Mi fido di te
Title:
“Mi fido di te”
Author:
mise_keith
Characters: Ron Weasley,
Hermione Granger, Harry Potter (solo di sfuggita).
Disclaimer: Harry Potter & Co. appartengono al geniaccio J.K.Rowling
e bla bla bla…
Rating:
PG13, più per il linguaggio che per altro.
Notes:
Ebbene. Ammetto a malincuore la fonte d’ispirazione di questa
one-shot, ovvero una... canzone di Jovanotti, che dà il titolo alla fic.
Però questa NON è una song-fic, anche se potrebbe
sembrarlo (anche perché non ammetterei mai di aver scritto qualcosa ispirato a Jovanotti né ad alcunché lo
riguardi), specialmente viste le evidenti citazioni (solo perché stavano bene
nel contesto, sia ben chiaro), ma semplicemente il prodotto di una mente malata
sottoposta ad intensa solitudine, isolata dal mondo in un paesino turistico
siculo, con la sola compagnia di genitori e fratellino dodicenne che ascolta
esclusivamente il sopracitato. Ecco tutto. E non ridete!
Notes2: Niente a che
vedere col fatto che adesso sia uscito il singolo, roba
del genere. Non la pubblico per questo, né perché mi
piaccia particolarmente, anzi. Ma mi ero ripromessa
che non avrei sprecato queste mie “risorse estive”. E,
diciamolo, avevo bisogno di pubblicare qualcosa. Grazie per l’ascolto.
Thanks to: a Jovanott... no! Scherzavo!
A Chiara, Thilwen, a lei ed ai suoi incoraggiamenti, semplicemente
per ciò che è, ciò che è stata, la sua amicizia, la sua compagnia, i nostri
progetti. Ed
anche perché di sicuro senza di lei non sarei tornata a scrivere fanfictions, sia ben chiaro. Grazie, grazie, grazie!
(Aggiornate) A chi ha
letto e recensito Danae’s Truth. A Briseide, grazie per la tua meravigliosa recensione, per
tutti i tuoi complimenti; ne sono rimasta commossa. Mi hai fatto desiderare di
avere il tempo per ritrovare, nero su bianco, ciò che avevo perduto. Grazie.
Dedicated to:
Rileggendola, ho capito, che avrei fatto un torto a chiunque l’avessi dedicata.
È romanticismo per dodicenni. È solo il frutto di qualche delusione di non
troppo conto, alimentata dalla solitudine. Ma forse a
qualcuno farebbe piacere.
(Ad Andrea, per quello che credevo fossi per me. Ci abbiamo provato.)
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“Fottetevi tutti quanti. E
allegramente.”
In verità non so nemmeno se
sia io a parlare adesso, di fronte a questa notte troppo grande e troppo vuota
per me. Non so se riuscirò a superarla, perché non m’interessa nemmeno.
Ho paura. Io, ora, adesso, ho
paura.
Non della pioggia che mi
scorre davanti agli occhi, fiumi di tristezza lancinante sull’asfalto, perché
dopotutto anch’io vorrei avere la possibilità di farla finita dentro a un tombino.
Se solo questo precipizio non fosse così alto, se solo
potessi vederne la fine.
Grande invenzione l’alcool.
Riscalda. Un surrogato d’amore, parte dalle membra arriva
sino al cuore, batte, palpita, sempre più lontano nella mia mente
lontana.
E deserta come questa strada infestata dall’acquazzone.
Vorrei dire di essere
solamente un osservatore stasera, sotto al mio angolo
di tettoia, gocciolante, infreddolito, ma ciò non è vero, e non ha importanza.
Mi sento anch’io precipitare dall’umido all’ignoto come queste gocce
insistenti, inconsapevoli, che vivono e muoiono in gorghi e ruscelli solitari.
Cazzo Ron. Ma quante volte ti sei
ripetuto che per una donna non avresti mai fatto niente del genere?
Un altro sorso di scotch,
sperando che m’affoghi, o almeno che sfoci in un salutarissimo
coma etilico.
Idiota. Una donna, mai.
Ma probabilmente piacerebbe anche a me imputare a
qualcosa di diverso le fitte che attraversano il mio corpo addormentato
dall’alcool.
In realtà allora la colpa è
mia. Donne, mai, l’abbiamo detto; prima il lavoro, e
non c’è manco quello, (OK, ma che cazzo ho combinato
finora, madre di tutti i Weasley?), la lotta per gli ideali, e anche così, ma
quale?, riuscire a stare il passo di Harr...
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato (o forse quello era un altro)?
Ma quando Hermione è diventata tanto importante per me?
Ecco il
punto, penso, mentre un dolore inconcepibile mi squarcia a metà. Innaffiare con abbondante medicina, grazie dottore.
Sarò anche un po’ (molto)
confuso, ma lei è chiarezza (lo è sempre stata) e
chiarezza adesso è anche dolore.
Ma quando cazzo
Hermione è diventata tanto importante per me?
Stupenda domanda, Ronald Bilius. E dopo averla
accesa e circondata di lucine intermittenti, nonché
abbandonata fra polvere e ragnatele (ovunque fosse meno visibile), che si fa?
Ecchecazzo ne so. So solo che se un destino esiste davvero, è
bastardo dentro, perché fa vincenti e sfigati, e fra loro
li accoppia.
E non sto parlando degli sfigati.
Perché quando quella sera,
località Tana, mi sono impadronito per la prima e ultima volta delle sue
labbra, dopo tante parole non dette, sorrisi
soffocati, istinti repressi, e lei e la sua bocca così a portata dalla mia, non
ho lasciato correre e ignorato chissà quale divinità dell’amore che si agitava
dentro ai miei jeans, e lei non ha
risposto il tanto agognato quanto già raro “Oh, Ron!”. Devo dire che non ho mai
sentito le sue mani tanto lontane quanto quella sera.
“Ron, io...”
e i suoi passi affrettati e ormai distanti sull’erba.
C’è da dire anche che non avrei mai pensato che delle parole potessero essere così
acuminate.
Mi porto una mano sul cuore.
C’è ancora, e me ne stupisco. Forse mi rassicurerebbe vederlo schizzare fuori
adesso, pezzo a pezzo (come lo sento addosso), vederlo scomparire
nell’oscurità, trascinato via sotto questa spessa cortina trasparente.
Ora mi ritrovo quasi a
sperare che fosse finita lì. Probabilmente adesso
sarei solo fradicio d’acqua e scotch cantando a squarciagola al centro della
via grigia di notte, di sonno e malinconia. E non
starei qui a volere e ad aborrire questo prolungare la mia esistenza in dense
boccate di disperazione.
Avete mai udito lo strano strappo
della speranza quando viene completamente e repentinamente sradicata dallo
spirito?
Ah, no,
scusate, tornate a vivere concentrati sui vostri mal di denti.
“Scusate, io e Hermione vorremmo
fare un annuncio.”
Credo di
non avere mia visto la sua testa riccia e agitata chinarsi tanto.
“Ci sposeremo entro Maggio. E
non vediamo l’ora. Giusto, tesoro?”
Non riesco
proprio a capire come quello possa
essere ancora vivo fra i tanti scongiuri miei e di qualcun altro. Mettiamo da
parte quelle minchiate sulle doti dei Grifondoro, perché il suo si chiama solo culo.
“Ron, io... mi dispiace...”
“Fottetevi
tutti quanti. E
allegramente.”
Ma cosa c’è dall’altra parte del mondo? Un’oscurità più
pacifica dello stesso buio che cerco ma rifiuto? O
sono già sulla metà sbagliata della luna?
Qualunque cosa o dove stia
cercando, non vi troverò lei. Lo so. Ma fa male.
In fondo, non ce l’ho con Harr... Harr-Harry (ecco. L’ho detto). Lui non ha colpa. Poveretto.
È stupido. E lei
è sempre stata lì, accanto a lui, o poco più lontana. Come me, del resto.
Ma possibile che lui, nel suo smisurato egoismo, non
abbia capito niente? Che anche gli altri (e anch’io)
sono smisuratamente egoisti?
E il mio ego non vuole, né
desidera, ma esige Hermione, dolce, e indispensabile, e in misura inversamente
proporzionale di quanto lo sia mai stata per lui e per
il resto del mondo.
Che Harry
Potter impari a stirarsi i calzini da solo. Lui non potrà mai essere per lei ciò che sarei
io. E soprattutto, lei non sarebbe per lui ciò che per
me è stata da sempre.
Come dice, dottore? Tre
somministrazioni al giorno, dopo i pasti?
Ma non c’è un modo tenerla sempre in qualche angolo del
mio petto, sotto la pelle, fra le mie mani, e ancora, ancora sempre?
Il muro dietro alla mia
schiena non c’è, non c’è terra sotto ai miei piedi,
forse c’era un passo indietro.
Quanto pesano
quelle sue morbide labbra nella mia memoria, rugiada, toccasana e sofferenza
sotto ed oltre lo scrosciare della pioggia?
E quanto ancora incomberà il suo fantasma sulla mia
vita e morte?
Ho freddo. Forse è la nebbia,
il sole in mezzo e su di essa.
È l’alba.
Dovrei
alzarmi, mi dico. Le pozzanghere
perdono presto d’interesse. L’acqua scorre giù dalle grondaie con e come
l’ultima goccia di scotch attraverso la gola.
“Ognuno si riscalda come
può.”
Sussulto. Una voce. Quella
voce. Bassa, incredibilmente celeste e densa come nei miei ricordi. Riemersi
chissà come da questa valle di lacrime.
Lei è stretta nel suo
mantello, la vedo quasi tremare, il suo viso è sporco e rigato dalla pioggia (o
forse dal pianto). L’ennesimo boccolo ribelle le ricade dritto sul naso,
sbattuto, crespo come non mai, umido.
Mi accorgo di aver dischiuso
la bocca. Sono ancora intorpidito, ma la consapevolezza della sua presenza mi
scuote e squassa la certezza delle mie tristezze.
Della sua sterminata assenza.
“Ti è mai capitato di leggere
in tutto ciò che ti circonda la presenza di un avvertimento? Che
comunica e ricorda uno sbaglio? Lo sbaglio più grande della tua vita.”
Non sono sicuro di aver
capito bene. Ma detto da lei tutto sembra così chiaro.
Lineare.
Annuisco. “Sì.” Quindi faccio
un pausa perplessa. “Cioè...
no.”
Scoppia a ridere. Si volta
verso di me, ed è sicura, serena.
Inoppugnabile come la
limpidezza dei suoi occhi.
“No.” Scuote la testa, un
sorriso che le increspa le labbra. Quelle labbra. Ed è
così bella.
“Mi fido di te. Cosa sei disposto a perdere?”
Dottore?,
penso. Che sintomi ha la felicità?
Un ringraziamento anche a Izumi, Abigale, ed Ida, che sta
leggendo adesso Danae’s Truth,
e mi sta riempiendo di immeritati complimenti. Grazie ancora a tuti!