

- Infatti. Qualcosa mi dice che è ancora molto legato a questi luoghi e ai suoi amici….-

- Ma…lei non vive più qui! Cosa ti fa pensare che Holly pensi ancora alla sua amica Patty? –

- Quando è sceso dall’aereo aveva con sé la rivista che distribuiscono sugli aeromobili. Mi è sembrato abbastanza strano che Holly leggesse qualcosa che non fosse calcio o sport. –

- Cosa vuoi dire? – domandò sempre più incuriosita.

- Mentre prendeva i bagagli, ho sbirciato rapidamente la rivista. C’era la sua fotografia sulla copertina! –

- Di Holly? –

- No…di Patty. E’ il braccio destro del console giapponese a Londra. Nella foto era ritratta mentre stringeva la mano ai delegati nipponici in visita a Londra a inizio mese. –

- E’ così la piccola Patty è diventata un personaggio importante. –

- E non è tutto. Non è più il simpatico e dolce maschiaccio che ricordiamo noi. E’ una donna molto bella ed elegante. Ho fatto quasi fatica a riconoscerla ma poi ho ravvisato in lei lo sguardo di quella ragazzina che spasimava per nostro figlio. –

- Mah, speriamo solo che non soffra per una persona oramai così lontana. – gli disse recandosi in cucina per terminare di approntare la cena. – Va a prendere David da casa dei Miller. Deve prepararsi anche lui per la cena. – concluse.

  
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